Tutto abbastanza vero, ma c’è qualcosina di più: un po' troppo semplicistico buttarla su Montepaschi o Belen.
Innanzitutto, se vuoi parlare di incentivi in modo credibile -e soprattutto equo- comincia a proporre di destinare alle famiglie i fondi del Montepaschi, invece di accollarli ai poveracci: per di più con argomentazioni del tipo che sarebbero da “punire” in quanto celibi, ha scritto qui Lucia che mi è pure simpatica, ma quante volte abbiamo sentito questa musica su giornali e tv? Se la famiglia va a rotoli, la colpa non è di chi non è sposato e neppure di Belen…
Poi stupisce (per modo di dire) e delude l’estrema povertà e semplicismo di questi programmi, quasi unicamente centrati sul soldo e senza una vera parola –scomoda forse ma essenziale- sulla tutela giuridica e la promozione sociale della famiglia. Molto più utili i programmi delle associazioni di padri separati.
Si tenga a mente quanto detto da un autore, al di là delle sue idee o del contesto particolare cui si riferiva: “bisogna abolire la famiglia, perché costa troppo”.
Ora, poco importa se consapevolmente o no, è proprio quello che sta avvenendo: il sistema economico, che non potrebbe letteralmente reggersi senza lavoro precario privo di tutele, non può certo permettersi più di un limitato numero di famiglie. Per di più, queste stesse famiglie faticano a sbarcare il lunario (ma talvolta hanno doppio o triplo reddito), ed è necessario sostenerle… con il lavoro di chi una famiglia non se la può permettere: almeno con pretese di benessere, fatte generalmente ricadere sull’uomo, oggi insostenibili. È come se per avere un figlio servissero tre o più genitori: dal punto di vista economico una vera, oltre che involontaria, paternità ‘surrogata’.
Guardiamo poi un attimo ai meriti di queste famiglie così eroiche: la prima impressione è che oggi bisogna essere raccomandati persino per procreare. Un film commerciale ambientato in un futuro distopico, che certi salotti buoni di discussione schifano ma mettono in pratica, usava la parola ‘autorizzati’. Ed infatti chi si sposa? Nella stragrande maggioranza, chi ha ottenuto l’impiego in una grande azienda (per meriti suoi, mi affretto a dire), o in qualche apparato pubblico. Persino per un lavoro precario ci sono spesso molti candidati e chi viene assunto è considerato fortunato.
Queste famiglie, pur con tutte le loro difficoltà, dal punto di vista sociale sono privilegiate, almeno rispetto agli altri che sono tagliati fuori dal circuito del lavoro.
I sussidi poi, per quanto possano avere una limitata utilità, sono anche un alibi per guardare dall’altra parte, per lavarsene le mani senza avanzare proposte risolutive. In cosa si oppongono realmente alla deriva denatalista? Abbiamo visto che risultati hanno dato per Fiat e Mps: gli incentivi sono l’inutile toppa, messa con tipica mentalità miope da burocrate da chi è incapace, o per proprio tornaconto o viltà non ha la volontà, di affrontare un problema per risolverlo davvero. Puntellare un numero decrescente di famiglie con sussidi micragnosi non modifica la tendenza di fondo.
Anche in tempi di considerevole penuria si formavano famiglie e -come non riconoscerlo?- erano migliori delle attuali: unite, fedeli, solidali. E non perché ricevessero ‘incentivi’: ma perché c’era una cultura dello stare insieme, del sacrificio, del servire l’altro. Quasi mai si vedevano in famiglie del passato litigi, separazioni e altre amenità. Ora, cosa si fa per favorire questa cultura? Per re-insegnare a uomini –e donne- a volere il bene dell’altro e della famiglia, come è sempre stato finora, invece di cercare il proprio tornaconto? Uomini e donne hanno disimparato cosa sia amarsi, il matrimonio e la famiglia: con questa mentalità, per la quale l’altro è visto come un oggetto di consumo o una macchina per procreare, è sorprendente che la riproduzione artificiale non sia ancora subentrata.
Il badare al proprio orticello di ‘categoria’ infischiandosene degli altri, ed eventualmente a loro spese è l’equivalente sociale del coniuge che si separa per convenienza, per “vivere la propria vita”. La famiglia riguarda tutti gli uomini e le donne, e se si vuole salvarla bisogna, più che elargire sussidi, coinvolgere tutti in un progetto comune.