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Murray Rothbard ''contro il femminismo''

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Salar de Uyuni:
                                                            Murray Rothbard
                                                      CONTRO IL FEMMINISMO
Abbiamo indugiato fin troppo, è ora che qualcuno denunci la "Liberazione delle Donne". Come per l'ambiente,
 
la  liberazione  delle  Donne  è  improvvisamente  ovunque  negli  ultimi  mesi.  E'  diventato  impossibile  evitare  di
 
essere assaliti, ogni giorno, senza tregua, dal noioso chiacchiericcio delle femministe. Numeri speciali di riviste,
 
programmi televisivi e quotidiani si sono impegnati in questo "problema" appena scoperto; e circa due dozzine
 
di libri stanno venendo catalogati per la pubblicazione quest'anno dai maggiori editori.
 
 
 
In tutta questa verbosa confusione, non un articolo, non un libro, non un programma ha osato presentare la tesi
 
opposta. L'ingiustizia di questa ondata a senso unico dovrebbe essere palese. Non solo è evidente, ma l'assenza
 
di una opposizione pubblicata nega una delle maggiori accuse delle forze della liberazione delle donne: che la
 
società  e  l'economia  stanno  scricchiolando  sotto  una  tirannia  monolitica,  maschile  e  "sessista".  Se  gli  uomini
 
tengono  le  fila,  come  può  essere  che  essi  non  osino  neppure  stampare  o  presentare  qualcuno  del  proprio
 
schieramento? 
 
 
 
Tuttavia, gli "oppressori" rimangono stranamente silenziosi, il che conduce a sospettare, come approfondiremo
 
successivamente, che forse l'oppressione risiede nella sponda opposta.
 
 
 
Nel frattempo, gli "oppressori" maschili stanno agendo, alla maniera dei liberal, ovunque come conigli oppressi
 
dalla  colpa  o  impauriti.  Quando  le  cento  bisbetiche  del  Movimento  di  Liberazione  delle  Donne  hanno
 
tiranneggiato  alla  loro  maniera  nella  sede  principale  del  Ladies'  Home  Journal,  il  maltrattato  redattore-capo,
 
John Mack Carter, ha forse buttato fuori questi aggressori, come avrebbe dovuto fare? Ha, almeno, abbandonato
 
il suo ufficio per il resto della giornata ed è tornato a casa? No, è rimasto invece seduto pazientemente per undici
 
ore  mentre  queste  streghe  coprivano  di  insulti  lui,  il  suo  magazine  e  il  suo  genere  per  poi  acconsentire
 
docilmente a donare loro una sezione speciale del Journal, accanto a 10.000 $ di riscatto. Così facendo, questo
 
progressismo maschile senza spina dorsale nutre l'appetito degli aggressori e prepara il terreno per la prossima
 
serie  di  "richieste"  oltraggiose.  La  rivista  Rat,  un  tabloid  underground,  ha  ceduto  in  maniera  persino  più
 
spettacolare,  permettendo  semplicemente  di  farsi  controllare  in  modo  permanente  da  un  "collettivo  per  la
 
liberazione delle donne".
 
 
 
Perchè,  tuttavia,  questo  improvviso  slancio  del  femminismo?  Persino  la  più  fanatica  megera  del  Movimento
 
delle  Donne  ammette  che  questo  nuovo  movimento  non  è  emerso  in  risposta  a  qualche  improvvisa  stretta
 
repressiva maschile nei confronti della suscettibilità della donna americana. Invece, la nuova rivolta è parte della
 
corrente degenerazione della New Left, la quale, poichè la sua politica, la sua ideologia e la sua organizzazione,
 
in  precedenza  parzialmente  libertarie,  sono  collassate,  si  sta  frantumando  in  correnti  febbrili  e  ridicole,  dal
 
Maoismo ai Weathermen al folle terrorismo bombarolo al movimento femminista. L'inebriante prospettiva della
 
"liberazione" era assurdamente nell'aria da qualche tempo per ogni gruppo picchiatello e ora le donne della New
 
Left sono entrate in azione. Non abbiamo bisogno di spingerci fino al recente commento del Professor Edward
 
A. Shils, eminente sociologo all'Università di Chicago, che si attende ora un "fronte di liberazione del cane", ma
 
è dura biasimare il fastidio dietro il suo appunto. Per tutta la durata della "liberazione", il maggiore obiettivo è
 
stato l'inoffensivo, lavoratore, americano adulto WASP, l'Uomo Dimenticato di William Graham Sumner; e ora
 
questo sfortunato Dagwood Bumstead viene colpito ancora una volta. Quanto ci vorrà prima che il maltrattato e
 
sofferente  americano  medio  perda  alla  fine  la  propria  pazienza  e  insorga  rabbiosamente  per  protestare  a  suo
 
favore?
 
