Autore Topic: Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?  (Letto 3731 volte)

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Offline Fazer

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Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« il: Settembre 21, 2012, 16:23:17 pm »
http://27esimaora.corriere.it/articolo/che-ce-di-male-se-un-bambinovuol-vestirsi-da-femmina/

Che c’è di male se un bambino
vuol vestirsi da femmina?

di Antonella De Gregorio
In Malesia, all’ultimo di una serie ricorrente di seminari per aiutare insegnanti e genitori a individuare segni di omosessualità nei bambini, condotto dal viceministro per l’Educazione, hanno partecipato 1.500 persone.  A maestri, mamme e papà, veniva spiegato, per esempio, che in un maschietto la preferenza per vestiti stretti e grandi borse è da ritenere “contro natura”. Meglio intervenire per tempo: nel Paese (a maggioranza islamica) il sesso gay è illegale e i trasgressori rischiano pene fino a 20 anni, fustigazione e multe.
All’opposto gli svedesi: dopo aver inaugurato il primo asilo “neutro” (che cresce i piccoli senza distinzione di genere) ; dopo aver introdotto, per legge, 170 nomi “unisex”, buoni per neonati di entrambi i sessi; e dopo proposte varie di toilette unite per i due sessi e campionati unici di bowling per maschi e femmine,  hanno inventato un pronome “neutro”(“hen”), che completa la gamma esistente: il maschile “han” (lui) e il femminile “hon” (lei). Lotta aperta alla discriminazione sessuale e pieno sostegno della parità, in attesa che i cuccioli d’uomo sviluppino nella maniera più naturale e autonoma  quello che sentono di essere. Nessun condizionamento. Nessuno stigma.
Negli Stati Uniti, ci informa il New York Times, terra fertile d’incontro di mille mondi diversi, rigidi corsi di “rieducazione” convivono con l’approccio morbido della teoria “queer” (o della “fluidità”). Che predica l’esistenza di uno spettro di generi anziché due categorie contrapposte. Una sfida alla pratica comune di dividere in compartimenti separati la descrizione di una persona perché entri in caselle definite. Maschio o femmina. Bambino o bambina. Laddove, magari, il piccolo in questione fatica a conformarsi a modelli inflessibili. Eterosessuale, gay o donna: tutto un lessico viene messo tra parentesi, per dare sfogo alla libera espressione di sé.
Il reportage del quotidiano americano racconta di bambini che sfidano la legge di gravità, che certi giorni si mettono la gonna, si dipingono le unghie e giocano con le bambole. E altri giorni si scatenano, lanciano giocattoli e fingono di essere l’Uomo Ragno. Indaga la fatica del loro “genere variante”. E la difficoltà delle famiglie di accompagnarli in quello spazio intermedio, insegnando loro a non vergognarsi di ciò che sentono.
Il merito dell’analisi è quello di rendere pubblica, visibile, una questione che è sempre stata risolta nel privato. Grazie anche a Internet, si va diffondendo la tendenza a condividere le esperienze e le informazioni, la disponibilità a fare rete, a cercare e dare supporto. Le persone di genere fluttuante sono sempre esistite. “Variante di genere non convenzionale”, la definiscono gli psicologi: “Un fenomeno che interessa una fascia percentualmente piccola della popolazione – spiega Antonio Prunas, ricercatore di psicologia clinica alla Bicocca di Milano -. Forme non  frequenti ma non patologiche, che riguardano la sfera psichica e non sono necessariamente legate all’orientamento sessuale”.
Preferenze per giocattoli e abbigliamento, atteggiamenti e impostazione della voce: gli studi citati dicono che dal 2 al 7 per cento dei maschi sotto i 12 anni mostra comportamenti che valicano il confine. Che a dieci anni molti di loro smettono di comportarsi in modo non convenzionale. E che tra il 60 e l’80 per cento dei bambini “rosa” diventano gay. Gli altri diventano eterosessuali o cambiano sesso, con l’aiuto degli ormoni e della chirurgia. Le statistiche che riguardano gli adulti parlano di 1 maschio ogni 30mila che chiede la “riconversione”;  mentre le femmine che vogliono una transizione al maschile sono 1 su 100mila.
Un tempo c’erano scuole correttive per assicurare un rientro nei ruoli. Oggi, come per il mancinismo, il fenomeno è ritenuto insolito ma non innaturale. Sempre più genitori e medici rifiutano di imporre forzature, consentendo ai bambini di “vivere lo spazio intermedio”. Ma resta ancora molto disaccordo sull’opportunità di soffocare o incoraggiare comportamenti anomali, che appartengono all’esperienza psichica dei singoli. “L’approccio migliore è non reprimere – conferma Prunas –. Frustrazione, inadeguatezza o vergogna possono essere fonte di stress e sofferenza ancora maggiori”.
Certo, è cambiato l’atteggiamento degli psichiatri, che tendono a non considerare più il “disturbo di identità di genere” una malattia mentale. “Nel nuovo Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il DsmV) – spiega Prunas – è allo studio un cambio di terminologia: si parlerà di “disforia di genere”: una sofferenza lecita dell’essere umano, di ignota origine. Una sofferenza soggettiva, più che una patologia. Che continuerà ad essere portata all’attenzione clinica se dovesse insorgere  molto precocemente – prima dei 4 anni – rivelarsi stabile nel tempo, accompagnata da sintomi di disagio. Per esempio, un bambino che sogna di risvegliarsi bambina, che rifiuta in maniera categorica vestiti o attività maschili; o una bambina che fa la pipì solo in piedi”.
Che sia la genetica, o la combinazione ormonale a influire sulle espressioni della virilità o della femminilità, o che le aspettative sociali legate al sesso biologico siano tali da influenzare la percezione di sé e il comportamento, poco importa. Ciò che è assodato è che nel corso della propria storia ogni individuo costruisce diversi aspetti della propria identità. E su quella di genere – il modo in cui ciascuno si percepisce, come maschio e come femmina – confluiscono tensioni diverse: dalle aspettative dei familiari, all’esperienza di sé, alle istanze biologiche, stereotipi e pregiudizi del momento storico e culturale.
Una delle più recenti e faticose conquiste della nostra società è l’aver riconosciuto che non esiste un orientamento sessuale che si possa considerare patologico. Mentre la possibilità di determinare la propria identità di genere è una conquista ancora tutta in divenire. Anche se una nuova generazione di genitori sta imparando a crescere e capire bambini bloccati a metà.
 Penso però che anche imporre la “neutralità” sia un rischio. Soprattutto quando la realtà non corrisponde e il contesto agisce in contraddizione. Voi cosa ne pensate?


