Autore Topic: femminicidio #4  (Letto 4649 volte)

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Offline Fazer

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Re:femminicidio #4
« Risposta #15 il: Dicembre 16, 2012, 19:04:24 pm »
Molto bello, Cosimo, molto bello.  :)

P.S.
Rabindra la guardava sforzandosi di mettere a fuoco un punto molto oltre, molto più in là.
Poi si ricordò di avere una motosega. L'afferrò, la mise in moto.
Credette di udire una musica, forse era il rumore del carro di fuoco del Re.
No, era Profondo rosso di Claudio Simonetti.
Oppure era Flash of the blade.
Ma non importava. Quella musica era una perfetta colonna sonora per ciò che stava per compiere.

P.P.S
Ma che avete capito? Semplicemente Rabindra corse dall'altra parte del ponte di corde e con la motosega recise i tiranti di sostegno.
Taglio definitivamente...i ponti.
Con la società malata.
Con la moglie malata.

Scusa il cazzeggio Cosimo, cancella pure tutto.  ;)

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Re:femminicidio #4
« Risposta #16 il: Dicembre 16, 2012, 20:21:11 pm »
 :lol: :lol:

no, no, xkè cancellare?
è tutto il topic un cazzeggio
con un unico fondo di verità: che nessuna donna è mai stata uccisa in quanto donna. Ma sempre e soltanto in quanto rompicoglioni. E alzi la mano chi non ha mai avuto neppure la lontana tentazione di fare la propria parte in questo terribile genocidio di genere

 :lol:
Dio cè
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Re:femminicidio #4
« Risposta #17 il: Dicembre 19, 2012, 14:18:36 pm »
Femminicidio #12

http://cosimotomaselli.blogspot.it/2012/12/femminicidio-12.html#more

  Birba: «Che ci facciamo qui?»
Amico: «Niente!»
B: «Fino a quando dobbiamo restare?»
A: «Non so. Fino a quando si spegnerà il sole, forse. O quando l'universo collasserà.»
B: «Fino a quando il sole si spegnerà? Ci vorranno milioni di anni!»
A: «Hai di meglio?»
B: «E cosa facciamo?»
A: «Niente!»
B: «Niente per milioni di anni?»
A: «Niente. Parliamo. Pensiamo. Ragioniamo. Forse. Nient'altro»
B: «Niente per milioni di anni, qui tutti nudi, in questa penombra senza sole, su questa piazza grigia senza orizzonti! Possiamo almeno raccontarci qualche barzelletta? Indovinelli? Storie?»
A: «Oh, sì, certo. Dopo qualche secolo però le barzellette, gli indovinelli e le storie le conosci tutte, e resteranno ancora millenni e millenni di attese senza fine»
B: «Potremmo guardare le donne nude, almeno?»
A: «Guarda, guarda, fin che vuoi. Qui nessuno dice nulla. Basta qualche settimana a toglierti ogni curiosità e ti resta ancora una eternità dopo la noia»
B: «Amico, tu mi sembri una persona saggia: dimmi, sai dove siamo?»
A: «Non lo so proprio. Ero in una selva oscura e mi son trovato qui»
B: «Non sai ben ridir come c'entrasti, vero? Già, anch'io e stupisco di quanto m'annoiava a scuola quella cantica»
A: «Proprio così. Suppongo che non siamo in Paradiso, sarebbe una beffa troppo atroce. Per essere l'Inferno  non è abbastanza crudele. Come Purgatorio è troppo noioso. Se devo pensare a quel che merito, direi che è l'Inferno ma non ci scommetterei un cent»
B: «Dici che meriti l'Inferno? Cosa hai fatto terribile, di così orribile nella tua breve vita? No, non ci credo. Anche se fossi stato l'uomo più cattivo della terra, la tua vita sarà durata, che so? settanta, ottanta anni. Come puoi aver meritato una eternità infernale con soli settanta, ottanta anni di malvagità?»
A: «Gonzo che non sei altro! Ma tu credi che l'Onnipotente Giustizia divina ragioni come un qualunque ragioniere? Pensi che stia a contare meriti e demeriti e a saldare il conto come un avaro? Basta un momento di contrizione per salvare una vita perduta, basta una bestemmia per perdere una santa vita»
B: «Come puoi chiamare giusto un Signore che dimentica una vita di sacrifici per un attimo di disperazione?»
A: «Non dimentica nulla, amico mio, ma rispetta la libertà di chiunque, dei re e dei servi. C'è un momento in cui si concludono i contratti: la firma suggella e sigilla riflessioni lunghe o rapide, improvvisate o ponderate. Dopo ogni gioco finisce. Chi non pensa a sufficienza prima, non pianga dopo»
B: «Dunque tu nel tuo ultimo istante scegliesti l'Inferno? Bestemmiasti la Sua Misericordia con il tuo ultimo respiro?»
A: «No, certamente. Non credo. Del mio ultimo istante non sono responsabile. Perché la mia volontà era tutta presa nel non scivolare sulla china alla quale mi trascinavano le donne lascive che mi circondavano. Avrei dovuto prepararmi all'ultima battaglia, non essere provocato da scollature e minigonne»
B: «Se solo l'ultimo istante conta, perché allora ti rammarichi del male o ti rallegri del bene della vita intera?»
A: «Perchè questo e quello mi hanno preparato al grande salto. E io rimpiango di essere stato troppo distratto da donne comunque svestite. Se non fosse corso dietro a ciascuna di loro, avrei affrontato meglio l'ultimo esame.»
B: «Sarebbero loro quindi responsabili del tuo smarrimento. La donna in minigonna è colpevole dello stupro che subisce? Avresti voluto scegliere per le donne, al posto loro, vestiti, gonne, calze, gioielli, pettinature?»
A: «Non sia mai. Avrei solo voluto sapere che significava quel vestire, sai»
Vescovo: «Appunto, è quel che ho sempre detto pure io. C'è la ragazza che porta la minigonna perché cerca marito, quella che ha tanti amici da aver dimenticato quale potrebbe un giorno sposare, e c'è la donna sposata che cerca l'amante. Ma l'aria è ammorbata dalle zucche vuote che non cercano mariti né amici e neppure amanti. Ma hanno visto su Vogue quella gonna e come formiche seguono il sentiero tracciato.»
B: «Oibò, chi è questo signore dalla lunga barba, amico?»
A: «Un vescovo, non vedi?»
B: «Un vescovo? E come avrei potuto distinguerlo, così ignudo? Anche vescovi dunque ci sono qui all'Inferno»
V: «Inferno? Siamo noi all'Inferno? Chi l'ha detto?»
B: «Lui!»
A: «Io? No, assolutamente. Amico tu trai conclusioni affrettate»
B: «Se lei è un vescovo, allora sa se siamo in Paradiso o all'Inferno, può dirmelo per favore?»
V: «Io non sono vescovo. Ero vescovo. Adesso sono solo un uomo nudo, come tutti. Per quel che ne so, per rispondere alla tua domanda, questo potrebbe anche essere l'Inferno, ma non ne sono sicuro.  È da tanto che cerco una risposta. A volte vedo passare qui San Pietro, di corsa e affannato. Ho provato a fermarlo una volta, mi ha fatto cenno: passo dopo. Ma non si è mai fermato. Viene qui di fretta, come se non avesse tempo neppure per respirare, e corre via affannato e indaffarato, brontolando tra sé litanie incomprensibili»
B: «Signor vescovo, ci spieghi come si fa a sapere se si va all'Inferno quando si trapassa. Lei dovrebbe saperlo»
V: «Amico mio, ciascuno va dove vuole andare. Chi vuole all'Inferno, chi vuole in Paradiso»
B: «Che fandonie sono queste? C'è forse qualche uomo che non vuole andare in Paradiso? Tutti gli uomini vogliono andarci: bella scoperta»
V: «Non sai quel che dici, dà retta: tu l'omo non lo conosci punto. Forse il problema è che non lo vogliono, o forse non lo vogliono abbastanza. O forse che non sanno quel che vogliono. Forse anche noi siamo qui perché non sappiamo cosa vogliamo. Forse resteremo qui finché non l'avremo scoperto. Il tuo candore mi costringe ad una confidenza: vedi, io non so se preferirei essere in Paradiso senza la donna che amai tutta la vita, o piuttosto all'Inferno ma con lei. Vedi quella donna là in fondo, quella abbracciata sì, l'ho amata da lontano tutta la vita, l'ho seguita nelle sue vicende, ho sognato di poterla stringere ed abbracciare. Sapevo che era un sogno impossibile e ancora adesso mi domando per quale ragione Dio ci metta in cuore desideri irrealizzabili, perché ponga il traguardo sempre oltre il divieto. Fare la Volontà dell'Altissimo è stato lo sforzo di tutta la mia vita perché ogni desiderio trovi compimento. Ora mi domando che frutto porterà ogni mia rinuncia»
A: «Se Vostra Eminenza non sa quel che vuole, cosa possiamo sapere noi comuni mortali? Di tutto ciò che abbiamo fatto nella vita, di tutto quello che abbiamo voluto, di tutto ciò che abbiamo desiderato. Vede, io non so se voglio il Paradiso senza belle donne. Se non mi avessero confuso avrei anche potuto immaginare un paradiso diverso, altro e altrove. Ma quando certe donne ti fanno intravvedere la felicità, ti sembra di sapere quel che vuoi. Invece eccole qui, a migliaia e migliaia, completamente nude, e comprendi che nessuna di loro ti basta. Vedi ad esempio quell'esemplare laggiù: avreste mai pensato sulla terra di poter contemplare una così bella donna, così a lungo e senza ostacoli?»
Donna: «Dici di me che sono un bel esemplare? Come fossi un cavallo o una mucca?»
B: «Signora ci consenta, era per dire, eravamo presi in altri dilemmi, perciò ci scusi. Non volevamo in alcun modo mancarle di rispetto»
D: «Perchè pensa lei che mi abbiate mancato di rispetto? Perchè non sono sollecitata nella mia vanagloria ad essere ammirata? Perché passeggio tutta nuda da secoli e non un solo fischio, non un solo tentativo di abbordaggio? Quanto inutili e stupide mi sembrano ora le nostre tattiche di un tempo per sollecitare le attenzioni maschili. Quale inutile distrazione: noi prese dal piacere di piacere, voi prigionieri del desiderio da noi suscitato»
V: «Donne, donne! Se aveste saputo contenervi, rispettare l'altrui libertà, le altrui sensazioni, desideri, pulsioni! Non chiedevate il permesso per risvegliare nei cuori speranze inconfessabili»
D: «Con che coraggio avresti voluto tu disporre dei nostri corpi? Noi siamo esseri umani quali voi e abbiamo il diritto di autodeterminarci quanto voi decidendo quanti centimetri di gonna sono decorosi e quanti no, dove e come il seno sia opera d'arte o invece perversione. Qui si vede la vostra follia: non un solo filo copre la nudità ai vostri cuori, e questi seni e queste gambe vedrete per l'eternità»
V: «Amica pensi tu che i preti non abbiano nozioni di anatomia? Ciò che condanniamo non è il corpo ma ciò che con il corpo si vuole dire o far intendere»
D: «Ebbene chi altri può decidere cosa una donna vuol dire con il proprio corpo? Chi può dire cosa è lecito dire e cosa vietato?»
B: «Quindi voi donne sapete ciò che volete? Se rivendicate il diritto di autodeterminarvi, voi sapete cosa conta davvero nella vita»
D: «Non ti comprendo, amico»
B: «Se tu sai quel che vuoi, sei qui perché lo vuoi. O mi sbaglio? La vostra autodeterminazione dove vi porta se non dove volete andare? Quindi se voi sapete dove volete andare e siete qui, significa che voi volete essere qui»
Puttana: «Magari! Oh, magari sapessimo che ci facciamo qui! Magari sapessimo ciò che vogliamo! Su questo, donne e uomini siamo identici. Non vi invidio per nulla, come non mi vanto di ciò che ero. Rimpiango semmai di essermi illusa che possedere me stessa fosse ciò che volevo. Ho fatto girare la testa a decine, centinaia di uomini. Ogni conquista era ciò che in quel momento desideravo più di ogni cosa, salvo scoprire un attimo dopo che desideravo qualcosa di più, qualcosa ancora oltre»
Moglie: «Anche mio marito fu tra le tue conquiste?»
P: «Ancora ti brucia?»
M: «Non so se ancora mi brucia. Ho bisogno di sapere se ci tengo ancora, se tengo ancora al suo amore. Ho bisogno di saperlo ma non lo so. Perchè non mi amò? Mi avrebbe amato se mi fossi piegata come verde fuscello ad ogni suo desiderio, se fossi stata pronta ad esaudire ogni suo comando, se fossi rimasta in casa come devota sposa, amorevole madre?»
B: «Perchè te lo domandi? Rimpiangi forse qualcosa?»
M: «Forse di non aver provato. Forse di aver pensato che ci sarebbe stato ancora tempo. Ci sarebbe stato tempo per i figli, per la casa, per essere madre e sposa. Mentre il tempo passava l'unica cosa per la quale il tempo non sarebbe tornato, era quello che rubavo a me stessa»
B: «Adesso cosa vuoi? Se volevi restare insieme a te stessa per l'eternità eccoti accontentata.»
M: «Hai ragione, ben misera speranza ha sostenuto tante tensioni, tante scenate, tante pretese. Che lui fosse come io lo volevo, che fosse mio come io ero mia»
D: «Ti compatisco amica, come compatisco lui. Possedere un altro è fargli una prigione, incatenarlo a ciò che noi immaginiamo di lui. Cosa c'è di meglio nella vita che la libertà, l'orizzonte libero di traguardi e desideri, un cammino senza sponde, una mappa senza tracce? Vivere ogni giorno la libertà di inventarsi »
A: «Davvero tu vuoi questo? Questo per sempre, finchè il sole brucerà e l'universo si espanderà tu gioirai di questo immenso spazio grigio senza pareti? Qui realizzi la tua volontà? Non hai mai assaporato la bellezza di essere schiava di un desiderio o un amore impossibile? Di una speranza disperata? Non hai mai sperato di trovare qualcosa per cui valesse la pena perderti?”
 
