un articolo contro il femminicidio, scritto da un esperto avvocato
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mercoledì 22 maggio 2013
di Mauro Mellini
Un pugno di giornalisti grossolani ed un po’ ignoranti, qualche politicastro da strapazzo e qualche filologo in cerca di trastullo o, magari di fortuna mediatica, ha inventato in questi giorni un neologismo orrendo: “femminicidio”.
Orrendo non tanto dal punto di vista squisitamente filologico (ammesso che così possa essere) ma per il pensiero (o la parodia di un pensiero) che tale espressione sottende.
L’omicidio è sempre cosa orrenda. Vi sono omicidi più orrendi di altri (tanto che i codici prevedono aggravanti). L’omicidio di donne, è, in genere, ancor più orrendo ed odioso di altri. Quelli determinati dallo spirito di violenza che si scatena nell’ambito di rapporti amorosi, famigliari, per furori di aggressività sessuale, sono certamente tra i più odiosi, come lo sono quelli consumati profittando della debolezza per età, sesso etc. La frequenza di tali delitti è certo assai estesa, odiosa ed allarmante.
Ma fare dell’omicidio di donne, di “femmine”, un reato di “genere” diverso da quello dell’omicidio di “maschi” è cosa ancor più mostruosa, forse, del fenomeno rappresentato dai misfatti che tale assurda denominazione dovrebbe rappresentare.
Che ne direste se qualcuno parlasse di “negricidio”? Se sentissi la parola “ebreicidio”, penserei subito che ad usarla sia stato un gerarca nazista.
Questa pretesa di introdurre, nientemeno, “l’assassinio di genere”, in realtà disumanizza la vittima ed, al contempo, toglie all’atto del colpevole parte del significato orrendo, di offesA ed apprensione di tutta l’umanità. Il “femminicida” lo si può punire con qualsiasi pena (speriamo che nessuno voglia reintrodurre per lui la pena di morte) ma, in qualche modo e misura lo si sottrae alla condanna che pena su Caino (che non era un maschicida!), per offesa e degrado di tutta l’umanità.
E poi si consenta ad un vecchio leguleio, inguaribilmente portato ad aggressioni satiriche anche quando è tutt’altro che in vena di scherzi ed, anzi, anche quando sente il peso della tristezza di certe situazioni, di porre degli interrogativi. Se una donna uccide un’altra donna (non riesco ad usare il termine “femmina”) magari proprio per gelosia, come fanno certi uomini (maschi) nei confronti delle “loro” donne o delle “loro” ex, sarebbe eugualmente femminicidio o, invece, sarebbe un “comune” (!!!) omicidio, malgrado ambedue i protagonisti, l’attivo ed il passivo siano donne (femmine)?
Un’altra notazione: l’uso della parola “femminicidio” ed il concetto di una diversità dell’”assassinio di genere” (che esigerebbe poi, per evitare le discriminazioni, che se ne inventi pure uno per l’assassinio degli omosessuali) solo il naturale, cioè innaturale e mostruoso sviluppo del concetto di “voto di genere” (uno per un candidato uomo ed uno per un candidato donna) introdotto in Sicilia dal rinnovato Parlamento siciliano.
Se qualcuno ritiene che questo accostamento sia la prova che anche la mia repulsione ed il mio errore siano il frutto della mia ristrettezza mentale e della mia incapacità di adeguarmi al “nuovo che avanza”, faccia pure. Io, malgrado qualche vago impulso, che confesso di avere inteso in tal senso, non arriverò mai e poi mai a concepire né il neologismo, né un’idea di “imbecillicidio”. Anche perché effettivamente distinguibile dall’omicidio è la strage, che vi sarebbe necessariamente connessa e che già l’Umanità ne ha conosciute tante ed indicibilmente orrende.