Autore Topic: Il femminismo della Costanza  (Letto 4064 volte)

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Offline COSMOS1

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Il femminismo della Costanza
« il: Agosto 05, 2013, 13:16:01 pm »
http://costanzamiriano.com/2013/08/05/la-chiesa-non-e-e-non-puo-essere-misogina/


Citazione
La Chiesa non è e  non può essere misogina di Costanza Miriano IMG_1411 height=246
di Costanza Miriano   -  articolo pubblicato su IL FOGLIO del 3 agosto 2013
“Amiche cattoliche della mia rubrica telefonica, dei socialcosi, del blog e della posta, elettronica e a piccione, voi sperate di poter vivere la vostra diversità femminile più a fondo nella Chiesa, e aspettate che il Papa dica una parola su questo?” Lancio la domanda a un congruo campione di donne credenti. Ricevo di rimando una salva di pernacchie, sguardi interrogativi (da quelle in carne ed ossa), risposte del tenore di: “A Costa’, ma che stai a dì?”, “Aho, ma che davero davero?” “Più responsabilità? Ancora? Ma che, sei matta? Vuoi un po’ delle mie?”
Ritanna Armeni ha scritto sul Foglio che “anche le donne più rispettose e comprensive, che hanno dedicato la loro vita alla Chiesa, non possono non definirla misogina”.
Io personalmente non conosco una sola donna cattolica, ma veramente neanche una, che si sia mai sentita emarginata, svalutata, addirittura odiata dalla Chiesa. La loro diversità nella Chiesa, che sentono madre accogliente, la vivono già, senza chiedersi come.
Conosco donne che hanno aperto strade, come Chiara Lubich, Chiara Amirante, Chiara Corbella, madre Elvira, madre Teresa, madre Cànopi, solo per restare ai nostri giorni, conosco teologhe e docenti in Università Pontificie – alcune anche in posizione costruttivamente dialettica rispetto al Magistero, ma comunque dentro la Chiesa – scrittrici e saggiste, e poi molte, moltissime altre che vivono privatamente la loro realtà, in modo creativo e felice, e quando infelice non certo per colpa della Chiesa misogina. Conosco ingegneri e suore, primari e avvocati, madri e filosofe, scrittrici e commesse, insegnanti e infermiere, a volte più cose insieme, a volte solo – per modo di dire – mogli e madri, che tengono in equilibri diversi tante parti delle loro vite, magari cambiando più e più volte le proporzioni, ma sempre mettendo al centro del cuore e della vita Gesù Cristo, senza mai porsi il problema di voler essere di più, casomai di meno (quasi tutte hanno figli e lavori in sovrabbondanza, e vorrebbero anche cederne quote in outsourcing, se potessero, magari, giusto per qualche giorno). Donne invitate a parlare a fianco di cardinali, a parlare dai pulpiti delle chiese, a ritiri, incontri.
Sono donne in pace con la loro femminilità, che sanno che la loro grandezza è diversa da quella dei maschi (si può ancora dire? discrimino?), maschi che proprio a loro sono affidati, come l’umanità tutta – scriveva Giovanni Paolo II – in modo speciale da Dio.
È questo il potere delle donne, che è diverso da quello maschile: l’uomo sottomette, la donna seduce, cioè porta a sé, e sono due forme di potere che possono essere usate per il bene o per il male (spero che questa rozza ed elementare distinzione non offenda nessuno, ma si sa, noi cattolici siamo un po’ sempliciotti, al bene e al male ci crediamo ancora).
Conosco invece moltissime donne ingannate dalla vera misoginia, quella del femminismo, ma qui dovrei cominciare a srotolare un lunghissimo papiro, andando fuori tema.
Cosa esattamente nelle parole del Papa ha fatto accendere una speranza nella Armeni? (“Ha fatto uno scarto, ha sparigliato”). Di certo, come nota lei, non c’è un’apertura al sacerdozio femminile, tema sul quale è stato chiarissimo (comunque nessuna del mio campione da sondaggista artigianale vorrebbe essere prete, per la cronaca).  Ha detto, nell’intervista dai cieli di Rio, che quando si parla delle donne nella Chiesa si dice “soltanto può fare questo, può fare quello, adesso fa la chierichetta, adesso legge la Lettura, è la presidentessa della Caritas. Ma c’è di più! Bisogna fare una profonda teologia della donna”. Quindi non ruoli ma essenza. E poi propone a modello le donne del Paraguay, che dopo la guerra si sono messe a fare figli, e la Madonna. Insomma, non mi pare lanci proposte nuove, niente che non sia nel deposito della fede cattolica, niente che si discosti da “la donna ha il primato dell’amore” di Pio XI, o dal “genio femminile della relazione” della Mulieris Dignitatem.
