I comunisti a Porzus uccisero i partigiani a Porzus. Come la scrivi tu sembra un'abitudine.
L'accusa fu che i partigiani avevano accettato di combattere a fianco dei repubblichini contro gli iugoslavi.
La guerra ha avuto migliaia di sfaccettature. Il comportamento dei combattenti fu diverso nelle varie aree geografiche. Perché figlio della cultura del luogo.
In Piemonte i comunisti delle Brigate Garibaldi avevano preti cappellani.
Non possiamo farci nulla.
Poi, è ovvio... Oggi sappiamo che il comunismo fu attuato in modo criminale. Non serve che tu mi porti le prove di questo.
E, oggi, lo saprebbe anche mio nonno. Ma ai tempi, naturalmente, non poteva.
Quello che non è cambiato per nulla, sono le ingiustizie sociali che hanno portato al comunismo.
Se non eliminiamo quelle, il comunismo potrebbe tornare con un altro nome.
Lasciamo la parola a Wikipedia...
fonte :
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dei_preti_uccisi_dai_partigianiStoria dei preti uccisi dai partigiani
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Storia dei preti uccisi dai partigiani
Autore
Roberto Beretta
1ª ed. originale
2005
Genere
saggio
Sottogenere
storico
Lingua originale
italiano
Il libro Storia dei preti uccisi dai partigiani è una ricostruzione[1] di 129 omicidi avvenuti tra il 1944 ed il 1947 e che si possono storicamente inquadrare nella cosiddetta strage dei preti.
L'autore Roberto Beretta è un giornalista di Avvenire specializzato in temi religiosi; in questo libro riprende e amplia una lunga serie di articoli da lui pubblicati sul quotidiano.
Secondo i documenti e le testimonianze trovate dall'autore nel periodo indicato furono uccisi, prevalentemente in Istria ed Emilia-Romagna, 129 sacerdoti da parte di estremisti comunisti a seguito degli eccessi ideologici della Resistenza. Solo una ristretta minoranza erano simpatizzanti del regime fascista, pertanto l'autore ritiene che i motivi per cui furono ammazzati fossero altri.[2]
L'autore si domanda se queste uccisioni fossero state - in tutto o in parte - frutto di un disegno ordinato. Vengono peraltro ricondotte ai veri colpevoli, i nazifascisti, alcune uccisioni di sacerdoti (al di fuori dei 129 suddetti) finora attribuite ai partigiani.
Indice
[nascondi] 1 La strage e i tentativi di far luce
2 Capitoli del libro
3 Edizioni
4 Note
5 Voci correlate
La strage e i tentativi di far luce [modifica]
La zona d'Italia dove le vittime furono più numerose fu denominata "Il triangolo della morte", con vertici a Bologna, Modena e Reggio Emilia.
È del 1976, in anni ormai lontani dai fatti, una ricerca di don Mino Martelli, pubblicata col titolo: "Una guerra e due resistenze", Edizioni Paoline 1976.
Il libro è anche un atto d'accusa nei confronti dei molti responsabili del lungo silenzio su questi fatti.
fonte :
http://it.wikipedia.org/wiki/Uccisione_di_ecclesiastici_in_Italia_nel_secondo_dopoguerraUccisione di ecclesiastici in Italia nel secondo dopoguerra
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Durante il biennio immediatamente successivo alla cessazione delle ostilità del secondo conflitto mondiale in Italia, tra le numerose uccisioni che videro coinvolte (come attori o vittime) nel centro-nord del Paese persone di differenti (e avversi) schieramenti ideologici, vi furono alcuni episodi delittuosi le cui vittime appartenevano al clero cattolico. Il sacerdote e storico imolese Mino Martelli ha calcolato in 110 il numero complessivo di delitti.
Indice
[nascondi] 1 Quadro politico
2 Le uccisioni 2.1 Emilia
2.2 Romagna
2.3 Ex territori italiani
3 Pubblicità dei fatti
4 Note
5 Bibliografia
6 Filmografia
7 Voci correlate
Quadro politico [modifica]
Dando seguito agli accordi della conferenza di Jalta tra le maggiori potenze alleate, alla fine della seconda guerra mondiale l'Italia si avviava ad entrare nella zona di influenza anglo-americana. Un serrato confronto politico era tuttavia in atto tra le principali forze che durante la Resistenza avevano fatto parte del Comitato di Liberazione Nazionale: il partito di ispirazione cattolica Democrazia Cristiana, vicina alle posizioni angloamericane, e quelli di matrice socialista e comunista, vicini a quelle dell'Unione Sovietica.
