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Marchismo o Marxismo? de Fabrizio Marchi teoretica

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COSMOS1:
Ci sarà qualche motivo per cui Marchi zoppica, o no?
Riporto qui un suo intervento su facebook, che fa acqua da tante parti e forse può chiarire perchè si sia ingolfato con la sua iniziativa dei maschi beta

--- Citazione ---
 Questa di seguito è una mia risposta ad alcuni amici nel gruppo “chiuso” sul “femminicido” meritoriamente creato da Marcello Mazzola e in particolare a quest’ultimo post di un amico (di cui non faccio il nome perché la scelta di rendere pubblica questa mia risposta è mia personale) che riporto testualmente:” “Non sono un esperto di metodo storico marxista, ma ti assicuro che ci sono storici professionisti non marxisti che hanno visto qualche continuità tra il Mussolini rivoluzionario e il Mussolini uomo di regime. Tu dirai, “ovvio, ma l’essenziale del fascismo è agli antipodi del comunismo”.
 Secondo me trovare l’essenziale di un’ideologia politica è faccenda assai complessa, forse dipende da che lato la si guarda.
 Allo stesso modo dire che il femminismo non ha nulla a che fare con il filone di pensiero a cui si può ascrivere anche Marx e i suoi seguaci richiede un punto di vista sofisticato.
 Comunque la si pensi, che il femminismo della guerra dei sessi sia una creatura della borghesia liberale per ingannare i lavoratori o una filiazione indiretta delle ideologie rivoluzionarie, ai fini pratici cambia poco, come tutte le esagerazioni ideologiche è solo una falsificazione della realtà, e su questo penso che possiamo concordare”.
 Ho ritenuto, forse immodestamente, di rendere pubblica la mia risposta, perché credo che contenga degli elementi di riflessione comune, al fine di una corretta analisi e comprensione del fenomeno “neofemminista” o “guerrasessista” (nuovo termine coniato da Ettore che mi sembra, fra tutti quelli che abbiamo fino ad ora escogitato, il più efficace…) . Eccola, di seguito:
 “Bene, mi pare che, pur restando molto distanti con alcuni, il dibattito si stia però “affinando”.
 Vado per punti e comincio con Paolo:
 Infatti, ciò che affermi è in parte proprio quello che sostenevo io. Non c’è alcun dubbio, restando all’esempio che sia tu che io abbiamo portato, libro  “Mussolini il rivoluzionario”) affondi le sue radici anche nel pensiero e nella prassi socialista ma soprattutto anarco-insurrezionalista. Esattamente quello che dicevo io (infatti stimo molto De Felice che era uno storico estremamente lucido e analitico, proprio come dovrebbe essere uno storico). Ma questa non è affatto una contraddizione e conferma proprio il concetto che sostengo io. De Felice fu criticato all’epoca dal solito coro belante e politicamente corretto istituzionale e accademico che non poteva tollerare che qualcuno dicesse che c’era una continuità tra l’esperienza socialista e il fascismo, perché ovviamente si doveva marcare una discontinuità totale e assoluta tra le due esperienze per ovvie ragioni politiche.
 Ma noi siamo (dovremmo essere) liberi da queste liturgie e possiamo osservare la realtà con lucidità. Ma proprio per questo, così come sarebbe sciocco negare che il fascismo ha in qualche modo un legame (anche) con le esperienze socialiste e anarco-insurrezionaliste precedenti, sarebbe altrettanto sciocco (e falso) ridurlo solo a quelle o addirittura considerarlo una loro filiazione. Per la semplice ragione che il fascismo è andato ben oltre quelle esperienze, sia dal punto di vista politico che da quello ideologico, abbandonando fino a stravolgere completamente sia l’ideologia socialista che quella anarchica. Non credo che ci sia necessità di spiegare le differenze ma in pochissime parole si può dire che il socialismo si fonda sul principio di eguaglianza fra gli individui al contrario del fascismo che si fonda sul principio esattamente contrario (ed è quindi antidemocratico per definizione). Il socialismo nasce come un’ideologia e un movimento di classe mentre il fascismo è un’ideologia fondata sull’interclassismo (il corporativismo è la concretizzazione economica e politica della concezione interclassista del fascismo). Il socialismo, per ovvie ragioni, essendo un movimento di classe, è necessariamente internazionalista, mentre il fascismo è ideologicamente nazionalista né potrebbe essere altrimenti. E lo è non solo da un punto di vista politico ma anche e soprattutto da un punto di vista culturale e ideologico. Razza (appartenenza di), etnia, sangue, terra (territorio di appartenenza) , patria, sono naturalmente i capisaldi ideologici del fascismo. Esattamente il contrario del socialismo che considera l’elemento dell’appartenenza di sangue o di razza come del tutto indifferente e/inesistente se non una vera e propria una aberrazione, così come, in quanto ideologia di classe, non può avere nel suo codice genetico il concetto di patria, perché interpretando il mondo e la realtà come lo scontro tra classi sfruttate e classi sfruttatrici, è ovvio che non può che considerare il concetto di “patria” come una truffa, uno degli strumenti per depistare a abbindolare le masse con dei falsi miti.
 Naturalmente, oggi che il mondo è stato da tempo globalizzato dal capitalismo, il concetto di difesa della comunità, e quindi anche delle tradizioni, degli usi, dei costumi e del territorio di un popolo (sia pur con il permanere delle contraddizioni di classe) , assume una valenza diversa rispetto al passato. Ma proprio questo ci conferma come la realtà cambi, sia in continuo divenire e quindi il nostro approccio interpretativo debba riuscire ad entrare in una relazione dialettica con la realtà stessa. (da questo punto di vista mi fermo perché altrimenti bisognerebbe aprire un’altra riflessione estremamente complessa)   
