Autore Topic: Tutte le donne del presidente  (Letto 1524 volte)

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Offline Fazer

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Tutte le donne del presidente
« il: Settembre 21, 2012, 18:54:19 pm »
Un motivo in più per votare Romney... :doh:

http://d.repubblica.it/argomenti/2012/09/21/news/obama_donne_politica_elezioni-1268793/?ref=HREC2-8

Tutte le donne del  Presidente

Cresciuto in un universo di nonne e zie, circondato da una moglie perfetta, supporter potenti e testimonial formidabili, Barack Obama è il primo politico non seduttore che scalda i cuori femminili. Mentre Hillary Clinton aspetta il suo turno.
Basta ascoltarlo raccontare la sua vita, spiegare come sia diventato l’uomo che è, per capire che Barack Hussein Obama è stato cresciuto, formato, influenzato da donne, come mai nessun altro Presidente degli Stati Uniti. Degli uomini nella sua esistenza, dal padre studente kenyano che si affrettò a tornare in Africa dopo avere messo incinta la madre al patrigno indonesiano che la sposò e la portò a Giakarta, al nonno che combattè in Europa contro la Germania nazista, i maschi sono figure marginali, ritagli quasi irrilevanti nell’album della sua vita. L’universo umano, e oggi anche politico, di Obama ruota attorno alle donne, quelle che lo hanno allevato, che gli hanno pagato di studi, che gli hanno voluto bene e che ora formano, dietro a Michelle Obama, quella guardia pretoriana che lo protegge e lo sostiene in questa sua ultima, difficilissima battaglia. Tutte le donne del Presidente. Figlio di un mondo femminile, ha bisogno ancora una volta di loro se vuole sperare di essere rieletto, perché il voto degli americani bianchi sarà certamente contro di lui e i “brothers”, i fratelli di colore, non sono abbastanza per fare la differenza.
Ecco dunque che il volto pubblico della campagna elettorale è una donna, Stephanie Cutter, un avvocato prodotto dalla “Georgetown Mafia”, l’università dalla quale uscì anche Bill Clinton e poi benedetta da un altro formidabile clan, quello di Ted Kennedy che la scoprì e la reclutò. A 42 anni, ossessionata dal timore di mettere su troppi chili nella vita caotica, malsana e perennemente “on the road” delle elezioni a masticare ciambelle e panini e hamburger per 20 ore al giorno, Stephanie è arrivata alla corte di Obama attraverso Michelle, che la volle come consigliera. È stata lei l’artefice della grande popolarità di Michelle, inventandosi iniziative salutiste e quel famoso orticello organico di verdure nel guardino della Casa Bianca. Ma non si pensi che Stephanie sia una donna tutta carotine e lattughine. L’idea di scatenare la guerra al passato dell’avversario Mitt Romney per i milioni fatti nel fondo speculativo e razziatore “Bain” fu sua, e ora quel nome sta al collo di Romney come una pietra. Vale per lei la definizione che un’altra donna, Sarah Palin, diede di sé: «Un pitbull col rossetto».
Ma Barack Obama non è un seduttore, un uomo che sappia ipnotizzare le donne con lo charme, con l’abilità di farle sentire il centro dell’universo anche per pochi secondi, come Bill Clinton. La sua vita matrimoniale, per ora, sembra inappuntabile. Nessun’ombra di pettegolezzo ha mai sfiorato lui e Michelle e dopo 20 anni di matrimonio la “prima coppia” recita ancora, con ammirevole credibilità, la parte degli sposi felici e innamorati come i primi giorni. I tempi grami nei quali lo squattrinato Barack, attivista di quartiere e avvocato di chi non poteva pagarlo, andava a prendere la fidanzata con una scalcagnatissima automobile talmente arrugginita e fradicia, che «nei buchi sul fondo vedevo l’asfalto sotto i piedi», ha raccontato lei.
Il trasporto delle donne, e il magnetismo di Obama, nonostante un carattere piuttosto altezzoso alle soglie dell’arroganza da “olio buono” che deve sempre stare a galla, è più intellettuale che passionale. La nonna materna, Madelyn Dunham, vicedirettore di una banca a Honululu e colei che di fatto mantenne la figlia Ann, un po’ scapestrata e vagamente hippie nonostante la nascita nell’arcigno Kansas, e soprattutto il nipote amatissimo, gli ripeteva che lui era destinato a grandi cose. Invece delle favole e dei libri di avventure, quando gli rimboccava le coperte alla sera, la nonna leggeva a Barack passaggi della Costituzione e della Dichiarazione di Indipendenza.
E poi, almeno così il Presidente ricorda, gli comunicava la frustrazione, la rabbia di una donna che si vedeva puntualmente scavalcata da uomini che lei stessa aveva assunto, addestrato, patrocinato per la promozione a direttore, che mai ottenne. C’è sempre un intreccio di “personale” e di “politico”, come avrebbe detto quella generazione della quale anche lui è figlio, un cocktail di propaganda e di sincerità, nella coorte delle pretoriane che lui recluta e che si schierano attorno a lui. Un’altra giovane donna, Sandra Fluke, laureata anch’essa alla Università di Georgetown, era stata convocata a testimoniare davanti a una commissione parlamentare contro il tentativo della compagnia di assicurazione di negare alle donne rimborsi per gli anticoncenzionali e i farmaci per la prevenzione del concepimento. La Fluke fu respinta dai repubblicani in commissione e da allora è una supersuffragetta di Obama, invitata anche a parlare alla Convention. «Invece che palloncini piovuti dal soffitto, quando lei parlerà pioveranno preservativi», ha sibilato furioso e insolente Bill O’Reilly, un commentatore repubblicano.
