Autore Topic: La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?  (Letto 2889 volte)

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Offline Brutale

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La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« il: Gennaio 18, 2013, 13:36:06 pm »
non ho letto l'articolo, l'ho pubblicato alla cieca basandomi solo sul titolo... tanto presumo ci siano scritte le solite minchiate "repubblica style"


Dove sono finiti gli uomini?

Hanno perso lavoro e status. Sono riluttanti ai rapporti stabili e incapaci di reinventarsi un ruolo. I maschi sono in via d’estinzione? No, lo è solo la coppia di Mara Accettura


Fino a dieci anni fa l’equipaggio di Simone Perotti, skipper, giornalista e ora autore del libro-provocazione Dove sono gli uomini?, era composto in egual misura dai due sessi. Poi, piano piano piano, i maschi sono diminuiti. Oggi ci sono solo donne. «All’inizio mi sono dato una ragione narcisistica, evidentemente piacevo molto», scherza. «Ma guardando le altre barche la situazione era identica. E anche fuori è così. Le donne sono ovunque. Le vedi al ristorante con le amiche, ai corsi di yoga, free climbing e persino kickboxing. A fare shopping o in viaggio di piacere. Gli uomini invece sono invisibili. Quelli della mia generazione (Perotti ha 46 anni, ndr) hanno rinunciato ai sogni e a nuove visioni del mondo. Non fanno più le cose con passione e non cercano più relazioni impegnate. Faccio fatica a chiamarli uomini. Sono incapaci di parlare, ma anche di stare tra loro».

Non c’è dubbio che il suo saggio inchiesta (edito da Chiarelettere, in questi giorni in libreria), costruito attraverso le confessioni di donne tra i 30 e i 50 anni, tocchi un nervo scoperto: l’estinzione del genere maschile dai luoghi reali e immaginari delle relazioni. C’è la signora milanese abbandonata dal marito per una più giovane e quella ingannata da un falso profilo in chat (lui è sposatissimo). C’è quella che si è scoperta bisessuale per necessità, quella che è compagna part time (non ufficiale) e quella che dichiara cinicamente che basta, con gli uomini ha chiuso. Non parliamo di noiose mentecatte (anche se, letto questo cahier de doléances, ci si vorrebbe attaccare alla canna del gas) ma di persone istruite, liberate sessualmente, creative, flessibili rispetto ai cambiamenti imposti dalla vita, avventurose riguardo al futuro. Piene di risorse e unite da interessi comuni ma anche da un comune disagio: il vuoto delle relazioni, la saltuaria e goffa presenza di uomini deboli e immaturi emotivamente, a cui manca non solo la risposta su che direzione prendere nella vita, ma spesso anche la capacità di farsi la domanda.

DONNE DI PLASTICA, UOMINI DI CARTONE
Certo, la recessione economica ha scosso sismicamente la maniera di lavorare, passare il tempo, organizzare la famiglia, amare. Qualcuno l’ha ribattezzata man-cession non a caso: gli uomini della classe media (e bassa) ne sono le vittime principali. Rispetto a loro la donna se l’è cavata meglio e non solo perché, come ci ha raccontato l’americana Hanna Rosin, in The End of Men, fa la “breadwinner”, cioè guadagna di più. Ha anche molta più flessibilità nel reiventarsi la vita. «La sua identità non è fissata in un solo ruolo e ci sono opportunità oggettive per assumerne degli altri», spiega la sociologa israeliana Eva Illouz. È nato un matriarcato di donne di plastica, una specie darwinianamente più adatta - Nassim Taleb le chiamerebbe “antifragili” - a cavalcare il caos e il cambiamento. Fanno lavori tradizionalmente assegnati al loro sesso, che un uomo disdegna, ma hanno anche il pelo sullo stomaco per scalare Wall Street. Negli Usa i loro stipendi sono cresciuti del 44% rispetto al 6% di quelli degli uomini. Hanno in mano il 60 per cento delle lauree e sono meno licenziabili (negli Stati Uniti la proporzione tra disoccupate e disoccupati è di due su tre) ma se occorre stanno a casa ad allevare i figli - e ce la fanno benissimo da sole.
Gli uomini invece, persa la vecchia architettura della mascolinità non sono stati capaci di rimpiazzarla con niente di nuovo. Fatti di cartone, come dice Rosin: deboli sul lavoro, inetti dal punto di vista sentimentale, ridondanti come capifamiglia e sempre meno visibili socialmente. Questi maschi, protagonisti anche di film, serie tv, libri di self help sono diventati un fenomeno sociale. Negli Usa li definiscono con la crasi moodles: man-poodle, barboncini, in Giappone “erbivori”, apparentemente spaventati da donne carnivore.