 :doh: :doh: :doh:

Offline Fazer

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #1 il: Settembre 21, 2012, 16:41:32 pm »
Caz, scusate ma son proprio fuso. Ho creato il topic qui invece che in "Libri, links, etc..."
Chiedo al mod di spostarlo, grazie.  :)

Alberto86

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #2 il: Settembre 21, 2012, 19:35:43 pm »
OK fatto!


La femministata non la leggo perchè mi rovinerei la serata...

Tanto dal titolo si capisce tutto....

C'è poco da fare serve una nuova generazioni di uomini consapevoli del problema che protegga le future generazioni maschili dalle grinfie di queste immonde bestie sataniche!(non trovo altre parole per descriverle in questo momento)...

Offline krool

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #3 il: Settembre 21, 2012, 19:41:45 pm »
Che c'è di male? Proprio niente.

Fateli crescere come vogliono, ma ad una condizione: lontani dal femminismo (isola deserta?).

Scommettiamo che nessuno (o forse uno su centomila) sentirà il bisogno di simili porcate che gli svedesi tanto amano?

Offline skorpion72

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #4 il: Settembre 21, 2012, 19:49:09 pm »
Bisognerebbe chiedere a queste teste perché mai se un bambino maschio si vuole vestire da femmina (come se un bambino avesse già le idee chiare in merito...) allora bisogna assistere immobili, però se vuole pisciare in piedi (vedi Svezia, ma non solo) lo si forza a pisciare seduto.

Un post del genere c'era anche sul blog delle false anti sessiste, se qualcuno vuole "dialogare" con loro (o meglio, vuole "perdere tempo" con loro) glielo chieda
I discorsi delle femministe fanno sempre molto "rumore"...il problema è che puzzano anche da morire

Offline Lucia

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #5 il: Settembre 21, 2012, 19:53:47 pm »
Ogni interventismo in vita sessuale dei bambini mi sembra ridicolo ed è solo un segno che nessuno di quei insegnanti psichiatri conoscono la sessualità infantile.
 
