In rilievo > Osservatorio sul Femminismo
Le donne in politica sono meglio degli uomini?
yamamax:
Queste senza scorta cominciano a rischiare ... ma non dai terroristi, ma dai semplici contribuenti !! :mad:
skorpion72:
http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2012/08/02/AP1FAK6C-stelle_arrestata_consigliera.shtml
Droga al bar, arrestata consigliera 5 Stelle
Genova - Oltre al cappuccino e ai cocktail la titolare forniva ogni genere di droga. Un vero e proprio bazar con le sostanze suddivise in scatole dai diversi colori. Il cliente poteva così ordinare un caffè e qualche grammo di cocaina, o di hashish, marijuana e anche anfetamine, come la Mda, potente sostanza allucinogena e “sorella” della più conosciuta Mdma.
Ma quel supermarket della droga, camuffato da bar, è stato bloccato dagli agenti del commissariato di Sestri Ponente che mercoledì sera, dopo alcune settimane di indagini, hanno arrestato la proprietaria del negozio: si tratta di Diletta Botta, savonese di 36 anni, residente a Genova da tempo, consigliera municipale del Movimento 5 Stelle nel Municipio Ponente.
L’arresto della Botta è stato convalidato nel primo pomeriggio da Massimo Cusatti, giudice per le indagini preliminari: la donna è stata trasferita nel carcere femminile di Pontedecimo.
Nel video (dal minuto 34:00), la presentazione
della Botta durante la recente campagna elettorale
Il comunicato dell’M5S Genova
Intorno alle 15.30, Beppe Grillo ha pubblicato sulla sua pagina Twitter il link a un comunicato della sezione genovese del partito , in cui si esprime «sgomento per l’arresto di Diletta Botta» e si ricorda che la donna «come tutti i cittadini che hanno concorso alla recente competizione elettorale, ha partecipato alle attività del Movimento e ha presentato il certificato penale immacolato».
Poco prima delle 18, Grillo ha “twittato” di nuovo: «Una consigliera municipale del M5S di Genova è stata arrestata per spaccio di droga ed è stata quindi allontanata immediatamente dal M5S».
Il locale è “Il solito posto”, in via Molfino
Le indagini sono partite dopo alcune segnalazioni da parte di residenti che avevano notato uno strano via vai da quel bar. Così, gli agenti la scorsa sera si sono presentati alle porte del locale. Ma quando la titolare li ha visti entrare, si è subito innervosita e ha iniziato a trafficare dietro il bancone.
Droga al bar, parlano i residenti della zona
I poliziotti, così, hanno iniziato a perquisire il bar, trovando un vero e proprio supermercato della droga: oltre sette grammi di cocaina, tre grammi di Mda, 13 di marijuana, e uno di hashish.
A dare forza all’accusa di spaccio, anche un bilancino di precisione, con tracce di stupefacenti e alcuni sacchetti della spesa con ritagli circolari, ritagli usati per confezionare le singole dosi.
Gli agenti hanno anche sequestrato 845 euro in contanti, con ogni probabilità frutto dell’attività di pusher. La donna, è emerso dai controlli, nell’intera giornata di mercoledì, aveva incassato poco più di 82 euro, come registrato dagli scontrini emessi. Se quella somma non dovesse essere il provento dello spaccio, allora per la titolare ci sarebbero altri guai. Avrà mica fatto del nero? Si sarà “dimenticata” di battere qualche scontrino?
