Autore Topic: Fucilazione camerati X MAS da parte degli angloamericani e storia della Decima  (Letto 70981 volte)

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Curiosità: nelò racconto precedente sono andato a memoria ed ho riferito quel che ci disse la guida a suo tempo. La memoria però è fallibile; sull'incidente del motoscafo sono certo di ricordare bene, ma da una veloce ricerca in rete si leggono ben tre motivi per cui D'annunzio perse l'occhio: 1- lo perse in battaglia; 2-in un incidente aereo; 3-durante un atterragio con l'idrovolante. La guida ci disse a suo tempo che lo perse tentando di battere il record di velocità sul lago.
Non che sia così importante, però è notevole che siano proposte tante spiegazioni. Del resto è un mito :P

Come non detto ritiro il mio appunto fatto in precedenza , date queste tue precisazioni che , personalmente , ritengo che siano corrette .
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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Che i veri "patrioti" se ne infischiano delle convenzioni dell'Aia, specialmente se i "nuovi amici" ti deportano lontano da casa a fare lo schiavo per produrre armi o per sostituire, nei campi, gli uomini inviati nella tua Patria a depredare tutto quello che c'è da depredare.
E come ti ha già ben detto vnd, chi ha avuto il torto di scegliere la parte "sbagliata" adesso deve stare ben zitto, muto e rassegnato.
Chi, come mio padre, a rischio della sua vita, perchè "renitente alla leva" in una repubblica mai esistita, oppure perchè fedeli al giuramento al Re ed alla Patria, "scelsero" di arruolarsi nelle file partigiane, non deve rispondere delle sue azioni a gente come te che crede sia "doveroso ed onorevole" rispettare una legge anche se ti obbliga ad eliminare delle persone per avere un credo religioso o politico diverso dal tuo.
Standarte, la pacificazione è avvenuta quando, ministro della giustizia Togliatti,  hanno liberato tutti i fascisti detenuti nelle carceri italiane, cosa vuoi ancora? Cosa tiri fuori a fare la storia della X MAS, lascia riposare i morti in pace, dimentica, anzi ricordati di un passato in cui l'Italia si è ritrovata nella più completa rovina, senza un ponte ancora intatto,  una strada intera, o un capannone industriale ancora in piedi; questo è stato il risultato di un 20ennio di politica fascista.

Fammi capire Cassiodoro .

I marò della X MAS dovevano lasciarsi massacrare dai partigiani senza reagire ?
E' per caso un crimine fare la guerra a chi ti fa la guerra ?
Non mi pare affatto !
Le tue sono delle pretese assurde e pretestuose che nessun esercito al mondo avrebbe mai accettato di porre in essere .
Fare la guerra ai partigiani che a loro volta facevano la guerra ai repubblichini non mi pare che sia un crimine quanto piuttosto una "normale" dialettica bellica .
E questo anche senza tener conto della Convenzione dell'Aja .
I tedeschi erano alleati non sono stati mandati a "depredare" un bel niente erano alleati degli italiani contro gli Alleati fin dal 1940 .
Italiani e tedeschi conducevano la medesima guerra .
Chi dovrebbe avere un pò di dignità dovresti essere tu , Cassiodoro , che sei venuto come uno sciacallo a lordare ed infangare la memoria dei militi della Decima MAS . Io , fino ad ora , non mi sono mai permesso di andare nei thread o nei post altrui per mettere in discussione l'operato comunque discutibile dei partigiani in base al criterio che ognuno nei propri spazi rende omaggio alla memoria dei propri morti .
Cassiodoro , chi come mio nonno scelse di non tradire l'alleato tedesco nel momento in cui la guerra si volgeva al peggio per le forze dell'Asse per l"onore d'Italia" (dato che fino a quando l'Asse vinceva la guerra i partigiani opportunisticamente non esistevano) non deve rispondere della sue azioni a gente come te che pensa che sia doveroso ammazzare e commettere i peggiori soprusi  su preti e civili innocenti semplicemente perchè non si ha la tessera del partito comunista o ancora più semplicemente per avere l'occasione per dare sfogo ai peggiori atti di sadismo e di vigliaccheria verso donne e bambini che con i fascisti ed il fascismo non avevano proprio nulla a che spartire .
Cassiodoro , e per parlare di Togliatti...
Nel 1992, qualche anno dopo l'apertura degli Archivi di Mosca, lo storico Franco Andreucci, scopre una lettera scritta da Palmiro Togliatti (alias "Ercoli") il 15 febbraio 1943 a Vincenzo Bianco (allora funzionario del Komintern). Nella lettera, siddivisa in vari capitoli, Togliatti risponde alle varie questioni politiche sollevate dal Bianco. Al terzo capitolo (vedi pagine 7, 8 e 9) della lettera, dove Bianco evidentemente chiedeva a Togliatti di fare qualcosa per i tanti prigionieri italiani nei Gulag russi in Siberia , la risposta di Togliatti è agghiacciante: "...L'altra questione sulla quale sono in disaccordo con te, è quella del trattamento dei prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso la Unione Sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi e ti spiego il perché. Non c'è dubbio che il popolo italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantista del fascismo. Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in misura considerevole. Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, è penetrato nel popolo, insomma. Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il milgiore, è il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente penetrerà nel popola la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l'avvenire d'Italia...".

