Me ne frego .
Domenica io ed altre decine di centinaia di persone andremo alla Marcia per la Vita . Le femministe possono andare tranquillamente a farsi fottere (tra di loro) .
fonte :
http://www.marciaperlavita.it/articoli/2301/7 maggio 2013
PERCHÉ ANDARCI, PERCHÉ DIFENDERLA, PERCHÉ PROMUOVERLA
di Mario Palmaro, Presidente Nazionale del Comitato Verità e Vita 1. La Marcia è pensiero e azione
La Marcia per la Vita – che si svolge a Roma domenica 12 maggio – è una forma nobile e concreta di impegno: per la vita, per il bene, per la verità. Ogni sana bioetica è, come il cattolicesimo, pensiero e azioni: dal ben-pensare segue il ben agire. Distinguo il bene dal male, e di conseguenza scelgo di fare il bene e di fuggire il male (anche se questo non sempre mi riesce, perché sono un uomo, e talvolta scelgo il male anche quando so che è male). La Marcia per la Vita esprime pensiero, prima che azione: tanto è vero che la Marcia è tradizionalmente preceduta da un Convegno presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Quest’anno, al convegno interverranno fra gli altri due convinti difensori della vita, il Cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e monsignor Crepaldi, arcivescovo di Trieste. D’altra parte, un convegno non fa notizia. Ecco allora la necessità di mobilitare un popolo, numeroso e determinato, coraggioso e ben formato, disposto a scendere in piazza. Come scesero in piazza gli ungheresi di fronte ai carri armati sovietici, o i polacchi di fronte alla prevaricazione comunista. Perché in Italia e nel mondo è stata dichiarata guerra alla vita, una guerra condotta con l’arma della legalità formale, sancita dalla ingiusta legge 194 del 1978. Echi non vuole diventare complice di questa guerra contro la vita deve fare qualcosa, deve dire qualcosa, deve osare qualcosa.
2. La Marcia è l’evento più importante per la cultura pro-life in Italia
In soli tre anni la Marcia Nazionale per la Vita è diventata un evento fondamentale per il mondo pro-life italiano: anzi, l’appuntamento più importante dell’anno. Lo dimostrano le adesioni che sono per qualità e numero impressionanti. Lo dimostra il carattere per molti versi spontaneo, che viene dal basso, della manifestazione, che si è sottratta fin dal principio da possibili strumentalizzazione di natura politica, partitica, settaria. La Marcia non è la creatura di qualche singolo uomo politico, ma è l’espressione più sincera e autentica di una volontà: quella di non rassegnarsi mai all’esistenza di una legge dello Stato che rende diritto l’aborto volontario. L’anno scorso confluirono a Roma 15.000 persone, quest’anno sono annunciati pullman da tutti Italia e dall’Europa.
3. Un messaggio chiaro e semplice
Perché la Marcia riscuote questo successo, in un Paese che è a grande maggioranza abortista? La forza della Marcia sta nel suo messaggio, chiaro e semplice: no all’aborto e no alla legge 194 del 1978 . Inoltre, la Marcia non ha carattere ecclesiale, non è una processione, non è un incontro di preghiera: ad essa partecipano cattolici e altri cristiani, esponenti di altre religioni, credenti e non credenti. Molti tacciono, molti altri pregano, in un clima di grande libertà. In questo modo, la Marcia documenta la ragionevolezza delle ragioni della vita. La Marcia è autonoma e indipendente, e si garantisce una libertà che la sottrae a condizionamenti, compromessi, tattiche, censure interne, pavidità travestite da prudenza.