 Tutto questo discorso appunto per confermare ciò che dicevo prima. E cioè che non ha senso approcciare al fenomeno femministico con una griglia ideologica ferma nel tempo (in questo caso quella tradizionalista di destra che sostiene l’equazione,come scriveva quell’amica di cui non ricordo il nome, sinistra-marxismo=femminismo=femminicidio). Non esito a definire questa interpretazione, o meglio questa semplificazione storica, politica e soprattutto concettuale, come ridicola (mi scuso sempre per l’estrema franchezza ma se non lo siamo qui fra di noi, questo dibattito non serve veramente a nulla).
 Il femminismo, e non a caso ci stiamo sforzando da tempo di trovargli una nuova definizione (e qui arrivo al punto sollevato da Ettore che personalmente, anche se lui non lo sapeva, ho sollevato da molto tempo, senza però riuscire a trovare una definizione adeguata; alla fine di un lungo dibattito abbiamo escogitato “neofemminismo” ma è evidente che è debole …) è un fenomeno ideologico, storico e politico che va analizzato per come si è storicamente e concretamente determinato e materializzato, e per quello che nella sostanza rappresenta (torniamo all’esempio del fascismo, delle sue origini, della sua genesi e della sua successiva evoluzione, che mi sembra un esempio pregnante e significativo…).
 Non c’è dubbio quindi che il femminismo, da un punto di vista ideologico, abbia anche quelle origini, cioè la sinistra post comunista e post movimento operaio ma in parte, se vogliamo, anche in alcuni aspetti, a mio parere più metodologici che contenutistici, del marxismo. Così come non c’è altrettanto dubbio che da un punto di vista sia ideologico che storico-politico (che è l’aspetto a cui attribuisco maggior importanza) il femminismo abbia origini (penso soprattutto agli USA) in una cultura “borghese”, “liberal”, “anglosaxon” (uso questo termine non casualmente) , interclassista,  profondamente antisocialista e anticomunista il cui obiettivo strategico era ed è proprio quello di spostare completamente l’asse politico e culturale dal conflitto di classe (cioè il nemico pubblico numero uno del capitalismo che vorrebbe negare il concetto di conflitto di classe per far passare l’idea di una società di “individui” liberi, e liberi di muoversi in uno spazio concettuale e pratico “libero” …), al conflitto fra i sessi.
 Il femminismo è stato formidabile (per il capitale) da questo punto di vista, proprio perché, partendo da presupposti di “sinistra” (eguaglianza, diritti, libertà ecc.) ha spostato clamorosamente l’asse della questione, contribuendo in modo fondamentale ad indebolire proprio quel concetto di classe a cui il sistema capitalistico da sempre lavora. 
 Un’operazione di produzione di “falsa coscienza” assolutamente geniale. Si combatte cioè il nemico di classe (cioè i lavoratori, i ceti sociali subordinati, ecc.) con le sue stesse armi ideologiche e politiche e si frantuma il suo fronte attraverso un’operazione estremamente sofisticata.
 Non vorrei apparire presuntuoso ma siamo in pochi ad aver centrato questo aspetto. La stragrande maggioranza delle persone, sia a sinistra che a destra, per ragioni diverse, non ha capito nulla di questo processo perché non lo ha saputo interpretare, appunto perché prigioniera di schemi ideologici, sia a sinistra che a destra.
 In qualche modo tutti sono caduti nell’astutissima trappola che gli è stata tesa. A sinistra il femminismo è stato sposato, per ovvie ragioni, come logica e naturale conseguenza di un processo di liberazione fondato sull’equazione donne=oppresse uomini=oppressori. A destra, a parti invertite, è stato appunto interpretato proprio come lo interpretano alcuni di voi, e cioè come una filiazione diretta del pensiero comunista. Combattiamo il comunismo e combatteremo anche il femminismo.
 Dov’è però che i conti non (vi) tornano? Non vi tornano nel momento in cui, il femminismo si afferma ed è più forte che mai nelle società capitalistiche e a distanza ormai di decenni dal crollo del comunismo. Ma come? Caduto il comunismo (dove di femminismo non c’era neanche l’odore, ma voi a questa mia obiezione non rispondete e fate orecchie da mercante continuando a ripetere la solfa del femminismo figlio del marxismo-leninismo) sarebbe dovuto cadere anche il femminismo. O no? Se non abbiamo buttato nel cesso la logica e il principio di identità e non contraddizione, la storia avrebbe dovuto dirci questo (se la vostra interpretazione fosse corretta). E invece non solo non ce lo dice, ma ci dice l’esatto contrario, e cioè che il femminismo (vogliamo chiamarlo ancora in questo modo oppure preferiamo adottare il nuovo termine coniato da Ettore, “guerrasessismo”, che non mi pare malaccio?...) pare proprio navigare nel suo brodo nelle società capitalistiche occidentali. Ci sarà pure una ragione, o è del tutto casuale?...
 E qui, cari amici, siete vittime di voi stessi, del circolo vizioso dal quale non riuscite e non potete uscire se non a costo di mettere radicalmente in discussione le vostre convinzioni, addirittura la vostra stessa identità di uomini di destra (o comunque con un determinato orizzonte culturale).
 Questo è il punto vero della questione, cari amici. Ma questo non posso risolvervelo io. Io (e quelli che la pensano come me, e siamo sempre più numerosi, fortunatamente, anche grazie al lavoro che stiamo portando avanti) possiamo essere degli interlocutori, essere sempre disponibili al confronto, al dialogo, ma non certo per rassicurarvi bensì per mettervi di fronte alle vostre contraddizioni (quelle che ho cercato di spiegare).
 Però siete voi stessi che dovete munirvi di santa pazienza e soprattutto di coraggio, perché per mollare gli ormeggi e un sicuro porticciolo per navigare in mare aperto, ne serve tanto.
--- Termina citazione ---