La donna – come scrive madre Cànopi – se vive autenticamente la sua vocazione si trova sempre e comunque al “primo posto”, cioè al posto centrale che spetta all’amore. E la notizia è che le donne così sono davvero contente, quando sono realizzate nelle relazioni, nel prendersi cura, quando sono materne, anche se non hanno figli di carne.
Poi a volte riescono a fare cose molto buone anche con il loro lavoro, pur se in modo auspicabilmente diverso dagli uomini, perché se vogliono essere presenti per quelli che amano devono potare qualche ramo, come spiega per esempio Ann Marie Slaughter (“Why women still can’t have it all”), che ha lasciato un incarico come consigliera di Obama per portare i figli alle partite e finire di lavorare prima della chiusura del lavasecco. D’altra parte, come dice l’economista Nuria Chinchilla, una donna che chieda gli stessi diritti degli uomini manca di ambizione, e di fantasia. Siamo diverse e ci piace così. Siamo, noi cattoliche, contro le gender theories, e a favore delle discriminazioni (se discriminare, a leggere il vocabolario, è distinguere una persona dall’altra): vogliamo cose diverse.
Le donne sono specialmente collegate alla fonte della vita – un dato biologico immutabile, questo – e perciò unificano l’uomo, lo mettono in contatto con il senso profondo del suo essere, che siano madri o meno (questo significa il “siate madri, non zitelle” detto da Francesco alle suore).
Per questo per le donne il potere ha un altro nome. Alle nozze di Cana la Madonna obbedisce a Gesù – “tutto quello che vi dirà, voi fatelo”, dice ai servi – eppure con le sole parole “non hanno più vino”, con il solo far presente un bisogno (qualità sommamente femminile) fa sì che Gesù cominci a compiere segni pubblici. (Ora mi spiego perché i gelati e le patatine i figli li chiedono sempre a me e non al padre, adesso che ci penso, la cosa ha anche un fondamento teologico…).
Ma il punto ancora più fondamentale è che per chi crede non ha alcun senso parlare di potere in termini di visibilità, gerarchie, affermazione. Questa è una logica umana, fondata e ragionevole per i non credenti, ma che non riguarda noi cattolici. È come invocare un tiro da tre punti in una partita di calcio.
Il fatto è che per Dio la Chiesa è la sposa,  perché che la Chiesa sia donna non è una trovata di Papa Francesco, basta rileggere il Cantico dei Cantici, o la lettera di san Paolo agli Efesini.  È quel Gesù Cristo che è morto amando in modo misericordioso noi e tutte le nostre miserie, comprese le rivendicazioni piccine, innocente in croce, e tra l’altro non è stato un incidente di percorso, ma esattamente il motivo della sua venuta sulla terra: è la contestazione evangelica del mondo in cui viviamo. Parlare di potere dunque non ha senso. O meglio non dovrebbe averlo, se non fosse che l’uomo moderno è una specie di Big Mac, un panino multistrato che cerca di tenere insieme tutto, di salvarsi la pelle ma anche l’anima, di mantenere una fede consolatoria e poco disturbante, che può tornare utile in caso di problemi. D’altra parte Dio non è una ricetta per le lasagne: ci puoi mettere o no la besciamella, puoi cambiare il numero di strati di pasta, ma sempre lasagne sono, più o meno buone (le mie molto meno). Dio invece è un numero di telefono, e se cambi una cifra, non c’è possibilità, chiami un altro. Il nostro è esattamente quello della croce, quello venuto per servire, quello che poteva vincere facile, ma ha scelto di no.
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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #1 il: Agosto 05, 2013, 14:04:19 pm »
Non so se ho afferrato il senso del post, qual è il commento di redazione? :D
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #2 il: Agosto 06, 2013, 13:42:51 pm »
il commento della redazione è più facile confrontandolo con il commento di Laglasnost: http://abbattoimuri.wordpress.com/2013/08/05/telefonia-divina-e-la-vera-felicita-delle-donne/