 
 
L'attuale  Movimento  delle  Donne  è  divisibile  in  due  parti.  L'ala  più  vecchia,  leggermente  meno  irrazionale
 
nacque nel 1963 con la pubblicazione de La mistica della femminilità di Betty Friedan e la sua creazione del
 
NOW (Organizzazione Nazionale delle Donne). Il NOW si concentra sulla presunta discriminazione economica
 
a danno delle donne. Per esempio: il fatto che mentre la paga media annua per tutti i lavori nel 1968 era di circa
 
7700 $ per gli uomini, per le donne ammontava a 4500 $, il 58 % del dato maschile. L'altro fatto fondamentale è
 

 
 
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l'argomento delle quote: cioè che se si getta uno sguardo sulle varie professioni, sulle posizioni di alta dirigenza,
 
ecc..  la  quota  di  donne  è  molto  più  bassa  del  loro  in  apparenza  meritato  51%,  la  loro  percentuale  sulla
 
popolazione totale.
 
 
 
L'argomento  delle  quote  può  essere  liquidato  rapidamente,  poichè  è  un'arma  a  doppio  taglio.  Se  la  bassa
 
percentuale  di  donne  nella  chirurgia,  nella  legge,  nel  management  ecc..è  la  prova  che  gli  uomini  dovrebbero
 
essere rimpiazzati in gran fretta dalle donne, allora cosa dobbiamo fare con gli ebrei, per esempio, che eccellono
 
ben al di là della quota assegnata loro nelle professioni, nella medicina, nelle accademie, ecc..? Devono essere
 
epurati?
 
 
 
Il reddito medio inferiore per le donne può essere spiegato in base a diverse ragioni, che non hanno nulla a che
 
fare con un'irrazionale discriminazione "sessista". Una di queste è il fatto che la schiacciante maggioranza delle
 
donne lavora per pochi anni e poi utilizza una larga fetta dei suoi anni produttivi per crescere i figli, dopo i quali
 
potrebbe  decidere  o  meno  di  ritornare  nella  forza  lavoro.  Come  risultato,  esse  tendono  a  trovare  lavoro
 
maggiormente in quelle industrie e in quel tipo di occupazione che non richiede un impegno a lungo termine per
 
la carriera. Inoltre, tendono ad occupare quei posti di lavoro in cui il costo della formazione professionale del
 
nuovo personale, o della perdita di quello vecchio, è relativamente basso. Queste sono generalmente occupazioni
 
con retribuzioni inferiori di quelle che richiedono un impegno sul lungo periodo o in cui i costi della formazione
 
o  del  ricambio  sono  alti.  Questa  tendenza  generalizzata  a  prendersi  alcuni  anni  per  crescere  i  figli  giustifica
 
moltissimo il fallimento nel promuovere le donne alle posizioni più elevate, e quindi ai lavori più pagati, e così
 
le basse "quote" femminili in tali aree. E' facile assumere segretarie che non si prefiggono di fare del lavoro una
 
parte importante della loro vita; non è così semplice promuovere nella scala accademica o aziendale persone che
 
non agiscono così. Come può diventare presidente di una compagnia o professore chi si ritira per maternità? 
 
 
 
Mentre queste considerazioni giustificano in buona parte le paghe più basse o i lavori in posizione subordinata
 
per le donne, non risolvono del tutto il problema. Nell'economia capitalista, le donne vantano una piena libertà;
 
la  discriminazione  irrazionale  nell'occupazione  tende  ad  essere  minima  nel  libero  mercato,  per  la  semplice
 
ragione che il datore di lavoro stesso soffre di tale pratica discriminatoria. Nel libero mercato, ogni lavoratore
 
tende  a  guadagnare  il  valore  del  suo  prodotto,  la  sua  "produttività  marginale".  Similmente,  ognuno  tende  ad
 
ottenere  il  lavoro  che  sa  compiere  meglio,  a  lavorare  ai  suoi  massimi  sforzi  produttivi.  Gli  imprenditori  che
 
persistono nel pagare al di sotto del prodotto marginale di una persona ne soffriranno perdendo i loro migliori
 
lavoratori e così perdendo profitti per loro stessi. Se le donne hanno costantemente stipendi più bassi e lavori più
 
poveri, anche dopo aver usufruito del congedo per maternità, allora la semplice ragione deve essere che la loro
 
produttività marginale tende ad essere inferiore a quella degli uomini.
 
 
 
Bisogna  osservare  che,  contrariamente  alle  forze  della  liberazione  femminile  che  tendono  a  biasimare  sia  il
 
capitalismo sia gli uomini per discriminazioni vecchie di secoli, è stato precisamente il capitalismo stesso e la
 
rivoluzione  capitalista  del  diciottesimo  e  diciannovesimo  secolo  che  ha  liberato  le  donne  dall'oppressione
 
maschile  e  ha  permesso  a  ogni  donna  di  cercare  la  posizione  a  lei  più  adatta.  Fu  il  sistema  feudale  e  pre-
 
capitalista, precedente la società di mercato, ad essere contraddistinto dal dominio maschile; era precisamente
 
quella società in cui le donne erano beni dei loro padri e dei loro mariti, dove non potevano possedere alcuna
 
proprietà ecc...(1) Il capitalismo lasciò libere le donne di trovare il proprio ruolo sociale e il risultato è quello che
 
vediamo oggi.
 