Alla data del 15 febbraio 1943, si presume che i prigionieri dell'ARMIR nei Gulag della Siberia erano ancora circa 50.000. Togliatti, forse poteva far poco, ma la risposta che diede a Bianco non lascia dubbi, non volle neanche tentare di far quel poco, altro che "dama di Croce Rossa"!. E questo è gravissimo. La pubblicazione di questa lettera, provocò immediatamente largo (e giusto) sdegno, anche perché la maggior parte delle famiglie in lutto per i loro cari, erano proprio contadini e operai, cioè coloro a cui Togliatti chiese a guerra finita, sostegno per la sua politica. Togliatti non tendendo la mano a quei poveri cristi in prigione, non puniva i fascisti, con il suo "migliore e più efficace degli antidoti.." puniva soprattutto  ragazzi di 20-22 anni di campagna, obbligati ad andare in Russia, i volontari erano pochissimi e questo Togliatti lo sapeva...
Di questi 50.000 PRIGIONIERI ITALIANI DI GUERRA CHE AVREBBERO DOVUTO GODERE DI TUTTI I DIRITTI PREVISTI DALLA CONVENZIONE DELL'AJA , NE TORNARONO SOLO POCHE DECINE !
E , MENTRE PER I TEDESCHI LA DUREZZA DELLA PRIGIONIA ERA "GIUSTIFICATA" PER COME I TEDESCHI AVEVANO TRATTATO I RUSSI , CON QUALE GIUSTIFICAZIONE ETICAMENTE ACCETTABILE SI FACEVANO MORIRE DEI RAGAZZI ITALIANI CHE GODEVANO A TUTTI GLI EFFETTI DELLO STATUS DI "PRIGIONIERI DI GUERRA" ?
Non è stato forse un comportamento criminale quello di Togliatti...?
Da ultimo guarda che quei ponti e quelle strade il fascismo li aveva costruiti non abbattuti , anzi il fascismo ha costruito dal nulla intere città ! (se vuoi ti faccio anche l'elenco di tutte le opere pubbliche fatte dal fascismo ma credo che mi ci vorrebbe un libro e non un post) :
Centro Colonico Villaggio Marconi (oggi Centro Agricolo) , Borgo Portella della Croce , Borgo Petilia , Giacomo Schirò , Borgo Vicaretto ,
Bosco Salice (oggi Marconia) , Borgo Baccarato , Borgo Antonio Cascino , Borgo Domenico Borzellino , Borgo Antonio Bonsignore ,
Venusio , Mussolinia di Sicilia (oggi Santo Pietro) , Arborea , Linnas , Pompongias , Sassu , S'Ungroni , Tanca Marchese , Torrevecchia ,
Policoro , Fertilia , Carbonia , Santa Gilla , San Priamo , Bacu Abis , Cortoghiana , Strovina , Luri ,Villaggio Calik , Tramariglio ,
Scanzano Jonico , Campo Giavesu , Cepich (oggi in croato Polje Cepic) , Arsia (oggi in croato Rasa) , Pozzo Littoria d'Arsia (oggi in croato Podlabin) 
Sant'Eufemia Lamezia , Levade , Sottopédena (oggi in croato Podpican) , Uble , Luigi Razza , Portolago , Cos , Pigadia ,
San Pietro a Maida Scalo , Campochiaro (oggi in greco Eleussa) , San Marco di Cattavia (oggi in greco Kattavia)
Curinga Scalo , Torre in Lambi (oggi in greco Lambi) , Anguillara di Coo (oggi in greco Linopotis) ,
Villaggio Frasso , San Benedetto Colimbi (oggi in greco Kolymbia) , Villaggio Beda Littoria , Villaggio Luigi di Savoia ,
Villapiana Scalo , Villaggio Primavera , Villaggio Giovanni Berta , Villaggio Maddalena , Villaggio Bianchi , Villaggio Baracca ,
Sibari , Villaggio Battisti , Villaggio Breviglieri , Villaggio D'Annunzio , Villaggio Castel Benito (oggi in libico Ben Ghashir)
Thurio , Castelverde (oggi in libico Gasr Garabulli) , Aro , Littorio , Villaggio Giordani , Villaggio Mameli , Villaggio Oberdan ,
Cantinella , Villaggio Filzi , Villaggio Sauro , Villaggio Ivo Oliveti , Villaggio musulmano Chadra ,
Villaggio di Piana Sibari 1 , Villaggio musulmano Al Fajr , Villaggio musulmano Jadida , Villaggio musulmano Mansura ,
Villaggio di Piana Sibari 2 , Villaggio musulmano Nahiba , Villaggio musulmano Zahra , Villaggio musulmano Mahamura ,
Villaggio di Piana Sibari 3 , Villaggio musulmano Nahima , Villaggio Micca , Villaggio Crispi , Villaggio Gioda , Villaggio Garibaldi ,
Villaggio Santa Rita , Villaggio Marconi , Villaggio Tazzoli , Villaggio Borgo Torelli , Villaggio Corradini , Villaggio Littoriano ,
Libertinia , Massaua , Decamerè , Tessenei , Villaggio Duca degli Abruzzi , Vittorio d'Africa ,
Borgo Sferro
Pergusa
Borgo Lupo
Borgo Giuliano