I miei cugini gioccavano sempre con macchine o allo squalo o giocchi maschili però tutti due hanno la loro foto con la gonna e capelli lunghi, perché è un gioco ed è scemo/scema chi in questa vede qualche segno di omosessualità.
Nessuno ha nulla da invidiare a nessun maschio sposati tutti due con bambini
Una mia amica d'infanzia aveva 6-7 anni quando ha detto che lei non vuole sposare mai un uomo ma un cagnolino. Era bambina. Poi si è sposata normalmente e ha una figlia ormai grande.
Io sento solo che cosi tanto vogliamo controllare con la ragione e con i propri criteri il mondo che dimentichiamo che l'infanzia è una cosa diversa ed è sopratutto gioco. E molte volte volte piace a adulti medicalizzare i bambini.  :(

Alberto86

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #6 il: Settembre 21, 2012, 20:12:23 pm »
Lucia, la persona che hai come avatar saprebbe fare immediatamente la giusta diagnosi per tutte queste asine d'ufficio....

Lo dico sempre: c'è troppa malattia mentale femminile in giro....   

Offline vnd

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #7 il: Settembre 21, 2012, 20:13:06 pm »
Bisognerebbe chiedere a queste teste perché mai se un bambino maschio si vuole vestire da femmina (come se un bambino avesse già le idee chiare in merito...) allora bisogna assistere immobili, però se vuole pisciare in piedi (vedi Svezia, ma non solo) lo si forza a pisciare seduto.

Un post del genere c'era anche sul blog delle false anti sessiste, se qualcuno vuole "dialogare" con loro (o meglio, vuole "perdere tempo" con loro) glielo chieda

Perché?
Adesso danno udienza?
Vnd [nick collettivo].

Offline Lucia

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #8 il: Settembre 24, 2012, 12:47:57 pm »
Lucia, la persona che hai come avatar saprebbe fare immediatamente la giusta diagnosi per tutte queste asine d'ufficio....

Lo dico sempre: c'è troppa malattia mentale femminile in giro....

Questa non è solo una malattia femminile  io la vedo anche a molti maschi.
Poi Freud non si occupava solo di mettere diagnostico, questo lo fa la gente comune,
ma di capire un processo al di là dei luoghi comuni.
D'altronde in sessualità infantile ha scritto molto.
Ma non bisogna per forza leggere lui, basta conoscere i bambini, e non spaventarsi e psicologizzare tutte le stupidaggini.

Offline Animus

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #9 il: Settembre 24, 2012, 13:24:48 pm »
Bisognerebbe chiedere a queste teste perché mai se un bambino maschio si vuole vestire da femmina (come se un bambino avesse già le idee chiare in merito...) allora bisogna assistere immobili, però se vuole pisciare in piedi (vedi Svezia, ma non solo) lo si forza a pisciare seduto.

Bravo skorpion, hai sintetizzato in 2 righe,  la migliore replica che si possa fare.
Non è dunque lotta aperta alla discriminazione sessuale e pieno sostegno della parità come sostiene l'articolista, ma "lotta senza confini al sesso e ai sessi (in particolar modo il maschio) attraverso il mal dissimulato supporto ideologico della parità"

Il sogno cristiano al passo coi tempi, insomma... :rolleyes:
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline COSMOS1

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Re:Che c'è di male se un bambino vuol vestirsi da femmina?
« Risposta #10 il: Settembre 25, 2012, 15:23:42 pm »
come dicevo altrove: stiamo attenti che qui ci scavalcano a sinistra  :cool:

(un po' logorroica, come tutte le donne, ma in sintesi condivisibile)