« Ultima modifica: Dicembre 20, 2012, 18:58:12 pm da COSMOS1 »
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Alberto86

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Re:femminicidio #4
« Risposta #18 il: Dicembre 19, 2012, 15:16:06 pm »
.........

Per me la michelle comunque rimane la peggiore. Dire le cose attraverso la satira è proprio rivoltante.




"Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci."


Mai frase biblica fu più azzeccata per identificare quelle come la Hunziker

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Re:femminicidio #4
« Risposta #19 il: Dicembre 20, 2012, 19:02:10 pm »
Femminicidio #13

http://cosimotomaselli.blogspot.it/2012/12/femminicidio-13.html#more

 Mi so' figio unico.  Nel senso che go quatro sorele, una mare, una neoda e il vecio z'è sempre fòra.  Perciò le me coccola e le me vissia: a taola le me serve par primo, magno quel che vogio a le me parecia cafè e dolzetto.  Non che la cosa me dispiassa, ansi. In ogni caso sarìa pronto a farne de manco.  Me cousin, la zò downtown, el sparecia e el lava anca le scodele. No sèmo miga trulli, savemo ben mettàre el detersivo sora 'na spugna, la spugna sul tegàme, el tegàme sotto l'aqua e dopo sugarlo col strofinasso.
  Quel ke me rode, a dirla tutta, zè ke quando ke me serve 'na man, le tose le canta l'Ave Maria. Me spiego: capita che da solo certe cose fatigo a farle. Par esemplar: se gò da tagiar un tronco po' essare ke me serva qualchedun che lo tegna fermo, ciò. Magari montandoghe sora, se pò far. Oppure anca se go da tirar zò na quercia vecia, me serve qualchedun ke el tira la soga, chessenò pol essar ke el rovaro el vegna zò dalla parte storta, e el me schissa la lama della motosega e dopo gò da buttar via tutto. Ostrega. Oppure che quel cancàro el vegna zò sora el ponaro e me tocca laorar tre dì per tirarlo su. Ostrega ancòra.  Ma se me serve 'na spinta e ciàmo le pute, le me capisse al volo e le se 'mbosca. Dizemo che, se posso, mando qualche bestemia e tiro 'vanti, che de rabiarse no val la pena. Metì che go da copar la cavara. Se mi ghe tagio le vene e 'na femena ghe tien soto un catìn, se salva el sangue e se fa el sanguinasso. Ma ele le scapa sempre e le salta fora quando che la bestia l'è bela pulìa. Anca la ragassa mare, che la sarìa vegetariana, la vièn a prendare un toco, perché a la fiòla, ke la sarìa la me neoda, la carne la ghe piase e la ghe fa ben.  Ma po' capitar che g'abia proprio bisogno, ke da solo no che la faga, e allora je vais dans la maison e ghe urle ke le salte fora. Me toca dopo de trabajar co'  'na litania dentro le recie ke la me fa 'ndar fora de testa.  Non so se me so ciarìo. Le cosse le stà accusì, savè.  Ora, mi me digo, se el femminismo el se tratta che le done le z'è tal qual i omeni, che le lo sia e basta ciaciare. Signùr!


 Traslitterazione:
 -->
  Io sono figlio unico.  Nel senso che ho quattro sorelle, una madre e una nipote, mentre mio padre è sempre fuori.  Perciò a casa mi coccolano e mi viziano: a tavola mi servono per primo, mangio quel che voglio e alla fine mi fanno il caffè e il dolcetto.  La cosa non mi dispiace, affatto. Ma ad ogni modo sarei pronto a farne a meno.  Mio cugino infatti, in città, è abituato a sparecchiare e a lavare le stoviglie. Non siamo minorati, siamo in grado di mettere il detersivo sulla spugna, la spugna sulla pentola, la pentola sotto l'acqua e di asciugarla con lo strofinaccio alla fine.  Ciò che mi disturba invece, a raccontarla tutta, è che quando mi serve un aiuto le donne fanno orecchie da mercante. Mi spiego: ci sono cose che non riesco a fare da solo. Per fare un esempio: se devo tagliare un tronco mi servirebbe qualcuno che lo tenga fermo, accidenti. Eventualmente può sedercisi sopra, così non fa neppure fatica. Oppure capita che devo tagliare una grande quercia, e allora mi serve qualcuno che tiri la fune, perché altrimenti l'albero potrebbe cadere dalla parte sbagliata e schiacciare la lama della motosega così che dopo mi tocca buttarla via. Accidenti. Oppure può capitare che quel maledetto cada sopra il pollaio così mi tocca lavorare tre giorni per rimetterlo a posto. Ancora accidenti.  Ma se mi serve un aiuto e chiamo le ragazze, capiscono al volo di che si tratta e spariscono. Diciamo che, se appena appena ce la faccio, dico qualche bestemmia e vado avanti, perché arrabbiarsi non serve a nulla. Le cose vanno allo stesso modo anche se devo ammazzare una capra. Se quando le taglio la giugulare una delle donne di casa mi tiene sotto un recipiente, con quello raccoglie il sangue con cui dopo si fa il sanguinaccio. Ma loro si nascondono e saltano fuori quando la capra è scuoiata e ripulita. Anche la ragazza madre, la quale dice di essere vegetariana, viene a prenderne un pezzo, perché dice che a sua figlia, che sarebbe mia nipote, piace la carne e le fa bene.  Ma se invece ho proprio bisogno di un aiuto, perché da solo non ce la faccio, allora vado in casa e urlo che devono venire fuori. Ma non è un bel lavorare perché quelle mentre lavorano si lamentano tanto che ti mandano fuori di testa.  Non so se mi sono spiegato. Le cose stanno a questo modo che vi ho spiegato.  Ora, dico, se il femminismo è quella ideologia per la quale le donne valgono tanto quanto gli uomini, che si comportino davvero di conseguenza nei fatti e non solo a parole. Insomma!
« Ultima modifica: Dicembre 26, 2012, 00:46:06 am da COSMOS1 »
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Re:femminicidio #4
« Risposta #20 il: Dicembre 20, 2012, 19:03:56 pm »
Femminicidio # 14

