Autore Topic: Quote rosa: toh, c'è chi dice no...  (Letto 1173 volte)

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Offline Fazer

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Quote rosa: toh, c'è chi dice no...
« il: Settembre 06, 2012, 16:57:43 pm »
Chi l'avrebbe detto la (non più) perfida Albione e persino la Svezia si oppongono.
Ovviamente, le giornalastre de la 27esima Ora continuano con il loro delirio pro-quote.  :doh:

http://27esimaora.corriere.it/articolo/la-guerra-alle-quote-e-dichiaratama-noi-le-sosteniamo/

La guerra alle quote è dichiarata
Ma noi le sosteniamo

di Barbara Stefanelli

La guerra è dichiarata. In 48 ore, e due documenti, è stata tracciata la mappa del prossimo grande confronto culturale europeo. Lunedì, Viviane Reding – commissaria per la Giustizia, i Diritti fondamentali e la Cittadinanza – ha presentato una direttiva che vuole introdurre nei 27 Paesi dell’Unione una presenza femminile obbligatoria del 40 per cento ai vertici delle società quotate e delle società pubbliche.
Il giorno dopo, martedì, la Gran Bretagna ha lanciato la sua controffensiva con una lettera – destinata alla presidenza della Commissione e intercettata in bozza dal Financial Times – che chiama gli Stati membri alla resistenza anti quote.
Nei prossimi mesi, vedremo dunque sfidarsi – e contarsi al momento del voto – due schieramenti in quello che appare come l’ultimo decisivo atto di un’eterna discussione: qual è la strategia migliore per colmare (finalmente) il divario di partecipazione alla vita economica e decisionale tra uomini e donne?
 Oggi le donne rappresentano in Europa il 46 per cento della forza lavoro complessiva, hanno colmato ogni distacco in termini di istruzione (costituiscono anzi il 56 per cento degli studenti con educazione superiore), ma occupano solo il 13,7 per cento delle poltrone nei consigli delle imprese. È giusto dirsi subito che non è solo una questione di pari opportunità. È anche una riflessione su quale strada debba essere imboccata al più presto per consentire alle società europee, fiaccate da anni di crisi, di sfruttare tutti i talenti e tutte le risorse disponibili.
Da una parte vedremo Viviane Reding – 61 anni, lussemburghese, centrista e cattolica, laureata in Scienze Umane alla Sorbona, madre di tre figli – mettersi alla testa di un movimento che considera l’introduzione di quote di genere la migliore delle soluzioni possibili. Nel testo ancora provvisorio della direttiva si legge che “la percentuale di donne presenti ai vertici aziendali è cresciuto dello 0.6 % negli ultimi anni”. Che vuol dire: senza un vincolo di legge, legato a un pacchetto di sanzioni, i sistemi non si modificano. Gli incentivi morbidi, che si limitano a premiare gli eventuali virtuosi, non hanno mai dato risultati apprezzabili. Di questo passo, ha spiegato Reding, ci vorrebbero 40 anni per raggiungere un significativo equilibrio di genere. Troppi.
 Dall’altra parte ci sono gli anglosassoni e in generale i liberali che guardano con comprensibile diffidenza a quella che è una forzatura del sistema.
Come si può imporre per legge il sesso di chi siede in un Consiglio di amministrazione? Non è questa una violazione del principio meritocratico, secondo cui contano solo l’impegno e il valore dell’individuo, maschio o femmina che sia?
 E c’è una seconda obiezione, questa volta pratica. L’esperienza dei Paesi che hanno adottato le quote, scriveva ieri il Financial Times citando l’esemplare Norvegia, dimostrerebbe che i cambiamenti sono solo apparenti. Sono window dressing: dietro una bella vetrina, poco si modifica. Sospinte da norme favorevoli, le donne scalano sì la piramide ma vengono poi escluse dai processi decisionali che contano. Restano ai margini, con in più la beffa di vedere la propria immagine riflessa in un comodo specchietto per le allodole ad uso pubblico.
 Come si può vedere, non è soltanto una guerra di percentuali. È un passaggio storico fondamentale verso la modernità – qualcuno lo ha definito un nuovo Kulturkampf per un vecchio Continente. La lettera anti direttiva Reding avrebbe raccolto segnali già da dieci Stati membri. Tra questi – oltre alla Gran Bretagna – ci sarebbero la Svezia e forse la Germania. Ma a questo punto è interessante notare come sia proprio l’esperienza italiana a dare alcune buone risposte a chi dubita dell’efficacia delle quote.
Che cosa è successo in Italia negli ultimi mesi? La legge bipartisan Golfo-Mosca, che è diventata operativa il 12 agosto, ha messo in moto un meccanismo di rinnovamento sorprendente. Dopo anni che facevano registrare un aumento della presenza femminile nei Cda al massimo dello 0.5 per cento, in poco tempo – in previsione dei vincoli e delle sanzioni – si è arrivati a superare quella che sembrava la barriera invalicabile del 10 per cento nazionale. Gruppi come Fiat, Cofide, Pirelli, Mediobanca, Luxottica (ma non quello che edita questo giornale) hanno rivisto i propri consigli e hanno dimostrato in anticipo che si può fare. Corsi di governance vengono promossi da fondazioni, associazioni, gruppi di imprese che per la prima volta riflettono su quale sia la composizione più efficace di un Consiglio di amministrazione in grado di incrociare esperienze, capacità, sensibilità, età diverse. Una sorta di “contagio virtuoso” che promette di andare oltre la questione maschi-femmine, ma che da quella è stato generato. Come rimedio (temporaneo) capace di scuotere il sistema di potere e di promuovere mutamenti in società bloccate, le quote di genere sembrano dunque una possibilità di cambiamento: in Europa come in Italia.
Non torniamo indietro, non riavvolgiamo il nastro.


