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Intervista a R.Barnart sull'Indipendente
Warlordmaniac:
L'Indipendente: Tra gli uomini italiani che intorno alla fine degli anni Novanta, grazie alla internet, si accorgono della demoralizzazione del maschio occidentale, c’è Rino Della Vecchia, bellunese, dipendente pubblico, sposato senza figli, con un passato politico tra i cani sciolti della sinistra libertaria, da sempre osservatore a distanza del conflitto tra i sessi inaugurato dal femminismo degli anni Settanta.
Partecipe fin dagli esordi al brulichio digitale di uomini con uomini e per gli uomini, Della Vecchia ha pubblicato quest’anno Questa metà della terra, parole degli uomini del XXI secolo, prima uscita dell’editrice AltroSenso, un tomo di 410 pagine con un apparato di note filologicamente perfette. Il libro non va nelle librerie, non viene recensito, ma viene diffuso e commentato via internet. Esaurito, uscirà in prima ristampa a febbraio 2005. Rino ha smesso di rilasciare interviste a quotidiani e rotocalchi di cui non si fida, quelli che appiccicano agli uomini in lotta l’etichetta di maschilisti furiosi che vogliono il ritorno a casa delle femmine, tra biberon e fornelli. Accetta però di farsi intervistare dall’Indipendente.
Dal tuo libro si capisce che hai studiato a fondo il femminismo, che lo consideri tuttora sulla cresta dell’onda. Lo definisci una Grande Narrazione truffaldina ma capace di aver catturato, e di catturare, tutte le donne in una rete di bugie. Perché un giudizio così univoco? Sembra dare un credito al femminismo che le stesse donne non sono disposte a concedere.
Barnart:Leggo il femminismo in modo ben diverso da come esso vorrebbe, non come un movimento buono che ha commesso qualche errore ma come l'ideologia della superiorità etica femminile che ha imposto all'Occidente, nelle leggi e nei costumi, sul lavoro come in camera da letto, nella riproduzione come in ogni altro ambito, il "bene" di una sola parte. Ma la difesa dei diritti delle donne non ha nulla a che vedere con esso, come il maschilismo non ha nulla a che vedere con quelli degli uomini. Da teoria è diventato mentalità e sentimento comune e a quello teorizzante è subentrato il femminismo reale. I proclami di parità, pari dignità, equo potere sono solo una maschera, ormai trasparente, dietro la quale si vede il volto del rancore e della volontà di sopraffazione. Il femminismo è l'ideologia della donna occidentale la quale, raggiunta l'autosufficienza economica e riproduttiva, persegue la sottomissione del maschio del quale non ha più bisogno. Il suo scopo consiste nella "rieducazione" degli uomini e il suo carburante è quello di ogni altra ideologia: l'odio. Adesso, risvegliati, lo vediamo. E gli uomini come stanno? Male, molto male. Tralascio la condizione dei padri separati, lacerati e impotenti di fronte ai ricatti delle ex, la cui disperazione sempre più spesso esplode in stragi e suicidi. Sta male la generazione di mezzo, che si illudeva di trovare reciprocità nel valore e nei diritti, rispetto e ascolto e stanno anche peggio i giovani di fronte a ragazze tracotanti che conoscono un solo verbo: ricevere. Donne nelle quali è evaporata anche l'ombra dell'attitudine all'accoglienza ed ogni affidabilità nel progetto di una vita in comune e che speculano sugli ormoni maschili al punto che ormai il corteggiamento stesso è diventato una pratica umiliante. Tutto questo male sta angosciando gli adulti e disperando i giovani. Il risultato è che i maschi si vergognano di difendersi. Ma, come vedi, è giunta l'ora nella quale gli uomini incominciano a parlare, a raccontare la loro verità e a difendersi.
Hai appena detto: la difesa dei diritti delle donne non ha a che fare con il femminismo. Condivido: non amo il fatto che le donne, come tutti i gruppi sociali che si ritengono svantaggiati, non sappiano parlare d’altro che di diritti. Mi sembra che tu pensi, viceversa, ci siano dei diritti femminili da difendere. Quali?
Il diritto delle donne di difendere la loro posizione nel mondo è pieno e legittimo. Dovrebbe essere così anche per gli uomini e invece non viene riconosciuto perché l'idea da cui si parte è che essi siano privilegiati sempre e comunque e, si sa, ad un privilegiato non si riconosce il diritto di difendersi. Oltre a ciò ad ogni diritto di una parte corrisponde un dovere per l'altra. E chi oggi può permettersi di parlare di doveri femminili? Qualsiasi ipotesi in tal senso viene subito liquidata come "nuova violenza". Ma non vi saranno mai diritti per gli uomini finché non nasceranno doveri per le donne. E' scandaloso dirlo ma è così.