laglasnost:
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Parto dalla fine: la vera misoginia sarebbe quella del femminismo, cioè la mia. E mi piacerebbe davvero leggere il papiro della scrittrice per fornire un papiro altrettanto lungo di motivazioni per cui io mi sento odiata a partire da affermazioni come questa.

è uno dei passi che ho sottolineato della Miriano e con il quale mi trovo profondamente d'accordo: Laglasnost sbaglia il punto di partenza, perchè una cosa è il femminismo femminile (quello che lei pensa quando pensa al femminismo) altra il femminismo istituzionale (quello che lei chiama donnismo). È difficile negare che il femminismo istituzionale / donnismo odii profondamente le donne e faccia di tutto per omologarle al maschile. Una cosa è rivendicare una libertà, altra negare una differenza, una diversità. Il donnismo si occupa delle donne come i sindacati degli operai: sono le loro mucche da mungere,  per le donne le donniste hanno preparato un percorso al quale le elette devono adeguarsi, volenti o nolenti (alla faccia della libertà!). Il modello donnista è un dogma indiscutibile, che non consente dubbi nè deviazioni. E consiste nel fare gli uomini, nel competere con gli uomini per essere più potenti, più ricche, più produttive, per avere incarichi di più alto livello, ad ogni costo, con le proprie forze o con una spintarella istituzionale, perchè no? E se una donna dicesse che questa competizione non le interessa, che lei vuole fare altro, è una traditrice, una disertora, una vergogna.

Laglasnosr:
Citazione
Le donne che vivono nell’amore sarebbero contente? Quelle realizzate nelle relazioni, nel prendersi cura, nel fare da mamme e mogli, sarebbero felici? E’ possibile, certo. Essendo laica ammetto che ci siano donne che in maniera autodeterminata scelgano quel genere di vita e siano felicissime di averlo fatto. Nulla da dire. Buon per loro. Ma perché questa valutazione diventa moralista e normativa anche per me che quella vita non l’ho precisamente scelta? Cosa significa che “donne così sono davvero contente“? Che quelle che non sono “così” invece non lo sono?

è la prospettiva scelta da Laglasnost che le fa prendere fischi per fiaschi: sbaglia nell'identificare le femministe e sbaglia nell'identificare le interlocutrici della Miriano: l'articolo non si rivolge alle femministe (lo dice esplicitamente) ma è uno sguardo interno al mondo cattolico. Ora: la libertà è un bene in assoluto, per cui la Costanza non nega che chiunque possa perseguire la propria felicità come meglio crede, afferma soltanto che la sua propria esperienza concreta le dice altro, che per quello che ne sa lei, sperimentalmente e concretamente, le cattoliche hanno una esperienza diversa da quella che la Ritanna Armeni (una delle tante banali femministe istituzionali, io non avrei perso tempo a prenderla in considerazione) vorrebbe far passare per universale. E qui faccio fatica a seguire il ragionamento di Laglasnost, davvero: perchè chiunque ha il sacrosanto diritto di descrivere la propria esperienza, e se le prostitute hanno il diritto di dire che il loro mestiere l'hanno scelto liberamente e non vogliono saperne di beneintenzionati e generosi "liberatori", suppongo che anche le cattoliche abbiano il diritto di dire che non si sentono discriminate nè oppresse dalla Chiesa e nella Chiesa. Libertà per libertà, suppongo.

per cui se è vero che
Citazione
sarebbe meglio lasciare che le donne, le persone, scelgano sulla base di quello che è il loro sentire che di certo può non somigliare al tuo
non mi sembra che la Costanza voglia negarlo.

Suppongo (non essendo nel cervello della Costanza) che per lei le cose che scrive (a cominciare da Sposati e sii sottomessa) siano un percorso, un percorso che ha avuto il grande merito di rompere un muro di tabù, un clima di omertà violenta e intimidatoria: quando il nostro forum è nato nelle catacombe sembrava che dire quelle stesse cose potesse significare rischiare la carriera, la galera, la persecuzione. La Costanza è stata forse la prima (ma potrei sbagliarmi, se qualcuno ha altre fonti me le citi) ad avere il coraggio di ripetere al gran pubblico quelle cose che tra noi circolavano sottovoce.
Ciò detto, prese le distanze da Laglasnost che sembra proprio applicare due metri e due misure (la libertà è quella che dico io) così come la Terragni (i maschi omosessuali fanno violenza al bambino ricorrendo alla gravidanza surrogata, le lesbiche no), devo però prendere le distanze anche dalla Miriano: perchè in fondo siamo d'accordo (tutti) nella pars destruens, ma quando si tratta di passare alla pars costruens casca l'asino.
E su questo devo dare ragione a Laglasnost:
Citazione
Le donne che vivono nell’amore sarebbero contente? Quelle realizzate nelle relazioni, nel prendersi cura, nel fare da mamme e mogli, sarebbero felici?

La felicità non è una ricetta, non ci sono modelli sociali o falansteri in qualsiasi modo organizzati che possano garantire la felicità di chicchessia a priori. Santa Maria Goretti (vergine) e la Maddalena del Vangelo (prostituta), Gianna Beretta Molla e Maddalena di Canossa, casalinghe, imperatrici, madri, puttane, solitarie, comunitarie. Ogni donna ha la propria storia, così come ogni uomo. Ma la felicità non dipende dal ruolo.

