Autore Topic: VASILI ARKHIPOV,il marinaio sovietico che salvò il mondo dall’olocausto nucleare  (Letto 836 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Durante la crisi dei missili cubani, cacciatorpedinieri statunitensi infastidirono un sottomarino sovietico che fu in procinto di lanciare un siluro nucleare. La freddezza di un ufficiale evitò, di fatto, l’inizio della terza guerra mondiale in un episodio che, per anni, rimase nascosto.

«Un tale di nome Vasili Arkhipov salvò il mondo». Così si pronunciò Thomas S. Blanton, direttore dell’Archivio della Sicurezza Nazionale degli USA, sul ruolo svolto da uno sconosciuto marinaio sovietico nella crisi dei missili cubani del 1962. Di quell’episodio l’umanità ricorda che gli USA e l’URSS furono al punto di finire nel baratro grazie alle voglie nucleari: Quello che in pochi conoscono è che fu la decisione di una sola persona, Arkhipov, ad impedire ciò che avrebbe decretato la terza guerra mondiale.


Andiamo con ordine. Arkhipov è uno dei tre ufficiali al comando del sottomarino sovietico B-59, un sommergibile d’attacco che per la NATO è denominato Clase Foxtrot.

Negli ultimi giorni dell’ottobre 1962 è in navigazione con altri quattro sottomarini identici verso Cuba. L’URSS ha segretamente installato sul suolo cubano varie rampe di lancio per parecchi missili nucleari in grado di raggiungere il territorio degli USA in pochi minuti.

E’ la risposta al dispiego di armi atomiche degli USA in Turchia, una minaccia in grado di colpire Mosca in appena un quarto d’ora e che il Cremlino doveva logicamente contrastare.

In questa escalation della tensione, con l’intero pianeta con il fiato sospeso ed i due colossi che si mostravano vicendevolmente i denti, la 69° Brigata Sottomarina Sovietica, della quale fa parte il sottomarino di Arkhipov, si dirige verso le acque cubane. La sua missione è aggirare l’embargo che la Marina degli USA ha fissato attorno all’isola e stabilire una base sottomarina nella baia del Mariel, sulla costa nord di Cuba. Il B-59 di Arkhipov è dotato di siluri atomici , una carica letale per una guerra disastrosa che è sempre più data come imminente. Pochi giorni prima , un aereo spia U-2 degli USA , era caduto abbattuto sul suolo cubano ed un gruppo di caccia MIG sovietici aveva attaccato un altro di questi dispositivi mentre erano in volo di ricognizione in Siberia.

Senza nessun contatto con Mosca il capitano decise di sparare.

Mentre al Pentagono si stanno mettendo a punto i dettagli per l’invasione finale nella Cuba castrista e pro-sovietica , le navi della Marina degli USA e gli aerei spia della CIA sorvolano i Caraibi alla ricerca di navi sovietiche che tentavano di introdurre armi nucleari sovietiche sull’isola.

Le istruzioni a tal proposito del Segretario della Difesa Robert Mc Namara sono tanto chiare quanto pericolose: se viene rilevato un intruso deve essere obbligato a riemergere, deve identificarsi e deve esserne bloccato l’accesso.

Una di queste imbarcazioni è il B-59. Il comandante dell’imbarcazione, Vitaly Savitsky, ha a bordo come aiutanti in seconda Arkhipov ed un ufficiale politico.

La caccia al sottomarino intruso



A metà pomeriggio del 27 ottobre 1962 gli eventi precipitano. Un gruppo di cacciatorpedinieri statunitensi rileva la brigata dei B-59. Ignari del fatto che se la stanno vedendo con imbarcazioni dotate di armi atomiche, le navi nordamericane iniziano a lanciare bombe di profondità per costringere i sottomarini sovietici a riemergere. A bordo del sommergibile di Arkhipov si stanno vivendo momenti di panico e di caos. Tenuto conto della gravità degli eventi il trio , degli ufficiali al comando, aveva lasciato l’URSS con l’autorizzazione a lanciare i siluri nucleari se tra di loro fossero stati d’accordo nel farlo. Senza comunicazioni con Mosca e chiedendosi se mai già fosse scoppiata la guerra tra le due superpotenze , sotto le acque dei Caraibi , con metà del mondo attaccato ai televisori ed alle decisioni di Kennedy e di Krusciov , un gruppo di marinai assediati avrebbe dovuto decidere il destino dell’umanità.

