Eccomi, non mi sono dimenticato di voi eh. Ho trascorso il weekend fuori città e son tornato oggi.
Allora, se vogliamo utilizzare questo spazio per confrontarci su questioni di diritto, molto volentieri. Però vi chiedo di non farlo su fatti specifici e/o riferiti a persone determinate, bensì in modo generico.
In via preliminare preciso quindi che non esprimerò il mio parere né sull’articolo postato né tanto meno sulla sua autrice, bensì riporterò il mio personalissimo pensiero in merito a quello che dalla lettura degli interventi mi è sembrato sia il tema di interesse, ossia: “se sia lecito o meno pubblicare articoli che possano istigare alla misandria o misoginia”.
Per quanto la cosa possa apparire strano, l’argomento è molto più complicato di quanto possa sembrare.
Come noto, la libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero è un diritto (fortunatamente aggiungerei) riconosciuto, garantito e protetto dalla costituzione (vedi art. 21 comma 1), oltre che da qualche articolo dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo e questo rende particolarmente complesso per il legislatore emanare leggi limitative di tale diritto in quanto facilmente passibili di legittimità costituzionale. Ovviamente questo non significa che si possa dire tutto ciò che si vuole senza correre il rischio di incappare nella contestazione di illeciti sia civili che penali. Comunque mi rendo conto che è pressoché impossibile trattare in poche righe l’argomento in maniera esaustiva considerato i suoi innumerevoli aspetti. Cercherò quindi di esprimere solo qualche opinione su aspetti della materia che immagino possiate ritenere maggiormente interessanti (ad es. eviterò di parlare del famoso reato di diffamazione ex art. 595 c.p. in quanto perseguibile a querela di parte e mi pare che non sia esattamente quello che interessa visto la domanda).
Intanto ritengo opportuno spendere qualche parola sull’unico limite previsto dalla norma costituzionale, ossia il concetto di buon costume: “
sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.
Occorre precisare che la nozione di “buon costume” assume nella legislazione ordinaria significati differenti. Ad es. in tema di illeceità della causa di un contratto, come insegna autorevolissima dottrina italiana (Torrente mi pare), la locuzione “contrario al buon costume” assume una nozione molto ampia comprendente non soltanto le pubblicazioni contrarie alle regole del pudore sessuale e della decenza, ma più in generale ai contratti contrari a quei principi etici che costituiscono la morale sociale in quanto ad essi uniforma il suo comportamento la generalità delle persone oneste, corrette, di buona fede e di sani principi in una determinata epoca.
L’art. 529 c.p. invece rimanda invece ad una concezione molto più restrittiva del limite del buon costume laddove lo rilega esclusivamente nell’ambito della sfera sessuale.
Per quanto riguarda l’ultimo comma dell’art. 21 (sono vietate le pubblicazioni a stampa contrarie al buon costume) la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 9 del 1965 ha rigettato la tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato, secondo cui la nozione di buon costume coinciderebbe con la morale o la coscienza etica. Tuttavia, nella stessa sentenza la Corte, pur escludendo ogni riferimento alla sfera della morale, afferma che la nozione costituzionale di buon costume va ricondotta ad un insieme di “
regole di convivenza e di comporta mento che devono essere osservate in una società civile”. Quindi pur escludendo che la nozione di buon costume possa coincidere con la morale o con la coscienza etica, la Corte sembra non escludere ipotesi in cui la repressione possa spingersi anche oltre, come mostrano i riferimenti al “
sentimento morale dei giovani” e al rischio della “
perversione dei costumi”.
In buona sostanza i Giudici di Piazza del Quirinale hanno ritenuto di mantenere in capo al concetto una certa elasticità. (vedi anche Marco Cuniberti: Il Limite del Buon Costume). Ergo: A mio modestissimo e personale avviso, va chiaramente valutato caso per caso, ma non è del tutto escluso che la pubblicazione di articoli contenenti incitazione alla misandria o misoginia possa configurare una violazione del precetto costituzionale
Infine va comunque osservato che tuttavia, per buona parte della dottrina, “
l’oggetto della garanzia costituzionale del primo comma dell’art. 21 Cost. ricomprende sotto il diritto in commento qualsiasi forma di manifestazione del pensiero (parola, scritto, disegno, composizione musicale) fino alle forme estreme o più sofisticate che sono la propaganda e la pubblicità oltre, in certi modi, anche l’apologia e l’istigazione”.( Altalex – riflessioni sull’art. 21 della Costituzione – Francesco Siciliano).
Per concludere il discorso, vi copio-incollo un articolo a mia avviso molto interessante, nel quale si informa che al sig. Gentilini è stata confermata anche in appello la condanna per istigazione all’odio raziale. Sottolineo che il suo difensore ha annunciato che ci sarà ricorso in Cassazione.
"
A un mese dalle elezioni amministrative, nelle quali sarà candidato come sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini è stato condannato per istigazione all’odio razziale: la sentenza è stata letta dalla Corte d’appello di Venezia (presidente Sartea), che ha confermato in toto la sentenza di primo grado, che risaliva al novembre 2009. Lo "sceriffo", che attualmente è vicesindaco di Treviso, è stato condannato a una pena di 4 mila euro di multa e al divieto per tre anni di partecipare a comizi politici. Pena accessoria che sarebbe stata una vera e propria mazzata, visto che ora la campagna elettorale entra nel vivo, ma che Gentilini non sarà tenuto a osservare, perché la Corte ha disposto anche la sospensione condizionale della pena.