Su questo credo che la Costanza sia d'accordo. Il punto è che lei crede, in qualche modo, che ci sia una strada per mettere in discussione il donnismo imperante, per recuperare rapporti umani tra le persone. Noi, al momento, non ci crediamo, al momento siamo convinti che, per quanto sia importante mettere in discussione i dogmi, al momento non ci siano luci all'orizzonte. Stiamo correndo tutti, velocemente, al baratro dell'insignificanza.
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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #3 il: Agosto 06, 2013, 15:45:25 pm »
en passant: Laglasnost e Miriano hanno almeno questo in comune: sono entrambe convinte che possono cambiare il mondo  ;)
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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #4 il: Agosto 06, 2013, 15:56:11 pm »
Non esiste forse una ricetta che assicuri la felicità, ma credo ne esista una che la permetta. Laglasnost afferma di essere contenta così, ma una femminista felice devo ancora vederla.
Le culture umane hanno elaborato nei secoli dei codici sociali in armonia con la natura umana e il resto del creato. Le uniche persone felici che ho conosciuto sono quelle che aderivano a questa saggezza secolare. Non penso che possa essere sostituita con la carriera o altri miseri surrogati, come i viaggi organizzati, l’intrattenimento o i centri benessere.
Sul cd. filo diretto con Dio sono d’accordo con Laglasnost. Sant’Agostino voleva travasare il mare in un secchiello, oggi c’è chi pensa che il secchiello sia tutto quel che c’è. È un’idea barbara e infantile di intendere la devozione (Minoli la definì una spiritualità prêt-à-porter) che ha preso piede anche in alcuni settori del mondo cattolico.
Laglasnost dice che non si può imporre a tutti un modello di vita, e su questo siamo d’accordo. Ma si dovrebbe almeno proporlo: c’è più armonia e gioia in una società unita da una visione comune del mondo e di se stessa, quando non è una delle tante vuote ideologie ma è ispirata a tolleranza, realismo ed equilibrio.
Come scrive Arnold, più gente c’è a seguire la via della salvezza, più è facile trovarla. Questo non equivale a bandire la diversità di attitudini, la libertà da ogni valore sociale condiviso proposto da lei è un falso pluralismo che ha in realtà come esito un individualismo omogeneizzatore.
Per realizzare se stessi ed essere veramente liberi il relativismo non funziona, è sempre necessario un disegno condiviso.
Cambiare il mondo: temo sia una necessità, perché così com’è non può durare. E questo dovremo farlo senza programmi utopici ma semplicemente, incollando di nuovo i cocci della cultura che ci è stata trasmessa.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #5 il: Agosto 06, 2013, 16:50:49 pm »
Postilla: i falansteri sono un'invenzione moderna, che ha purtroppo sedotto anche alcune frange del mondo cattolico. Credo che siano l'esito ultimo della cd. libertà di cui parla Laglasnost. Ma società più coese e libere sono esistite, come testimonia l'architettura di molte città (ad es. Pisa) italiane ed europee.
« Ultima modifica: Agosto 06, 2013, 17:04:07 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #6 il: Agosto 09, 2013, 09:17:37 am »
Cambiare il mondo: temo sia una necessità, perché così com’è non può durare. E questo dovremo farlo senza programmi utopici ma semplicemente, incollando di nuovo i cocci della cultura che ci è stata trasmessa.

il punto secondo me è qui: Costanza, Laglasnost, tu, io, tutti, sbattiamo il muso quando pensiamo ad una strada per uscire dal barattro
come fai ad impegnarti per conservare una "cultura" che nella sostanza è rottura? il cristianesimo è nel proprio dna contestazione degli equilibri ricevuti, Cristo ha sparigliato le carte anche quando ha affermato che non passerà un solo jota della legge: i farisei ci avevano messo secoli per adattare la legge alle proprie esigenze, per costruire una cultura "sostenibile", e lui a dirgli che non avevano il diritto di cambiare una sola virgola!

no, non credo che dovremo incollare alcunchè: forse al contrario dovremo rompere tutto ciò che resta ancora di intero!
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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #7 il: Agosto 09, 2013, 10:30:46 am »
AHAHAHAHAHA!!!! Ancora parla stà miriano? Ma l'avete vista in tv tutta sorrisini finti e ghigni fasulli a presa di bavero?? Si vede lontano un miglio che vorrebbe esibirsi nel classico repertorio scosciate e tette al vento, ma non può.... deve recitare il ruolo della perbenista di facciata, della maestrina della penna rossa del libro Cuore di De Amicis, di colei che è timorata da Dio.... CHE RIDICOLA  :doh:
A me non inganna, questo è poco ma sicuro.