http://cosimotomaselli.blogspot.it/2012/12/femminicidio-14.html#more

 In questi giorni hanno arrestato un cinese, nella mia città. Uno proprio ricco, aveva un grande giro, ho letto.  Sembra che facesse soldi in due modi.   Modo uno: con l'immigrazione clandestina. Il clandestino sarebbe uno che odia la luce del giorno perciò sta qui tra noi senza le carte oppure ci arriva con carte false e poi in qualche modo si sistema. Il Pan, che sarebbe il nome del cinese arrestato, forniva a questi amanti dell'oscurità indirizzi dove fingevano di avere la residenza e carte che dimostravano che essi tenevano un lavoro regolare qui in Italia.
  La gente pare davvero scandalizzata e arrabbiata, se la senti parlare al bar. Ma come si permette di far entrare gente in Italia di notte e non alla luce del sole? Bene ha fatto la Guardia di Finanza ad infiltrare un proprio agente e a smascherare il lestofante.   Allora, io mi domando, ma che senso ha queste scandalo? Nascere di qua o di là di un segno tracciato tra i monti o sul mare fa di due uomini due razze? Uno ha diritto al lavoro, all'assistenza sanitaria, all'istruzione, l'altro ad un visto di via?  Fatemi capire, perché davvero io mi sento stupido e non ci arrivo. Ma i delinquenti non sono coloro che fanno regole assurde dividendo ciò che è unito e separando gli uguali, coloro che mettono le condizioni perché di là gente muoia di fame o naufraghi su barche improbabili mentre di qua si schiacciano le arance con le ruspe e si portino gli yacht all'estero per non pagare le tasse?  Guardo la faccia del cinese sul giornale e mi rendo conto che è un approfittatore, non sto difendendo lui. Ma lui approfitta, appunto, della miseria altrui, per cui più malvivente e fuorilegge di lui è chi quella miseria produce.  A volte poi mi vengono incubi anche peggiori: quando recito o sento recitare il Padre Nostro. Nostro di chi? Nostro di noi che stiamo da questa parte della barricata. Non importa come si chiama la nostra parte, conta che è la nostra e tutti gli altri sono figli di nessuno, o di puttana se ci pestano i piedi.  Pan è un figlio di nessuno anche se aveva a che fare con le puttane, che era il secondo modo con cui era diventato ricco. Più di tanto non ci pesta i piedi, se non fosse perché troppi musi gialli e troppe puttane gialle in un condominio italiano infastidiscono. Perché il condominio si fa una cattiva fama e i prezzi degli appartamenti vanno giù.  Questo è il motivo principale per cui alcuni condòmini dopo l'arresto del cinese, hanno esposto una bandiera italiana, come dopo le vittorie calcistiche della nazionale. Abbiamo vinto, l'abbiamo sbattuto in galera quel figlio di puttana, era ora.  La qualità e la dignità della vita delle cinesi che lavoravano nel bordello di Pan, non interessa a molta gente, anzi forse non interessa proprio a nessuno. Sui giornali molti si stracciano le vesti e da qualche parte c'è anche qualcuno che si scandalizza perché le donne vendono il loro corpo. Leggo che qualcuno paga per quei corpi anche mille euro a botta.   Ovviamente quelle donne farebbero meglio a morire di fame a casa loro, a spezzarsi la schiena con le gambe nell'acqua delle risaie, sarebbe più dignitoso. I benpensanti si scandalizzano che le cinesi preferiscano guadagnare mille euro a botta e fanno le crociate per difenderne i diritti. Le cinesi sembra che non siano d'accordo e preferiscano pagare la percentuale a Pan sui loro corpi piuttosto che fare tutte le altre sante cose che i benpensanti pensano per loro.  Io posso anche capire che la dignità delle donne e il femminismo richiederebbe che ciò che le donne guadagnano aprendo le gambe, resti alle donne che le gambe le hanno aperte. Faccio invece fatica a capire come possa accadere che della dignità delle donne e della loro convenienza e interesse e santità, debbano decidere altri.  Ma, diciamoci la verità, la maggior parte degli uomini si è dispiaciuta leggendo dell'arresto del cinese e dei suoi complici. Difficile fare un sondaggio, anche nel segreto del questionario anonimo confessarlo è difficile. Ci vorrebbe la voce del Cristo a indagare i cuori: chi è senza peccato scagli la prima pietra. I nostri coetanei tanto più sono moralisti quanto più si sono allontanati dalla religione. Sono diventati tutti profeti, fustigatori dei costumi altrui, farisei irreprensibili. Ma dietro i volti impassibili chini sui giornali, un qualche rammarico cova. Sarebbe ora, forse, di essere meno ipocriti e lasciare ciascuno a fare i conti con la propria di coscienza. Chi preferisce campare allargando le gambe che piegando la schiena, risponda delle proprie azioni. Gli altri hanno abbastanza di cui pentirsi per non doversi caricare preoccupazioni altrui.  D'altra parte la nostra storia è ben significativa. Quello Stato nato contro la Chiesa bombardando le mura di Roma e aprendo una breccia a Porta Pia, contro la Chiesa istituì i bordelli per i soldati dai quali voleva farsi perdonare per la tragedia di Caporetto. Il che fu ben peggio di ciò di cui ci scandalizziamo oggi: non c'era infatti in gioco solo la libertà e la coscienza individuale, ma anche purtroppo un ruolo formativo ed educativo, o diseducativo, dell'istituzione militare. Si dovevano fare gli italiani, e li si fece anche mandandoli ai bordelli e deridendo ai sentimenti di una parte del popolo non certo anemica e confusa come oggi. Si potrebbe discutere della resistenza dei cattolici all'attacco massonico, è difficile invece discutere del fatto che i bordelli erano anche e soprattutto pensati come luogo educativo per i battaglioni, in totale disprezzo della libertà di quella coscienza e di quei diritti individuali di cui oggi sono portavoce gli eredi di coloro che cent'anni fa li calpestavano così.   Con la Merlin la follia educatrice cambiò direzione ma rimase folle: dall'educare le masse al sesso promiscuo, al condannare il sesso mercenario, il tutto sempre e solo in forze della propria superiorità morale sulle folle ignoranti.   Hanno arrestato un cinese e i suoi complici. Finalmente, figlio di puttana!
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Re:femminicidio #4
« Risposta #21 il: Dicembre 26, 2012, 00:34:21 am »
Femminicidio #15

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  Marina guarda la laguna dal settimo piano del grattacielo che sorge al centro di Mestre. È il venticinque dicembre del 2042.  Ogni volta che guarda quel tratto dell'orizzonte ripensa a quello che non c'è. Anzitutto non c'è il Palais Lumiere, quell'edificio avveniristico che lo stilista Cardin avrebbe voluto costruire trenta anni prima. Non c'è, perchè in molti si opposero, perchè avrebbe modificato il paesaggio, perchè ci sono sempre ragioni per opporsi ai cambiamenti.  Quel palazzo non costruito è al di là della storia, è in un altro mondo.   Laggiù non c'è neppure il campanile di San Marco. A centoventi anni dal suo primo crollo è caduto ancora, ma non l'hanno più ricostruito, non c'erano le risorse. 
  Altre cose invece sono rimaste, ma solo di facciata: la basilica della Salute è stata acquistata da un ricco sceicco e trasferita pietra su pietra a Dubai. Dobbiamo ringraziare la determinazione del sindaco e della giunta comunale che è riuscita ad imporre allo sceicco di lasciare a Venezia una risproduzione in resina bianca sostanzialmente identica all'originale. Meno esposta all'azione corrosiva degli escrementi dei piccioni, per fortuna.  Marina ha ottantadue anni, respira a fatica e si guarda le mani diafane nella luce del sole velato appena sorto all'orizzonte.  Il grattacielo è nel silenzio totale, solo il fischiare rabbioso del vento che non si ferma mai. Per il resto i pochi inquilini rimasti non fanno rumore.  Quando lo stilista Cardin litigava con l'amministrazione comunale per realizzare il suo sogno, aveva novanta anni suonati, dieci più di lei, ma una energia e una iniziativa ben diversi, pensa.   Allora l'appartamento di Marina era considerato un appartamento di lusso, nei dieci piani del palazzo abitavano famiglie facoltose, avvocati, politici, industriali. Soprattutto dai piani alti è magnifica la vista verso est, verso il mare, e verso nord, verso le montagne sempre innevate.  Marina non ha altro da fare tutto il giorno che ripensare alla vita trascorsa, rimescolare i ricordi.   Ricordare è un po' come vivere una seconda volta, così lei ogni giorno rivive decine o centinaia di volte la propria vita.   Da diversi anni l'appartamento al settimo piano è tutto il suo mondo: è andata in vacanza l'ultima volta quasi dieci anni prima, con la sua compagna Agnese, prima che morisse per un ictus. Da allora non è più uscita dalla città e anzi il raggio dei suoi spostamenti si è progressivamente ridotto a poche centinaia di metri: la distanza del panificio, del fruttivendolo, del supermarket.   Perciò sente la vita del condominio come fosse la propria vita, la vita di una creatura viva che con il tempo cambia, cresce, matura, invecchia.  Trenta anni fa la prima famiglia di colore fu una notizia difficile da credere: che avessero i soldi per potersi permettere un appartamento lì, proprio lì. In ogni caso ben presto furono accolti e integrati dalle altre sessanta famiglie: tutte persone colte e civili per le quali il colore della pelle non conta; la differenza tra uomo e uomo non sta nella pelle, o perlomeno non in quella pelle. La differenza vera sta nella pelle del portafoglio, e soprattutto in ciò che quello custodisce.  Anno dopo anno gli stranieri aumentarono, fino ad arrivare quasi a metà del totale. In un appartamento venne ad abitare un cinese, o perlomeno fu rilevato da un cinese che ne fece un bordello. Un bordello di classe però, nessun rumore, ragazze gentilissime ed educate, tutte cinesi. Clienti distinti.  Agli altri condomini la cosa tuttavia non piacque: quella attività di piacere faceva perdere valore agli immobili, perciò quando il cinese fu arrestato e sulle finestre dell'appartamento comparve la scritta affittasi, tirarono un respiro di sollievo.   Come era logico aspettarsi, il cartello rimase esposto diverso tempo, ma è naturale che la gente abbia delle reticenze a dormire in stanze da letto dove altri non dormivano affatto. Quando un secondo appartamento si liberò e il cartello esposto si consumò al sole e alla pioggia, un pensiero molesto iniziò a delinearsi nelle occhiate che si scambiavano in ascensore o per le scale.  Quello fu l'inizio, l'inizio di una cosa che non avrebbero neppure immaginato solo qualche anno prima. Nel giro di poco tempo quasi la metà degli immobili rimase vuota, e gran parte di coloro che restavano, se non erano nostalgici, erano comunque gente media, poveracci. Quelli che avevano sale in zucca e soldi in tasca se ne andarono.  Lei e Agnese scoprirono di essere prigioniere: quell'appartamento era la loro sola proprietà, il suo prezzo crollò tanto velocemente da non lasciare tempo per pensare ad una permuta e le loro pensioni erano troppo esigue per chiedere un mutuo o un prestito.  Si, una prigione. Gli inquilini erano sempre più odiosi e cattivi, la maggior parte non pagava le spese comuni, le riparazioni indispensabili erano rinviate di anno in anno, pezzi di intonaco e di cornicione si staccavano nel pieno della notte e cadevano sul marciapiede con un rombo funesto.  Tra qualche giorno poi la prigione avrebbe rinforzato le sbarre: erano in procinto di fermare l'ascensore, in quanto l'amministrazione non poteva pagare la manutenzione. Fare sette piani di scale alla sua età non era facile, come avrebbe fatto?  L'ascensore sarebbe rimasto come un rettile congelato nell'anima del palazzo, come il Mose là all'orizzonte: quel progetto mastodontico per salvare Venezia dall'acqua alta che non entrò mai del tutto in funzione; però neppure i ghiacci dei poli si sciolsero, le maree non crebbero, anzi cominciarono ad abbassarsi e Venezia sopravvisse anche senza Mose e con ben altri pensieri per la testa.  Il pensiero pruincipale, infatti, erano i giovani. Non c'erano più giovani, le case erano vuote e gli anziani tiravano la cinghia con pensioni sempre più leggere. Gli immigrati sono spariti, da un pezzo hanno smesso di sognare il Belpaese. Trovare un infermiere o una infermiera è impossibile, le badanti sono parte del passato come le favole della bisnonna, muratori e idraulici sono ormai lavori da bricolage.  Marina non riusciva più ad arrivare a fine mese con la pensione, da tempo aveva rinunciato ad acquistare le medicine e ad andare dal medico. Ormai la sanità era tutta a pagamento, quindi fuori dalla portata della maggior parte degli anziani.  L'unica prestazione ancora garantita dal Servizio Sanitario Nazionale è l'eutanasia.  Si trovò a lamentarsi che ci sarebbe voluto un bambino, sì, come quello di Betlemme, un bambino vero, in carne ed ossa, e non uno solo, ma uno per famiglia, per appartamento, per stanza. Per riempire gli infiniti spazi vuoti di questo mondo freddo e morto.   Da anni non partecipava più alle celebrazioni di Natale, da quando si era sciolta la Chiesa Rosa, quella imposta dalla Comunità Europea che sanzionò l'Italia perchè consentiva che nella Chiesa Antica ci fosse una selezione misogina della classe dirigente.  La Chiesa Rosa fu messa in piedi nel giro di pochi mesi, composta di sacerdotesse, vescove e una papessa eletta democraticamente, la quale si sporgeva dal balcone di San Pietro il mercoledì per diffondere il suo messaggio di gioia e speranza. Marina aveva partecipato per qualche tempo a quelle liturgie. Ripensandoci non ne ebbe alcun rimpianto: celebravano un mito, rappresentavano simboli. Ma ciò di cui ha bisogno, adesso, Marina, non è un simbolo, ma carne e sangue, un bimbo vero, che scalcia a piange e fa pipì e cacca. Ne ha un bisogno fisico, come una morsa nella carne. Quel bimbo che non ha voluto sessanta anni fa, quello che non ha mai turbato la sua vita con Rosa, quello che non l'ha mai intenerita.  Alla fine Marina deve concedere ai sacerdoti della Chiesa Antica che ai loro miti loro ci credevano. Lei invece rideva sulle superstizioni, sul Dio in tre persone, sull'incenso che doveva salire in cielo ad allietare l'olfatto divino, al pane contrabbandato per carne ebrea. Di quelle favole lei non aveva mai sentito bisogno e considerava un segno di civiltà e maturità intellettuale il riconoscimento esplicito, da parte delle sacerdotesse, che si trattava solo di miti e simboli.  La notte appena trascorsa, scrutando le strade buie e le rare auto, si era domandata se ancora da qualche parte qualche cristiano si trovasse, magari di nascosto, a coltivare illusioni.   Ecco: non di miti, non di leggende, non di cerimonie né liturgie lei e il mondo che vede avanti a sé, in questa mattina fredda e umida di Natale del 2042, ha bisogno. Ma di un bambino in carne ed ossa.  Tuttavia il Sistema Sanitario garantisce ancora solo una prestazione.
« Ultima modifica: Dicembre 26, 2012, 00:45:13 am da COSMOS1 »
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Re:femminicidio #4
« Risposta #22 il: Dicembre 30, 2012, 19:55:50 pm »
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sempre più a rischio, prima o poi mi gambizzano!


