Cosi vedo io il rapporto spiritualità/ vita di famiglia e preoccupazioni materiali
e di queste cose mi piacerebbe avere un vostro parere e non solo sui mariti dimenticati nell'angolo della stanza.
con “esperienza religiosa” (spirituale)intendo un’esperienza limite che travolge i sensi abituali dell’esistenza, per esempio l’esperienza profetica, mistica ovvero il risveglio spirituale, in ogni caso un vissuto che ha le caratteristiche dell’irruzione del “tutt’altro” nella coscienza, ed in senso junghiano, di un vissuto che ha le caratteristiche dell’incontro con l’autonomia, con la numinosità della psiche.
L’esperienza religiosa considerata da noi è l’elemento irrazionale dell’esperienza religiosa descritta in modo molto rigoroso da Rudolf Otto nel suo libro Das Heilige, e tra gli elementi strutturali dell’irrazionale propri dell’esperienza religiosa a noi interessa soprattutto l’elemento mostruoso, tremendum, l’indicibile di questa esperienza che lacera la psiche umana.
Per il senso comune, cristiano e non solo, l’esperienza religiosa è moralità, serenità, giustizia. L’esperienza religiosa è anche serenità, sentimento oceanico, pace interiore e pace con il mondo. Infatti saremmo meglio disposti a chiamare questa esperienza serena esperienza religiosa veridica. Ma le religioni sono piene di esperienze diverse, apocalittiche, guerre sacre, autoflagelazioni, sacrifici ed anche crimini.
Il sentimento di ascoltare la voce di Dio, di avere una missione segreta da compiere, di essere in collegamento o meglio di appartenere infatti ad un altro mondo, il disprezzo per la corporeità, per la propria carnalità, per ciò che essendo poco spirituale è considerato impuro, il sentimento di appartenere ad una elite sono tutte caratteristiche che accomunano sia l’esperienza psicotica che quella religiosa.
(...) L’uomo, anche se in alcuni momenti sa che la sua individualità non vale nulla davanti all’universo, preferisce ingannarsi, ed ha bisogno di ingannarsi per vivere, cerca di sfuggire al male, al dolore della propria individualità ,(....)
Se per Schopenhauer il mondo fenomenico è un mero inganno, per Jung invece no. Essi concordano sul fatto che gli opposti esistono come tali solamente al livello conscio, mentre per Jung gli opposti coincidono anche al livello dell’inconscio collettivo.
Per Jung il mondo concreto fenomenico non solamente non è un inganno, ma proprio le attività comuni, concrete, la distinzione, salvano l’uomo dal vortice della psicosi.
Nel suo ambiente Jung non riesce a trovare nessuna persona che ammiri Nietzsche, e questo fa sì che egli stesso abbia paura della sua ammirazione.
Quando Jung comincia il suo confronto con l’inconscio, per lui il più grande pericolo sarà di diventare come Nietzsche. Scrive infatti: Vivevo uno stato di continua tensione, […] le tempeste si susseguivano, e che potessi sopportarle era solo questione di forza bruta. Per altri, tali tempeste, hanno rappresentato la rovina: cosi per Nietzsche, Holderlin e molti altri .
Il filo di Arianna per Jung, nel suo “confronto con l’inconscio”, la sua esperienza "numinosa", del Sacro, è quello di mantenere i legami con la vita di ogni giorno, con i compiti semplici della vita quotidiana, rappresentata dalla famiglia e dal lavoro, sentendo il sollievo di essere un uomo comune.
(T.Lucia-Lutte avec l'ange)