Per tale motivo numerosi sacerdoti, essendo l'espressione più immediatamente riconoscibile sul territorio della gerarchia ecclesiastica, la quale sosteneva la Democrazia Cristiana, furono spesso visti come avversari o nemici, indipendentemente dal loro attivismo politico recente (campagna attiva per la DC) o passato (fiancheggiamento del disciolto regime fascista), o meno.[senza fonte]
Le uccisioni [modifica]
Le uccisioni avvennero nel centro-nord Italia, con particolare preminenza in Emilia-Romagna. Per il perimetro compreso tra le zone di Bologna, Modena e Reggio Emilia fu coniato il termine di «Triangolo della morte», vista la concentrazione di omicidi (non tutti e non solo di sacerdoti, comunque) in quell'ambito territoriale.
Per approfondire, vedi Triangolo della morte (Emilia).
Riguardo alle morti dei sacerdoti, nell'immediato dopoguerra una prima e incompleta[1] ricognizione del fenomeno venne realizzata da Luciano Bergonzoni e Cleto Patelli, che trattarono l'argomento in una sezione della loro opera Preti nella tormenta; per i due autori, i sacerdoti uccisi furono «martirizzati». Più organico e sistematico fu l'approccio di Lorenzo Bedeschi negli anni cinquanta: dai risultati della sua analisi, pubblicati nel volume L'Emilia ammazza i preti, emerse che 52 ecclesiastici (definiti «martiri» anche in questo testo) furono uccisi nella fascia di territorio che va «da Rimini a Piacenza, da Modigliana a Guastalla». Più di recente il giornalista e scrittore Roberto Beretta, collaboratore del quotidiano cattolico Avvenire, nella sua Storia dei preti uccisi dai partigiani ritenne di aver individuato un denominatore comune a tali episodi e chiamò quella serie di uccisioni «strage dei preti».
Tra i casi che più ebbero e in qualche misura tuttora hanno rilevanza si possono ricordare:
Emilia [modifica]
Rolando Rivi, seminarista di 14 anni ucciso a Monchio (frazione di Palagano, MO): morì alcuni giorni prima della fine della guerra. Venne rapito dai partigiani il 10 aprile 1945 e percosso: gli fu ordinato di sputare sul crocefisso e di togliersi la tonaca; al suo rifiuto gliela strapparono di dosso, ne fecero un pallone e ci giocarono a calcio[2]; la Chiesa cattolica ne avviò per tali fatti il processo di beatificazione[2].
Carlo Terenziani, 45 anni, già cappellano della Milizia e della Gioventù del Littorio. Accusato dai partigiani di essere stato coinvolto nel rastrellamento nazista di Ventoso (frazione di Scandiano, RE) del 28 luglio 1944, avvenuto in pieno regime repubblichino, subì due tentativi di sequestro prima di essere trasferito dal suo vescovo a Reggio Emilia. Lì, il 29 aprile 1945, quattro giorni dopo la Liberazione, fu rapito da tre persone e caricato su un camion. Al sequestro assistette anche un giovane Romano Prodi (nativo di Scandiano), che ricordò la circostanza durante un'intervista concessa a Bruno Vespa nel 2005. Terenziani fu condotto dapprima nella sua parrocchia e accusato di essere un collaborazionista dei nazisti, poi condotto in strada legato ed esposto al pubblico dileggio e infine, quella sera stessa, fucilato vicino al muro della chiesa parrocchiale[3]. Ancora nel 2005 i consiglieri comunali di Scandiano respinsero la proposta, presentata da un loro collega del Polo per Scandiano di posare una lapide in ricordo del sacerdote. Tra le motivazioni contrarie addotte, vi fu quella che l'atto non deve essere considerato omicidio, ma esecuzione decretata da quelli che all'epoca erano legittimi e riconosciuti organismi giudicanti[4].