Il locale adesso rischia anche la chiusura. I dirigenti del commissariato, infatti, chiederanno al questore Massimo Mazza di potere applicare il Testo unico sulla pubblica sicurezza: in quel locale si spaccia ed è frequentato da gente pericolosa? Allora si può decidere di abbassare le saracinesche per un periodo di tempo determinato.
skorpion72:
http://notizie.tiscali.it/socialnews/Ragnedda/4879/articoli/Prima-toglie-i-fondi-per-i-malati-Sla-e-poi-piange-le-ennesime-lacrime-di-coccodrillo-della-Fornero
Toglie i fondi ai malati Sla e piange: le (ennesime) lacrime di coccodrillo della Fornero
Solcano ancora una volta il viso le lacrime della Fornero. Piange ancora il ministro dopo aver verificato che i soldi per i malati Sla e per tutti i disabili gravi che hanno necessità di assistenza sanitaria, non ci sono più. Piangono però in silenzio i malati Sla, in questi giorni in sciopero della fame, perché quei fondi sono stati scippati a loro. Decine di malati di Sla, lontani dai riflettori mediatici, si sono mobilitati per contrastare il taglio dei fondi che li priva, di fatto, del diritto a un’assistenza domiciliare continua a qualificata. È a loro che il danno è stato fatto, lasciati soli con le loro famiglie, dinanzi alla malattia, nel momento in cui hanno più bisogno. Lo stato fugge, si nasconde e non si fa carico di chi ha bisogno. Non ci sono fondi, ripetono i vari ministri. Non ci sono fondi e la Fornero piange in consiglio dei ministri. I fondi, in realtà, ci sarebbero anche, ma ci sono altre priorità, come comprare gli aerei da guerra F35 (quasi 20 miliardi di euro che noi cittadini stiamo pagando e che lo stato sta dirottando verso lemultinazionali delle armi, piuttosto che prendersi cura dei propri cittadini).
Quei soldi, caro ministro Fornero, non sono spariti per caso, ma a seguito di una deliberata e precisa volontà del governo del quale fa parte e del quale, assieme al premier Monti, ne è l’espressione massima. I tagli alla spesa sociale operati dal suo governo si inseriscono in una studiata strategia che è quella da una parte di reperire i fondi dai ceti deboli (hanno poco ma sono in tanti e non hanno chi li difende in parlamento) e dall’altra credere che l’assistenza sanitaria sia uno spreco di risorse pubbliche. No, cara ministra, l’assistenza sanitaria è un principio basilare delle moderne democrazie ed è una delle grandi conquiste sociali. Perché piange allora? Che fa: prima toglie i fondi e poi piange perché i fondi non ci sono?
Chi, grazie a lei, non avrà più diritto all’assistenza sanitaria dovrebbe piangere, perché è a loro che sono stati scippati i fondi; non dovrebbe piangere lei che quei fondi li ha tolti. Al governo, con una maggioranza bulgara e con la possibilità di fare ciò che vuole, c’è lei e solo lei può aumentare gli scarsi fondi che avete destinato al sociale: ora sono 220 milioni, quando c’era Prodi nel 2008 erano ben 3 miliardi. È stata lei a tagliare i soldi per le politiche sociali, non gli altri. Che diamine piange allora? Francamente, caro Ministro, trovo disgustoso e offensivo togliere i fondi ai disabili gravi e non autosufficienti e poi piangere in consiglio dei ministri perché i fondi non ci sono.
Forse la visita che ha fatto in questi giorni a Salvatore Usala, malato Sla che aveva iniziato uno sciopero della fame per protestare contro questo assurdo taglio, le ha fatto capire che dietro ai tagli operati nel sociale, non ci sono “sprechi”, ma cittadini che perdono il loro diritto ad essere aiutati dallo stato. Certo, di quella visita rimarrà solo la sua ennesima caduta di stile, quando non ha trovato di meglio da dire, rivolgendosi a Salvatore Usala, che: “anche la vita da ministro è difficile”. Pessima uscita, caro ministro. Pessima davvero. Ma non è solo questo il punto: in fondo questo è il suo stile. Il nocciolo del problema è che voi avete tolto quei soldi, non altri. E allora mi chiedo: ma cosa diamine piange? Certo potrà dire che in fondo non è colpa vostra, perché i soldi non ci sono, ma io qualche piccolo suggerimento sul dove recuperare un po’ di fondi lo avrei: comprate meno F35 (ci costano 20 miliardi di Euro), tassate le transazioni finanziarie, tassate i capitali scudati tornati in Italia pagando un misero 5% mentre tutti gli altri cittadini pagano dal 23% sino al 50% e oltre. Tagliate le pensioni d’oro (questo porterebbe ad un risparmio di 7 miliardi di euro che potete investire nell’assistenza ai disabili gravi, piuttosto di piangere) e non, come avete già fatto (piangendo anche allora) le pensioni dei poveri cristi. Dite no alla follia della TAV: che me ne faccio di arrivare, tra venti anni quando l’opera sarà (forse) conclusa, venti minuti prima a Lione (tra l’altro non si capisce cosa dovrei andare a fare a Lione) se i malati non hanno di che curarsi in Italia? Tagliate i super stipendi dei manager pubblici (ne cito 4 a caso: Antonio Manganelli capo della Polizia: 621.253,75 euro; Mario Canzio, ragioniere generale dello Stato: 562.331,86 euro; Franco Ionta, capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: 543.954,42 euro; Raffaele Ferrara, Direttore Monopoli di Stato: 481mila euro).