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Femminicidio #16   


Com'è un campo di concentramento giapponese? Gianna se lo domanda mentre cerca l'ispirazione per scrivere qualcosa sul femminicidio.
 In India hanno ucciso una giovane donna. Stuprata da sei uomini, su un autobus. Davanti agli occhi del fidanzato. Poi gettata giù in strada, come un animale.
 Lei, Gianna, in un campo di concentramento giapponese c'era stata, quando suo padre rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò. Strana storia: andare in Giappone per scappare al fascismo ed essere internati per essersi rifiutati di aderire all'ultimo sussulto della dittatura. Cosa c'entra con lo stupro di Damini? Proprio nulla, ma a lei quella domanda ronza nella testa e non se ne va, come la mosca impazzita che sbatte contro il vetro della stanza.
 
 Perchè sono passati settanta anni da quei giorni, in Giappone, e negli anni duemila, negli anni della tecnologia, dei diritti civili e delle nuove democrazie, è incomprensibile che ci siano ancora simili delitti.
 Ma le donne non sono rimaste a guardare, si sono mobilitate, hanno fermato l'India, che non è un piccolo paese alla periferia del mondo. E' invece un continente, più di un miliardo di persone. Gianna  ha vissuto una vita da militante ed è entusiasta della mobilitazione delle donne indiane: guarda ammirata la donna con una espressione mistica stampata sul volto che espone un cartello nel quale chiede la castrazione chimica e l'ergastolo per i violentatori. O la bambina con gli occhi chiusi: i criminali dovrebbero essere puniti.
 Dovrebbero! Dovrebbero? Certo: devono essere puniti i criminali.
 Ma Gianna non ha più l'età per fare la giornalista, lei per scrivere qualcosa ha bisogno di un là, di una nota che le dia l'ispirazione. Poi, quando parte, ecco che la tastiera scorre da sola, le parole note seguono le parole note, un luogo comune dietro l'altro.
 Più facile parlare di luoghi comuni che di fatti, perciò ecco che riemerge l'indignazione per i femminicidi e per la sofferenza femminile per i corpi violati, offesi, negati, per l'identità femminile a cui si vuole negare dignità.
 Com'è un campo di concentramento giapponese? Perchè un italiano deve essere rinchiuso dai giapponesi per aver rifiutato lealtà ad un regime alla canna del gas? Fascisti e comunisti, male e bene che attraversano il mondo e marchiano il proprio territorio con il sangue dei vinti. Vincitori per un giorno, vinti per sempre.
 Smarriti i fascisti nei labirinti della storia, restano i maschilisti, le forze delle tenebre che non rinunciano ad imporre il proprio dominio sulle forze luminose e progressive, sulle donne, sul nuovo dio che sorge in questo mondo oscuro. Come i fascisti, i maschilisti colpiscono una donna per educarne mille, perchè il loro ideale è un mondo di donne sottomesse e docili ai loro desideri oscuri.
 Contro il sole dell'avvenire, contro la Donna che risplende nelle tenebre, monta la violenza reazionaria, ideologica, androcentrica. Non solo in India, anche in Italia, dove in questo 2012 centoventi donne sono state uccise in quanto donne.
 Ma la violenza non fermerà la storia, le donne si uniranno e sconfiggeranno l'oppressore.
 Gianna rilegge il suo pezzo, aspira a pieni polmoni la soddisfazione dei luoghi comuni, la sicurezza di sapere che è dalla parte della ragione, del progresso, dell'avvenire. Formatta e spedisce: al Corriere pubblicano senza leggere, è il suo nome che conta.
 Un grillo infatti la disturba, si rende contro di non aver scritto nulla di nuovo. Si rende conto che se avesse scritto queste banalità quando ha iniziato a lavorare come giornalista di fortuna a Roma, i suoi pezzi non li avrebbe pubblicati nessuno. Perchè allora, ogni cosa che scriveva la scriveva con gli occhi di suo padre. Scriveva, buttava via tutto, riscriveva e ributtava. Finchè non si convinceva che anche suo padre avrebbe sorriso, leggendo.
 Per ogni riga erano ore, giorni di lavoro, di ricerche, di indagini sul campo, di notizie e riflessioni vere. Per questo pezzo non ha cercato nè verificato un solo dato, Grazia lo sa. Non sa perchè, forse perchè è stanca, forse perchè è delusa, o forse non c'è il sorriso di suo padre ad attenderla.
 Ha una brutta sensazione che le blocca lo stomaco. Forse un thè o un biscotto? O forse è altro ciò di cui ha bisogno?
 Forse di verificare chi sono quei 120 femminicidi del 2012?
 Digita "femminicidio in Italia" sul muletto e viene fuori una sfilza di voci. Tra le prime la foto di quel prete ligure. No, non va bene. Corregge: "femminicidio in Italia dati". Altra sfilza di voci. Tra le prime il blog di Barbara Spinelli. Va a vedere. Solo fumo, niente numeri. Chissà perchè, si domanda Gianna rivedendo le baracche del campo giapponese, per sapere quante donne vengono uccise in Italia bisogna citare l'ONU. Boh, la prossima volta che vedo Barbara glielo chiedo.
 Corregge ancora la ricerca: solo i risultati dell'ultima settimana.
 Ancora solo fumo. C'è la pagina delle femministe in carriera, come le chiama lei, quelle della XXVII ora sul Corriere. Ma anche lì non ci sono numeri.
 Finalmente qualcosa: un link ad un blog che fa un elenco. Gianna va a leggere dall'inizio, da gennaio 2012.
 Dunque, la prima e la seconda donna ammazzate nel 2012 sono prostitute. Gianna è un po' perplessa. In effetti le prostitute sono donne che già vivono sulla pelle una violenza ancestrale. Ricorda la propria adolescenza e le difficoltà economiche: anche lei avrebbe potuto scegliere quella strada, chissà. Non per nulla scrisse molto su e di prostitute. Mestiere pericoloso, soprattutto per gli interrogativi inquietanti che solleva, sull'amore, sulla libertà, sulla dignità.
 La terza e la quarta sono una fidanzata e una moglie. Gelosia? Motivi economici? Dagli articoli non si capisce. Ripensa ai suoi amori. A quel pittore con cui fu sposata quattro anni. Con lo scrittore che per lei lasciò la moglie. Ogni amore ha un suo rovescio di odio. Si odia chi odia la propria amata, ma si odia di più chi la ama e ancora di più si odia l'amata che non ricambia l'amore.
 Gianna guarda perplessa lo schermo: la quinta è una moglie, la sesta la madre della moglie e la settima la figlia. L'abisso dell'odio, Gianna si sente stringere le viscere. Per uccidere la propria figlia cosa deve avere vissuto quell'uomo? Ripensa allo scrittore con cui visse, al suo tormento interiore che gli faceva scavare dentro l'esistenza umana con la paura di trovarvi sempre e soltanto il vuoto, al fondo di fascisti, comunisti, donne, borghesi, indifferentemente. Tra loro c'erano trenta anni di differenza, era un marito-padre: quanto manca oggi a Gianna la sua voce, il suo pensiero critico e fuori dalla corrente.
 Si riprende e sobbalza: l'ottavo femminicidio è il fratello della moglie. Il cognato dell'omicida. Gianna ha una vertigine, le cose non quadrano, i numeri non tornano. Ormai il pezzo è partito, forse è anche già pubblicato, ma che senso ha parlare di centoventi femminicidi se dentro c'è anche un cognato? La stanza sembra le giri attorno, il pavimento fluttua come un campo di grano mosso dal vento.
 Torna al motore di ricerca: "censimento India". Vediamo almeno chi sono questi indiani di cui ho scritto. Al censimento del 2011 in India c'erano  1.210.193.000 indiani. Una infinità, un miliardo e duecento milioni. Ventiquattro volte l'Italia, ventiquattro Italie una di fianco all'altra.
 Va avanti a leggere, Gianna. Seicentoventiquattro milioni di maschi. Cinquecentoottantasei milioni di femmine. Trentottto milioni di donne in meno.
 Trentotto milioni. Come tutto il nord Italia, come se in Italia ci fossero solo maschi. E ancora non ci siamo, perchè in Italia ci sono 26 milioni di maschi italiani e 28 milioni di femmine. Escludendo dunque gli stranieri.
 Gianna si passa una mano sulla fronte. Qualcosa non quadra. Perchè in Italia ci sono due milioni di donne in più e in India trentotto milioni in meno?
 E tardi per riscrivere l'articolo? prova a telefonare in redazione, ma quando il telefono squilla riattacca. E cosa gli dice? Che si è accorta che in India mancano al conto trentotto milioni di donne? Altro che i centoventi femminicidi italiani, contando anche il cognato.
 Poi l'immaginazione vola: e come sarà la vita per i trentotto milioni di uomini senza donna? Quelli condannati dai numeri a sognare il sesso, a vederlo e invidiarlo?
 Trentotto milioni di uomini che vanno per le strade, sugli autobus, nelle case, e sognano, desiderano, soffrono, immaginano. Un giorno, un mese, un anno, una vita. I poveri, gli esclusi. Quelli che una volta si diceva che erano proletari perchè come unica ricchezza avevano i figli. Oggi neppure quello, oggi per trentotto milioni di indianmi i proletari sono un miraggio, sono i capitalisti.
 Gianna è stanca, è lontana.
 Come sarà un campo di concentramento giapponese?
 