«Era come se qualcuno colpisse un barile con un martello»

L’ufficiale addetto alle trasmissioni, Vladimir Orlov, visse a bordo quei momenti drammatici. Secondo la sua versione, dopo un lungo viaggio transoceanico sommerso, l’equipaggio ed il capitano Savitsky «erano esausti».

Le bombe di profondità dei cacciatorpedinieri nordamericani esplodevano a pochi metri dal centro del sottomarino sovietico «Era come star seduti su di un barile di metallo che qualcuno colpiva continuamente con un martello».

Così infastidito, al limite della resistenza psicologica, subendo pressioni da parte di un equipaggio desideroso di difendersi, Savitky fa un ultimo tentativo di mettersi in contatto con Mosca. Niente da fare. Arrabbiato e disperato, decide di lanciare il siluro micidiale, ben sapendo che sarebbe stata la fine per lui e per i suoi uomini. «Voleremo in aria, moriremo tutti ma affonderemo tutte le loro navi», esclama prima di riunirsi con i suoi due secondi e ratificare una decisione che richiedeva il loro consenso

Sotto il bombardamento yankee, ad un centinaio di metri sotto le acque caraibiche, i tre marinai ebbero una riunione che decise il destino dell’umanità. Savitsky vuol aprire il fuoco, l’ufficiale politico è d’accordo. Manca solo Arkhipov. Ma lui dice di no. In quelle circostanze estreme, solo la freddezza ed il coraggio di un uomo evitano quella che sarebbe stata una catastrofe senza precedenti.

«Il tale che salvò l’umanità»




Arkhipov convince Savitsky a far emergere il sottomarino. Il B-59 affiora in superficie ed si mette in attesa di istruzioni dal Cremlino evitando il confronto con la Task Force nordamericana. Poche ore dopo Kennedy e Krusciov raggiungono un accordo che fa tirare il sospiro di sollievo a tutta l’umanità.

Nessuno lo seppe allora, nemmeno Kennedy, ma quel sabato Arkhipov salvò il mondo. La sua storia non fu resa pubblica se non nel 2002. In una conferenza stampa a L’Avana, a quaranta anni da tale episodio, Mc Namara, sulla base di documenti statunitensi resi pubblici, ammise che la guerra nucleare fu più vicina di quanto si potesse pensare. Thomas S. Blanton riuscì a dire ciò che intendeva dire: «Un tale di nome Vasili Arkhipov salvò il mondo». Quel tale era morto tre anni prima.
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Online Massimo

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Un altro dei tantissimi esempi di coraggio maschile misconosciuti o, conosciuti, dimenticati in fretta.
In questo il maschilismo e il femminismo sono sinistramente concordi: il maschilismo banalizza tali
atti e gesti in quanto "naturali" e "doverosi" per un individuo di sesso maschile (invece non è
affatto "naturale" nè "doveroso" che un individuo di sesso maschile compia gesti coraggiosi  con un
elevato rischio di perdere la vita), il femminismo minimizza gli stessi in quanto risultato "ovvio" dei
condizionamenti culturali "patriarcali" ai quali i maschi, come macchine o al massimo come animali
ammaestrati, rispondono passivamente e meccanicamente. Quindi, non si tratta di comportamenti
ammirevoli ma prevedibili. Salvo poi a pretendere gli stessi gesti "prevedibili" quando le nostre
femminucce, femministe comprese, si trovano nei guai. E' la conferma che il femminismo è stato in
realtà sempre aiutato e non osteggiato dal maschilismo demenziale che impera in Occidente.