4. Un evento fecondo
La Marcia si dimostra un evento fecondo. L’anno scorso giornali e tv – soprattutto laici – ne hanno dovuto parlare, e lo hanno fatto con crescente preoccupazione. Molti gestori del media system ritenevano che ormai il mondo pro-life in Italia avesse accettato come un dato irremovibile la legge sull’aborto e che si potesse confinare ogni rigurgito antiabortista dentro il comodo recinto dell’assistenza sociale. Sì all’aiuto alle donne con gravidanze difficili – o almeno a quelle che vogliono essere aiutate – no a qualunque tentativo di mettere in discussione il diritto alla scelta della donna stessa. Una trappola concettuale nella quale certamente sono cadute fette importanti del mondo pro-life. Ma non vi è caduta la Marcia Nazionale per la Vita. Questo seme sta già germogliando anche a livello locale, dove sono nate quasi dal nulla Marce per la vita locali, come ad esempio in Sicilia e in Piemonte. La Marcia ha poi propiziato la nascita dei Giuristi per la vita, che si propongono di dare assistenza legale alle persone che concretamente si battono contro l’aborto, e che vengono minacciate nell’esercizio del loro lavoro, come ad esempio accade sempre più spesso a medici e infermieri obiettori di coscienza. E’ nata la rivista “Notizie pro Vita”, diretta da un professionista serio e preparato come Toni Brandi.
5. Un fatto nuovo per l’Italia
La Marcia Nazionale è un fatto nuovo per la cultura pro-life italiana: dal 1978, in oltre trent’anni non sono mai state organizzate manifestazioni importanti, massicce e in grado di coinvolgere tutto l’associazionismo cattolico contro la legalizzazione dell’aborto e contro la 194 . Tanto è vero che l’associazione pro-life più importante italiana, il Movimento per la Vita, dopo tre anni e almeno fino ad ora non ha aderito ufficialmente alla Marcia Nazionale per la Vita. Perché questa omissione? La mancanza di una tradizione di piazza dei pro-life italiani ha diverse cause: c’è una oggettiva difficoltà nel mobilitare la gente, soprattutto l’associazionismo cattolico, su questo tema scomodo. C’è soprattutto la paura di scontrarsi con il mondo: chi critica una legge, automaticamente critica lo Stato, e questo genera il timore delle sue reazioni. C’è poi una diffusa confusione dottrinale anche all’interno dello stesso mondo pro-life e mondo cattolico, una carenza nella “ortodossia per la vita”. C’è sempre più diffuso il rischio che si affermi nella prassi un volontario formalmente pro-life che aiuta la donna concreta a non abortire, ma che in linea di principio ritiene legittimo che la donna possa scegliere se abortire o no. Un volontario che prova a dissuadere la donna, ma che è parimenti disponibile ad accompagnarla in ospedale ad abortire “per non lasciarla sola”. C’è, insomma, l’affermarsi nella stessa cultura pro-life italiana di uno stile più moderato, dialogico, social-filantropico, focalizzato in modo ormai esclusivo sull’azione consultoriale e assistenziale, pronto ad abbandonare definitivamente l’azione culturale e giuridica. Propenso, piuttosto, a qualche sortita politica di carattere dimostrativo, tendente a ottenere qualche piccolo risultato parziale, che non intacchi nemmeno a parole il quadro normativo esistente. Un mondo pro-life, insomma, che sembra essersi stancato di denunciare pubblicamente le leggi ingiuste – conseguenza: l’opinione pubblica metabolizza e digerisce le leggi ingiuste. Ecco perché migliaia di persone hanno deciso improvvisamente di scendere in piazza, non trovando più rappresentato il loro sdegno e la loro opposizione alla legge abortista vigente. Certo, la Marcia nasce anche dalla positiva emulazione della manifestazione che si svolge ogni gennaio a Washington, per protestare contro la sentenza Roe vs. Wade. Una marcia che vede sfilare centinaia di migliaia di americani per dire, semplicemente, “stop abortion”: chissà che un giorno anche in Italia non si possa assistere a qualche cosa di simile.
6. Perché è importante partecipare.
E’ importante partecipare a questa marcia per due generi di motivi: sia esterni al mondo pro-life, che interni ad esso. Cominciamo dai motivi “esterni”.