Offline COSMOS1

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Re:Quote rosa: toh, c'è chi dice no...
« Risposta #1 il: Settembre 07, 2012, 10:38:16 am »
@Spinelli

Non dobbiamo assolutamente tornare indietro

dobbiamo assolutamente andare avanti

qualunque discriminazione in base al sesso deve essere vietata

qualunque riferimento al sesso di un lavoratore deve essere punito per legge

deve essere vietato chiedere e pubblicizzare se i dirigenti o gli operai di una qualunque azienda siano maschi o femmine

questa è la vera parità, questo deve essere il futuro

PS intervento inutile, la Spinelli non ha abbastanza neuroni per arrivare oltre la prima lettera!
Dio cè
MA NON SEI TU
Rilassati

Offline TheDarkSider

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Re:Quote rosa: toh, c'è chi dice no...
« Risposta #2 il: Settembre 07, 2012, 11:47:21 am »
La lettera anti direttiva Reding avrebbe raccolto segnali già da dieci Stati membri. Tra questi – oltre alla Gran Bretagna – ci sarebbero la Svezia e forse la Germania.
hihihi...sia britannici che i tedeschi sono popoli estremamente pragmatici...prima di imporgli le QR li devi convincere che è un provvedimento vantaggioso...vantaggioso per loro si intende...per la loro economia.

Ma le QR sono pura ideologia, non hanno niente di fondato o di logico, per cui sarà impossibile convincere i tedeschi ad adottarle. Sugli inglesi non mi sbilancio: il loro spirito liberale e meritocratico è in aperta opposizone alle QR, ma su questi principi hanno già fatto tanti passi indietro e quindi non è da escludere che possano cedere.
"Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti."
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Offline TheDarkSider

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Re:Quote rosa: toh, c'è chi dice no...
« Risposta #3 il: Settembre 16, 2012, 19:42:48 pm »
L'opposizione più importante rimane quella della Germania, ed ecco che alla 27a ora interviene il maschietto "femministiello" a rimproverare quel grande paese:

http://27esimaora.corriere.it/articolo/berlino-boccia-le-quote-europeee-le-ministre-litigano-sul-femminismo/
Citazione
In ogni caso, al di là delle polemiche, la Germania in questo campo è indietro. Ed è un ritardo che va colmato.


un italiano che rimprovera la Germania di essere indietro è quanto di più comico abbia letto negli ultimi tempi :w00t:

"Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti."
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Offline Stealth

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Re:Quote rosa: toh, c'è chi dice no...
« Risposta #4 il: Settembre 16, 2012, 21:59:05 pm »
C'hanno ragione! Loro mica stanno indietro? Loro stanno fuori!
Spinelli... un nome, una garanzia! :P