 
 PS Chiedo umilmente scusa a Dacia Maraini che con il suo articolo sul Corriere di oggi mi ha provocato. Che ci vuoi fare, Dacia: le donne provocano, con le minigonne e con gli articoli, e noi poveri maschi vulnerabili ci lasciamo provocare.
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Re:femminicidio #4
« Risposta #23 il: Gennaio 01, 2013, 08:17:59 am »
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Femminicidio #17   


 
  Per l’ultimo dell’anno ho regalato a mia moglie un completo intimo rosso cardinale. Poco originale, ma gradito.  Il perizoma le circonda i glutei come due ali di farfalla, il reggiseno a balconcino le strizza il seno abbondante. Porta bene i suoi cinquanta anni. Lo indossa e ci prepariamo per il cenone di San Silvestro papa.
   La aspetto in studio, leggiucchiando distratto per un’ora. Finalmente è pronta per uscire e mi chiede ansiosa se sta bene: calze nere lavorate che le donne ad una certa età indossano per imitare le adolescenti, le quali adolescenti calze così non le userebbero mai per non somigliare le cinquantenni. Una corta gonna a campana, nera con fiori rossi. Una maglia traforata da cui traspare il reggiseno,  una stiminzita giacca nera che ad ogni movimento scopre qualche centimetro di pelle qua o là.  Dico: “benissimo” ma non lo penso. Sono a disagio, vorrei dirle tutt’altro. Un parroco di Lerici ha suscitato un vespaio e l’ira delle femministe affermando che le donne con i loro abiti succinti provocano gli uomini e in qualche modo sono responsabili degli stupri che subiscono. I preti sono cavalieri e nella loro gentilezza dicono alle donne ciò che le donne vogliono sentire. Io non posso dirle quel che penso perché sarebbe molto peggio di un femminicidio: a volte le parole feriscono e uccidono più dei coltelli e delle pallottole.   Se le dicessi quel che penso le direi che non c’è alcun rischio di essere stuprata perché così vestita provoca solo riso e imbarazzo. Questa è la verità che troppe donne non vogliono sentire e temono più di qualunque catastrofe, questa verità quel gentiluomo del parroco ha taciuto.  Il trucco del viso non toglie gli anni e le scollature non restituiscono la giovinezza né attenuano l’ansia della concorrenza. Mia moglie teme la mia amante, teme i venti anni che le separano e scruta ansiosa i miei occhi per misurare quello che resta. Insieme alle tracce della mia relazione ha scoperto il sesso, e mi fa dubitare di copiare dai film atteggiamenti e gridolini e l’ansimare in crescendo con gli occhi chiusi. Talvolta la tocco tra le gambe e la trovo bagnata come un lago e mi domando se si può simulare l’orgasmo fino a questo punto.  Quello che il prete non ha detto e che le donne non vogliono sapere è che la tentazione non dipende dai vestiti. La mia amante, quella che mia moglie odia come mia amante, non l’ho mai vista in minigonna e le scollature le porta sempre con molta moderazione. A volte i jeans a vita bassa le scoprono qualche centimetro di fondoschiena se si piega a raccogliere qualche carta, ma è il massimo che concede. Mia moglie è ingiusta verso di lei, perché non abbiamo rapporti. Ma ha perfettamente ragione per quel che riguarda la tentazione e lo stimolo erotico: mi basta vedere una penna sul suo tavolo, perché lei le penne le lascia in un modo diverso da chiunque altro. Mi basta la sua voce al telefono o guardarla uscire dalla porta per essere eccitato. Perché lo stimolo erotico non è anzitutto questione di vestiti, ma di ormoni, di flussi astrali, di magnetismo.  Ci sono donne che tenterebbero i santi e turberebbero il sonno degli eremiti anche coperte di tonnellate di stoffa e chiuse a chiave dentro casseforti inviolabili. O forse ogni donna ha avuto il suo momento magico e la sua congiunzione astrale. Ma quando il tempo passa si deve avere il buon senso di accorgersene.  In un tempo remoto le donne sapevano vestire in modo delizioso anche ferite dall’ingiuria del tempo e il profeta chiedeva se un uomo può dimenticare la donna della sua giovinezza. Oggi si risponderebbe con una alzata di spalle e un sorriso impacciato gonfi della presunzione di essere il colmo della civiltà e della modernità. Le donne a Lerici hanno risposto al parroco con rabbia fin dentro la chiesa che dei loro corpi decidono loro, perciò non mi sognerei di suggerire a mia moglie un altro abbigliamento. Assolutamente, rispetto le sue scelte.   Leggo però nei suoi occhi la disperazione del naufrago che si aggrappa all’altro naufrago per affogare insieme. Vorrebbe tanto lei credere che basta un vestito per essere stuprate, per risvegliare il desiderio e l’eccitazione.   Leggo la disperazione nei suoi occhi e vorrei dirle le parole che il vento gelido sussurra alla luna in questi ultimi istanti dell’anno. Ma resto zitto. Rispetto la sua autodeterminazione.
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Re:femminicidio #4
« Risposta #24 il: Gennaio 01, 2013, 14:34:56 pm »
se vogliamo che questo abominio non passi, smettiamola noi in primis a non chiamarlo in quel modo ottuso... e cerchiamo, a prescindere dalle buone e nobili intenzioni, di fare le cose eque altrimenti nascerà un altro scandalo
Odio il femminismo perché amo le donne

Offline ilmarmocchio

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Re:femminicidio #4
« Risposta #25 il: Gennaio 01, 2013, 14:48:14 pm »
http://cosimotomaselli.blogspot.it/2013/01/femminicidio-17.html#more

questo è uno scritto importante e mentre lo leggevo, la mia mente ne anticipava le conclusioni.
Oggi abbiamo perso l'eleganza, il biuon senso e determinate mascherate, di abbigliamento, ma anche esistenziali, la dicono tutta.
Ho visto in una foto le donne che volevano entrare in chiesa per mettere a segno l'ennesima pagliacciate.
Esagitate ma tristi, brutte di una bruttezza incurabile, esterna e interna. qualsuasi minigonna le avrebbe rese a<ncor più brutte, altro che provocanti.
In effetti, da questo punto di vista, Don Corsi, ha fatto loro un favore a parlare di provocazione.
il fatto è che , poverine, la maggior parte delle donne oggi, nel vano tentativo di essere chi non sono, provocano solo il riso.
Un riso che anche io trattengo, perchè le ditruggerebbe.
maschere, non donne.
Un uomo normale deve fare violenza a stesso per poter pensare di fare violenza a quelle disperate

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Re:femminicidio #4
« Risposta #26 il: Gennaio 01, 2013, 15:24:31 pm »
http://cosimotomaselli.blogspot.it/2013/01/femminicidio-18.html#more
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Cara Feminoska
Grazie per aver commentato il mio Femminicidio #16.
Captatio benevolentiae: in realtà  davvero non capisco come fai a non capire e a commentare in modo che proprio non ci azzecca nulla. Allora, guarda, faccio un altro sforzo perché sono convinto che la violenza comincia dove finisce la comunicazione e dove  non si parla più. In un certo senso è vero quello che dici: la violenza sulle donne nasce da una cultura che insegna a non vederle come persone, nel senso che non insegna il dialogo. Perché se una donna è una persona ci parli, se ci parli non puoi considerarla un oggetto. Quando finisci di parlare, quando non capisci qualcuno, inizia la violenza anche se al  momento è una violenza sopita, prima o poi verrà fuori in tutta la propria cattiveria e prepotenza.

