le Femen hanno protezioni istituzionali alle spalle, non si spiega altrimenti che nessuna di loro sia in galera al momento salvo la pazza in tunisia.
Senz'altro, però il loro comportamento produce nella gente l'effetto contrario. Il loro scopo non è tanto convincere di dottrine femministe -cosa ormai impossibile- ma creare con l'irrisione un clima dove il sacro, non solo cattolico, sia neutralizzato e inoperante; ed infatti hanno eletto domicilio a Notre Dame, di sicuro il posto meno adatto a diffondere la vulgata femminista stile ’68.
Il messaggio femminista però, oggi rifiutato a livello razionale come ex-modernità che non vuol passare, sceglie altre vie dove il senso critico è meno vigile: l'uomo, il maschio, è una figura
simbolica (laddove la femmina è in primis biologica), in altre parole il maschio può sussistere ed è credibile solo come essere radicato in un
sacrum, che è quello che happening come quelli delle escort -che in questo dimostrano sicuramente lucidità- cercano di demolire.
Il ruolo femminile è ancorato al dato biologico, mentre quello maschile a quello cosmologico, alle leggi, ai riti, alla trasmissione di una tradizione (vale a dire di un’intelligibilità del mondo) e all’agire in esso.
Se si annulla (o irride come le Femen) questo fattore in nome di un malinteso razionalismo o edonismo, e si cerca di promuovere valori maschili a partire dal dato biologico si fa, lo si sappia o no, del femminismo
en cachette: la femmina è
biologicamente superiore al maschio, il cui legame con essa infatti, da un punto di vista strettamente
biologico è debole. Non sorprende quindi che nell’assenza di un sacrum, di una visione del mondo condivisa sulla quale radicare il matrimonio, emergano le situazioni di cui discutiamo qui ogni giorno.
Il materialismo crasso, il consumismo, non possono che essere anti-maschili, perché portano necessariamente con sé un elemento femmineo che però, essendo imposto in chiave non-naturale e non-umana, non ammette complementarietà.
Il femminile è legato all’emotivo, allo ctonio, al mutevole; le immagini effimere della pubblicità che fanno leva sulle emozioni –e negano la necessità e il piacere di capire- ne sono la moderna celebrazione in chiave tecnologica.
Però la cultura mediatica, lungi dall’integrare il maschile col femminile, che abbisogna di un fattore che gli dia ‘forma’, che lo regoli rendendolo ‘fecondo’, portatore di vita e non di caos, lo bandisce (e chi può negare che l’edonismo infantile mediatico non sia improntato alla sterilità?) Il maschile è visto come fattore razionale di disturbo, essendo antidoto a tutto ciò che è balordamente emotivo, passeggero (l'obsolescenza pianificata di uomini e cose) e pura sensazione.
L’uomo si trova così a muoversi in un vacuum antropologico, ignorando quale sia la causa della sua mancanza di identità sociale, della sua obliterazione come essere umano maschio, e magari cercando di promuovere il maschile in chiave materiale e politicamente corretta, contribuendo così ad alimentare il vuoto che lo circonda.
È questa la radice vera del femminismo, la sua dinamica profonda, che foggia le nostre coscienze.
Nota a margine: se siamo così laici, perché mandiamo in onda horror e magia a fiumi il sabato sera e (a Natale e Pasqua un po’ meno) alla vigilia delle feste?