 
 
Le femministe replicano che le donne posseggono il pieno potenziale per eguagliare rendimento e produttività
 
degli uomini, ma sono state intimorite da secoli di oppressione maschile. Ma la visibile mancanza di progressi
 
verso  le  cariche  più  alte  nel  capitalismo  rimane.  Ci  sono  poche  dottoresse,  ad  esempio.  Tuttavia,  le  scuole
 
mediche  oggigiorno  non  solo  non  discriminano  contro  le  donne,  ma  si  fanno  in  quattro  per  accettarle  (per
 
esempio, discriminano in loro favore); ciò nonostante, la proporzione di dottoresse non è ancora evidentemente
 
elevata.
 
 
 
Le liberazioniste fanno allora ricorso ad un altro argomento: che secoli di "lavaggio del cervello" da parte di una
 
cultura dominata dagli uomini ha reso passiva la maggior parte delle donne, che accettano il loro presunto ruolo
 

 
 
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inferiore  e  a  cui  piace  persino  il  loro  ruolo  maggiore  come  casalinghe  e  madri.  Ma  il  vero  problema  per  le
 
femministe,  evidentemente,  è  che  la  schiacciante  maggioranza  delle  donne  abbraccia  "la  mistica  della
 
femminilità", sentono davvero che le loro uniche carriere sono quelle di madre e donna di casa. Tacciare questi
 
forti ed evidenti desideri semplicemente come "lavaggio del cervello" prova davvero poco; infatti, si può sempre
 
respingere i valori di una persona, non importa quanto siano abbracciati profondamente, come la conseguenza di
 
un  "lavaggio  del  cervello".  Tale  opinione  rispecchia  ciò  che  i  filosofi  chiamano  "operazionalmente
 
insignificante", giacchè comporta che le militanti femministe rifiutano di accettare ogni prova, logica o empirica
 
di qualsiasi tipo, che potrebbe dimostrare che le loro affermazioni sono erronee. Mostrate loro una donna che
 
ama la vita familiare e bolleranno ciò come "lavaggio del cervello"; mostrate loro una militante e affermeranno
 
che  questo  prova  che  le  donne  desiderano  ardentemente  la  "liberazione".  In  breve,  queste  femministe
 
considerano le loro deboli opinioni come non sottoponibili ad alcuna prova; ma questo è un infondato metodo
 
delle mistiche piuttosto che un argomento che riflette la verità scientifica.
 
 
 
E  neppure  l'alto  tasso  di  conversione  rivendicato  dalle  liberazioniste  prova  nulla;  non  potrebbe  forse  essere  il
 
risultato di un "lavaggio del cervello" da parte delle militanti femministe? Dopotutto,  se aveste i capelli rossi ed
 
improvvisamente emergesse una Lega per la Liberazione delle Persone coi capelli rossi e vi gridasse che siete
 
stati eternamente oppressi dalle spregevoli persone senza capelli rossi, qualcuno di voi potrebbe benissimo unirsi
 
alla lotta. Ciò però non dimostra affatto che chi ha i capelli rossi sia oggettivamente perseguitato.
 
 
 
Non arrivo ad affermare, come fanno gli uomini "sessisti", che le donne dovrebbero occuparsi solo della casa e
 
dei  figli,  e  che  qualsiasi  ricerca  di  carriere  alternative  è  innaturale.  Dall'altro  lato,  non  supporto  l'opinione
 
opposta secondo cui le donne che si dedicano alla famiglia stanno violando la loro natura. C'è in questo come in
 
tutti i campi una divisione del lavoro e nella società di libero mercato ogni individuo si inserirà in quelle aree
 
lavorative che lui o lei trovano più attraenti. La proporzione di donne lavoratrici è molto più alta di vent'anni fa e
 
questo va bene; ma è ancora una minoranza delle femmine e anche questo va bene. Chi siamo tu o io per dire a
 
qualcuno, maschio o femmina, che occupazione lui o lei dovrebbero svolgere?
 
 
 
Inoltre,  le  femministe  sono  cadute  in  una  trappola  logica  nella  loro  accusa  ai  secoli  di  lavaggio  del  cervello
 
maschile.  Se  questa  accusa  fosse  vera,  allora  come  mai  gli  uomini  hanno  dominato  la  cultura  per  millenni?
 
Sicuramente, questo non può essere un caso. Non è questa allora la prova della superiorità maschile?
 