Caro Ministro, ma anche cari partiti che sostenete questo governo, state scippando i fondi per l’assistenza ai disabili gravi e non autosufficienti, privandoli di fatto del diritto ad una vita dignitosa. Caro Ministro le sue lacrime di coccodrillo, non solo sono inutili ma anche offensive per chi sta ogni giorno lottando per una vita migliore. Le ripeto le parole di Salvatore Usala, malato di Sla e segretario del “Comitato 16 Novembre”, che lei ha visto in questi giorni: “Faccio lo sciopero della fame perché sto lottando per una vita dignitosa: per me, la mia famiglia, ma soprattutto per i tanti che vengono “imprigionati” in residenze. Io sono paralizzato, scrivo con gli occhi con un computer dotato di puntatore oculare, mi nutro tramite un tubo inserito nello stomaco e respiro grazie a un altro tubo inserito in trachea, alimentato da ventilatore.” Forse non sarà una vita difficile come quella che sostiene di avere il ministro, ma anche lui, e tutti coloro che stanno protestando per questi tagli, vogliono una vita dignitosa. E voi gliela state privando.
skorpion72:
http://www.corriere.it/politica/12_novembre_05/fornero-via-giornalisti-torino_d9e65d7c-276e-11e2-a3d0-4a01526cb6a5.shtml
Fornero ai giornalisti: « Per favore, uscite. Se ci siete voi dovrò pensare a ogni parola»
Ai microfoni: «L'incontro è a porte chiuse». I cronisti non accettano e spiegano i motivi. E alla fine rimangono in sala
TORINO - I giornalisti fatti allontanare dalla sala dove si sta svolgendo il convegno in cui parla il ministro. È successo a Torino, e a volerlo è stato il titolare della delega al Lavoro: Elsa Fornero. Esasperata dalle polemiche che l'hanno coinvolta negli ultimi mesi, in particolare da quelle degli ultimi giorni, come il tormentone «choosy», ha deciso di sperimentare una nuova strategia: non permettere ai cronisti di ascoltare i suoi interventi. E ha deciso di provarla nella sua città, Torino, la mattina del 5 novembre.
L'EVENTO - Fornero si è presentata alla Fondazione avvocatura torinese Fulvio Croce, dove era stata invitata a un incontro sul tema Riflessioni sulle prime applicazioni pratiche della riforma del lavoro. La platea era composta da un centinaio di persone, in prevalenza avvocati. I giornalisti sono stati fatti entrare, e si sono accomodati. Telecamere, macchine foto, bloc notes e penne in mano. Tutti in piedi ai lati della sala, come avviene spesso, perché era gremita. Ha preso la parola per primo un organizzatore, che ha spiegato «l'importanza dell'incontro» visto che Fornero avrebbe non solo spiegato la riforma, ma anche «ascoltato» eventuali critiche. Quando la presentazione è terminata, un altro organizzatore ha chiesto a sorpresa ai giornalisti di uscire. «È che l'incontro era a porte chiuse», si è giustificato al microfono.
