Autore Topic: Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.  (Letto 1358 volte)

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Per fortuna ho acceso tardi e mi sono risparmiato la retorica nazi-femminista della Idem.

Non ho potuto evitare però di seguire l'intervista a Mentana e il siparietto di Gramellini.
 
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1. Mentana
Sull'onda delle volontà censorie della Boldrini, si lamentava per l'assenza di regole nel web e per gli insulti ricevuti facendo riferimanto all'articolo di Saviano, pubblicato, ieri, su Repubblica.

Ora... mi spiace molto che un giornalista del calibro di Mentana sia stato insultato ed offeso. Ma ancor di più perché abbia detto cose senza senso.

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1.1. Diritto all'anonimato.
Mentana dimentica una cosa importantissima: la maggior espressione di libertà e democrazia si concretizza  nell'anonimato e nella segretezza del voto.

Che nel web si possa dire qualsiasi cosa, senza che si possa essere giudicati da come ci si veste o ci si muove offre libertà che altrimenti non potrebbero esistere.
La mia compagna sa come la penso sul femminismo, perché la cosa la riguarda ma non è detto che tutti quelli che mi conoscono debbano essere al corrente del fatto che preferisco zappare l'orto piuttosto che lavare i piatti.
Dire quello che si pensa espone, a volte, a ritorsioni e a conseguenze.
Per esempio, potrei perdere clienti.
E perché mai dovrei?

Se nel web è così facile ricevere insulti, questi sono in qualche modo inflazionati.
Il loro potere offensivo è quindi quasi inesistente.
Con la stessa logica di mentana potrei dire che chi non è disposto ad accettare questo, dovrebbe evitare di mettersi in gioco nel web.

Io non voglio rinunciare alla libertà dell'anonimato.

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1.2. Considerate la libera espressione del pensiero antifemminista alla stregua di un'aggressione o di un insulto.

La conclusione del suo discorso è stata pressapoco questa:
"Chi partecipa ad uno scontro con la polizia, esprime un pensiero e se ne assume le conseguenze. Perhè ci mette la faccia, il nome ed il cognome.  Sennò, coperti dall'anonimato, per forza che si insulta e si aggredisce e si fanno gli antifemministi!". E giù applausi.....

Una affermazione tanto becera l'ho letta in più di un'occasione nel sito delle faS, o nei blog Terragni, zanardo, senonoraquando et simila. ma che a dire una sciocchezza del genere sia un giornalista del calibro di mentana, addolora.
Esprimere concetti antirazzisti, antimaschilisti, antifascisti o antifemministi non può essere considerato una forma d'aggressione.

Anche Saviano, nel suo articolo dice una puttanata considerando come molestia e stalking l'espressione del pensieto controcorrente o in antitesi alle idee del titolare del blog.

Ma senza confronto non si può costruire nulla!
Il confronto è alla base delle regole democratiche.

Come spesso accade in caso di molestie, l'aggressione è percepita istericamente da chi si considera erroneamente vittima. Ma può non esistere affatto.


Io ho il diritto di esercitare il mio diritto di parola e pensiero come previsto dalla Costituzione senza che mi si accusi di aggredire qualcuno.

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2.  Gramellini.

Gramellini ha raccontato di una donna uccisa dal marito definendola "vittima del patriarcato".
Quella donna è stata vittima dell'assassiono che si è scelta come marito.
Il patriarcato non uccide. Il patriarcato, al contrario,  ha previsto pene severe per chi uccide.

Semmai è il matriarcato a generare odio e morte.

Le violenze subite dalle donne sono punite per legge (patriarcale).
Le violenze subite dagli uomini sono previste per legge (matriarcale).




« Ultima modifica: Maggio 12, 2013, 09:33:18 am da vnd »
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Re:Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.
« Risposta #1 il: Maggio 12, 2013, 10:19:56 am »
Per fortuna ho acceso tardi e mi sono risparmiato la retorica nazi-femminista della Idem.

Non ho potuto evitare però di seguire l'intervista a Mentana e il siparietto di Gramellini.

1. Mentana




Dal minuto 14.56 fino alla fine.

Dal minuto 18:12:"C'è la gara a chi è più ribaldo, chi è più scurrile, chi è più antifemminista....".
Secondo Mentana non è lecito essere antifemministi.



Citazione

2. Gramellini


Dal minuto 09.40 alla fine.
« Ultima modifica: Maggio 12, 2013, 10:32:17 am da vnd »
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Re:Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.
« Risposta #2 il: Maggio 12, 2013, 10:45:27 am »

1. Mentana
Sull'onda delle volontà censorie della Boldrini, si lamentava per l'assenza di regole nel web e per gli insulti ricevuti facendo riferimanto all'articolo di Saviano, pubblicato, ieri, su Repubblica.



http://www.repubblica.it/politica/2013/05/11/news/diritto_social_network-58533282/
Citazione
È NATO un nuovo diritto. Il diritto ai social network. Il diritto di poter avere un account, di poter postare, leggere e commentare. In paesi come la Cina, Cuba, la Corea del Nord, l'Iran l'accesso ai social network è vincolato o persino negato. Spesso può avvenire solo in forme clandestine. I regimi che hanno represso le primavere arabe vietavano i social network che, in quel contesto, sono diventati vettori di informazioni necessarie alle proteste e simboli di una rinascita democratica.