 
 
Le seguaci della Friedan, che richiedono stridentemente eguaglianza di reddito e posizione, sono state tuttavia
 
sorpassate  nei  mesi  recenti  dalle  militanti  più  estremiste,  o  "nuove  femministe",  donne  che  collaborano  col
 
vecchio movimento ma le considerano delle Zie Tom conservatrici. Queste nuove militanti, che stanno ottenendo
 
grande attenzione, paragonano in maniera persistente la loro presunta oppressione a quella dei neri e, come il
 
movimento dei neri, rifiutano l'eguaglianza e l'integrazione a favore di un radicale cambiamento della società.
 
Reclamano  l'abolizione  rivoluzionaria  del  preteso  potere  maschile  e  il  suo  apparente  corollario,  la  famiglia.
 
Mostrando  un  odio  inveterato  e  malcelato  per  gli  uomini,  queste  attiviste  pretendono  comuni  di  sole  donne,
 
bambini fabbricati in provetta, figli controllati dallo stato o semplicemente la soppressione degli uomini, come la
 
fondatrice del movimento per la liberazione delle donne, Valerie Solanas, ha sostenuto nel suo Manifesto della
 
SCUM (Società per l'eliminazione degli uomini). Solanas è diventata l'eroina-culto del Nuovo Femminismo nel
 
1968 quando sparò e quasi uccise il pittore e regista Andy Warhol. Invece di essere liquidata (come sarebbe stata
 
da  ogni  persona  razionale)  come  una  pazza  isolata,  le  donne  liberate  hanno  scritto  articoli  che  elogiavano
 
Solanas  come  la  "dolce  assassina"  che  ha  provato  a  eliminare  "l'uomo  di  plastica"  Warhol.  A  quel  punto,
 
avremmo dovuto capire quello che ci aspettava.
 
 
 
Io credo che i moderni matrimoni americani siano, in linea di massima, condotti su una base di eguaglianza, ma
 
ritengo anche che l'opinione opposta sia più vicina alla verità di quella delle Nuove Femministe: vale a dire, che
 
sono più gli uomini, non le donne, ad essere verosimilmente la classe o il genere oppresso nella nostra società e
 
che sono  molto di più gli uomini ad essere i "neri", gli  schiavi, e le  donne i  loro padroni. In  primo luogo, le
 
militanti  femministe  affermano  che  il  matrimonio  è  un'istituzione  diabolica  attraverso  la  quale  i  mariti
 
schiavizzano le loro mogli e le costringono a crescere bambini e fare i lavori di casa. Ma consideriamo questo:
 
nella  grande  maggioranza  dei  casi,  chi  è  che  insiste  sul  matrimonio,  l'uomo  o  la  donna?  Tutti  conoscono  la
 

 
 
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risposta. E se questo grande desiderio verso il matrimonio è il risultato del lavaggio del cervello maschile, come
 
sostengono le liberazioniste, allora com'è possibile che molti uomini resistano al matrimonio, che indietreggino
 
alla prospettiva di insediarsi per tutta la vita sul trono della "tirannia" domestica?
 
 
 
In  verità,  poichè  il  capitalismo  ha  immensamente  alleggerito  l'onere  dei  lavori  domestici  attraverso  una
 
tecnologia  avanzata,  molte  mogli  sono  andate  progressivamente  a  costituire  una  classe  agiata  mantenuta.  Nel
 
quartiere della classe media in cui vivo, io le vedo, queste streghe "oppresse" e dalla faccia truce, camminare
 
impettite  nei  loro  colli  di  visone  verso  la  prossima  partita  di  bridge  o  di  mah-jong,  mentre  i  loro  mariti  si
 
ammazzano di lavoro per mantenere le loro partner.
 
 
 
In questi casi, allora, chi sono i "negri": le mogli? O i mariti? Le femministe affermano che gli uomini sono i
 
padroni perchè svolgono la gran parte del lavoro del mondo. Ma se guardiamo indietro alla società schiavista del
 
Sud, chi davvero lavorava? E' sempre lo schiavo che lavora, mentre i padroni vivono nell'ozio grazie ai frutti
 
delle  loro  fatiche.  Finchè  i  mariti  lavorano  e  sostengono  la  famiglia,  mentre  le  mogli  godono  di  uno  status
 
privilegato, chi sono i padroni?
 
 
 
Non c'è nulla di nuovo in questo argomento, ma è un punto che è stato dimenticato nel mezzo dell'attuale furore.
 