Littoria (oggi Latina)
Sabaudia
Pomezia
Pontinia
Guidonia
Colleferro
Borgo San Pietro
Acilia
Maccarese
San Cesareo
Villaggio Breda
Fratelli Grinzato
Candiana-Borgo Littorio
Sant'Ambrogio in Fiera
Villaggio Costanzo Ciano
Brentella
Sabbioni
Borgo Roma
Pasubio
Torviscosa
Fossalon
Sdobba
Borgo Brunner
Aquilinia
Villaggio della Rivoluzione
Predappio Nuova
Anita
Volania
Costanzo Ciano
Villa Santa Croce
Alberese
Albinia
Ampio
Spergolaia
Niccioleta Ribolla
Calambrone
Tirrenia
Tomba
Villaggio Operaio dell'Elce
Mataurillia
Salle del Littorio (Salle Nuova)
Aielli Stazione
Fonte Cerreto
Celdit
San Salvo Marina
Nuova Cliternia
Segezia
Incoronata
Borgo Giardinetto
Borgo Cervaro
Loconia (Canosa di Puglia)
Borgo Mezzanone
Tavernola
Marina di Siponto
Borgo Cardigliano
Borgo Grappa
Borgo Piave
Borgo Perrone
Ginosa Marina
Conca d'Oro


     
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Online Cassiodoro

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sei venuto come uno sciacallo a lordare ed infangare la memoria dei militi della Decima MAS . Io , fino ad ora..
Quelli come te fanno rimpiangere ai partigiani di aver deposto le armi troppo in fretta, ed agli altri ad aver concesso l'ammistia ai fascisti troppo in fretta.
Te lo  ripeto, la pacificazione c'è gia stata con l'ammistia ed il reintrego nelle funzioni di tutti i funzionari fascisti, la storia la scrivono i vincitori, rassegnati, quelli della X MAS non erano altro che marionette in mano ai tedeschi, creati da personaggi che volevano trarre profitto e privilegio in una situazione che loro hanno ritenuto "conveniente" stare dalla parte di chi stava depredando l'Italia.
Il comandante della X MAS, Valerio Borghese ha usufruito dell'amnistia generale concessa dal governo di allora, dal Ministro della Giustizia comunista Palmiro togliatti.
La storia la scrivono i Vincitori, i tedeschi, dopo l'8 settembre 1943 sono diventati invasori, fattene una ragione.
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline Stendardo

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Le SS (Schutz Staffen, formazioni paramilitari naziste che al termine del conflitto, al processo di Norimberga, sarebbero state definite organizzazione criminale) si distinsero per crudeltà, vuoi nell'opera di repressione antipartigiana, vuoi nella cattura e deportazione di civili e segnatamente di ebrei avviati ai Lager. In tutte le maggiori città italiane le SS organizzarono luoghi di tortura. Esse vennero coadiuvate con non minore crudeltà delle forze fasciste della Repubblica Sociale Italiana, particolarmente dalle "Brigate Nere" e dalla “X Mas”.

Il 23 settembre, data ufficiale di nascita della Repubblica di Salò, Mussolini rientra in Italia e si stabilisce alla Rocca delle Caminate (Predappio), già sua residenza estiva.
Contemporaneamente i tedeschi articolano il regime di occupazione militare. Albert Kesselring (1885-1960), comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, dirama un'ordinanza in cui dichiara "il territorio dell'Italia a me sottoposto territorio di guerra" e subordina alle sue direttive "le autorità e le organizzazioni civili italiane". Le province di Udine, Gorizia e Trieste ("Zona di operazioni Litorale Adriatico") vengono affidate al Gauleiter della Carinzia e quelle di Bolzano, Trento e Belluno ("Zona di operazioni delle Prealpi")  a quello del Tirolo e vi viene perseguita una politica sistematica di germanizzazione in vista di una futura annessione alla "Grande Germania". Le due zone sono escluse dall'autorità di Salò: la nascita della Rsi coincide dunque con la cessione di fatto di ampie aree del paese allo straniero.
Il progetto tedesco di "satellizzazione economica e politica" dell'Italia si manifesta fin dai primi giorni che seguono l'armistizio dell'8 settembre, con un Paese ridisegnato in diverse realtà politico-amministrative e con un solo denominatore comune: l'asservimento alle esigenze belliche dell'occupante. Di questo progetto la Repubblica di Salò costituisce il necessario paravento diplomatico e propagandistico, con una forza militare del tutto subalterna ai tedeschi.
Nominalmente gli uomini a disposizione della cosiddetta Guardia Nazionale Fascista erano 150 mila. Si trattava perlopiù di giovani con un addestramento militare assai approssimativo. Quanto all'esercito il potenziale era stato assorbito quasi completamente dai tedeschi, con 100 mila uomini incorporati in reparti al comando di Kesselring, 50 mila reclutati nell'aviazione tedesca con compiti antiaerei e altre migliaia in diversi organismi germanici.
Solo 25 mila uomini costituivano le divisioni destinate alla forza armata di Salò e nel gennaio del 1944 si trovavano ancora in Germania per l'addestramento. Alla scarsità di uomini si aggiungeva la precarietà dell'armamento, anch'esso dipendente dalla volontà tedesca.
Anche la direzione della lotta contro le forze partigiane era completamente accentrata nelle mani del comando tedesco. La copertura politica della Repubblica Sociale non bastava a nascondere la fragilità di un apparato statale creato e sostenuto dalle truppe del Reich.