Domenico Gianni, Bologna, assassinato il 24 aprile 1945
Enrico Donati, Lorenzatico, frazione di San Giovanni in Persiceto (Bologna), ucciso il 13 maggio 1945
Giuseppe Preci, Montalto di Zocca (Modena), assassinato il 24 maggio 1945
Giuseppe Tarozzi era parroco di Riolo, frazione di Castelfranco Emilia (Modena). Il 25 maggio 1945 due uomini presentatisi come membri della Polizia partigiana lo portarono via nella notte. La salma non fu mai ritrovata.[5]
Giovanni Guicciardi, Mocogno, Modena, assassinato il 10 giugno 1945
Raffaele Bortolini, Dosso, frazione di Sant'Agostino, ucciso il 20 giugno 1945
Giuseppe Rasori, San Martino di Casola, frazione di Monte San Pietro (Bologna), assassinato il 2 luglio 1945
Luigi Lenzini, Crocette, frazione di Pavullo nel Frignano (Modena), ucciso il 21 luglio 1945
Achille Filippi, Maiola, frazione di Castello di Serravalle (Bologna), assassinato il 25 luglio 1945
Alfonso Reggiani, parroco di Amola di Piano, assassinato il 5 dicembre 1945.
Francesco Venturelli, Fossoli, frazione di Carpi, assassinato il 16 gennaio 1946
Umberto Pessina, parroco di San Martino di Correggio (RE), ucciso il 18 giugno 1946. Nel 1998 fu realizzato un film-documentario sul fatto.
Romagna [modifica]
Tiso Galletti, 46 anni, parroco di Spazzate-Sassatelli (frazione di Imola, BO). Don Galletti nelle sue prediche aveva manifestato contrarietà al comunismo ateo e alle vendette che avevano accompagnato la Liberazione[6]. Venne ucciso il 18 maggio 1945 a colpi di pistola da un commando di partigiani, mentre si trovava seduto davanti alla porta della canonica. Arrivarono due giovani in motocicletta, uno rimase sulla moto, l'altro scese e gli chiese se era lui il parroco. Alla risposta affermativa il giovane estrasse una pistola e lo uccise. Successivamente il giovane risalì sulla moto, i due ripartirono. Allo stesso modo furono uccise altre tre persone della parrocchia nella stessa sera. Dopo l'assassinio il cadavere del presbitero rimase sulla piazza fino al giorno seguente; un partigiano piantonò l'area per controllare che nessuno venisse a rendere omaggio alla salma. Ai funerali non si presentò nessuno [7]. La banda venne presa e si ebbe il processo, a carico del capo del commando [8]. Fu condannato a 16 anni di carcere (aumentati a 18 in appello), ma per effetto dell'amnistia non scontò un solo giorno di prigione.
Giuseppe Galassi di 55 anni, parroco di San Lorenzo (frazione di Lugo, RA). Il 31 maggio 1945 alla fine di una funzione religiosa, fu avvicinato da due persone che lo portarono con sé. Fu ritrovato dopo alcuni giorni, in un fosso, ucciso da colpi d'arma da fuoco.
Teobaldo Daporto era parroco di Casalfiumanese. Il 10 settembre 1945, all'età di 40 anni, fu assassinato da un suo conoscente, un contadino, probabilmente sobillato dai comizi anticlericali che si diffondevano in quel periodo [9]. Il processo non si tenne poiché l'assassino, una volta tradotto in carcere, si suicidò.
Ex territori italiani [modifica]
Per quanto riguarda invece i territori sotto sovranità italiana successivamente passati alla Jugoslavia con l'accordo di Parigi del 10 febbraio 1947, vi è almeno un caso documentato di sacerdote ucciso nel periodo 1945-1947: Francesco Bonifacio, di 34 anni, sequestrato nei pressi di Villa Gardossi (Buie d'Istria) da alcune “guardie popolari”, picchiato, lapidato e finito con due coltellate, e successivamente infoibato[10]. Bonifacio fu beatificato dalla Chiesa cattolica il 4 ottobre 2008 a Trieste in quanto ritenuto ucciso in odium fidei.
Pubblicità dei fatti [modifica]
Già nei primi anni cinquanta, sulla scia dei fatti delittuosi, il vescovo di Reggio Emilia, Beniamino Socche, a capo di un comitato appositamente istituito, tentò di ottenere l'autorizzazione a erigere un monumento al cosiddetto «prete ignoto», ma la sua iniziativa non ebbe successo[11].