Viene osservato da anni - e specialmente dagli europei e dagli asiatici - che troppi uomini americani vivono in un
 
matriarcato,  dominati  in  primis  dal  mammismo,  poi  dalle  insegnanti  e  quindi  dalle  loro  mogli.  Blondie  e
 
Dagwood hanno simboleggiato a lungo per i sociologi un predominante matriarcato americano, un matriarcato
 
che contrasta con lo scenario europeo, dove le donne, sebbene maggiormente disoccupate che negli Stati Uniti,
 
non gestiscono la casa. Il maschio americano che si lascia dominare dalla moglie è stato a lungo il bersaglio di
 
uno  humor  percettivo.  E,  infine,  quando  l'uomo  muore,  come  accade  solitamente,  prima  della  sua  compagna,
 
questa eredita l'intero patrimonio di famiglia, col risultato che molto più del 50 % della ricchezza dell'America è
 
posseduta  da  donne.  Il  reddito  -  indice  del  lavoro  produttivo  -  è  meno  significativo  qui  del  possesso  della
 
ricchezza finale. Ecco un altro fatto inconveniente che le militanti femministe liquidano bruscamente come privo
 
di  importanza.  E,  infine,  se  il  marito  dovesse  intraprendere  la  strada  del  divorzio,  viene  bastonato  dalle  leggi
 
sugli alimenti, che è obbligato a pagare e ripagare per mantenere una donna che non vede più e, se smette di
 
pagare,  affronta  la  barbara  pena  dell'incarcerazione  -  l'unico  esempio  vigente  nella  nostra  struttura  legale  di
 
carcerazione per il mancato pagamento di un "debito". Eccettuato il fatto che, ovviamente, questo è un "debito"
 
in cui l'uomo non è mai volontariamente incorso. Chi sono, quindi, gli schiavi?
 
 
 
E per quanto concerne gli uomini che costringono  le donne a generare e  crescere figli, quale, di nuovo, nella
 
maggior parte dei casi, è la parte nel matrimonio più desiderosa di avere figli? Una volta di più, tutti conoscono
 
la risposta.
 
 
 
Quando, come fanno talvolta, le femministe riconoscono il potere matriarcale da parte delle donne americane, la
 
loro difesa, al solito, consiste nel ricorso all'operazionalmente insignificante: l'apparente dominio della moglie è
 
solo  un  riflesso  della  sua  quintessenziale  passività  e  subordinazione,  cosicchè  le  donne  devono  ricorrere  alla
 
manipolazione e alla malignità come strada verso....il potere. Sotto il loro apparente predominio, queste mogli
 
sono  psicologicamente  infelici.  Forse,  ma  suppongo  che  si  potrebbe  argomentare  che  anche  lo  schiavista  del
 
vecchio  Sud  era  psicologicamente  a  disagio  a  causa  del  suo  innaturale  ruolo  dominante.  Ma  il  fatto  politico-
 
economico del suo predominio rimaneva e questo è il punto fondamentale.
 
 
 
Il test decisivo per determinare se le donne sono schiavizzate o no nel matrimonio moderno è quello della "legge
 
naturale": consideriamo ciò che accadrebbe se tutto dipendesse dalle femministe e non vi fosse matrimonio. In
 
tale  situazione,  e  in  un  mondo  conseguentemente  promiscuo,  che  accadrebbe  ai  bambini?  La  risposta  è  che
 
l'unico  genitore  visibile  e  dimostrabile  sarebbe  la  madre.  Solo  la  madre  avrebbe  il  bambino  e  quindi  solo  lei
 
sarebbe legata a quest'ultimo. In breve, le militanti che si lamentano perchè a loro viene appioppato il compito di
 
crescere i figli dovrebbero badare al fatto che, in un mondo senza matrimonio, sarebbero comunque costrette a
 
guadagnarsi  un  reddito  per  mantenere  i  bambini.  Suggerisco  di  contemplare  tale  prospettiva  molto  e  a  lungo
 
prima di continuare a gridare a favore dell'abolizione del matrimonio e della famiglia.
 
 
 

 
 
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La femministe più profonde hanno riconosciuto che il loro punto critico è trovare una soluzione per la crescita
 
dei figli. Chi lo farà? Le moderate rispondono: la fornitura governativa di asili nido, cosicchè le donne possano
 
liberamente tornare a lavorare. Ma il problema qui, a prescindere dalla questione generale del socialismo e dello
 
statalismo, è questo: come può essere che il libero mercato non abbia fornito asili nido largamente non costosi,
 
come  accade  per  ogni  prodotto  o  servizio  nella  domanda  di  massa?  Nessuno  deve  chiedere  a  gran  voce  la
 
fornitura  statale  di  motel,  per  esempio.  Ce  ne  sono  moltissimi.  L'economista  è  costretto  a  rispondere:  o  la
 
domanda delle madri di tornare al lavoro non è grande quanto le Nuove Femministe vogliono farci credere e/o
 
alcuni controlli da parte del governo - forse i requisiti per le bambinaie o le leggi che regolano la concessione
 
delle  licenze  -  stanno  artificialmente  restringendo  l'offerta.  Qualunque  sia  la  ragione,  comunque,  più  governo
 
non è chiaramente la risposta.
 