L'obiettivo dell'amministrazione militare tedesca era duplice: da una parte asservire l'economia italiana alle esigenze belliche e dall'altra reclutare manodopera da impiegare al servizio del Reich. Le linee direttrici prevedevano la ridistribuzione territoriale delle imprese (trasferimento al nord degli impianti dell'Italia centromeridionale per sottrarli all'avanzata delle truppe anglo-americane); il decentramento delle stesse industrie settentrionali per evitare che la concentrazione favorisse i bombardamenti; la chiusura degli impianti non essenziali agli scopi bellici. La maggior parte di ciò che veniva prodotto - beni di consumo o beni attinenti l'attività bellica - veniva avviata verso la Germania.
Nel febbraio 1944 partirono 6.930 vagoni merci carichi di materiali in ferro, prodotti chimici, minerali e tessili e 727 vagoni di beni di consumo, dalla porcellana alla biancheria, dalle pipe alle molle per i materassi; a marzo i carichi furono rispettivamente di 6.018 e 544 vagoni; in aprile 6.056 e 801 vagoni; in totale 321.592 tonnellate, per un valore di circa mezzo miliardo di marchi dell'epoca, più o meno due terzi dell'intera produzione. All'acquisizione di prodotti finiti si aggiungeva poi la requisizione di interi impianti e il loro trasferimento in Germania.
Un ulteriore strumento di assoggettamento economico era rappresentato dalla requisizione di manodopera. Nelle regioni del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, sottoposte ad amministrazione speciale, la precettazione assunse i caratteri della deportazione in massa di gran parte della popolazione maschile valida. Nel resto del territorio italiano occupato il reclutamento coatto era affidato alle autorità fasciste.
Disoccupati, operai licenziati, scioperanti, partigiani catturati, civili fermati durante i rastrellamenti, intere classi di precettati, gli stessi detenuti comuni delle carceri, diventarono un serbatoio di forza lavoro da trasferire in Germania al servizio del Reich. Caricati sui vagoni e deportati nei Lager, gli italiani di queste regioni morirono a migliaia, sacrificati al disegno bellico del Nazismo. A tutto questo si aggiungano i contributi di guerra imposti al governo di Salò: dieci miliardi mensili per tutto il 1944.
Grazie anche all'appoggio della Repubblica di Salò, l'Italia era diventata una preda di guerra, assoggettata ad un regime di occupazione non diverso da quello riservato agli altri Paesi europei sotto il controllo tedesco.

Albert Kesselring
Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre stragi di civili), Albert Kesselring (1885-1960), comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri otto anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento.
A tale affermazione rispose Piero Calamandrei (1889-1956), con una famosa epigrafe -recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio del partigiano Duccio Galimberti (1906-1944) -, dettata per una lapide "ad ignominia", collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista.
L'epigrafe afferma:

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA



1)E' FALSO TOLTI 2 SINGOLI EPISODI DI GUERRA , IN CUI TRA L'ALTRO I CAMERATI DELLA DECIMA , AVEVANO REAGITO A PRECEDENTI ATTICCHI DI PARTIGIANI . I MILITI DELLA DECIMA MAS NON HANNO COMMESSO ALCUNA DELLE "CRUDELTA'" CUI TU LE ATTRIBUISCI !
E' falso anche parlare di "feroce repressione" , semplicemente succedeva che i partigiani volevano ammazzare i repubblichini ed i tedeschi e questi a loro volta reagivano anche duramente .
Cosa avrebbero dovuto fare i repubblichi ed i tedeschi ogni volta che i partigiani ammazzavano vigliaccamente i propri camerati tramite vigliacche imboscate e vigliacchi attentati dinamitardi , dovevano forse invitarli a cena ?
I partigiani facevano la guerra non meno crudelmente ai repubblichini ed ai tedeschi , inoltre si sono macchiati di crimini contro l'umanità per il sadismo e le torture inflitte ai prigionieri di guerra repubblichini e per gli stupri , la violenza , i saccheggi , gli abusi ed ogni genere di angheria  e soprusi ai danni della popolazione civile inerme !
1)E' storicamente falso quello che tu affermi . I tedeschi avrebbero tranquillamente potuto fare a meno della Repubblica Sociale Italiana anzi ti dirò di più che se Mussolini non avesse deciso di istituire la Rapubblica Sociale Italiana , i tedeschi avrebbero trasformato l'Italia come la Polonia , a causa del tradimento dell'8 Settembre , come avevano minacciato di fare .

2)I tuoi dati sono totalmente falsi .
Solo l'Esercito Nazionale Repubblicano contava 250.000 mila uomini e combattè quasi esclusivamente con gli Alleati e non contro i partigiani .