Ma ogni diritto ha delle regole. E nessuno dovrebbe sentirsi fuori luogo nell'esercitarlo, nessuno dovrebbe essere costretto a fare lo slalom tra insulti o diffamazioni. Eppure è ciò che accade sempre più spesso. Enrico Mentana annuncia di voler andar via da Twitter per i troppi insulti ricevuti. Usa la metafora del bar. Se il bar che di solito frequenti inizia a essere luogo di ritrovo per persone che non ti piacciono, che fai resti o cambi bar? Davide Valentini, un giovane documentarista, fa una riflessione interessante. Secondo lui Twitter innesca l'effetto Gialappa's band. Molti commenti intendono portare all'attenzione dei propri follower ciò che si ritiene stupido più che interessante, e lo si fa con parole cariche di sarcasmo. L'effetto desiderato, e ottenuto, è far sentire i follower particolarmente intelligenti mentre fruiscono di un contenuto considerato basso. Quanti non hanno mai visto il "Grande fratello", ma adoravano "Mai dire Grande fratello"? Su Twitter ci si sforza di trovare la battuta brillante, spesso feroce. O il tweet è cinico o viene considerato scontato. Ciò che non è crudele, disincantato, diventa bersaglio della supponenza collettiva. Il politically uncorrect detta legge, l'aberrazione è considerata di culto, ogni provocazione  -  anche la più stupida  -  è cool perché rompe gli schemi. Una logica neocinica sembra aver preso il sopravvento su ogni cosa.

Ma questa è una degenerazione del mezzo, perché Twitter nasce per comunicare: è una piattaforma che mette in connessione chiunque con chiunque. Tutto è aperto. Puoi seguire chi vuoi, puoi leggere cosa scrive Obama, Lady Gaga o il tuo collega, quello che ha la scrivania di fronte alla tua. La capacità di poter assistere in tempo reale a ciò che accade nel quotidiano e comprendere i punti di vista degli altri, condividerne le conoscenze. Retwitti se trovi interessante una notizia e credi valga la pena sottoporla alla tua comunità. Crei dei topic, e puoi farlo chiunque tu sia. Poi ti capita di essere retwittato da chi ha centinaia di migliaia di follower e il tuo pensiero inizia a viaggiare.

Ma può anche accadere che in una piazza affollata, se si è a corto di contenuti o manca la capacità di sintesi (la regola su Twitter consiste nel mantenersi nei 140 caratteri, l'sms di un tempo), si urla per essere ascoltati. Quando il pensiero si semplifica e si riduce al grado zero, a volte c'è posto solo per l'espressione radicale o la battuta estrema. La serietà è banale, il ragionare scontato. Dunque ecco l'insulto. Chi ti insulta su Facebook non riesce a fare lo stesso, però, quando ti incontra di persona perché non ha il coraggio di mettere la faccia su uno sfogo personale che si alimenta di luoghi comuni e leggende metropolitane. Ho letto che se un post presenta un certo numero di commenti negativi, chi leggerà quel post sarà naturalmente influenzato da quei commenti. Le critiche sono sempre benvenute, gli insulti no.

Dipende da noi dargli o meno diritto di cittadinanza. Facebook e Twitter consentono di poter eliminare l'insulto, bannandolo, cioè mettendolo al bando. Fa parte delle regole del gioco. Non credo sia corretto escludere chi fa un ragionamento diverso da quello proposto, chi critica con linguaggio rispettoso è una risorsa. Ma è giusto bannare chi usa i commenti per fare propaganda, chi ripete sempre lo stesso concetto quasi a fare stalking, chi  -  ad esempio  -  dice di conservare una bottiglia di champagne da aprire il giorno della mia morte, chi dice di avermi visto a bordo di una Twingo rossa o una Panda verde a Caivano o a Maddaloni sottintendendo che non è vero che vivo sotto protezione. Agli estremisti della rete che obiettano: "ma questa è censura", rispondo che chi vuole può aprire una sua pagina per insultarmi, ha l'intero infinito web per farlo. È che in realtà l'insultatore vuole vivere della luce riflessa dell'insultato. Eppure è semplice comprendere come non ci sia nulla di più dannoso dell'insulto: nulla garantisce più sicurezza al potere, inteso nel senso più ampio, se tutto il linguaggio della critica si riduce al turpiloquio, alla cosiddetta "shit storm", alla tempesta di merda di messaggi senza contenuto rilevante.