 
 
Le militanti più radicali non sono però soddisfatte di una soluzione così futile come gli asili nido (chi altri se non
 
le donne potrebbero costituire il personale di questi asili?). Ciò che vogliono, come indica Susan Brownmiller
 
nel  suo  articolo  sul  New  York  Sunday  Times  Magazine  (15  Marzo),  è  la  totale  equità  marito-moglie  in  tutti  i
 
campi,  che  significa  carriera,  lavori  domestici  ed  educazione  dei  figli  egualmente  condivisi.  Brownmiller
 
riconosce che questo vorrebbe dire che il marito dovrebbe lavorare per sei mesi e la moglie per i successivi sei
 
mesi, mentre entrambi si alternerebbero ogni sei mesi nella cura dei bambini, o che tutti e due lavorerebbero e si
 
alternerebbero a crescere i figli per metà giornata. Qualunque strada venga scelta, è del tutto chiaro che questa
 
totale  equità  potrebbe  essere  perseguita  solo  se  entrambe  le  parti  accettassero  di  vivere  perennemente  ad  un
 
livello  di  sussistenza,  da  lavoro  part-time,  hippie.  Quale  carriera  di  qualche  importanza  o  qualità  può  essere
 
ricercata  in  una  maniera  così  transitoria  e  a  casaccio?  Al  di  sopra  del  livello  hippie,  quindi,  questa  pretesa
 
"soluzione" è semplicemente assurda.
 
 
 
Se  la  nostra  analisi  è  corretta,  e  stiamo  già  vivendo  in  un  matriarcato,  allora  il  vero  significato  del  nuovo
 
femminismo  non  è,  come  vorrebbero  farci  credere,  la  "liberazione"  delle  donne  dalla  loro  oppressione.  Non
 
potremmo  dire  che,  non  soddisfatte  del  mantenimento  e  della  dominazione  sottile,  queste  donne  stanno
 
raggiungendo avidamente il potere totale? Non contente di essere sostenute e protette, tentano ora di forzare i
 
loro  passivi  e  pazienti  mariti  a  fare  anche  la  maggior  parte  dei  lavori  domestici  e  a  crescere  i  figli.  Conosco
 
personalmente  diverse  coppie  in  cui  la  moglie  è  una  militante  liberazionista  e  al  marito  è  stato  praticato  il
 
lavaggio del cervello dalla sua partner  per farlo diventare uno Zio Tom e un traditore del suo genere. In tutti
 
questi casi, dopo una lunga e dura giornata in ufficio o ad insegnare per sostenere la famiglia, il marito se ne sta
 
a casa badando ai bambini mentre la moglie si trova ai meeting del Movimento di Liberazione delle Donne per
 
concertare la loro ascesa al potere totale e per denunciare i loro mariti come oppressori sessisti. Non appagata dal
 
tradizionale  set  da  mah-jongg,  la  Nuova  Donna  sta  cercando  di  raggiungere  l'ultimo  colpo  castrante,  da
 
accettarsi, suppongo, con mite gratitudine dai loro coniugi liberal.
 
 
 
C'è  ancora  la  soluzione  liberazionista  estremista:  abbandonare  il  sesso,  o  perlomeno  l'eterosessualità,
 
interamente.  Non  c'è  dubbio  che  questo  risolverebbe  almeno  il  problema  della  crescita  dei  figli.  L'accusa  di
 
lesbismo  era  considerata una velenosa  calunnia  maschilista nei  confronti della donna liberata. Ma nei fiorenti
 
scritti delle Nuove Femministe è stato promosso un esplicito e crescente richiamo all'omosessualità femminile.
 
Osserviamo, per esempio, Rita Mae Brown, scrivere sul primo numero "liberato" di Rat (Febbraio 6): "Per una
 
donna,  affermare  apertamente  la  propria  eterossessualità  significa  enfatizzare  la  propria  "bontà"  per  mezzo
 
dell'attività sessuale con gli uomini. Questo antico lavaggio del cervello sessista si insedia anche nella coscienza
 
della  più  ardente  femminista  che  vi  dirà  immediatamente  che  adora  dormire  con  gli  uomini.  Infatti,  il  modo
 
peggiore in cui una donna può essere chiamata nella nostra società è lesbica. Le donne sono talmente identificate
 
con gli uomini che tremano al solo sentir menzionare questa parola di tre sillabe. La lesbica è, ovviamente, la
 
donna che non ha bisogno degli uomini. Ma se ci si pensa, cosa c'è di terribile in due donne che si amano? Per il
 
maschio insicuro, questa è l'offesa suprema, la blasfemia più oltraggiosa commessa contro il sacro scroto".
 
 
 
"Dopotutto, cosa accadrebbe se cessassimo di amarci? Buone cose per noi ma ciò vorrebbe dire che ogni uomo
 
perderebbe il suo "negro" personale....una grande perdita se sei un uomo....".
 
