Autore Topic: "La mascolinità è proprio in crisi"  (Letto 2349 volte)

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Alberto86

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"La mascolinità è proprio in crisi"
« il: Novembre 17, 2012, 05:43:33 am »
In un mondo fatto di uomini e donne che diventano cattivi perché non sono capaci di ridere di loro stessi, la voce di un uomo che deride la sacra istituzione della mascolinità, sia Philip Roth, Woody Allen, Michel Houellebecq o Alan Pauls, è spesso più efficace e illuminante della consueta invettiva contro il maschio. Niente di tutto questo accade con James Bond, che sembra prendere tutto ancora troppo sul serio. Infatti il vero destabilizzatore della mascolinità bondiana è il personaggio a cui dà vita Javier Bardem con la sua complessa ambiguità sessuale, che è ovviamente il cattivo del film. Anche se è sorprendente la somiglianza tra il James Bond confuso e provato di Sam Mendes e il prototipo di uomo intorno al quale si stanno sviluppando le recenti argomentazioni che proclamano la fine imminente del maschio.
Per un attimo sembra di intravedere l’animale nel momento della mutazione. Ma non dobbiamo commettere questo errore. Spingersi troppo oltre qualsiasi tipo di analisi sulla sua mascolinità — volerlo più sensibile, più sessualmente vulnerabile, meno conservatore — significherebbe liquidare il personaggio. Sarebbe forse una persona migliore, ma non sarebbe più James Bond.
Credo che l’ironia e la satira siano degli ottimi strumenti per esaminare le mutazioni che le nostre identità hanno subito negli ultimi anni. Penso alla mascolinità vista da Woody Allen, con i suoi uomini timidi e intellettuali, fragili e inadeguati sia alla vita che alla guerra. Il suo caso è particolarmente indicativo poiché Allen, prima di fare il regista, è stato uno dei protagonisti della parodia James Bond 007. Casino Royale del 1967: una commedia quasi lisergica in cui Allen interpreta Jimmy Bond (cugino di James Bond), un maldestro sabotatore il cui scopo è sterminare tutti gli uomini più alti di lui e conquistare tutte le donne più belle. Prima della sua fruttuosa carriera come attore- regista, perfetta incarnazione dell’anti-maschio, si prendeva gioco del maschio per antonomasia.
In compagnia di Allen c’è Philip Roth, con i suoi uomini che parlano con tenerezza e compassione del proprio sesso, di fronte all’intorpidimento e alla decadenza del proprio corpo e della propria vita sessuale. L’argentino Alan Pauls, con la spassosissima parodia di se stesso che è la storia di un uomo che s’iscrive a un «corso di mascolinità», scrive: «Non posso crederci. Secoli di viaggi, guerre, saccheggi, violenze e l’unico bottino che è rimasto a noi uomini è la paura». Infine, Michel Houellebecq. L’uomo come essere condannato all’insularità.
Partono tutti dall’idea di una mascolinità imposta di fronte alla quale si sentono estraniati, disorientati e in qualche modo violentati. Questo porta a pensare che nei loro modi divertenti, parodistici o esplicitamente contrariati sia insita una componente di profanazione della virilità. E di liberazione.
Probabilmente nessuno di questi uomini è fatto a misura di donna. Per fortuna non esiste un catalogo di uomini in cui la consumatrice possa scegliere a seconda dei suoi gusti tra un esemplare di megasexual (dopo il maschio alfa, il maschio beta e il metrosexual, il megasexual è l’ultima riformulazione dell’uomo secondo le riviste femminili, un misto tra un lupo cattivo e un orsetto di peluche), o un Ryan Gosling, il prototipo di uomo trendy, un eroe semplice, piacevole, di poche parole, che ha un feeling speciale con i bambini e i cani e che le donne adorano proprio per questa sua essenza indecifrabile. Al contrario dei vestiti di James Bond, gli esseri umani su misura non esistono. O sono fatti di plastica.
Da una parte, ci sono gli uomini che sono cresciuti con valori maschilisti e che stanno facendo uno sforzo enorme per accettare ed elaborare i passi fatti verso l’uguaglianza dei sessi. Dall’altra, ci sono le nuove generazioni per le quali è tutto molto più naturale e fluido, per loro le etichette riduzioniste non hanno alcun senso. Con il definitivo ingresso dell’uomo nell’ambito domestico, dovremo fare i conti con un numero sempre maggiore di uomini con il complesso della casalinga. Per quanto riguarda le donne, guadagnare meglio dei nostri mariti e portare un vibratore nella borsetta, come ben sappiamo, non fa la felicità.
La più grande invenzione del XX secolo non è stata la televisione, né l’automobile, né Internet, bensì la donna. Come è accaduto nell’acclamata reinvenzione di James Bond, dovremmo sforzarci di portare a termine la reinvenzione dell’uomo in carne ed ossa. Ma possiamo fare di meglio.
L’agente 007 è in depressione, la donna che amava non c’è più (è morta e/o lo ha tradito). Per questo motivo ha iniziato a bere, e molto. I tre principi morali che avevano fatto di lui l’uomo ideale — la sua capacità di sedurre, di scoprire la verità e di annichilire — improvvisamente non vengono più reputati così indispensabili. Lavorare per una multinazionale e investire un sacco di soldi nella propria immagine non sono neanche più simboli di successo. Esistono altre cose, molte altre cose che farebbero di lui un essere completo. Per il momento deve fare i conti con il proprio smarrimento — oltre che con il suo passato di misogino e la sua propensione a considerare le donne come oggetti — e prendere ordini da M, una donna che non soltanto è più in alto di lui nella scala sociale, ma è superiore anche dal punto di vista morale e intellettuale.
Come farà quest’uomo a ridare un senso alla sua vita? Come affronterà tutti i dubbi, le preoccupazioni e i sentimenti che lo turbano? Non s’iscriverà certo a dei corsi di Tai-Chi o di arredamento. Affronterà la cosa facendo quello che gli riesce meglio fare, ovvero sterminare i cattivi con esplosioni e sparatorie (a volte con le sue stesse mani) e andare a letto con le brave ragazze (e anche con quelle cattive). Il tutto indossando abiti fatti su misura. Ancora più scaltro, ancora più veloce e più forte che mai.
Ormai però sappiamo tutti che quello che al cinema è action nella vita reale si trasforma in horror. La fine dell’era di colui che provvede-procrea-protegge mina alla base l’identità di molti uomini che scelgono la violenza sulle donne permantenere il proprio status. E nell’ambiente domestico la storia di un uomo ferito psicologicamente finisce quasi sempre con una donna ferita fisicamente o uccisa. Per questo bisogna essere cauti nel proclamare con troppo entusiasmo la fine del Maschio, perché potrebbe essere un nuovo alibi per giustificare la resurrezione dell’eroe.