Gentilini era finito nel mirino della procura di Venezia per le frasi da lui dette nel corso di un comizio del 14 settembre 2008 a Venezia, durante la Festa dei popoli padani che all'epoca veniva organizzata ogni anno in laguna. Quel giorno l'amministratore leghista aveva chiesto «rivoluzione» e «pulizia» contro clandestini, nomadi e zingari: «che vadano a pisciare nelle loro moschee», aveva gridato contro quegli avventori dei phone center che «si mettono a mangiare e bere in piena notte», e si era poi scagliato contro il voto agli extracomunitari. Lunedì mattina Gentilini, affiancato dal suo avvocato Luigi Ravagnan, ha preso la parola in aula per alcuni minuti, affermando che lui non voleva istigare all'odio razziale, ma solo esporre un'opinione politica. Ha poi detto che nell'arco della sua carriera politica il suo motto è da sempre «ordine, disciplina e rispetto delle leggi» e che Treviso, da lui amministrata, è diventata la città con la maggior integrazione degli stranieri. I giudici però non si sono convinti e il suo legale ha annunciato che ci sarà un ricorso in Cassazione.
(
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2013/22-aprile-2013/istigazione-odio-razziale-confermata-condanna-sceriffo-gentilini-212792809870.shtml).
Allora, nelle sentenze pare si parli di condanna per “istigazione all’odio razziale”, che a primo impatto sembra una cosa un po’ diversa rispetto all’istigazione alla misandria o misoginia. Comunque non avendo ancora letto la sentenza, rimando il commento alla visione della parte motiva qualora dovessi riuscire a reperirla, evidenziando eventuali connessioni tra istigazione all’odio raziale ed istigazione alla misandria o misoginia.
Infine, riguardo ai concetti esposti nell’articolo postato, mi permetto di esprimere la mia personale opinione.
Intanto non ho ben capito se quell’articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera. In tal caso mi farebbe un po’ specie che un giornale della caratura del Corriere della Sera, che da decenni si contraddistingue per stile ed eleganza, possa pubblicare un articolo dai toni letterari perlomeno "discutibili”.
Detto questo, in primo luogo, atteso che ho seguito il programma televisivo per 10 anni, a mio avviso accusare una trasmissione come “Le Iene” di misoginia, mi sembra abbastanza risibile.
In secondo luogo, quando redarguisce il buon Teo di posizionare le ragazze sotto tavoli di vetro, già pronte in posizione “fellatio”, immagino si riferisca a Libero, trasmissione di qualche anno fa. Tuttavia, la sig.ra Alessandra Faiella dimentica che nell’edizione successiva, condotta dalla sig.ra Paola Cortellesi, la conduttrice posizionava quattro maschietti completamente sotto terra, facendone emergere solo la testa e la cui bocca era all’altezza dei piedi della conduttrice.
In terzo luogo la scrittrice indica testualmente che “
in questi giorni è accaduto anche che su Amazon, dopo le proteste, hanno ritirato dal commercio un manichino-zombie, con fattezze femminili. Bisogna puntualizzare che sono in catalogo anche zombie maschi, solo che questi sembrano davvero dei “non -morti” con tanto di facce cadaveriche, capelli unti e vestiti strappati: sembrano Dario Argento un po’ meno impressionante. Invece i manichini donna sono molto più realistici e somiglianti a donne” Ve beh, qui non ritengo neppure di commentare.
“
La misoginia impazza”. Bah, ma dove? Io francamente non ho mai visto un uomo inneggiare all’odio nei confronti delle donne. Siamo sicuri che si possa dire della misandria?
“
Io conosco una valanga di ex mogli disperate che non ricevono un euro dal loro ex marito, ex marito quasi sempre più ricco di loro, che spesso intraprende lotte all’ultimo sangue a suon di avvocati”.
Beh questo non è riscontrabile, potrei dirlo anch’io senza che nessuno possa smentirmi, ma se lo dice lei ci credo. Tuttavia quanto alla situazione dei papà separati, lì la questione è un po’ diversa. Ci sono sentenze pubbliche che permetto un riscontro oggettivo delle loro affermazioni. Il già Ministro alla giustizia Angelino Alfano, se non ricordo male, qualche hanno fa fu costretto ad inviare degli ispettori in quanto la Legge sull’affido condiviso non veniva applicata dai Giudici. E visto la sensibilità che lo stesso ha mostrato in questi giorni in ordine al fenomeno della violenza sulle donne, non mi pare sia un misogino. Non molto tempo fa l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per discriminazione.
“E di fronte a tutto ciò io continuo ancora a sentire questa frase: “Sì, ma le donne usano la violenza verbale“. Verissimo. Infatti mi associo anch’io: “Ma vaffanculo!”E qui, siccome mi ritengo una persona educata, mi prendo il vaffa in quanto rivolto anche a me siccome appartenente alla popolazione maschile, sorrido e proseguo.
Il maltrattamento da parte di un uomo nei confronti di una donna, è tra le cose che più detesto al mondo. Ma non credo che la pubblicazione di questi articoli sia utile a diminuire il fenomeno.
Ps. Un ultimo appunto per il Ministro Fornero. Ho letto di recente che ha vietato la diffusione di uno spot pubblicitario ritenuto offensivo del decoro e della dignità delle donne otre che contenente un potenziale richiamo al “femminicidio”. Non conosco lo spot in questione ma se così fosse personalmente condivido, anche alla luce delle attuali tensioni sociali già di per se abbastanza elevate. Però Le chiedo, sig. Ministro, di prestare un po’ di attenzione anche quando è la figura maschile ad essere umiliata e degradata, perché a volte succede anche questo.
Con osservanza.