1)Esercito Nazionale Repubblicano : 250.000 uomini fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Esercito_Nazionale_Repubblicano
2)Guardia Nazionale Repubblicana : 140.000 uomini fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Guardia_Nazionale_Repubblicana

Senza contare la Marina Nazionale Repubblicana , l'Areonautica Nazionale Repubblicana , le Brigate Nere e quelle autonome (come la X Flottiglia MAS , la Legione Autonoma Mobile Ettore Muti , le Forze di Polizia , le Fiamme Bianche , i Servizi Speciali , le SS italiane . 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

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Fonte : http://www.ilduce.net/repubblicasocialeitaliana.htm

REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

 
- L ’ INFAMIA E IL TRADIMENTO dell'8 Settembre 1943

Il 14 maggio 1943 la radio annunciava: “Ogni resistenza è cessata in Tunisia per ordine del Duce”. Questo significava che l’ultimo lembo d’Africa era stato perduto dalle forze dell’Asse. Le sorti della guerra volgono al peggio. Ora è il territorio italiano esposto agli attacchi nemici.
E nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 scatta l’”Operazione Husky” : le armate settima americana agli ordini del Gen. Patton (66000 uomini) e ottava inglese agli ordini del Gen. Montgomery (100000 uomini) sbarcano nella Sicilia sud-orientale sopraffacendo le nostre difese.
Il 22 cade Palermo. La Sicilia è ormai perduta. La popolazione, messa alla fame. La notizia che tutti i siciliani avrebbero accolto con gioia gli anglo-americani acclamandoli è sicuramente non vera. Infatti un po’ in tutto il sud si ebbe una vera e propria resistenza fascista.
Alcuni uomini politici fascisti, fra cui Grandi, chiedono la convocazione del Gran Consiglio del Fascismo. E il Segretario Nazionale Carlo Scorza, d’accordo con Mussolini, lo convoca per il 24 luglio alle ore 17.
Dopo la relazione di Mussolini e alcuni interventi, prende la parola Grandi per illustrare il suo ordine del giorno che propone, in estrema sintesi, di mettere la situazione nelle mani del re. Mussolini avverte che l’approvazione di quell’ O.d.G. metterebbe in crisi il regime e propone di rinviare la discussione, data anche l’ora ormai tarda. Ma Grandi e altri chiedono di andare avanti. Sono ormai passate le ore 2 del 25 luglio allorchè si passa alla votazione degli O.d.G. Quello di Grandi viene approvato con 19 sì, 7 no e 1 astenuto . Farinacci, il 28° membro, vota il proprio O.d.G. Sono le ore 2,40 del 25 luglio 1943.
La mattina del 25 trascorre senza che nulla accada. Mussolini si reca a Palazzo Venezia come di consueto e sbriga le cose correnti. Però chiede al re di anticipare alle ore 17 di quello stesso giorno, domenica, la consueta udienza settimanale del lunedì.
E alle 17 va dal Re. Non si sa molto del colloquio, nel quale il re comunica a Mussolini che lo sostituirà con Badoglio. Il colloquio, però, si conclude con una cordiale stretta di mano. Certo Mussolini non poteva immaginare che, uscito dalla sala dell’udienza, avrebbe trovato i carabinieri incaricati di arrestarlo.
Il re affida l’incarico di formare il nuovo governo al Generale Pietro Badoglio che annuncia subito che la guerra continua a fianco dell’alleato germanico e vieta qualsiasi manifestazione. In realtà egli avvia da subito contatti con gli anglo-americani per trattare le condizioni di un armistizio. Le trattative proseguono ma gli alleati anglo-americani vogliono la resa senza condizioni.
E il 3 settembre 1943 a Cassibile, presso Siracusa, il Gen. Castellano firma l’armistizio. Lo stesso giorno gli alleati sbarcano in Calabria e cominciano a risalire la penisola. Badoglio e il re, che temono le reazioni della Germania, cui fino all’ultimo si è giurata amicizia e rispetto del patto di alleanza, vorrebbero ritardare l’annuncio dell’armistizio (intanto, ad armistizio già firmato, i bombardieri americani continuano a seminare morte in Italia), ma la radio americana, alle ore 17,45 dell’8 settembre diffonde la notizia. E due ore dopo anche Badoglio è costretto a dare l’annuncio. Subito dopo fugge con il re, la sua famiglia e alcuni generali e il 9 è a Brindisi, in territorio già occupato dagli ex-nemici.
L’esercito italiano, lasciato senza ordini, si disperde, la flotta, ancora in piena efficienza, vergognosamente va a Malta a consegnarsi agli inglesi.
Molti italiani sono indignati e non riescono ad accettare la resa ignominiosa.
Lo stesso Eisenhower nel suo “Diario di guerra” scrisse: “…la resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l’Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della R.S.I…”.
In effetti quando all’armistizio “corto” firmato il 3 settembre e che constava di soli 12 articoli e contemplava soltanto la cessazione delle attività militari, seguì l’armistizio “lungo” firmato da Badoglio a Malta sulla nave “Nelson” il 29 settembre, ci si rese conto della eccezionale durezza delle condizioni: Il nuovo testo, composto da 44 minuziosi articoli, stabiliva che al governo italiano veniva tolta, praticamente, ogni potestà. Tutto, assolutamente tutto, doveva passare sotto il controllo degli anglo-americani, che imposero, addirittura, delle modifiche legislative. In pratica l’Italia del sud perdeva ogni sovranità. E i tedeschi, che, dopo l’arresto di Mussolini avevano fatto affluire numerose truppe, catturano e deportano in Germania molti sbandati.
Regna il caos. Modesti tentativi di resistenza ai tedeschi si hanno a Roma ma cessano subito.
Il 12 settembre un audace commando di SS atterra con degli alianti a Campo Imperatore sul Gran Sasso e libera il Duce. Il comportamento del Gen. Fernando Soleti e dei carabinieri di guardia evita il conflitto e ogni spargimento di sangue. Una “Cicogna”, piccolo apparecchio da ricognizione, lo conduce a Roma da dove, su un aereo militare, raggiunge Monaco di Baviera.
Alcune fonti ritengono che Mussolini, stanco e sfiduciato, avrebbe considerato anche la possibilità di ritirarsi, ma avrebbe poi accettato, su insistenza di Hitler, di creare il nuovo stato per evitare all’Italia le probabili rappresaglie dei tedeschi, furiosi per il vile tradimento.
Il 13 ottobre Badoglio, contraddicendo clamorosamente la sua dichiarata volontà di voler ottenere la pace, dichiara guerra ai tedeschi.