 
 
"Amare  un'altra  donna  è  l'accettazione  di  un  sesso  che  è  violazione  della  cultura  maschile  (il  sesso  come
 

 
 
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sfruttamento)  e  quindi  comporta  diverse  pene...Alle  donne  è  stato  insegnato  ad  abdicare  al  potere  dei  nostri
 
corpi,  sia  fisicamente  nell'atletica  e  nell'autodifesa  sia  sessualmente.  Dormire  con  un'altra  donna  significa
 
mettere a confronto la bellezza e il potere del vostro corpo come pure del suo. Ci si confronta con l'esperienza
 
della  propria  autoconsapevolezza  sessuale.  Inoltre,  ci  si  trova  di  fronte  un  altro  essere  umano  senza  lo
 
stratagemma protettivo del ruolo. Questo può essere doloroso per la maggioranza delle donne perchè molte sono
 
state così brutalizzate dal recitare un ruolo eterosessuale che non riescono a comprendere questo reale potere. E'
 
un'esperienza  schiacciante.  Potrei  definirla  una  vetta  della  libertà.  Non  c'è  da  stupirsi  che  sussista  una  tale
 
resistenza nei confronti del lesbismo".
 
 
O  questa,  nello  stesso  numero,  "Weatherwoman":  "Il  sesso  diventa  completamente  diverso  senza  la  gelosia.
 
Donne  che  non  avevano  mai  immaginato  di  farlo  con  altre  donne  hanno  iniziato  ad  apprezzarsi  l'un  l'altra
 
sessualmente...Ciò  che  il  weatherman  sta  facendo  è  creare  nuovi  standard  con  cui  uomini  e  donne  possano
 
relazionarsi. Stiamo cercando di rendere il sesso non sfruttatore.... Stiamo creando qualcosa di nuovo, per mezzo
 
del denominatore comune che è la rivoluzione".
 
 
 
O, infine, ancora nello stesso numero, Robin Morgan:
 
 
 
"Lasciatela vivere. Lasciatela mostrarsi malevola, maliziosa, lesbica, frustrata, pazza, Solanasiana, innamorata,
 
frigida, ridicola, pungente, imbarazzante, odiatrice dell'uomo, calunniatrice...Il sessismo non è colpa delle donne
 
- uccidete i vostri padri, non le vostre madri."
 
 
 
E così, nel cuore profondo del Movimento per la Liberazione delle Donne si cela un pungente, estremamente
 
nevrotico se non psicotico lesbismo anti-maschile. La quintessenza del Nuovo Femminismo è rivelata.
 
 
 
Questo spirito è confinato a poche estremiste? E' ingiusto pensare che il movimento nel suo insieme abbia gli
 
stessi difetti della Lesbica rampante? Temo di no. Per esempio, uno dei motivi dominanti che permea l'intero  è
 
una  stridente  opposizione  agli  uomini  che  trattano  le  donne  come  "oggetti  sessuali".  Questo  trattamento
 
apparentemente  avvilente,  degradante  e  sfruttatore  si  estende  dalla  pornografia  ai  concorsi  di  bellezza,  dalla
 
pubblicità delle belle modelle che usano un prodotto, a tutta la gamma dei fischi e agli sguardi di ammirazione
 
alle  ragazze  in  minigonna.  Ma  non  v'è  dubbio  che  questo  attacco  alle  donne  come  "oggetti  sessuali"  sia
 
semplicemente  un  attacco  al  sesso,  o  piuttosto  all'eterosessualità.  Questi  nuovi  mostri  del  genere  femminile
 
mirano alla distruzione della squisita e antica consuetudine - apprezzata in tutto il mondo dalle donne normali -
 
di vestirsi per attrarre gli uomini e avere successo in questo simpatico compito. Che vita tetra e noiosa vogliono
 
imporci queste megere! Un mondo in cui tutte le ragazze  appaiano dei lottatori trascurati , dove la bellezza e
 
l'attrattiva  sono  state  sostituite  dalla  bruttezza  e  dall'  "unisex",  dove  la  deliziosa  femminilità  è  stata  abolita  a
 
vantaggio del femminismo cupo, aggressivo e mascolino.
 
 
 
La  gelosia  verso  le  ragazze  belle  e  attraenti,  infatti,  rappresenta  uno  dei  capisaldi  di  questo  minaccioso
 
movimento. Un punto che dovrebbe essere ricordato, per esempio, nella presunta discriminazione economica ai
 
danni  delle  donne:  la  straordinaria  mobilità  verso  l'alto,  e  allo  stesso  modo  i  redditi,  garantita  alle  ragazze
 
particolarmente graziose. Le femministe potrebbero sostenere che le modelle sono sfruttate, ma se consideriamo
 
le  paghe  enormi  di  cui  le  modelle  possono  godere-  tanto  quanto  il  loro  accesso  a  una  vita  affascinante  -  e  le
 
compariamo col loro costo opportunità precedente in altre occupazioni come cameriera o dattilografa, l'accusa di
 