Un punto cruciale nel tuo libro, e nella società, è quello della legge sull’aborto. Scrivi: un uomo disposto ad assumersi la responsabilità materiale e morale di un proprio figlio, non riesce neanche a immaginare un’istanza a cui rivolgersi per far valere il suo diritto a diventare padre, nel caso la madre si opponga alla proposta di portare avanti la gravidanza e a consegnare al padre il neonato. Non ho nulla da eccepire se uomo e una donna con idee divergenti sulle sorti del frutto di un concepimento trovano una soluzione che eviti un aborto. Né obbietto alla pratica degli uteri in affitto. Ma ti chiedo: fino a che punto vorresti che un’istanza pubblica difendesse il diritto alla paternità? Fino a obbligare alla maternità una partner recalcitrante?
Non è questione di aborto sì/aborto no. L'aborto di fatto esiste ed è uno dei mezzi con cui la donna disconosce la maternità. Al tempo stesso essa ha anche il diritto di imporre al partner la paternità, questi sono i suoi diritti riproduttivi: gli uomini non hanno né l'uno né l'altro A questa disparità radicale sulla scelta decisiva deve essere posto termine. Quanto alla legge (lo Stato), o garantisce entrambi o non deve farlo per nessuno dei due. Quindi, disconoscimento e rivendicazione di paternità a discrezione del maschio. Quel che vale per la femmina.
Convieni con il fatto che finché non c’erano i test del DNA, che consentono di risalire con certezza alla paternità, gli uomini non avevano bisogno di diritti riproduttivi perché avevano qualcosa di ben più importante: la facoltà di ingravidare le donne: mater certa pater incertum est.
Vero, ma oggi vale il contrario. La donna può scegliere in ogni momento, l'uomo neppure se è stato ingannato. Non è un'opinione, è un fatto: le donne impongono agli uomini quel che rifiutano per se stesse, il subire la volontà altrui. Quella dei diritti riproduttivi è la cartina al tornasole del diverso potere che i due oggi hanno nel determinare la propria vita e del loro diverso valore nel sistema simbolico. L'azzeramento della volontà del maschio in quell'ambito scardina alla radice ogni equilibrio e sigilla la sua condizione di subalternità. Questo stato di cose deriva dal crollo morale maschile di fronte all'offensiva femminista. Una vera e propria bancarotta.
Quindi vuoi che venga codificato un dovere di maternità, sia pure solo in certi casi?
E' la semplice equità che lo esige ed è un diritto cui i maschi potranno anche rinunciare se e quando altri diritti e diverse facoltà in altri campi compenseranno quella perdita. Il primo diritto maschile consiste invece nella possibilità di disconoscere la paternità, di rifiutare il figlio non voluto. Un diritto simmetrico all'aborto. La fisiologia della riproduzione non può più essere un pretesto per violare la volontà maschile. Non ci sono alternative: o si aboliscono i diritti riproduttivi femminili (ipotesi improponibile) o si istituiscono quelli maschili. Ma la questione dei diritti viene dopo. Prima si deve ricostituire il prestigio e il valore degli uomini. Bisogna porre fine alla loro colpevolizzazione, al disprezzo, alla derisione delle loro qualità. Chiudere la campagna della pulizia etica antimaschile. Senza la rinascita nel valore non si ottiene nulla. La forza morale è la pianta, i diritti ne sono solo i frutti.
madjakk:
Ma è una trascrizione o è preso da un articolo pubblicato su internet? Ero curioso di leggere eventuali commenti :-)
ironmauro2:
FIN QUANDO CI SARANNO GIORNALISTI FOTOGRAFI REGISTI CHE SI VOGLIONO AUTODISTRUGGERE O CHE SONO OMOSESSUALI E QUINDI NON INTERESSA X NULLA LA FIGURA MASCHILE/PATERNA I MASS MEDIA CI DIPINGERANNO SEMPRE NEGATIVAMENTE. QUANDO UN PADRE NON RICONOSCE UN FIGLIO E' UN BASTARDO IRRESPONSABILE E VILE, QUANDO LA DONNA ABORTISCE E' UNA VITTORIA SOCIALE....
Federico72:
Ciao IronMauro, sono d'accordo con quello che dici.
Una delle chiavi di volta della faccenda e' l'industria mediatica: giornalisti, attorucoli, registi, presentatori TV, cantanti... tutti questi finti maschi, questi maschietti pentiti (tranne poche lodevoli eccezioni) sono il nostro peggior nemico. Fiutano la possibilita' di fare carriera facendosi zerbini delle femmin(az)iste e moltiplicano la grancassa mediatica anti-maschile.
D'altronde, le donne in Occidente non riuscirebbero mai a imporre una linea anti-uomo senza l'aiuto di uomini potenti devirilizzati.
Quindi dobbiamo, secondo me, essere bravi a de-codificare il linguaggio della rinuncia e del servilismo, spiegarlo ai giovani uomini, denunciarlo in modo anche scandaloso.
A presto,
F
ironmauro2:
contano più i soldi che i valori e le femmine sono altrettanto avide del metallo giallo se non di più.
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