LA DEREGULATION DEL MERCATO
SESSUALE
In effetti c’è un’arena in cui il sorpasso delle donne si è rivelato devastante: quella romantico-sessuale. Nonostante il crescente cinismo sulle relazioni e la volontà di non accontentarsi, le donne devono ammettere che su quel versante gli uomini, non solo quelli culturalmente medio elevati, hanno carte vincenti. «Mentre nell’Europa premoderna uomini e donne erano simmetricamente desiderosi di accasarsi perché il matrimonio era economicamente cruciale per entrambi, nella modernità il matrimonio ha una funzione puramente emotiva e, rispetto a questo, gli uomini dominano le donne perché hanno più scelta», dice Illouz. Avvantaggiati da un orologio biologico molto più lento che non deve sottostare alla tirannia della maternità, «possono rimanere sul mercato più a lungo e, in base alla discriminazione sulla base dell’età, hanno più possibilità di trovare una partner anche molto più giovane», dice Illouz, che ha sviscerato come le emozioni sono modellate dalle relazioni sociali in Why Love Hurts (“Perché l’amore ferisce”). «Quindi sono più picky, schizzinosi, e riluttanti a impegnarsi in legami a lungo termine».
Che fretta c’è di salire sulla barca di Perotti? Oggi anche i più nerd, quelli che a scuola non guardava nessuno, possono incoronarsi re del dating, meglio ancora se su Internet. Questa supremazia involontaria si riflette sui modi in cui vengono prendono forma le relazioni: «Ci sono più possibilità da un punto di vista sincronico e diacronico», spiega Illouz. «Diacronicamente: pensa alla categoria culturale dell’“esperienza sessuale”. Accumulare un mucchio d’esperienze per saperne di più e quindi essere capaci di una buona scelta era impensabile nell’800. Sincronicamente: prendi l’esempio del “poliamore”, avere più relazioni contemporaneamente e in modo trasparente».
Il paradosso è che la rivoluzione femminista, che ha emancipato le donne svincolando il sesso dall’etica, ha creato un’economia dove la “merce”, essendo abbondante, è svalutata. «Il dating, influenzato dal consumismo e da Internet che ha reso possibili connessioni tra persone geograficamente lontane, è diventato un mercato enorme dove donne teoricamente moderne mostrano strati antichissimi di sottomissione. Si rendono facilmente disponibili, fregano il compagno dell’amica, sono in competizione tra loro», dice lo psicanalista Luigi Zoja, autore di La morte del prossimo (Einaudi).
«Su Internet puoi visualizzare la scelta in tempo reale, confrontarla, assegnarle un valore, decidere se “comprare”», riprende Illouz. Non era mai successo che le leggi di mercato e la tecnologia influenzassero così profondamente le relazioni romantiche. Con un’aggravante. Secondo Zoja: «La scelta è frutto di un calcolo piuttosto freddo. I miei pazienti misurano tutte le variabili possibili, se faccio questo... se faccio quello... Manca l’emozione, l’elemento passionale». O la capacità di sperimentare l’amore come incanto. L’obbiettivo dell’eguaglianza tra i sessi non è ottenere uguale distacco ma uguale capacità di provare emozioni forti e appassionate. Il raffreddamento delle emozioni invece, dice Illouz, «pur rendendoci meno vulnerabili agli altri, ci ha reso più difficile connetterci a loro attraverso un impegno appassionato».
La coppia, o meglio la sua idea, viene trattata come un business, vedi il bestseller The Business of Love, di John Curtis, che applica le strategie del mondo degli affari alle relazioni amorose. Su un mercato liberalizzato ognuno cerca di massimizzare i profitti. Calcolando costi e benefici, amare bene significa “amare secondo i propri interessi”. «La realizzazione di sè ha alla base l’idea che tu non sai quello che vorrai in futuro perché autorealizzarsi significa proprio scoprire qualcosa in te che oggi non c’è ancora», dice Illouz. «L’impegno è l’opposto: mi lego a domani non sapendo chi sarò. In pratica mi sforzo di essere e di fare domani quello che voglio oggi. In questo senso la autorealizzazione minaccia l’impegno. Hanno due strutture temporali diverse».
I legami forti vengono vissuti come una minaccia alla realizzazione personale e alla libertà individuale. «Ho sempre guardato al matrimonio come a un accordo limitato, non particolarmente attraente», dice Bolick, ragazza manifesto della singlitudine delle 40enni in Usa, dopo il meraviglioso peana alla categoria (All The Single Ladies) scritto su The Atlantic.

