In rilievo > Femminicidi?
Ebbasta, abbiamo capito: non siamo più i primi della classe
COSMOS1:
sarà ma cominciamo a preoccuparci quando non siamo più gli unici a portare avanti le nostre istanze!
abbiamo già riportato altri interventi, eccone uno ancora:
http://tagli.me/2013/06/04/legge-sul-femminicidio-no-grazie/
--- Citazione ---Legge sul femminicidio? No grazie 4 giugno 2013 · di redatagli · in Società. · E’ sufficiente che i giornali sbattano in prima pagina l’ennesimo caso di violenza sulle donne e, repentina, esplode quella cloaca intellettuale che teorizza la necessità di un reato di femminicidio. Dimostrazione ulteriore, qualora se ne sentisse ancora la necessità, del fatto che lo sport nazionale è diventato cavalcare i borbottii della pancia e offrire al popolino la gogna mediatica quotidiana.
Un reato di femminicidio, oltre a costituire un caso di immotivata genuflessione dello Stato alla massa latrante, sarebbe anche giuridicamente un obbrobrio. Il problema dell’Italia e del suo ordinamento giuridico non è l’assenza di leggi, è semmai la mancata applicazione di quelle (tante, spesso troppe) già esistenti.
Perché un reato di femminicidio sarebbe un aborto giuridico? La risposta è semplice, perché nel nostro ordinamento l’omicidio è già punito e una fattispecie di femminicidio costituirebbe soltanto una variazione sul tema foriera soltanto di confusione.
L’omicidio punisce l’uccisione di un essere umano in quanto tale, nel rispetto del diritto alla vita e all’incolumità fisica, sanciti dalla nostra Costituzione e puniti, come fattispecie di reato “naturali”, da tutti gli ordinamenti giuridici, anche quelli meno evoluti. Così come il genocidio punisce lo sterminio di un genere o di una razza.
E allora che cosa punirebbe il femminicidio? L’omicidio di una donna in quanto tale. Non in quanto compagna, partner che lascia il proprio marito/fidanzato. E perché l’omicidio di un uomo (da parte di un altro uomo o di una donna) dovrebbe essere meno importante di quello di una donna? Se si introducesse il reato di femminicidio con esso si introdurrebbe una disuguaglianza inaccettabile tra generi dinanzi alla legge. Disuguaglianza che la Corte Costituzionale finirebbe poi per elidere facendo riferimento all’articolo 3 della Costituzione.
Un omicidio resta sempre un omicidio, sia la vittima un uomo o una donna, cambiano soltanto le circostanze nelle quali, per usare un linguaggio giuridico, si verifica l’ “evento morte”. Circostanze che possono essere definite aggravanti o attenuanti e che incidono sull’entità della pena finale. Nemmeno la previsione di un’aggravante per il delitto passionale avrebbe un senso per i motivi di cui sopra.
Qualcuno potrebbe anche obiettare che esiste un’emergenza tale da richiedere una legge speciale, sulla falsariga di quello che accadde negli Anni di Piombo con la legislazione di emergenza per contrastare il terrorismo o leggi ad hoc come nel caso dell’escalation della mafia tra gli anni 80 e 90. Non sfuggirà nemmeno al più ideologizzato dei sostenitori della moratoria sul femminicidio che le proporzioni sono ampiamente diverse. Negli anni ’70, a fronte di omicidi e attentati continui, occorreva distinguere il semplice omicidio dall’omicidio politico o a sfondo eversivo. Lo stesso vale per le leggi di mafia.
Per quanto riguarda il femminicidio e la violenza sulle donne i numeri non autorizzano a ricorrere all’introduzione di una nuova fattispecie di reato. Numeri che tra l’altro sono in calo rispetto ad alcuni anni fa, particolare cautamente sottaciuto dai sostenitori di questa curiosa legge.
Alla base del femminicidio vi sono problemi culturali ed educativi che non si combattono certamente con un inasprimento delle leggi (almeno fino a che le statistiche e la constatazione empirica non ci dovessero dire che il fenomeno è così dilagante da richiedere una forte repressione), né con l’introduzione di fattispecie di reato nuove e fantasiose. Converrebbe invece smetterla di considerare soltanto un aspetto del fenomeno e giungere ad un ragionamento complessivo su un argomento che coinvolge il ruolo della donna nella società, l’immagine che della donna viene veicolata ma soprattutto il rispetto che ad una donna è dovuto, non tanto e non solo in quanto donna ma in quanto essere umano.
Alessandro Porro
--- Termina citazione ---
controcorrente:
Lo so Cosmos che scherzi! :)
Da antifemminista non posso che rallegrarmi di tutto ciò, sperando che articoli come questo aumentino di giorno in giorno. Non mi illudo, ma mi pare che la QM sia sempre più consapevole negli uomini, ogni giorno di più. Io l'ho scoperta su internet nel 2010; bene da allora io dico che matura adagio, però aumenta!
Speriamo bene.