- NASCE IL NUOVO STATO

Il 18 settembre Mussolini parla da Radio Monaco, e gli italiani possono riudire la voce ben nota.
I fascisti, che fin dal 9 settembre avevano riaperto molte sedi, si riorganizzarono rapidamente. Il 1 marzo 1944 Pavolini, in una relazione a Mussolini, comunicherà che “sono stati ricostituiti 1072 Fasci con 487.000 iscritti”. Roma ne contò 35.000, Milano 20.000, Ferrara 14.000.
Il 23 settembre Mussolini rientra in Italia e, alla Rocca delle Caminate, sua residenza personale, costituisce il Governo della nuova Repubblica. Il giorno 23 stesso alle ore 14 si ha, nella sede dell’ambasciata germanica a Roma, la prima breve riunione del governo, presieduta da Pavolini.
Il nuovo stato si chiamerà Repubblica Sociale Italiana (tale denominazione verrà deliberata dal Consiglio dei Ministri il 24 novembre 1943). Essa avrà Mussolini come Capo dello Stato e del governo e Ministro degli Esteri, con Graziani Ministro della Difesa Nazionale, Buffarini Guidi Ministro dell’Interno, Ferdinando Mezzasoma Ministro della Cultura Popolare e tutti gli altri.
Il 28 settembre 1943 inizia il funzionamento del nuovo Stato.
Il giorno 11 novembre furono costituiti i Tribunali Straordinari Provinciali per giudicare i fascisti che avevano tradito e un tribunale straordinario speciale per giudicare i membri del Gran Consiglio che avevano votato l’O.d.G. Grandi, accusati di tradimento. Fra essi c’era anche Galeazzo Ciano, marito di Edda figlia del Duce. Il processo ebbe inizio alle ore 9 dell’8 gennaio 1944 a Verona in Castelvecchio. Il 10 gennaio alle ore 13,40 fu emessa la sentenza. Furono comminate 18 condanne a morte (Cianetti, che aveva ritirato il suo voto a favore fu condannato a 30 anni di reclusione). Ma la maggior parte dei condannati a morte aveva riparato all’estero e furono condannati in contumacia. Solo cinque erano presenti al processo : Ciano, De Bono, Marinelli, Pareschi e Gottardi. Essi furono fucilati l’11 gennaio 1944.
Il 22 febbraio 1944 il Duce nomina il nuovo Direttorio del Partito Fascista Repubblicano. Intanto il nuovo stato aveva cominciato a funzionare regolarmente. Le condizioni erano drammatiche: le città erano martoriate dai bombardamenti (il 20 ottobre 1944 suscitò orrore il bombardamento della scuola di Gorla a Milano, dove trovarono la morte 300 bambini. I civili morti per bombardamenti assommeranno a 64.000), il problema degli approvvigionamenti era impellente, i rapporti spesso non facili con i tedeschi complicavano ulteriormente le cose. A tutto questo, poi, cominciò ad aggiungersi il problema dei partigiani, con i primi assassinii di fascisti. Si trattava in prevalenza di giovani renitenti alla leva che si erano rifugiati in montagna, ma anche di vecchi antifascisti, specie comunisti, che intravedevano la possibilità di abbattere il Fascismo. Ci furono anche dei tentativi di sciopero.
Malgrado tutto ciò i trasporti continuarono a funzionare anche se fra mille difficoltà, le fabbriche continuarono il loro lavoro, le scuole riaprirono regolarmente, l’amministrazione pubblica faceva il proprio dovere, l’economia era governata con mano ferma (l’inflazione, ad esempio, era insignificante se paragonata con quella scatenatasi al sud, nelle terre occupate). Subito dopo l’8 settembre i tedeschi avevano introdotto i Marchi d’occupazione. Una delle prime preoccupazioni del Ministro delle finanze fu quella di farli ritirare. Ciò accadde il 25 ottobre 1943. Da quella data essi persero ogni valore legale. In data 1° dicembre venne costituito un Comitato Economico Italiano col compito di studiare le questioni economiche, con particolare riguardo all’economia di guerra. E in data 5 dicembre viene istituito un Comitato nazionale dei prezzi, con Carlo Fabrizi Commissario, alle dirette dipendenze del Duce.
A riprova di come le cose abbiano sempre continuato a funzionare a dovere durante la R.S.I. sta la testimonianza davvero non sospetta del Maggiore americano Michael Noble del 15° Gruppo di armate alleato. Egli, inviato a Milano per riorganizzare l’uscita dei quotidiani, vi giunse il 27 aprile 1945 e rimase stupito per l’ordine e la normalità che vi regnavano: “…Per prima cosa restai sorpreso vedendo grandi palazzi pieni di una vita normale, i tram che funzionavano, i cinema e i teatri aperti regolarmente, gli uffici pubblici in piena attività, la gente che stava seduta ai caffè vestita decorosissimamente. Era uno spettacolo nuovo ed estremamente civile…”.
Molto intensa fu l’azione di governo tesa a mantenere integro il potere di acquisto della moneta, a mantenere ad alti livelli la produzione agricola e industriale, a mantenere su buoni livelli il tenore di vita della popolazione.
E anche in tale situazione di assoluta emergenza (si pensi alle ingentissime spese militari, alle spese per mantenere in efficienza i servizi continuamente devastati dalle incursioni aeree…), il bilancio dello Stato chiudeva rigorosamente in pareggio.
Anche l’Opera Nazionale Balilla era risorta. In una relazione di Renato Ricci del 19 febbraio 1944 si dice che si sono “costituiti 66 centri provinciali, 2255 vecchi ufficiali rispondono alle chiamate; 50000 organizzati, 8740 ospiti nelle colonie; 300.000 refezioni scolastiche giornaliere”.
Né furono dimenticati gli italiani internati in Germania che avevano rifiutato di aderire alla R.S.I. In data 11.10.1944 si apprende che la Croce Rossa Italiana assiste 520.000 connazionali in Germania.
Ciò fu fatto con la prima Assemblea Nazionale del P.F.R. che si riunì a Verona in Castelvecchio il 14 novembre 1943. Ad esso parteciparono: 3 rappresentanti per ogni federazione, in gran parte elettivi, i delegati regionali, i capi delle organizzazioni sindacali, i membri del governo, i direttori dei giornali quotidiani e dei principali settimanali, i rappresentanti delle associazioni combattentistiche e degli Enti Morali della Nazione. Il Congresso fissò nei 18 punti di un Manifesto Programmatico quella che sarebbe stata la politica interna, estera e sociale della nuova Repubblica. Nacquero, così, i famosi “18 punti di Verona”:

In materia costituzionale interna
1 – Sia convocata la Costituente, potere sovrano di origine popolare, che dichiari la decadenza della Monarchia, condanni solennemente l’ultimo Re traditore e fuggiasco, proclami la Repubblica Sociale e ne nomini il Capo.
2 – La Costituente sia composta dai rappresentanti delle provincie invase attraverso le delegazioni degli sfollati e dei rifugiati sul suolo libero.
Comprenda altresì le rappresentanze dei combattenti; quelle dei prigionieri di guerra, attraverso i rimpatriati per minorazione; quelle degli italiani all’estero; quelle della Magistratura, delle Università e di ogni altro Corpo o Istituto la cui partecipazione contribuisca a fare della Costituente la sintesi di tutti i valori della Nazione.
3 – La Costituente repubblicana dovrà assicurare al cittadino – soldato, lavoratore e contribuente – il diritto di controllo e di responsabile critica sugli atti della pubblica amministrazione.
Ogni cinque anni il cittadino sarà chiamato a pronunziarsi sulla nomina del Capo della Repubblica.
Nessun cittadino, arrestato in flagrante, o fermato per misure preventive, potrà essere trattenuto oltre i sette giorni senza un ordine della autorità giudiziaria. Tranne il caso di flagranza, anche per perquisizioni domiciliari occorrerà un ordine dell’autorità giudiziaria.
Nell’esercizio delle sue funzioni la Magistratura agirà con piena indipendenza.
4 – La negativa esperienza elettorale già fatta dall’Italia e l’esperienza parzialmente negativa di un metodo di nomina troppo rigidamente gerarchico contribuiscono entrambe ad una soluzione che concilii le opposte esigenze. Un sistema misto (ad esempio, elezione popolare dei rappresentanti alla Camera e nomina dei Ministri per parte del Capo della Repubblica e del Governo, e nel Partito, elezione di Fascio salvo ratifica e nomina del Direttorio nazionale per parte del Duce) sembra il più consigliabile.
5 – L’organizzazione a cui compete l’educazione del popolo ai problemi politici è unica.
Nel Partito, ordine di combattenti e di credenti, deve realizzarsi un organismo di assoluta purezza politica, degno di essere il custode dell’idea rivoluzionaria.
La sua tessera non è richiesta per alcun impiego od incarico.
6 – La religione della Repubblica è la cattolica apostolica romana. Ogni altro culto che non contrasti alle leggi è rispettato.
7 – Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica.