DA SOLI SENZA SENTIRSI SOLI
A questo punto, che scenari si aprono? «Negli Stati Uniti i single hanno sorpassato le persone che coabitano. Ci muoviamo verso una società di single con relazioni sporadiche, moltiplicazione dei partner sessuali ed erosione dei confini tra omo e etero», dice Illouz. «I figli saranno cresciuti sempre più fuori dal matrimonio, anche da comunità di amici».
«Essere single non è lo stesso che essere o sentirsi soli», sottolinea Eric Klinenberg, che ha studiato il fenomeno in Going Solo: The Extraordinary Rise and Surprising Appeal of Living Alone (vedi box in questa pagina). In questo le donne sono imbattibili. «Siamo state educate all’altruismo invece che all’egoismo», dice Bolick. «La grande ironia è che oggi, nella vita da single, questa capacità, che è sempre stata considerata discriminatoria, ci sta tornando molto utile. Siamo meglio equipaggiate nel creare amicizie e network di aiuto. In più, se separate,  la nostra facilità nel creare reti diventa una forma di attivismo sociale, celebrato anche da altre single. Il risultato è che la nostra comunità è sempre più robusta». È il trionfo della singlitudine come condizione esistenziale, state of mind.
La Rosin docet. Quando una donna è istruita, sa provvedere a se stessa economicamente, può avere un figlio e crescerlo, sa cucinare, cambiare un rubinetto e avere una florida vita sociale a che cosa serve esattamente un uomo così così, se non a scopi ricreativi? In una società  iperconnessa anche stare a casa da soli, in cucina come in camera da letto, diventa un’esperienza sociale. E soprattutto non è sinonimo di “essere in cerca di qualcuno”.
Quindi basta con la retorica lamentosa: se vi trovate sul pianeta dei singletons siate fieri di abitarci. Così sostiene anche l’accademico canadese Michael Cobb che sta girando l’America col suo Singles: Arguments for the Uncoupled. «Viviamo in una società così ossessionata dall’idea di coppia che sembra non ci siano single, ma gente o prima della coppia o dopo la coppia». Da Bridget Jones a Sex & the City a Girls, film, libri, serie tv celebrano questo stato ma come soluzione temporanea. La vera meta, il climax, è altrove e c’è sempre una deadline che spinge i protagonisti a lasciare questa condizione “triste e patetica”, per crescere, diventare maturi, sistemarsi e trovare qualcuno per stare insieme. Secondo Cobb & co., non è così e non deve essere così. Ai single che amano vivere così per definizione mancherebbe una narrativa che li descrive accuratamente e li legittima come tali. «Non voglio dire che essere single è meglio in assoluto. Piuttosto sottrarre alla coppia la sua supremazia in modo che la gente possa scegliere». Da qualche mese però anche gli irriducibili Cobb e Bolick - hurrah! - si sono fidanzati. E vissero felice e contenti?


http://d.repubblica.it/argomenti/2013/01/11/news/uomini_relazioni_coppie-1451793/

Offline Fazer

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #1 il: Gennaio 18, 2013, 14:35:39 pm »
Le donne sono ovunque. Le vedi al ristorante con le amiche, ai corsi di yoga, free climbing e persino kickboxing. A fare shopping o in viaggio di piacere. Gli uomini invece sono invisibili.