Non mancano naturalmente le dive, le stelle, quelle primedonne che mai è del tutto chiaro se accorrano nei campi politici per dare o per ottenere visibilità, anche se in questa stagione 2012 l’entusiasmo dei glitterati del cinema, coloro che brillano di glitter, di lustrini, pare più tiepido. Eva Longoria, l’attrice di sangue latino divenuta l’incarnazione della “Casalinga Disperata”, corre e parla per Obama, testimonial di quel doppio premio al quale il Presidente ambisce per poter vincere: latina e femmina insieme, due per uno. Si è unita alle pretoriane di Barack anche Scarlett Johansson, che ha approfittato della sua partecipazione alla Convention per riconciliarsi con l’ex amico Jared Leto, unendo il politico al dilettevole. Si sta dando molto da fare Anna Wintour, la demoniaca e inarrestabile despota di Vogue, narrata da Meryl Streep in Il diavolo veste Prada, che attraversa l’Atlantico per andare nell’Inghilterra natale e fare raccolta di fondi elettorali per Obama, 250 mila dollari soltanto in agosto.
E se ci sono le donne immancabili, quelle che sono in servizio permanente alla corte dei democratici, come Caroline Kennedy, che deve fare il proprio atto di presenza a nome della famiglia (ormai marginale dopo la morte dell’ultimo patriarca, Ted), o come Nancy Pelosi, la restauratissima “first lady” della Camera, della quale fu presidente prima che i democratici perdessero la maggioranza. E un’altra donna, Debbie Wasserman Schultz, è stata voluta dal Presidente a capo del comitato direttivo del Partito Democratico, la prima femmina nella storia (Il fatto di venire dalla Florida, uno stato sempre decisivo per la vittoria elettorale, ha certamente ispirato Obama a scegliere lei).
È un gineceo senza doppi sensi, un harem volontario e casto, questo di “tutte le donne del Presidente”, in cui la partecipazione al successo del sultano è perfettamente autointeressata e non servile. Basta confrontare il comportamento dell’altro partito, e dell’avversario di Obama, Mitt Romney, per capire come le donne di qualche sostanza intellettuale tendano a gravitare più verso i democratici che i repubblicani. In un’America dove ormai 18 milioni di minori crescono e vivono in famiglie guidate da una madre single - quasi la metà dei bambini, 38 milioni - il presepe della famiglia tradizionale, papà al lavoro, mamma in casa, figli accuditi da entrambi i genitori, appare condannato alla minoranza. E sempre più uomini crescono sotto il segno della madre sola.
Anche Mitt Romney ha esibito sul palco la propria moglie, Ann, affidandole un ritratto molto anni 50 e palesemente falso («Mangiavamo la cena sull’asse da stiro perché non avevamo un tavolo», sosteneva la signora) ma l’ideale del candidato repubblicano rimane quello del “paterfamilias”.
Mentre Obama canta le lodi delle donne che lo hanno cresciuto, Romney vive nel culto del padre, già governatore del Michigan ed ex mormone puro e duro affezionato alla poligamia, che fino al ’71 i mormoni incoraggiavano. Non proprio un’inconografia che possa entusiasmare le donne. È chiaro che fra i due contendenti è Obama colui che appare più a proprio agio fra, e con, le donne, perché soltanto un uomo perfettamente in pace con l’altro genere avrebbe accettato - si dice con entusiasmo - di accogliere in casa, quella Bianca, la suocera, la settantaquattrenne Marian Robinson, con funzioni di “babysitter in chief”. Sicuramente aiuta la coabitazione con la suocera il fatto che la Casa Bianca abbia 132 stanze, cinque appartamenti privati, 35 bagni e 412 porte che possono essere sempre discretamente chiuse. Ma non si è mai trovato posto, né lei lo avrebbe voluto, per la donna che Obama chiama “Nonna Sarah”, Sarah Onyango Obama, la terza moglie del nonno, quindi comunque una nonna acquisita, che preferisce vivere nel suo villaggio in Kenya, non lontano dal lago Vittoria, e spiegare a tutti che il nipote non è, nonostante il nome, musulmano. Ci sarebbe, poi, un’altra donna nel mondo di Obama, ma quella si muove secondo una propria orbita. Hillary. La signora - che seppe resistere, con stoico cinismo coniugale e politico, alle devastanti umiliazioni del caso Lewinsky, che riuscì, con incredibile forza, a tenera la figlia Chelsea, allora adolescente, al riparo dalla slavina di fango e vergogna - uscirà fra quattro mesi, nel gennaio del 2013, dal “cerchio rosa” di Obama.
Che sia rieletto o licenziato, Hillary Clinton si è chiamata fuori. Non sarà più segretario di Stato. Non aveva mai avuto alcuna intenzione di accettare eventuali proposte di vicepresidenza, dove sarebbe stata la semplice controfigura in tailleur gonna (ha abbandonato da tempo l’uniforme dei suoi tailleur pantalone) e si sta preparando un rifugio dorato in qualche università di primo livello. Aspetta paziente che fra quattro anni, quando Obama sarà comunque costretto ad andarsene o Romney, eletto al suo posto, avrà prodotto i disastri che i pessimisti prevedono, si ripresenti per lei, a 69 anni, l’autobus presidenziale che perse nel 2008. E diventare quello che nella storia americana manca: non più una delle “donne del Presidente”, ma una donna Presidente.

