omofobia becera e dozzinale
Non sono affatto per la discriminazione o l’isolamento degli omosessuali, ma trovo la repulsione per i loro atteggiamenti sana e naturale.
Purtroppo anche in questo forum è stata prontamente adottata la parola omofobia: recentissimo conio del 'nuovo idioma' contemporaneo che suggerisce l'idea di una malattia da curare in accoglienti strutture psichiatriche di stato. Un'altra invenzione dei think thank che prelude allo sdoganamento del reato di opinione. Quando si parlerà di ginofobia cosa diremo?
Cito da un articolo con link non disponibile:
Le leggi, nelle materie delicatissime che stiamo trattando, non sono mai solo positive (concessione di diritti a una specifica minoranza), ma sempre anche repressive, e non a caso alcuni parlamentari hanno già parlato della loro intenzione di sanzionare penalmente il reato di omofobia. In altre parole manifestare opinioni «omofobe» equivarrà a violare la legge e potrà condurre a processi penali e a incarceramento.
Poiché palesemente siamo di fronte a misure giuridiche di carattere totalitario, è evidente che si lavora per imporre un severissimo interdetto alla critica, per rendere così inattaccabile l’iniquità della norma appena varata sottraendola al dibattito pubblico.
Nel 1989, a cavallo del momento chiave nella storia del movimento gay, rappresentato, come si è visto, dalla commozione suscitata dalla tragedia dell’Aids, esce un testo fondamentale intitolato «After the ball», scritto da due attivisti gay, il neuropsichiatria Marshall Kirk e lo specialista di marketing Hunter Madsen. Il testo citato è un vero e proprio manuale per la diffusione dell’ideologia omosessualista.
Gli autori sottolineano che proprio l’emergenza AIDS forniva una splendida occasione per trasformare la minoranza gay in un gruppo sociale vittimizzato e bisognoso di protezione. Nel testo citato sono sviluppate tre tecniche fondamentali, o, se si preferisce, tre momenti di un’unica strategia. In primo luogo occorreva diminuire la resistenza all’omosessualità inondando la società, a ogni livello, di messaggi omosessualisti, abbassando così la soglia di difesa a causa dell’assuefazione all’idea, di una sorta di processo di anestetizzazione di massa.
Il secondo passo della strategia può essere così sintetizzato: «È necessario presentare messaggi che creino una dissonanza interna nei ‘bigotti antigay’. Ad esempio, a soggetti che rifiutino l’omosessualità per motivi religiosi, occorre mostrare come l’odio e la discriminazione non siano ‘cristiani’. Allo stesso modo, vanno enfatizzate le terribili sofferenze provocate agli omosessuali dalla crudeltà omofobica».
Il terzo e conclusivo passo consiste nell’attivare un vero e proprio processo di conversione, che porti il «bigotto antigay» (dunque, in linea di principio, almeno il 90 % della popolazione) a provare sentimenti positivi, benevoli e tolleranti verso gli omosessuali, e ostili a chi mantiene le posizioni tradizionali di condanna. Questo risultato bisogna raggiungerlo paragonando ai nazisti chi condanna l’omosessualità, o facendo allusione a paure o devianze inconsce, irrazionali – magari un’omosessualità repressa – che vengono sintetizzate nell’accusa suprema di «omofobia».
Con queste tre abili mosse, e soprattutto con l’ultima, si ottiene di allontanare il tema dalla sfera di un dibattito filosofico-antropologico rigoroso, di una valutazione morale razionalmente coerente, per scivolare immediatamente sul piano della pura emotività e del sentimentalismo più vergognoso. L’attacco verbale, l’insulto o la minaccia a chi osa opporsi all’avanzata della nuova ideologia omosessualista producono un clima che è al contempo moralistico e violento (sono, del resto, il moralismo e la violenza propri delle rivoluzioni totalitarie moderne) e che mira a soffocare sul nascere ogni resistenza.
Vi è un interdetto alla critica assoluto, una colpevolizzazione del dubbio o della tiepidezza, una metodica e ossessiva invasione dei mass-media con il tema oggetto di propaganda.