http://costanzamiriano.com/2012/09/25/che-male-ce/

Citazione

di Costanza Miriano
Quando sono arrivata a scuola di giornalismo il mio ideale di cronista era Erodoto, mentre l’ultimo evento politico di cui avevo avuto notizia era il crollo dell’impero romano. Il mondo dei giornali era per me del tutto nuovo, per cui quando mi hanno insegnato che i giornalisti raccontano la realtà me la sono bevuta.
Adesso, a diciotto anni dal passaggio da Tacito a Montanelli, le idee mi si sono un po’ chiarite: i giornali non raffigurano affatto la realtà. Se va bene raccontano le notizie, cioè quello che si discosta dalla norma (il famoso uomo che morde il cane, o nel mio caso, che so, una mattina che mi sveglio e trovo subito gli occhiali), ma il più delle volte cercano di plasmarla, la realtà.
Sui temi che mi stanno più a cuore – la vita, il suo fine e il suo inizio, la famiglia, l’identità maschile e femminile – circolano vagonate di bugie, e sono diffuse da talmente tante fonti, e con effetto più che stereo, dolby surround direi, che è quasi impossibile non venirne contaminati. E, per la famosa regola, una bugia a forza di ripeterla diventa vera.
Uno dei temi sui quali sembra si siano coalizzati quasi tutti i mezzi di comunicazione è quello dell’ideologia dell’identità di genere, che possiamo riassumere grosso modo così: maschio e femmina non sono identità naturali e donate dal Creatore, ma orientamenti fluidi che possono essere influenzati dalle nostre scelte, dalla cultura, dalle esperienze. Mi sfugge quale sia il disegno che rende così fissati i miei colleghi su questo tema, ma non c’è giorno in cui i giornali mainstreaming non buttino giù un pezzettino di muro, nel tentativo di distruggere qualche metro delle fondamenta naturali su cui si fonda la nostra civiltà. Non c’è giorno che non esca articolo per dire quanto siano dolci gli uomini che fanno cose da donne, allegre le famiglie allargate, magari con due sedicenti genitori dello stesso sesso, meritevoli le neomamme cinquantacinquenni, responsabili quelle che abortiscono se non è il momento, realizzate quelle che fanno carriera, simpatici gli omosessuali che fingono di andare contro i tabu (mentre l’ultimo tabu rimasto è al contrario dire che potrebbero essere persone che non hanno avuto uno sviluppo completamente armonioso della personalità – teoria ampiamente diffusa tra gli psichiatri – tanto che si voleva rendere addirittura un reato l’esprimere questa posizione).
Alla fine, insisti insisti, succede che ti trovi l’Internazionale con in copertina il titolo “Che male c’è se un bambino si veste da femmina”, e all’interno un articolo a mio avviso delirante tradotto dal New York Times, giornale non solo diffusissimo ma anche influente, letto dalla gente che conta e fa opinione. L’articolo racconta di genitori alle prese con bambini dall’identità sessuale incerta (come se non fosse normale che i bambini questa identità la vadano strutturando crescendo, e possano formarla solo rapportandosi a due genitori, maschio e femmina, che offrano modelli positivi dei due sessi), ed è talmente tendenzioso da rendere incredibile il fatto che la sua autrice insegni giornalismo alla Columbia University. Descrive i genitori che mandano i “figli rosa” (che nome orribile) in vacanza in campi per bambini di genere variante (che nome ridicolo), e li descrive come spaventati, assediati, criticati da noi orribili benpensanti che ancora pensiamo che un maschio sia un maschio e una femmina una femmina. Come se si trattasse degli unici illuminati in una società cattiva che, pensa, pretende addirittura di sostenere che ci sia una realtà, un bene oggettivo e assoluto, che ci sia qualcosa che non dipenda dalla nostra opinione. Solo a un certo punto, per sbaglio, sfugge all’autrice, Ruth Padawer, un barlume di verità: “quasi tutti i genitori che consentono ai figli di vivere nello “spazio intermedio” erano persone aperte (notare la tendenziosità) anche prima di avere un bambino rosa, pronti a difendere i diritti dei gay (parola che vuol dire contento, e dunque di nuovo tendenziosa) e l’uguaglianza (uguaglianza a che?) delle donne e a mettere in discussione il confine tradizionale (sei tu quella vecchia, cara Ruth) tra virilità e femminilità”. Questa per me è la chiave: sono i genitori a trasmettere l’identità sessuale, e se in loro questa non è armoniosa può succedere che anche il figlio non l’abbia chiara.
Il messaggio dell’articolo invece è “non li turbate, non li aiutate, lasciateli stare se sono incerti in un momento del loro sviluppo”. Io non so quanto funzionerà questo martellamento culturale, continuo, ossessivo. L’unica consolazione è che al momento, se guardo i miei figli e i loro amichetti, mi sembra che certi miei colleghi il mondo reale non lo vedano manco col cannocchiale.
A casa mia per esempio se una cosa è veramente brutta le bambine dicono: “ma che schifo, è da maschio!”, e i loro fratelli: “ma che schifo è da femmina!”, con espressione parimenti schifata. Anche noi in casa siamo per la parità.
Dio cè
MA NON SEI TU
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