(Traduzione di Francesca Bianchi)

Gabriela Wiener


http://lettura.corriere.it/la-mascolinita-e-proprio-in-crisi/
« Ultima modifica: Novembre 17, 2012, 05:59:42 am da Alberto86 »

Offline ilmarmocchio

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Re:"La mascolinità è proprio in crisi"
« Risposta #1 il: Novembre 17, 2012, 09:22:33 am »
che marea di cazzate

Offline vnd

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Re:"La mascolinità è proprio in crisi"
« Risposta #2 il: Novembre 17, 2012, 10:29:37 am »
Vnd [nick collettivo].

Offline krool

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Re:"La mascolinità è proprio in crisi"
« Risposta #3 il: Novembre 17, 2012, 11:27:48 am »
 :doh:

Se penso che molti uomini ci si farebbero una risatina ("ha ragione..."), tralasciando la reazione femminile, mi prende male.

Online Massimo

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Re:"La mascolinità è proprio in crisi"
« Risposta #4 il: Novembre 17, 2012, 13:31:32 pm »
Adesso il Corriere della Sera si specializza anche in fallologismi. Contenti loro......

Offline Volpe argentata

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Re:"La mascolinità è proprio in crisi"
« Risposta #5 il: Novembre 20, 2012, 21:52:11 pm »
A questa gente preoccupa solo quel lato della "mascolinità" in crisi che di rimbalzo si ritorce contro le donne stesse, sai quanto gliene fregherebbe del "maschio in crisi" di per se stesso?

Vale lo stesso per l'allarme in relazione alla fuga maschile dal matrimonio, meno uomini sposati = meno uomini dai quali divorziare....