Motivi extra moenia
a) Viviamo ormai nella civiltà dell’aborto. Nel mondo si contano ogni anno circa 45 milioni di aborti volontari, le leggi abortiste si stanno estendendo a tutte le nazioni, la sensibilità dell’opinione pubblica di fronte a questo fenomeno sta declinando in maniera inesorabile verso l’assuefazione e l’assenso acritico.
b) Vogliamo richiamare l’attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica con un messaggio forte e non compromissorio: l’aborto uccide e fa male a milioni di anime.
c) Vogliamo dimostrare che il popolo della vita c’è, è minoranza ma non si rassegna e vuole combattere.
d) Vogliamo denunciare pubblicamente le leggi ingiuste.
Motivi intra moenia
a) Dobbiamo scuotere le coscienze assopite o confuse degli stessi credenti, e di non pochi esponenti del mondo pro-life.
b) Dobbiamo riaffermare l’ortodossia pro-life di fronte alle “eresie” dottrinali: ad esempio, pensiamo a una serie di slogan che ormai sono ripetuti da giornali e mass media cattolici o di area teoricamente pro-life. Ad esempio, che “la legge 194 è una buona legge”; che “è stata solo applicata male, e ora va applicata tutta”; che essa “prevede l’aborto come extrema ratio.”
c) Dobbiamo rilanciare un certo associazionismo pro-life che appare sonnolento e remissivo, dedito al compromesso politico, afono, clericale e dunque non cattolico, impegnato da anni in estenuanti e spesso inconcludenti raccolte di firme.
d) Dobbiamo supportare l’agire con un pensiero forte. In troppi ambiti pro-life da anni si vive di un “pensiero debole”, di una sorta di “pensiero liquido” che amalgama identità pro-life ed identità pro-choice. Dobbiamo farlo per dire di no alla riduzione dell’attività per la vita a mera distribuzione di pannolini e passeggini, prevalentemente a extracomunitari e a persone meno abbienti. Nella tragica illusione che la causa dell’aborto sia di natura economica e sociale, secondo una lettura che è – a ben guardare – tardivamente ed essenzialmente marxista.
e) Dobbiamo sottrarre i principi non negoziabili a un uso strumentale da parte della politica e di politici dediti al compromesso e all’annacquamento sistematico della verità; strategia che fra l’altro non ha impedito, ma anzi ha accelerato il processo di espulsione dei principi non negoziabili dai programmi dei partiti nelle recenti elezioni.
f) Dobbiamo evitare l’annacquamento del tema aborto dentro una più generica e fumosa difesa della vita. Dobbiamo evitare che una certa retorica della povertà – legata alla effettiva crisi economica – serva a non parlare più dei più poveri fra i poveri, come li chiamava Madre Teresa: i bambini non nati uccisi con l’aborto.
7. Diffidare dalle imitazioni
Nessuno di noi può pensare di poter fare qualcosa di risolutivo di fronte a questo scenario agghiacciante. Tuttavia, qualche cosa si può fare. Per esempio, partecipare in prima persona alla Marcia Nazionale per la Vita. In secondo luogo, far conoscere la marcia tra amici, in parrocchia, nella diocesi, nel mondo dell’associazionismo. Per vincere la barriera di indifferenza e spesso di vera e propria censura che avvolge questa manifestazione. Non bisogna nemmeno spaventarsi o scandalizzarsi di alcuni maldestri tentativi che sono stati messi in atto per offuscare la Marcia, trasformando la giornata del 12 maggio in qualche cosa di altro e di diverso, e per fare in modo che i mass media, soprattutto cattolici, quel giorno parlino d’altro e non della Marcia. Purtroppo il processo di annacquamento del Movimento pro-life in Italia genera anche forme meschine di concorrenza e di censura, alle quali però si deve rispondere con serenità e in modo composto. Il popolo della vita non è stupido: osserva, ed è in grado di capire e di giudicare. Il tempo è galantuomo, e farà prevalere per una volta la moneta autentica su quella falsa.
Mario Palmaro, Presidente Nazionale del Comitato Verità e Vita