COSMOS1:
sarà:
http://www.campariedemaistre.com/2013/06/fieramente-donna-femmina-ditelo-qualcun.html?spref=tw
--- Citazione ---
Da qualche mese non passa giorno senza che i media parlino di “femminicidio”. Già il termine in sé, “femminicidio”, non è propriamente lusinghiero. Si poteva almeno propendere per “donnicidio”, sottolineando così un dato che va ben oltre l’appartenenza biologica al genere femminile e che peraltro ci differenzia dagli animali. Tuttavia, nel momento in cui si dice “donna” si sottende implicitamente a “maternità” (fisica o spirituale), ad “accoglienza”, alla capacità di “prendersi cura di” e a molte altre prerogative proprie dell’essere donna che nella società attuale vengono sempre più relegate nel dimenticatoio. Sono cose d’altri tempi, flagelli di una società maschilista e retrograda. Molto meglio per le “femmine” di oggi pensare alla carriera, a divertirsi con vari partners e al mantenimento di un corpo perfetto: salvo poi ritrovarsi a quarant’anni a rimpiangere il figlio che non si è avuto e ricorrere alla fecondazione artificiale (meglio se eterologa). Gianna Nannini docet. Chiarito questo primo aspetto terminologico e più ampiamente sociologico, vediamo di analizzare la sostanza del fenomeno, che guarda caso si presenta assai differente da come la Rai o il Corriere della Sera di turno dipingono con toni tragici ed esacerbati. Il 30 dicembre 2012 Riccardo Cascioli scriveva sulle colonne de La Nuova Bussola Quotidiana: “Contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, gli omicidi nei confronti delle donne sono in diminuzione, almeno a quanto affermano i dati dell’Istat: in questo 2012 le vittime femminili alla fine supereranno di poco le 120 unità, ma nel 2010 erano state uccise 156 donne, 172 nel 2009 e ben 192 nel 2003, che rappresenta il picco degli ultimi dieci anni. Rispetto al totale degli omicidi le vittime donne rappresentano circa il 30%. Sia ben chiaro, anche un solo omicidio sarebbe già troppo e intollerabile, però è bene guardare la realtà per quello che è”. In termini assoluti, dunque, gli omicidi nei confronti delle donne stanno diminuendo. A questo punto, sorge spontaneo un interrogativo: a che pro falsificare i dati di realtà e fomentare nelle donne un insano timore nei confronti degli uomini? Qual è l’obiettivo nascosto di coloro che indirizzano l’opinione pubblica? Un’ipotesi sempre più convincente, già avanzata da opinionisti assai più qualificati di me, è che il fine ultimo sia quello di distruggere la famiglia. Scriveva Tommaso Scandroglio qualche mese fa: “Dietro il femmincidio pare che occhieggi un’ideologia individualista e anti-familista, dove il marito, il padre e i fratelli di loro – perché maschi – sono potenziali nemici da cui difendersi. In breve: il femminicidio potrebbe rivelarsi alla lunga una sofistica arma per il familicidio”. Nel concludere, è doveroso accennare ad un fenomeno spesso dimenticato, che ha per protagoniste tante piccole bambine. Tutte quelle bambine che, esclusivamente in virtù dell’appartenenza biologica al sesso femminile, vengono uccise nel grembo materno. Al giorno d’oggi in Cina, in Canada, ma anche nella civilissima Europa essere donna costituisce un parametro discriminante nella decisione circa chi è degno o meno di venire al mondo. Basti sapere che dall’introduzione della legge 194 in Italia, il 22 maggio 1978, sono state soppresse legalmente tre milioni di bambine. Il fiocco rosa va meno di moda di quello azzurro, ma di questo nessuno ne parla. L’argomento è tabù, l’omertà può segnare un altro punto a proprio favore.
--- Termina citazione ---
scusate ma c'è qualcosa che non mi torna
quando noi abbiamo aperto la discussione sui falsi stupri alcuni utenti hanno abbandonato il forum perchè il titolo "falsi stupri" appariva troppo provocatorio, perfino maschilista
oggi come oggi è pacifico, addirittura scontato, dai 5-10 articoli al giorno siamo passati a 1 ogni 2-3 giorni
la contestazione del femminicidio l'abbiamo lanciata noi, ma nel giro di pochi mesi ha sfondato
:hmm:
sì, c'è qualcosa che non mi quadra
Vicus:
Meglio non rischiare di rovinarsi la 'reputazione' con questa marmaglia :censored: :lol:
Vicus:
Questi siti hanno dei contenuti interessanti, ma mi sembrano ancora un ibrido coi giornali cartacei di cui condividono in qualche modo la concezione: scrivono -e talora commentano- sempre le stesse dieci persone e talora gli 'esterni' vengono perfino gentilmente dissuasi dal partecipare alla stregua di intrusi.
Prima ancora della facoltà di dire quel che si vuole, la libertà di informazione è la possibilità per chiunque lo voglia di accedere ai canali informativi.
Non mi riferisco a Campari & De Maistre che conosco poco, ma a mio avviso questi anacronismi stile Pravda non funzionano su Internet, che ha senso e suscita interesse soltanto come spazio libero e aperto. C'è chi deve ancora capirlo.
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