Ma si, non fatevi domande, donne, riempite il vuoto col freeclimbing e lo shopping.
Noi invece, consci del fatto che nessuna scalata e nessun acquisto placheranno il mostro, siamo rintronati da quella vocina che continuamente ripete che Dio è morto. Non quello del filosofo, più modestamente quello di Guccini:

"Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell' eroe
perchè è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto..."


(Le donne) Fanno lavori tradizionalmente assegnati al loro sesso, che un uomo disdegna...

Vale anche il contrario, sveglia!

Hanno in mano il 60 per cento delle lauree e sono meno licenziabili

Ah si? Ma non eravate quelle discriminate?

Quando una donna è istruita, sa provvedere a se stessa economicamente, può avere un figlio e crescerlo, sa cucinare, cambiare un rubinetto e avere una florida vita sociale a che cosa serve esattamente un uomo così così, se non a scopi ricreativi?

Pure qui vale anche il contrario.
Solo che se è un uomo a dirlo allora si tratta di un bamboccione che non vuole crescere, che non si sa impegnare, etc.

Insomma, la solita serie di coglionate... :hmm: :doh:

Online fabriziopiludu

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #2 il: Gennaio 18, 2013, 15:56:17 pm »



 Bravo!  :clapping:

 

Offline ilmarmocchio

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #3 il: Gennaio 18, 2013, 19:54:15 pm »
L'articolo postato da Brutale è fondamentale e va evidenziato.
Perchè ?
Perchè una fonte non sospetta, il giornalaccio femminista, afferma che la donna ha superato l'uomo ed è in vantaggio ovunque.
Proprio per questo, ogni volta che le femmine romperanno le palle sulla società patriecale, sul bisogno di favoritismi, ecc , noi posteremo questo articolo che dimostra chiaramente come il sesso bisognoso di aiuto è quello maschile.
Quindi noi maschi abbiamo diritto di  non ascoltare più le lamentele femminili .
Lo dice Repubblica : le donne hanno il potere .
Adesso NON rompano più i coglioni e facciano vedere cosa sanno fare. Migliorino il mondo.
Noi , pazientemente, aspettiamo :cool:

Offline Fazer

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #4 il: Gennaio 18, 2013, 20:18:26 pm »
Noi , pazientemente, aspettiamo

E cominciamo a mettere a mare le scialuppe... :cry:

Online Massimo

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #5 il: Gennaio 19, 2013, 00:05:30 am »
E cominciamo a mettere a mare le scialuppe... :cry:

Senza farci salire prima le femmine, si capisce.

Offline cancellatow

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #6 il: Gennaio 19, 2013, 07:05:14 am »

Offline Brutale

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #7 il: Gennaio 19, 2013, 11:02:02 am »
Fatti i cazzi tuoi, brutta rompicoglioni :D

su questo articolo ne scrive pure FS

http://abbattoimuri.wordpress.com/2013/01/18/la-fabbrica-di-stereotipi-maschi-e-femmine-secondo-d-di-repubblica/

quelle la parlano solo per tornaconto personale, non certo per difendere la figura maschile che ne esce comunque svilita... come ha fatto notare bene il marmocchio, l'articolo della repubblica è controproducente anche per il femminismo

guardacaso si sono affrettate a smentire

Offline Brutale

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Re:La repubblica: Dove sono finiti gli uomini?
« Risposta #8 il: Gennaio 19, 2013, 11:03:23 am »
Citazione
Dove sono finiti gli uomini?

sono emigrati in cerca di donne migliori