Perché, vedi, voi femministe dovreste studiare una grande femminista del secolo scorso, Edith Stein. Lo so che, nata ebrea, allieva preferita di Husserl, vi fece il torto di farsi cattolica e suora carmelitana per giunta. Magari un’altra volta ne parleremo meglio, al momento vorrei solo che tu focalizzassi che era una filosofa, e che la sua filosofia era la fenomenologia. La fenomenologia parte dall’assunto che non possiamo cogliere la realtà nella propria essenza, la verità, il noumeno, se non attraverso ciò che appare, il fenomeno. Ma per la fenomenologia il fenomeno non è maya, non è illusione, non è il prodotto di un diavoletto maligno che gode nell’ingannarci, come per Cartesio. Per Husserl il fenomeno ben indagato e studiato e analizzato conduce alla verità. Lo strumento più adatto all’analisi del reale, per Edith, è l’empatia, einfuhlung, e fa questo esempio: quando vai al circo e vedi un equilibrista a venti metri da terra, per godere lo spettacolo ti devi immedesimare in lui, sentire la vertigine, temere il rischio di perdere l’equilibrio e sfracellarti al suolo. Se non ti immedesimi in lui, hai sprecato i soldi del biglietto.
Proprio questa capacità di immedesimazione manca a voi femministe. Dai, sai che non penso anzitutto a te. Quella testa vuota della Michelle Hunziker ad esempio pubblicizza una campagna nella quale invita le donne a rispondere alla violenza con la violenza. Evidentemente non capisce nulla: possiamo discutere fin che vuoi di testosterone e di aggressività, un giorno magari discuteremo del fatto che il maschile non è anzitutto aggressività, ma fermezza, resistenza, giustizia. Se il maschile fosse aggressività per più dell’uno per cento, poniamo, l’umanità sarebbe già estinta. Epperò il maschile è anche senza dubbio capacità di rispondere alle provocazioni, e se la Michelle mi provoca e vuole lo scontro, bene, sono pronto: vediamo chi le prende.
La bionda fa un pessimo servizio alle donne vittima di violenza, perché non parte dall’empatia, dall’immedesimazione. Per prevenire la violenza si deve immedesimarsi nel violento, capirne le ragioni, le motivazioni, e da lì immaginare un percorso alternativo. Che è quello che io ho cercato di fare nei femminicidi da #1 a #17.
Ora, la stessa cosa vorrei farla con te, vorrei scendere nelle tue viscere, nei tuoi occhi, nel tuo cervello e capire perché mai non riesci a capire. Tu sei intelligente, tu non ti accontenti dei luoghi comuni, sai andare contro corrente. E questo non lo dico per captatio benevolentiae, ma perché lo penso davvero.
Come fai a non capire che quella ragazza morta è un pretesto, la dimostrazione di una violenza internazionale montata contro il popolo indiano nel suo insieme, maschi e femmine? Chi manifesta e si scandalizza per quello stupro, violenta ogni singolo indiano e ogni singola indiana.
Primo perché uno è meno di trentotto milioni. Come fai a non capirlo? Va bene, Damina è morta. Ma è morta una donna, se per una sola donna si fanno tante manifestazioni, cosa si deve fare per gli altri trentotto milioni?
Provo a capire. Perché Damina è una persona concreta, ne abbiamo visto la faccia, ha una storia. Gli altri trentotto milioni sono invece una astrazione, un numero difficile da immaginare. Può essere questo il motivo? Ma non posso pensare che tu sia così povera di fantasia. A questo punto perché parlare ancora del genocidio degli ebrei? Ma se il genocidio degli ebrei ha tagliato in due la storia, cosa dobbiamo dire del genocidio di questi trentotto milioni di donne?
Per quanto gli analisti discutano sui numeri, ormai c’è un certo accordo nel fatto che in India trentotto milioni di donne sono state o abortite o uccise da piccole, ma la versione che raccoglie maggiori consensi ormai è la prima. Le organizzazioni del femminismo internazionale, La Planned Parenthood, il Cedaw, le altre centinai di Organizzazioni Non Governative mobilitate per la salute riproduttiva della donna, hanno reso disponibile in ogni sperduto villaggio dell’India l’amniocentesi e l’aborto.
Donne che in nome della salute riproduttiva delle donne abortiscono altre donne in quanto donne. La lista dei femminicidi in Italia è una assoluta bufala, perché di nessuna di quelle centoventi del 2012 si può dimostrare che sia stata uccisa in quanto donna. Ma quei trentotto milioni sono state uccise tutte solo in quanto donne e perché donne. Senza se e senza ma.
Che poi si dice trentotto milioni perché è il numero di maschi in più. Ma sarebbero trentotto milioni se il rapporto maschi femmine alla nascita, cioè no: al concepimento, fosse uno a uno. In realtà in tutto il mondo il rapporto è un po’ superiore, più o meno uno virgola zero qualcosa, per cui si calcola che il numero di donne eliminate sia tra trentotto e sessanta milioni.
Ora, tu mi dici, quelle donne abortiscono le donne perché sono vittime di una cultura maschilista e patriarcale. Terreno pericoloso, amica mia. Questo è il mio terreno, perché la cultura da cambiare, da convertire, gli errori del pensiero che conducono al male, non sono altro che echi dell’affermazione del Vangelo: la verità vi renderà liberi.
Ma tu che neghi valore alle confessioni religiose, non puoi scendere sul terreno del confronto tra concezioni del mondo, non puoi azzardarti a dire che una concezione del mondo è migliore di un’altra. Le donne indiane la pensano così. Punto. Non serve a nulla indagare sui meccanismi che stanno dietro alla loro concezione del mondo.
Serve invece domandarsi chi e perché ha sfruttato quel modo di concepire il mondo e ha messo nelle loro mani uno strumento sapendo come sarebbe stato  usato. Sai bene che nel femminismo istituzionale ci sono chiari ascendenti e riferimenti a Malthus, sai che da quelle parti sono angosciati dalla sovrappopolazione del pianeta e spaventati dalla possibilità che le balene possano estinguersi.
A questo punto io mi domando se sei d’accordo con me che il silenzio del femminismo su quell’inconcepibile femminicidio e il parallelo accento sui dubbi e sparuti casi italiani o anche sulla povera Damina, sia perlomeno sospetto. Sei d’accordo anche tu, spero, che il femminismo dovrebbe anzitutto impegnarsi a denunciare l’aborto selettivo delle femmine e anche le minori cure mediche che le stesse ricevono fin dall’infanzia. Quello è il vero mostruoso crimine, dal quale ci vogliono distrarre con quei pochi casi che ci gettano negli occhi come polvere.
Sei d’accordo? Spero di si, e se non sei d’accordo vorrei capire perché, davvero.
Poi dici che la disparità maschi femmine e quell’enorme, inimmaginabile esercito di trentotto milioni di uomini, non giustifica di per sé lo stupro. Ma, amica mia, non hai detto, appena poco fa e proprio tu, che il male, la violenza nasce dal mancato rispetto dei bisogni altrui? Forse non riconosci dignità al bisogno sessuale? Proprio tu che inviti le donne single a toccarsi, a non aver paura di autosoddisfarsi in mancanza di un uomo adatto alla bisogna.
Forse non intendi che il sesso non è un bisogno sessuale, ma che bisogna imparare a controllarsi. Già, ciascun uomo, ciascun essere umano intendo, deve essere perfetto e mai lasciarsi andare. Come tu sei perfetta? Perché di tutte le cose che fai nella tua giornata, tutte, cento su cento sono giuste e perfette? O no? Perché se mi concedi che anche tu almeno una volta su cento sbagli, devi concedermi che anche quegli uomini una volta su cento sbagliano, e se sbagliano una volta su cento, ogni giorno trecentottantamila sbagliano. Sbagliano sotto la pressione della fame di sesso, di una fame arcaica, infinita, eterna, insaziabile.
Si racconta dei prigionieri italiani in Russia che, spinti dalla fame, arrivavano non solo a mangiare i cadaveri dei propri compagni, ma anche ad ucciderli quando questi si ferivano e gli altri sentivano l’odore del sangue: arrivavano a mangiarli vivi! Riesci tu a metterti nei panni di quella moltitudine sterminata per la quale la donna è un miraggio negato da sempre e per sempre?
Se riesci a metterti nei loro panni, allora non ti puoi stupire se almeno uno ogni cento ogni tanto perde il controllo. Se vedendo un altro come lui accompagnarsi con l’oggetto irraggiungibile del desiderio, non ci vede più, non ragiona più, si lascia andare e succeda quel che succeda. La tocco almeno una volta, e poi posso morire: lo senti questo ragionamento?
Se lo senti, non puoi dirmi che qui in gioco c’è la libertà femminile. E neppure quella maschile. Qui abbiamo un popolo di disperati che altri hanno messo in condizioni assurde, in un vicolo cieco e senza uscite. Facile invitare gli affamati a mangiare brioche. Dal nostro mondo caldo e tranquillo, noi che comunque non abbiamo abbastanza dita per contare le nostre storie e relazioni.
In gioco c’è una situazione disperata nella quale un popolo è stato cacciato dall’incoscienza di intellettuali “buonisti”, di folli preoccupati del surriscaldamento globale, di diritti astratti, della tutela della biodiversità del pianeta.
Ma gli imbecilli non hanno calcolato tutto. Perché se in via teorica è vero che si possono eliminare gli uomini e contenere la crescita demografica del pianeta come quella delle mosche, adesso qualcuno mi deve spiegare come gestiremo questi trentotto milioni di uomini affamati di sesso. Come li gestiranno. Cosa diremo quando in cento o in mille saranno attorno a ciascuna delle nostre case per godere delle nostre donne. Quanti ne potremo ammazzare? Quanti indiani ciascuno di noi potrà ammazzare? Dieci, cinquanta, cento? Perché? Per difendere quelle donne che continuano a ripetere: l’assassino ha le chiavi di casa, togliamogliele! Per loro noi dovremmo essere pronti ad uccidere trentotto milioni di indiani. Poi inizieremo a parlare di cinesi, lo sai.
Io una soluzione ce l’avrei. Mandiamo tra loro la Michelle Hunziker, con tutti i soldi che ha raccolto con gli sms in questi giorni. Chiudiamo le porte e che facciano quel che vogliono. Che ne dici? Sei d’accordo?
Dio cè
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Re:femminicidio #4
« Risposta #27 il: Gennaio 01, 2013, 16:45:40 pm »

Un uomo normale deve fare violenza a stesso per poter pensare di fare violenza a quelle disperate

Un uomo normale evita le femministe, comunque, non fa mai violenza.
Chi fa violenza non può essere sano.
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Re:femminicidio #4
« Risposta #28 il: Gennaio 13, 2013, 21:05:33 pm »
http://cosimotomaselli.blogspot.it/2013/01/femminicidio-19_6.html#more