LE PORTE APERTE - In realtà le porte del salone sono sempre state aperte, fino a quando il ministro non ha chiesto agli organizzatori di fare uscire i cronisti. Respinti una prima volta, i giornalisti ci hanno riprovato. Si sono presentati al secondo appuntamento pubblico della giornata torinese di Fornero, di pomeriggio. Un incontro all'Unione industriale, sempre sulla riforma del lavoro, organizzato da Muoviti per le novità, associazione apolitica giovanile di liceali dell'istituto Valsalice. I cronisti questa volta si sono seduti, perchè due terzi dei posti disponibili erano vuoti. «Prego i giornalisti di uscire, perché questo incontro è tra il ministro e i ragazzi» è stata la prima frase pronunciata dall'organizzatore. Ma questa volta i giornalisti sono rimasti, tutti seduti. Nessuno ha spento telecamere e registratori e i fotografi hanno continuato a scattare. E' iniziato il primo intervento, quello di una giovane imprenditrice.
L'APPELLO - Al termine, l'appello e' stato ripetuto: «Prego nuovamente i giornalisti di lasciare la sala». Un cronista, a nome di tutti, si è alzato in piedi e ha detto «no» al ministro. «Non ce ne andiamo, perché noi, come voi, stiamo facendo il nostro lavoro e abbiamo il diritto di farlo». Dopo trenta secondi di silenzio, Fornero ha preso la parola: «Va bene. Ma se è così sarò costretta a parlare molto più lentamente, perché dovrò pensare ogni parola. Ma saranno gli errori a fare i titoli - ha protestato - perché succede sempre così: tu parli per 40 minuti e dici cose sensate e positive. Poi ti scappa una parola, e basta quella per fare il titolo, basta quella per determinare dibattiti che durano settimane. E questo è uno stato del mondo, ed è inutile lamentarsene» ha aggiunto alla fine, abbassando la voce e con tono rassegnato, prima di iniziare il suo discorso. I giornalisti sono rimasti in sala ad ascoltarla.
skorpion72:
http://www.corriere.it/politica/12_novembre_16/vitalizi-regionali-fiorito_2fc07370-2fb4-11e2-9676-750af71025bf.shtml
La beffa dei vitalizi regionali Resistono alla legge anti-Fiorito
I consiglieri degli enti potranno ricevere l'assegno prima del compimento dei 66 anni
ROMA - Mai più vitalizi regionali a cinquant'anni, era la promessa. Anche i governatori si erano dichiarati d'accordo. Malgrado il clima apertamente ostile che si respirava in Parlamento, dove il Partito delle Regioni era pronto alla battaglia, come ha dimostrato l'accoglienza glaciale riservata al decreto legge per tagliare finalmente sprechi e abusi locali con una clamorosa bocciatura della commissione bicamerale per gli affari regionali.
Dove il relatore Luciano Pizzetti, democratico e bersaniano, ex consigliere regionale della Lombardia, ha contestato duramente il via libera dato dai governatori, che a suo parere «non appaiono in grado di salvaguardare le proprie prerogative costituzionalmente riconosciute». Traduzione: vanno salvati da loro stessi. Messaggio inequivocabile per i 280 (tanti ne ha contati Carmine Gazzanni sul sito Infiltrato.it) suoi colleghi di Camera e Senato che come lui sono ex consiglieri regionali. E per spiegare come mai la norma voluta da Monti per impedire inaccettabili privilegi pensionistici si sia magicamente dissolta alla Camera non si può che partire da qua.