E veniamo al dunque: la Chiesa non è e non può essere misoginia? Giusto, allo stesso modo in cui la Chiesa non è e non può essere misandria! Uno pari palla al centro....

Ciao miriano.... tanti sorrisini fasulli da parte mia  :D :lol: :rofl1: :yahoo: :rofl2:

« Ultima modifica: Agosto 09, 2013, 10:42:20 am da controcorrente »

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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #8 il: Agosto 10, 2013, 07:22:40 am »
Sì, c’è un elemento di rottura nel cristianesimo, che richiede una continua trasformazione del cuore umano. Il cristiano non ha paura di cambiamenti anche profondi, se vanno in direzione del bene. Eppure Cristo non predicò il caos o il nulla ma il radicamento dell’uomo in un sacrum.
Non esiste forse una ricetta magica, però tutte le culture umane con un minimo di continuità hanno almeno due elementi in comune: delle regole di convivenza civile evolutesi nei secoli, a partire da un momento iniziale in cui contava solo la forza o il potere, e il riferimento a valori trascendenti.
La qualità di una cultura si vede dall’architettura che esprime: basta paragonare le nostre città storiche agli odierni abitati squallidi e informi raccolti intorno al centro commerciale per farsene un’idea.
La moderna ‘civiltà della critica’ si fonda su una hybris e davvero non c’è rimasto niente di intero. Ma in periodi analoghi, la civiltà è stata salvata da persone che hanno preservato la saggezza dell’umanità per trasmetterla alle generazioni future.
Senza voler creare impossibili fotocopie del passato o ripeterne gli errori, sarebbe indice di umiltà e saggezza cercare di costruire qualcosa di nuovo, ma partendo dalla natura umana e da modelli culturali che l’hanno valorizzata.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #9 il: Agosto 10, 2013, 17:42:15 pm »
ma sì, sono d'accordo con te sul ruolo sociale e civilizzatore del cristianesimo, non è me che devi convincere su questo punto

ciò che mi lascia perplesso è la possibilità che il cristianesimo possa tradursi in una "utopia" sociale
in fin dei conti Agostino ha scritto la Civitas Dei per rispondere ai romani che accusavano i cristiani di aver mandato in malora l'impero romano
di fatto il Vangelo dice: chi vorrà salvare la propria vita (civiltà, nazione, cultura, stato) la perderà


io sono abbastnza pessimista sulla nostra possibilità di incidere (Laglasnost e Costanza invece no) perchè constato che aveva ragione Gandhi quando diceva che se esponeva alla gente i loro diritti aveva grande consenso, se ricordava i loro doveri non lo ascoltava più nessuno

il nostro problema come QM è che ci lamentiamo delle donne che non fanno la loro parte, ma nello stesso tempo noi non ci impegnamo a fare la nostra. O non ci impegnamo abbastanza o comunque ricordare agli uomini i loro doveri (da parte di noi della QM) non è molto popolare
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Re:Il femminismo della Costanza
« Risposta #10 il: Agosto 10, 2013, 19:23:53 pm »
L'utopia è l'idea soggettiva di un singolo su come dovrebbe essere la società, che cerca di imporre a tutti perché la ritiene coincidere con la ‘volontà generale’. E ciò di solito porta ai Comitati di Salute Pubblica di Robespierre.
Ritengo che il cristianesimo sia essenzialmente anti-utopico perché si rifà a valori trascendenti (la maggior parte delle utopie sono materialiste nella sostanza); ed in effetti scritti come quelli More o comunità come Nomadelfia sono l'eccezione più che la norma.
Penso che il cristiano non debba rinunciare ad incidere nella società con un progetto condiviso. Lutero diceva che la chiesa non doveva essere temporale ma invisibile (spirituale). I protestanti del XVII secolo fecero idealmente i bagagli per il Tabor e abbandonarono il ‘mondo’ al Diavolo. Ne seguirono governi che non avevano il dovere di concorrere al bene dei cittadini, ma di castigarli perché ritenuti capaci solo di fare il male, come più o meno diceva Gandhi.
Centri come Pisa, Pitigliano o il Mont Saint Michel, oggi visitati da torme di persone, testimoniano di una civiltà non utopica a misura d’uomo, che è durata a lungo. Essa non nacque sul tavolo da disegno di un pianificatore sociale (anzi non c’erano governi centralizzati ma un considerevole pluralismo), ma spontaneamente da genti che avevano una fede comune.
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