Ecco perché la necessità di regole non può passare per censura. Comprendo che la libertà della rete non può essere strozzata da vincoli, comprendo che i vincoli possono diventare pericolosi perché pericolosa è la valutazione: cosa è legittima critica o cosa è diffamazione? Ma la gestione delle regole non è un vincolo, è funzionale al mezzo, alla sua sopravvivenza, all'interesse che gli utenti continueranno o meno a nutrire. Per questo Enrico Mentana credo si sbagli quando dice che o sei dentro o fuori e che non si banna. Bannare è decidere di dare un'impronta al proprio spazio: è esercitare un proprio diritto.

L'educazione nel web, anzi l'educazione al web, sta ancora nascendo. Scegliere di usare un linguaggio piuttosto che un altro è fondamentale. Ogni contesto ha il suo linguaggio e quello dei social network per quanto diretto non è affatto colloquiale. Si nutre della finzione di parlare in confidenza a quattro amici,  -  il che giustificherebbe ogni maldicenza, ogni cattiveria  -  ma in realtà tutto quello che si dice è moltiplicato immediatamente all'infinito, ed è quindi il più pubblico dei discorsi. Non si tratta di essere ipocriti o politicamente corretti (espressione insopportabile per esprimere invece un concetto colmo di dignità), ma di comprendere che usare un linguaggio disciplinato, non aggressivo, costruisce un modo di stare al mondo. I linguisti Edward Sapir e Benjamin Whorf hanno teorizzato la relatività linguistica secondo cui le forme del linguaggio modificano, permeano, plasmano le forme del pensiero. Il modo in cui parlo, le cose che dico, e soprattutto come le dico, le parole che uso, renderanno il mondo in cui vivo in tutto simile a quello connesso alle mie parole. Se uso (non se conosco, ma proprio se uso) cento parole, il mio mondo si ridurrà a quelle cento parole. Noi siamo ciò che diciamo. Quindi il turpiloquio, l'insulto o l'aggressività costruiscono non una società più sincera ma una società peggiore. Sicuramente una società più violenta. I commenti biliosi degli utenti di Facebook e Twitter portano solo bile e veleno nelle vite di chi scrive e di chi legge. Purtroppo questa entropia del linguaggio sta contagiando anche la comunicazione politica, sempre all'inseguimento della grande semplificazione, della chiacchiera divertente e leggera, della battuta risolutiva. Spesso parole in libertà, senza riflessione, gaffe continue alle quali bisogna porre rimedio. La verità è che se ripeti in pubblico le fesserie dette in privato non sei onesto e gli altri ipocriti, sei semplicemente maleducato e in molti casi irresponsabile.

Non è libertà  -  tantomeno libertà di stampa  -  insultare. È diffamazione. Una parte degli interpreti talmudici, paragonano la calunnia all'omicidio. E se penso a Enzo Tortora, non credo sbagliassero di molto. La democrazia è responsabilità e sono convinto che le regole e la marginalizzazione  -  non la repressione  -  della violenza e della trivialità salveranno la comunicazione sui social network. Chi vuole usare il network solo per fare bullismo mediatico potrà aprire il suo personale fight club, senza nutrirsi  -  come un parassita  -  della fama degli altri.

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Re:Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.
« Risposta #3 il: Maggio 12, 2013, 10:48:40 am »
http://www.repubblica.it/politica/2013/05/11/news/diritto_social_network-58533282/


C'è una cosa che a me, filo-ebraico ma non sionista spiace constatare.
Vorrei non doverlo far notare ma non posso fare a meno di domandarmi perché Saviano, Mentana e Zanardo (e forse anche Fazio) siano ebrei sionisti.
E' un caso? E' una caso che tutti quanti decidano di occuparsi di limitare la libertà di espressione con chiari intenti censosri miranti a zittire l'antifemminismo? E' un caso che questo avvenga simultaneamente? E che siano tutti ebrei?

Credo di sì.

O meglio... spero di sì.

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Re:Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.
« Risposta #4 il: Maggio 12, 2013, 12:07:43 pm »
repubblica e' di proprieta' di uno dei vostri.


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Re:Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.
« Risposta #5 il: Maggio 12, 2013, 13:48:43 pm »
repubblica e' di proprieta' di uno dei vostri.



Vostri nel senso di giudei?

Saviano è a Repubblica. Ok.
Fazio è alla RAI.
Zanardo è a Il Fatto...
E Mentana a La 7,,,

E' un complottino.... trasversale anche politicamente.
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Re:Che tempo che fa 11.05.2013 - Mentana e Gramellini - Misandria indotta.
« Risposta #6 il: Maggio 12, 2013, 16:33:32 pm »
no no mi riferivo a DeBenedetti.