Offline krool

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Re:Tutte le donne del presidente
« Risposta #1 il: Settembre 21, 2012, 19:25:40 pm »
Che articolo svenevole.

Offline Nemo90

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Re:Tutte le donne del presidente
« Risposta #2 il: Settembre 21, 2012, 23:44:08 pm »
Guardate che non è un caso. Per un politico, le donne di casa sono la salvezza mediatica.
Sono come parafulmini: attraggono le attenzioni dei media su questioni futili o marginali, da gossip, distogliendole dai problemi veri. Michelle che fa finta di zappare nell'orticello biologico ha molta più risonanza dei solenni fallimenti del marito.
Così ora, invece di parlare dei quattro anni di nulla assoluto di Obama o del passato da squalo e strozzino di Romney, i dibattiti sono pieni di assurdi commenti sulle rispettive consorti.
Perfino la Corona inglese sa benissimo il potere mediatico che può avere la donna "giusta" accanto all'uomo potente, infatti hanno affibbiato Kate Middleton al futuro re William. Invece che parlare del fatto che il Regno Unito mantiene una dinastia di parassiti dediti quasi unicamente ai bagordi più degenerati, si parla delle tette di Kate (una donna che ha il seno è un grande scandalo) o delle sue scarpe.

Come cantava Cristicchi, meno male che c'è Carla Bruni.