Citazione
Femminicidio #19   
 
Il disertore
 
  Ebbene basta, non ne posso più, mi sono davvero rotto di tutte le vostre minchiate, me ne vado.  Non ne posso più dei poveri che, quando costruiscono, si affannano per arricchire i ricchi ma quando distruggono, distruggono tutto.  Non ne posso più delle donne presuntuose e stupide che si masturbano domandandosi se sia meglio avvocato, avvocata o avvocatessa.  C'è una baracca lassù tra le rocce e le nevi. Con me l'essenziale. Coprirsi. Mangiare. Pensare.
  Ho avuto qualche indugio sul libro da portare con me, poiché volevo solo ciò di cui non posso fare a meno. Gandhi, uno degli uomini più colti e degli scrittori più prolifici del secolo scorso, con sé aveva cinque libri: la Bhagavad Gita, il Corano, la Bibbia, Unto This Last di Ruskin e The Kingdom Of God Is Within You di Tolstoj. L'unico che forse ho in casa è la Bibbia. Lo cerco ma accidenti non lo trovo. Finchè salta fuori una bibbia latina di mia nonna. Va bene lo stesso anche se il  latino che conosco è molto povero, quello del liceo, quando noi lo studiavamo senza crederci e i professori lo insegnavano senza amarlo.  Eppoi basta. Vado via.  Da quassù guardo il mondo dei pazzi laggiù che si affretta a farsi del male. Poveracci!  Quassù ascolto lo stormire del vento e gli uccelli, mi alzo e mi corico con il sole, peso le montagne.  Quando la nostalgia mi prende apro il libro.  Liber generationis Iesu Christi filii David filii Abraham. Il Vangelo di Matteo è quello che mi piace di più, perchè Matteo era un pubblicano, guardato con riprovazione dalla gente per bene. Ma era anche un pignolo, come un buon esattore delle tasse deve essere.  Libro della generazione di Gesù Cristo. Mi sembra di ricordare che generationis venga tradotto dalla CEI genealogia. Cosa c'entra? Genealogia mi fa venire in mente la dinastia, il casato, qualcosa di cui andare fieri. Generationis al contrario mi ricorda la pura e semplice riproduzione, la generazione animale, fisica, come gli uccelli qui attorno sono legati da una catena ininterrotta al primo uccello della creazione. Poichè del primo possiamo discutere, di come e perchè sia comparso dal nulla, ma di tutti i successivi non si può discutere, poichè se uno solo degli ascendenti di questo pettirosso fosse caduto in una rete un attimo prima del necessario, per tutti i milioni di anni che ci precedono, questo pettirosso non sarebbe qui.  Ad ogni modo io che non sono teologo ma ho tanto tempo libero, mi ripeto all'infinito la filastrocca e non mi preoccupo troppo se sia una genealogia o una generazione.  Figlio di Davide figlio di Abramo.  Abraham genuit Isaac. Da Sara. Matteo ci passa sopra, io no. Donna scema e perfida come poche nella storia e, dei due difetti, non saprei scegliere il peggiore. Scema perchè rise dei tre Arcangeli di Dio che le annunciavano la maternità. Perfida perchè, non avendo figli e dovendo convivere con quel vecchio convinto di aver ricevuto la promessa di una grande discendenza, per liberarsi del sospetto di essere lei sterile, mise tra le braccia del marito la schiava Agar. Quando Agar rimase incinta, però la fece partorire tra le proprie gambe, al fine di impossessarsi del figlio partorito dalla schiava. Ma quando lei partorirì il suo proprio figlio se ne fregò di aver messo Agar tra le braccia del marito e di dove la schiava avesse partorito: cacciò la schiava e il figlio di Abramo a morire nel deserto. Abramo lasciò fare, Dio lasciò fare. Io le avrei spaccato la testa! Ma Dio la pensa diversamente: sarà per questo che dicono che per gli ebrei è ebreo il figlio di madre ebrea. Il figlio della schiava, pur essendo figlio di Abramo, non era ebreo perchè la madre non era ebrea. L'uomo può essere cinconciso ed entra di diritto nel popolo eletto, la donna invece o nasce ebrea o nasce non ebrea. Pace.  Isaac autem genuit Iacob. Autem nelle traduzioni scompare. Chissà perchè. Sarebbe a dire: Tuttavia (o anche: ma, però, in alternativa cioè) Isaac generò Iacob. Chissà perchè tuttavia. Forse perchè avrebbe dovuto o potuto essere diversamente. Forse Isaac avrebbe potuto generare il Cristo o forse non avrebbe dovuto generare, invece generò Giacobbe.  Ad essere precisi non è vero che Isacco tuttavia generò Giacobbe. Infatti il primogenito di Isacco fu Esaù, ma Giacobbe, con la complicità della madre Rebecca, ingannò il padre vecchio e cieco e si fece benedire al posto del fratello maggiore. Poi scappò per sfuggire all'ira di Esaù e anche per prendere moglie tra le figlie del fratello della madre.   Il sole splende tra le rocce innevate e mi stupisce che Colui che splende abbia un progetto così oscuro. La madre, Rebecca, è tutt'altro che una donna devota e rispettosa del marito: è una donna che congiura con uno dei figli per ingannare un povero vecchio e cieco ai danni dell'altro figlio. E Isacco manda Iacob a prendere moglie tra i parenti di Rebecca, dallo zio Labano. Va bene, mi adeguo ma non capisco.  Iacob autem genuit Iudam. Autem, autem davvero. Infatti Iacob si era innamorato di Rachele, la figlia minore di Labano e questi l'aveva promessa in sposa a Iacob se Iacob avesse lavorato per lui sette anni. Ma dopo sette anni, gli mise nel letto la figlia Lia, per paura di tenersela in casa zitella. Iacob si adombrò, e Labano, serpente come la sorella Rebecca, gli diede in moglie anche Rachele, ma dopo Lia e altri sette anni di lavoro!   C'è da credere che Dio disapprovasse il comportamento di Labano e comprendesse perchè Iacob preferisse Rachele. Al contrario, la scrittura dice che Dio vedendo che Iacob trascurava Lia per Rachele, rese feconda Lia e lei partorì Ruben, Simeone, Levi e Giuda.  Perciò Rachele, non avendo figli, si rattristò e mise nel letto di Iacob la schiava Bila, perchè Iacob la ingravidasse e lei partorisse tra le gambe di Rachele e Rachele avesse figli. Così Bila partorì Dan e Neftali.  Lia a sua volta, per non restare indietro, mise tra le braccia di Iacob la propria schiava Zilpa la quale partorì Gad e Aser. Un giorno Ruben, figlio di Lia, trova delle mandragore, delle erbe che si riteneva curassero la sterilità. Rachele, l'unica che ancora non ha avuto figli, chiede a Lia le mandragore e Lia le concede a patto che Iacob quella notte si corichi con lei. Perciò Lia resta ancora incinta e partorisce prima Issacar, poi Zabulon.   Alla fine anche Rachele partorì due volte: prima Giuseppe, quello che finirà schiavo del faraone, poi Beniamino, il quale nacque mentre la madre moriva e la cui discendenza fu sterminata per la violenza che commise contro una schiava.  Iudas autem genuit Phares et Zaram de Thamar. Forse nessun autem è più autem di questo.  Infatti: anzitutto Giuda era solo il quartogenito, quindi non c'era motivo che la benedizione di Iacob passasse a lui. Senonchè il primogenito Ruben aveva avuto rapporti con Bila, la schiava di Rachele concubina del padre. Simeone e Levi invece erano violenti e detestabili: infatti avevano sterminato gli abitanti di Sichem per lo stupro subito dalla sorella Dina.   Perciò Iudas autem genuit Phares. Autem de Thamar: la scrittura precisa bene che Giuda generò Fares da Tamar. Infatti Tamar era la moglie di Er, figlio maggiore di Giuda, il quale però morì senza figli. Allora Giuda diede Tamar in moglie al secondogenito, a Onan, il quale aveva in antipatia il fratello Er e per non dargli una discendenza, si diede all'onanismo spargendo il seme. La qual cosa non piacque a Dio che fece morire anche Onan. A questo punto Iudas ci pensò su prima di dare Tamar in moglie al terzogenito e la rimandò al padre di lei in attesa che il figlio crescesse ma con l'intenzione di sorvolare sull'impegno preso.  Il libro ci informa che dopo la morte della propria moglie Iudas fa un viaggio, e incontrando Tamar che si era finta prostituta, si unisce a lei ed ella partorisce appunto o autem i gemelli Phares e Zaram. Tamar è la prima donna che compare nella dinastia o generazione di Iesus Christi secondo Matteo: più giusta di Giuda, egli stesso lo ammette. Perciò la donna che partorì uno degli antenati del Giusto fingendosi prostituta merita di essere ricordata in una genealogia che non appare molto decorosa in quanto genealogia.  Phares autem genuit Esron.  Esron autem genuit Aram.  Aram autem genuit Aminadab.  Aminadab autem genuit Naason.  Naason autem genuit Salmon.  Salmon autem genuit Booz.  Booz autem genuit Obed ex Ruth.  Da Fares a Boot le generazioni sprofondano per me nell'oscurità: i figli di Israele si riproducono in Egitto, poi fuggono, poi conquistano la Terra promessa, poi al tempo dei giudici a causa di una carestia uno di loro se ne va in terra straniera. Qui i due figli di quell'ebreo sposano donne straniere, ma muoiono senza aver avuto figli. La moglie lascia libere le nuore di tornare alle proprie famiglie, ma una di esse, Ruth restò con lei dicendo: “il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio”. A lei è dedicato uno dei libri storici dell'Antico Testamento, nel quale si narra della sua bontà e della sua virtù e di come l'ebreo Booz si innamorò di lei e da lei ebbe il figlio Obed. È la seconda donna citata nelle generazioni di Iesus Christi, neppure lei è ebrea e anche lei merita di essere considerata giusta, più di Sara e Lia e Rebecca in ogni caso.  Obed, figlio di Ruth, autem genuit Iesse. Iesse, quello della promessa: un virgulto sorgerà dal tronco di Iesse. Iesse che lottò con il profeta perchè ungesse re uno qualunque dei figli, ma non l'ultimo, il più mingherlino, il pastore Davide.  Iesse autem genuit David regem. Generò il re Davide.  La vita di Davide è uno splendore, un trionfo. Macchiata forse da un unico grande peccato: un giorno vede dalla finestra una magnifica donna che fa il bagno, la chiama e va a letto con lei. Lei resta incinta e il re temendo lo scnadalo richiama il marito, Uria l'Hittita, dalla guerra sperando che questi si corichi con la moglie e si confonda la responsabilità della gravidanza. Ma Uria è un guerriero dai saldi principi, e in guerra non ha rapporti con donne, forse per non essere disturbato in battaglia dal timore di lasciare orfano un figlio piccolo. Perciò Davide ordina ai suoi generali di fare in modo che Uria muoia in battaglia.  David autem rex genuit Salomònem ex ea quae fuit Uriae. Tuttavia davvero tuttavia Davide generò Salomone da colei che fu di Uria. Ed ecco una terza donna, neppure lei Ebrea, in apparenza non tanto giusta né irreprensibile quanto le altre, una donna di cui non sappiamo quanto ci mise di suo nella vicenda e ci chiediamo se Davide la vide per caso mentre si faceva il bagno, o se lei sapeva che il re l'avrebbe vista, e che non fece al re la resistenza che Susanna fece ai due vecchi smascherati dal figlio Salomone.  In ogni caso il figlio nato da quell'adulterio morì, Salomone è il secondo figlio che Davide ebbe dalla donna che fu di Uria, Betsabea, dopo la morte del marito di lei.  Salomon autem genuit Roboamo. Salomone il cui nome è sinonimo di saggezza e sapienza, per onorare le quali la stessa regina di Saba venne in pellegrinaggio a Gerusalemme, costruì il tempio ed ebbe settecento mogli e trecento concubine. La prima moglie era figlia del Faraone di Egitto. Tuttavia generò Roboamo da Naamà, una donna ammonita, di quel popolo cioè con cui gli ebrei combatterono crudelmente. Forse Salomone non fu così saggio come il libro vuole farci credere, in ogni caso il figlio fu ancora più sconsiderato e sotto il suo regno Israele si divise in due. Giuda a sud, Israele a nord.  Roboam autem genuit Abiam.  Abias autem genuit Asa.  Asa autem genuit Iòsaphat.  Iòsaphat autem genuit Ozìam.  Ozìas autem genuit Iòatham  Iòhatam auten genuit Achaz.  Achaz autem genuit Ezechiam.  Ezechias autem genuit Manàssen.  Manàsses autem genuit Amon.  Amon autem genuit Iosiam.  Iosias autem genuit Iechoniam et fratres suis in trasmigratiòne Babylonis.  Autem e genuit girano vertiginosamente e fanno perdere l'orientamento. Secoli di misfatti e crudeltà e sangue e stupidità tra la costruzione del tempio e la deportazione a Babilonia, la trasmigratiòne come eufemisticamente la chiama Matteo. Con i fratelli di Iechoniam tiro un respiro di sollievo tra un autem e un genuit.  Ma subito la cantilena riprende. Et post transmigratiònem Babylònis Iechonias genuit Salathiel. Senza autem. Come Abramo generò Isacco, Ieconia generò Salatiel.  Salàthiel autem genuit Zoròbabel.  Ricomincia la storia dopo il dolore dell'esilio. Sembra che gli uomini abbiano bisogno di soffrire per tornare alla ragione, ma subito dopo si scordano la lezione imparata e autem genuit.  Zoròbabel autem genuit Abiud.  Abiud autem genuit Elìacim.  Elìacim autem genuit Azor.  Azor autem genuit Sadoc.  Sadoc autem genuit Achim.  Achim autem genuit Eliud.  Eliud autem genuit Eleàzar.  Eleàzar autem genuit Mathan.  Mathan autem genuit Iacob.  Iacob autem genuit Ioseph virum Mariae.  Giuseppe l'uomo di Maria. Lo sposo, va bene lo stesso per carità. Ma vir è maschio, virile, eroe, forte, virtuoso.   Quattordici generazioni da Abramo a Davide, quattordici da Davide all'esilio, quattordici dall'esilio a Giuseppe, l'uomo di Maria, de qua natus est Iesus qui vocatur Christus. Dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo. Iacob non genuit Iesus, né con né senza autem. Ma lui raccoglie la promessa, con tanta forza quanta ne impiegò Onan per non dare una discendenza ad Er. Perchè se Onan era tanto certo che il figlio da lui generato non sarebbe stato suo ma del fratello Er da giocarsi la vita. Giuseppe non poteva essere meno certo che da chiunque e dovunque venisse, quello nato da Maria era figlio suo.  Tre volte quattordici generazioni, quasi tutte pater autem genuit filium, e quattro donne: una quasi prostituta, una straniera, una adultera. La quarta così trasparente da essere amata e venerata da Dio stesso. L'unica ebrea nominata.  Di lei Matteo non dice di chi era figlia, se fosse discendente di Davide o meno.   Rileggo a voce alta, più volte al giorno le quarantadue generazioni e ogni volta mi rendo conto di quanti abissi mi sfuggono. Ogni volta vengo suggestionato da un suono, un richiamo lontano, antico come le rocce che ho dinanzi, un'eco di altrove.
 Mi rendo conto che potrei passare la vita a ripercorrere queste generazioni.   C'è qualcuno, laggiù, arrabbiato perchè me ne sono andato senza pagare il conto.
 Non venitemi a cercare.   Io ho disertato.
Dio cè
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Re:femminicidio #4
« Risposta #29 il: Gennaio 13, 2013, 21:16:03 pm »
http://cosimotomaselli.blogspot.it/2013/01/diserzione-1.html#more