Nella primavera del 1990 i familiari superstiti di alcune delle vittime delle quali non fu mai ritrovato il corpo pubblicarono una lettera aperta, chiedendo quantomeno indicazioni per rintracciare le spoglie e dar loro sepoltura. Alcuni mesi dopo, il 29 agosto, fu pubblicata sul quotidiano bolognese Il Resto del Carlino una lettera del parlamentare comunista ed ex-partigiano Otello Montanari[12], inviata anche all'Unità, non fu tuttavia da quest'ultimo pubblicata. Nella lettera Montanari premise che bisognava distinguere tra "omicidi politici", ovvero commessi in ragione del ruolo esercitato dalla persona uccisa, ed "esecuzioni sommarie", ovvero uccisione indiscriminata di avversari politici e oppositori, e invitò chiunque sapesse come ritrovare le spoglie delle persone uccise (aggiungendo: «Io non lo so») a dare le necessarie informazioni. Dopo la pubblicazione di tale lettera Montanari ebbe gravi difficoltà nel partito, all'interno del quale fu aspramente contestato[13], fu inoltre escluso dal Comitato Provinciale dell'ANPI, dalla Presidenza dell'Istituto Cervi e dalla Commissione regionale di controllo[12].
I coniugi Elena Aga-Rossi (docente universitaria di Storia contemporanea) e Victor Zaslavsky (esperto di storia dei rapporti italo-sovietici), dopo l'apertura degli archivi di Stato dell'ex-URSS, ebbero lo spunto per una nuova analisi di tali avvenimenti alla luce dei rapporti del PCUS con i suoi partiti fratelli (ivi incluso, quindi, il PCI). La tesi dei due studiosi, esposta anche in un'intervista allo stesso Roberto Beretta dalle colonne di Avvenire[14], è che il PCI all'epoca, se non proprio favorirla, quantomeno tollerò e coprì la soppressione di esponenti di categorie (borghesi, sacerdoti, possidenti) che in un'ottica di breve-medio periodo potessero costituire un impedimento materiale e culturale-ideologico all'espansione comunista, aggiungendo tuttavia che, a loro avviso, in molte zone d'Italia ciò sarebbe stato controproducente perché, benché a livello locale vi fu un successo elettorale, lo stesso non accadde a livello nazionale[14]. Infine, per quanto riguarda le cause della debolezza, quando non del silenzio, da parte cattolica nel denunciare tali fatti, Aga-Rossi e Zaslavsky ipotizzano che il clero temette di vedersi rinfacciata una qualsivoglia forma di adesione al passato regime fascista, sebbene tale aspetto della questione sia ancora lungi dall'essere storicamente indagato a fondo[14].
Note [modifica]
1.^ Né poteva essere diversamente, essendo stata pubblicata già nel 1946.
2.^ a b Pierangelo Maurizio, Rivi, il prete massacrato dai partigiani, il Giornale, 8 1 2006. URL consultato in data 7/7/2008.
3.^ L. Bedeschi, «Denudato sull'aia», op. cit.
4.^ Consiglio comunale del 29/11/2005 - Argomenti all'Ordine del Giorno. URL consultato in data 20/5/2009.
5.^ Giampaolo Pansa, Il sangue di vinti, pag 300
6.^ Massimo Caprara, segretario personale di Palmiro Togliatti, scrisse che il capo del PCI era informato. Gianfranco Stella, I lunghi mesi del '45 in Emilia e Romagna, vol.un., Ed L'Editoriale srl-Bologna, dicembre 2005-pagg.237-238, 14-15
7.^ L. Bedeschi, «Don Tiso Galletti», op. cit. - citato in
www.mascellaro.info/abes/leaip/leaip_05.php.
8.^ don Tiso Galletti.
9.^ Mino Martelli, Una guerra e due resistenze. Ed. Il Cerchio, pag. 209.
10.^ Cinquanta sacerdoti tra le vittime delle foibe, Agenzia Zenit, 12 2 2006. URL consultato in data 25/8/2008.
11.^ Roberto Beretta. «Stragi partigiane: il triangolo dei preti». Avvenire, 20/1/2004 (citato in
www.mascellaro.it (consultato in data 7/7/2008).
12.^ a b il Resto del Carlino, 29 agosto 1990, citato in
www.democraticicristiani.it/documenti/fanin_1.html (consultato in data 7/7/2008).
13.^ Costantino Muscau, Triangolo della morte, i DS chiariscano tutto, Corriere della Sera, 10 5 2005. URL consultato in data 19-5-2009.
14.^ a b c Roberto Beretta. «Le ulteriori responsabilità di Togliatti», in Avvenire, 27/2/2004. Citato in spaziostudenti.it (consultato in data 10/7/2008)
Il comunismo non è stato attuato in maniera criminale . Il comunismo è esso stesso un'ideologia criminale e totalitaria , che è cosa ben diversa .