è chiara la debolezza teorica, il voler giudicare dall'esterno con criteri validati all'interno, prendendo per conclusione ciò che si è dato come premessa  :lol:

va bene!

Cassiodoro:

--- Citazione da:   --- Caduto il comunismo (dove di femminismo non c’era neanche l’odore, ma voi a questa mia obiezione non rispondete e fate orecchie da mercante continuando a ripetere la solfa del femminismo figlio del marxismo-leninismo) sarebbe dovuto cadere anche il femminismo.
--- Termina citazione ---
Il femminismo dell'URSS nn ha niente a che vedere con il "femminismo occidentale".
In URSS si vedevano donne che controllavano, in posti di potere, ma anche a tirare su i muri con mattoni e cemento in mano.
In occidente il femminismo è rimasto fermo alla "tutela" del patriarcato e ne continua la tradizione richiedendo sempre più diritti e "trattamenti" diversi per le donne.

Animus:

--- Citazione da: COSMOS1 - Giugno 04, 2013, 12:22:00 pm ---è chiara la debolezza teorica, il voler giudicare dall'esterno con criteri validati all'interno, prendendo per conclusione ciò che si è dato come premessa  :lol:

va bene!

--- Termina citazione ---

Purtroppo io il Marchi non riesco a leggerlo...
Inizio con tutta la buona voglia, ma quando vedo che usa 10 righe per dire quello che si potrebbe dire in 3, mi viene lo scorramento e abbandono. :(

COSMOS1:
si, la prolissità non è un difetto solo femminile

in ogni caso su facebook marchi mi ha attaccato gratuitamente solo perchè non mi sono allineato con il suo sproloquio
ci vorrebbe tempo per argomentare bene, ma è noioso ripetere discussioni che abbiamo fatto decine di volte e che ormai qui diamo per scontate
e poi con quale interlocutore?

Animus:

--- Citazione da: COSMOS1 - Giugno 04, 2013, 12:55:13 pm ---si, la prolissità non è un difetto solo femminile

in ogni caso su facebook marchi mi ha attaccato gratuitamente solo perchè non mi sono allineato con il suo sproloquio
ci vorrebbe tempo per argomentare bene, ma è noioso ripetere discussioni che abbiamo fatto decine di volte e che ormai qui diamo per scontate
e poi con quale interlocutore?

--- Termina citazione ---

Secondo me si controargomenta già da solo.
Come si fa a dire di essere "liberi da ...  liturgie e ... osservare la realtà con lucidità" e poi esprimersi , sempre, in manierà così verbosa e farraginosa?

E' chiaro che la forma espressiva non può essere scollegata dalla propria razionalità.
E se tanto mi da tanto, prima di parlare di lucidità... :sleep:
 

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