sfruttamento è davvero risibile. I modelli maschili, i cui redditi e le cui opportunità sono estremamente più bassi
 
di  quelli  delle  donne,  potrebbero  benissimo  invidiare  la  posizione  privilegiata  di  queste  ultime!  Inoltre,  il
 
potenziale in mobilità verso l'alto per le ragazze belle di ceto basso è enorme, infinitamente più di quello degli
 
uomini  dello  stesso  ceto:  potremmo  citare  Bobo  Rockefeller  e  Gregg  Sherwood  Dodge  (un'ex  pin-up  che  ha
 
sposato il rampollo multimilionario della famiglia Dodge) come esempi manifesti. Ma questi fatti, lontani dal
 
costituire  un  valido  argomento,  rendono  ancora  più  furiose  le  liberazioniste,  poichè  una  delle  loro  reali
 
rimostranze  è  verso  quelle  ragazze  più  attraenti  che  in  virtù  della  loro  bellezza  hanno  avuto  più  successo
 
nell'inevitabile  competizione  per  gli  uomini  -  una  competizione  che  deve  esistere  qualsiasi  sia  la  forma  di
 
governo o di società (ammesso - ovviamente - che essa rimanga eterosessuale).
 
 
 

 
 
7
 
Donne come "oggetti sessuali"? Certo che sono oggetti sessuali, e sia lodato il Signore che sempre lo saranno
 
(come gli uomini, certamente, sono oggetti sessuali per le donne). Per quanto concerne i fischi, è impossibile che
 
qualsiasi relazione significativa venga stabilita per strada o guardando i cartelloni pubblicitari e così, in questi
 
ruoli, le donne rimangono esclusivamente degli oggetti sessuali. Quando si sviluppa un rapporto più profondo fra
 
uomini  e  donne,  questi  diventano  più  che  oggetti  sessuali  fra  loro;  diventano  anche,  se  tutto  va  bene,  oggetti
 
d'amore. Sembrerebbe persino banale ricordare questo, ma nel clima intellettuale di oggi sempre più degenerato
 
nessuna  semplice  verità  può  più  essere  data  per  scontata.  Poniamo  come  contrasto  allo  stridulo  movimento
 
femminista  l'incantevole  lettera  nel  New  York  Sunday  Times  (19  Marzo)  di  Susan  L.  Peck,  che  commenta
 
l'articolo della Brownmiller. Dopo aver affermato che lei, per prima, gradisce l'ammirazione maschile, la signora
 
Peck specifica che "a qualcuno questo potrebbe suonare antiquato, ma non covo un folle, vendicativo desiderio
 
di  vedere  stirare  il  mio  già  responsabile  e  lavorativo  marito".  Dopo  aver  screditato  l'incapacità  femminile
 
all'adattamento  esibita  nel  "movimento  di  liberazione",  la  signorina  Peck  conclude:  "Io,  per  prima,  adoro  gli
 
uomini  e  preferisco  vederne  uno  che  esserlo!".  Urrah  e,  se  tutto  va  bene,  la  signora  Peck  parla  per  la
 
maggioranza silenziosa delle donne americane.
 
 
 
Per quanto concerne le femministe, forse potremmo iniziare a prendere più seriamente le analogie costantemente
 
ripetute col movimento nero. I neri, infatti, si sono spostati dall'integrazione al black power,  ma la logica del
 
black power è semplicemente e completamente nazionalismo nero - una nazione nera indipendente. Se le nostre
 
Nuove  Femministe  desiderano  abbandonare  l'integrazionismo  maschio-femmina  a  favore  della  liberazione,
 
allora questo implica logicamente il Female Power, in breve, il nazionalismo femminile. Dobbiamo assegnare a
 
queste  bisbetiche  qualche  terra  vergine,  forse  le  Black  Hills,  forse  l'Arizona?  Si,  lasciamole  istituire  la  loro
 
Repubblica Democratica Popolare delle Amazzoni e bandirne l'ingresso. L'infezione della loro ideologia e dei
 
loro atteggiamenti malati sarebbe così isolata e rimossa dal più esteso corpo sociale e il resto di noi, impegnato
 
nella  buona  eterossessualità  all'antica,  potrebbe  badare  ai  fatti  suoi  indisturbato.  E'  ora  che  si  dia  retta  al
 
risonante monito di William Butler Yeats:
 
 
 
"Abbasso il fanatico, abbasso il clown
 
 Giù, giù, buttateli giù"
 
 
 
e che venga fatto echeggiare l'allegro grido dell'anziano francese nella famosa facezia. Mentre, in Francia, una
 
militante  parlava  ad  una  riunione  sulla  liberazione  delle  donne,  affermando,  "C'è  solo  una  differenza  molto
 
piccola fra uomini e donne", l'attempato signore balzò ai suoi piedi, gridando: "Vive la petite difference

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