Citazione
Diserzione #1     
  Dove c'era il mare, Marghera, è terraferma, industria, porto, ferrovia, quartieri popolari, degrado, rinascita e orgoglio.  Marghera è il nuovo che attacca il vecchio e dopo la sconfitta affonda in fanghi radioattivi.  Seguendo binari dismessi, tra aree industriali abbandonate o mai edificate, si scoprono campeggi semi provvisori o quasi definitivi, multietnici e disperati.  George viene dal Ghana, ha due cicatrici sulla guancia per significare che è cristiano. Tarchiato, dal volto rispettoso, deciso a vivere onestamente l'avventura di questa vita. Il prete grasso con la barba me l'ha affidato perché io lo riaccompagni a casa. 
  Chiamare casa questi ricoveri improvvisati fa un certo effetto.   Parla inglese condito di qualche eco italiano. Faceva il camionista ma la crisi lo ha colpito. Mi è grato per il passaggio, come se avessi fatto una grande azione, eroica. Cerca lavoro e mi chiede di tenerlo presente se mi giunge qualche notizia.  Mi si attorcigliano le budella mentre apre la portiera e scende. C'è una voce che tuona nel cielo grigio: che ne hai fatto di tuo fratello?  Già, che ne ho fatto? Non sono affari miei, non è responsabilità mia. Chi glielo ha consigliato a George di venirsene via dal Ghana per tentare la fortuna in un paese di vecchi? Chi tenta la fortuna, amico, talvolta la trova, ma più spesso fallisce e la storia non porta memoria di coloro che macina.  Per i Lemonov c'è spazio, per chi ha successo. Per i disperati e l'immensa folla dei falliti non c'è lo spazio della memoria né della compassione.  Il prete grasso per il cenone di capodanno era alla mensa dei poveri insieme al patriarca Francesco. Il patriarca si dice abbia una attenzione particolare per i poveri, infatti è sua la richiesta di questi giorni di riconoscere la cittadinanza italiana agli stranieri nati sul suolo italiano, lo ius solis dei giuristi.  Patriarca, ha qualcosa a che fare con il padre e con l'archè, il principio, l'ordine. Nel patriarcato l'ordine non dipende dai soldi, dal potere o dal volubile sentire del volgo, ma dall'essere padre, dalle viscere che si contorcono al pensiero del figlio lontano bramoso di sfamarsi delle carrube date in pasto ai maiali.   Il padre è colui che non dimentica il figlio disgraziato per quanto disonesto e furfante. A maggior ragione se onesto e sfortunato.   Mentre guardo George allontanarsi verso le tende colorate e i panni stesi, sotto il cielo crudele che promette freddo e pioggia, mi spaventa lo sguardo azzurro del cappuccino dalla rada barba che mi chiedeva con voce sussurrata: ma tu perché credi che Gesù ti debba ancora perdonare?  Per quale ragione infatti conto ancora sul Suo perdono come una certezza infallibile, mentre lascio andare il mio fratello, lo lascio sparire e so che non lo vedrò mai più? Che ne hai fatto di tuo fratello? tuona ancora il cielo. Non è una condanna ma una domanda. La condanna è nella mia risposta: non lo so, non so dove è andato George, l'ho perso di vista, è sparito risucchiato dal nulla al di là del mio orizzonte, là dove la mia pigrizia non mi spinge, là dove le mie virtù non mi reclamano.  Il prete grasso è più grasso del consigliere regionale che ha replicato alle parole del patriarca: gli stranieri non la chiedono la cittadinanza. In un certo senso è vero: la cittadinanza è un particolare, un dettaglio, come la piega dei pantaloni. Prima viene il pranzo e la cena, prima viene un lavoro, un modo per guadagnarsi da vivere. Questo è il dilemma da affrontare prima dei dettagli: perché George se ne va triste sotto il cielo grigio, perché il suo andare non ha uno scopo, un fine, un obiettivo.   Perché non è vero che il lavoro è un diritto. A sentire certe stupidaggini mi verrebbe da spaccare la testa ai benpensanti progressisti che con esse si lisciano lo stomaco.   Il diritto è avere gli strumenti per soddisfare i propri bisogni. I propri bisogni fondamentali: mangiare, abitare, vestire. Creare. Ebbene sì: anche costruire, creare, produrre, è un diritto, e gli strumenti per creare, gli attrezzi e le competenze per lavorare, sono un diritto. Il lavoro non è un diritto ma un dovere.  Se George non ha un lavoro, c'è qualcosa di storto. Dov'è il pezzo di mondo di George, quello che lui deve sistemare  e tenere in ordine, quello dal quale egli deve trarre il proprio sostentamento?  C'è una fabbrica tedesca che ha raccolto plausi e complimenti: all'inizio di questa ultima crisi si è trovata in difficoltà e avrebbe dovuto licenziare almeno metà dei propri dipendenti. Anziché licenziare hanno deciso di avviare un programma di ristrutturazione e formazione del personale, così adesso producono il doppio di prima in metà tempo.  Hanno avuto un grande successo: la qualità tedesca è nota e il resto del mondo può competere solo se ha prezzi molto inferiori. Perciò i tedeschi, abbassando i loro prezzi e producendo il quadruplo, hanno fatto chiudere quattro fabbriche piantate altrove che davano lavoro a centinaia di famiglie altrui. Il grasso consigliere regionale è contento e gongola nel raccontare questa storia, invidioso forse o anzi certamente, mentre George si ripara dalla pioggia sotto una tenda a Marghera.  Il leone squarcia il collo della gazzella e se ne nutre senza rimorsi mentre quella ancora scalcia. Può l'uomo fare altrettanto dell'altro uomo?  Mi spaventa lo sguardo del consigliere, i piccoli occhi cattivi, la presunzione di delineare con precisione ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio.  Di Cesare, urlo alle nubi nere, è l'immagine. L'immagine sulla moneta. Nulla di più.
Dio cè
MA NON SEI TU
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