«Stop alle pensioni prima dei 66 anni, come invece sarebbe toccato a Er Batman», annunciava l'Ansa il 4 ottobre scorso, dando notizia del provvedimento. Il giro di vite, in effetti, si presentava pesante. Nessun ex consigliere regionale avrebbe avuto diritto alla pensione senza aver fatto almeno dieci anni di mandato né prima di aver compiuto 66 anni. Pareva studiata apposta per impedire che personaggi come l'ex capogruppo del Pdl nel consiglio regionale del Lazio, Franco Fiorito, alias «Er Batman» di Anagni, 41 anni di età, accusato di essersi appropriato dei fondi pubblici generosamente assegnati al suo partito, potessero riscuotere il vitalizio dopo nemmeno tre anni di incarico e già al compimento dei cinquant'anni. Soprattutto, però, questa norma avrebbe avuto il vantaggio di mettere ordine in una giungla indescrivibile. Ogni Regione ha infatti sempre avuto norme previdenziali proprie, differenti dalla Regione accanto.
Appena però il decreto legge del governo di Mario Monti è arrivato in Parlamento con questa tagliola, ecco le bordate. Da tutte le parti. Chi ostinatamente proponeva di dimezzare il numero degli anni di mandato sufficienti a godere della pensione regionale, portandolo da dieci a cinque. Chi esortava ad abbassare l'età, da 66 a 60 anni. Chi chiedeva di prevedere il riversamento dei contributi previdenziali al consigliere regionale nel caso di impossibilità a godere della pensione. Chi, non contento, non cessava di invocare la soluzione più radicale di tutte: il colpo di spugna.
E alla fine l'ha spuntata, anche se in un modo davvero singolare, come si capisce rileggendo le modifiche scaturite dall'intervento sul testo originario dei due relatori: Chiara Moroni, parlamentare del Fli, e Pierangelo Ferrari deputato del Partito democratico nonché ex consigliere regionale della Lombardia. E' stato sufficiente inserire alla fine della lettera "m" dell'articolo 2, quello che stabilisce i limiti minimi dei 66 anni di età e dei 10 anni di mandato, questa frase: «Le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano alle Regioni che abbiano abolito i vitalizi».
Siccome tutte le Regioni hanno già abolito i vitalizi, ecco che la regola del 66+10 non si può applicare a nessuna. Direte: ma è logico. Che senso ha mettere un tetto alle pensioni quando le pensioni non ci sono più? Perfetto. Ma se le pensioni non ci sono più, che senso ha precisare in una legge che non si applica il tetto?
Ricapitoliamo. Tutte le Regioni hanno già abolito i vitalizi, come si è detto, in linea di principio. Ma non tutte hanno fatto come l'Emilia-Romagna, che li ha cancellati e basta. La legge prevede infatti che i vitalizi possano essere sostituiti, dalle Regioni che intendono farlo, con trattamenti pensionistici alternativi basati sul sistema contributivo. Una di queste è appunto la Regione Lazio, che ha demandato a un futuro provvedimento (se ne occuperà il prossimo consiglio) il passaggio dal vitalizio alla pensione per i suoi consiglieri. E qui sta evidentemente la furbizia di quella frase che esclude dall'applicazione della tagliola del 66+10 chi ha già abolito i vitalizi, cioè tutti. Perché questo consentirà alle Regioni che li vorranno sostituire con pensioni contributive, di aggirare le regole più rigide che avrebbe voluto introdurre Monti, consentendo la corresponsione dell'assegno contributivo magari già a sessant'anni, o forse ancora prima, e con soli cinque anni di mandato anziché dieci. Saranno tutte libere di farlo.
Non bastasse, anche i consiglieri ora in scadenza potranno così andare in pensione prima di 66 anni d'età e con neanche 10 di mandato. Perché quel colpo di spugna tanto originale quanto provvidenziale ha vanificato pure la norma, contenuta nel provvedimento, con cui viene esteso sulla carta il tetto del 66+10 agli attuali consiglieri che avrebbero già maturato il diritto al vecchio vitalizio e si stanno apprestando a lasciare l'incarico. Di chi parliamo? Di quelli della Regione Lazio, per esempio: i quali, grazie al vecchio sistema abolito ma ancora in vigore per gli attuali eletti, possono pensionarsi a cinquant'anni. Proprio coloro che sembravano il bersaglio della legge, a cominciare da Batman. Geniale, no?
Sergio Rizzo
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