In politica estera
8 – Fine essenziale della politica estera della Repubblica dovrà essere l’unità, l’indipendenza, l’integrità territoriale della Patria nei termini marittimi ed alpini segnati dalla natura, dal sacrificio di sangue e dalla storia, termini minacciati dal nemico con l’invasione e con le promesse ai Governi rifugiati a Londra. Altro fine essenziale consisterà nel far riconoscere la necessità degli spazi vitali indispensabili ad un popolo di 45 milioni di abitanti sopra una area insufficiente a nutrirli.
Tale politica si adopererà inoltre per la realizzazione di una comunità europea, con la federazione di tutte le Nazioni che accettino i seguenti principi fondamentali:
a) eliminazione dei secolari intrighi britannici dal nostro Continente;
b) abolizione del sistema capitalistico interno e lotta contro le plutocrazie mondiali;
c) valorizzazione, a beneficio dei popoli europei e di quelli autoctoni, delle risorse naturali dell’Africa, nel rispetto assoluto di quei popoli, in ispecie musulmani, che, come l’Egitto, sono già civilmente e nazionalmente organizzati.

In materia sociale
9 – Base della Repubblica Sociale e suo oggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale, in ogni sua manifestazione.
10 – La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana, è garantita dallo Stato. Essa non deve però diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del loro lavoro.
11 – Nell’economia nazionale tutto ciò che per dimensioni o funzioni esce dall’interesse singolo per entrare nell’interesse collettivo, appartiene alla sfera di azione che è propria dello Stato.
I pubblici servizi, e di regola, le fabbricazioni belliche debbono venire gestiti dallo Stato a mezzo di Enti parastatali.
12 – In ogni azienda (industriale, privata, parastatale, statale) le rappresentanze dei tecnici e degli operai coopereranno intimamente – attraverso una conoscenza diretta della gestione – all’equa ripartizione degli utili tra il fondo di riserva, il frutto al capitale azionario e la partecipazione agli utili stessi per parte dei lavoratori.
In alcune imprese ciò potrà avvenire con una estensione delle prerogative delle attuali Commissioni di fabbrica. In altre, sostituendo i Consigli di amministrazione con Consigli di gestione composti da tecnici e da operai con un rappresentante dello Stato. In altre, ancora, in forma di cooperativa parasindacale.
13 – Nell’agricoltura, l’iniziativa privata del proprietario trova il suo limite là dove l’iniziativa stessa viene a mancare. L’esproprio delle terre incolte e delle aziende mal gestite può portare alla lottizzazione fra braccianti da trasformare in coltivatori diretti, o alla costituzione di aziende cooperative, parasindacali, o parastatali, a seconda delle varie esigenze dell’economia agricola.
Ciò è del resto previsto dalle leggi vigenti, alla cui applicazione il Partito e le organizzazioni sindacali stanno imprimendo l’impulso necessario.
14 – E’ pienamente riconosciuto ai coltivatori diretti, agli artigiani, ai professionisti, agli artisti il diritto di esplicare le proprie attività produttive individualmente, per famiglie o per nuclei, salvo gli obblighi di consegnare agli ammassi la quantità di prodotti stabiliti dalla legge o di sottoporre a controllo le tariffe delle prestazioni.
15 – Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà. Il Partito iscrive nel suo programma la creazione di un Ente nazionale per la casa del popolo, il quale, assorbendo lo Istituto esistente e ampliandone al massimo l’azione, provveda a fornire in proprietà la casa alle famiglie dei lavoratori di ogni categoria, mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle esistenti. In proposito è da affermare il principio generale che l’affitto – una volta rimborsato il capitale e pagatone il giusto frutto – costituisce titolo di acquisto.
Come primo compito, l’Ente risolverà i problemi derivanti dalle distruzioni di guerra, con requisizione e distribuzione di locali inutilizzati e con costruzioni provvisorie.
16 – Il lavoratore è iscritto d’autorità nel sindacato di categoria, senza che ciò gli impedisca di trasferirsi in altro sindacato quando ne abbia i requisiti. I sindacati convergono in una unica Confederazione che comprende tutti i lavoratori, i tecnici, i professionisti, con esclusione dei proprietari che non siano dirigenti o tecnici. Essa si denomina Confederazione generale del Lavoro, della Tecnica e delle Arti.
I dipendenti delle imprese industriali dello Stato e dei servizi pubblici formano sindacati di categoria, come ogni altro lavoratore.
Tutte le imponenti provvidenze sociali realizzate dal Regime fascista in un ventennio restano integre. La Carta del Lavoro ne costituisce nella sua lettera la consacrazione, così come costituisce nel suo spirito il punto di partenza per l’ulteriore cammino.
17 – In linea di attualità il Partito stima indilazionabile un adeguamento salariale per i lavoratori attraverso l’adozione di minimi nazionali e pronte revisioni locali, e più ancora per i piccoli e medi impiegati tanto statali che privati. Ma perché il provvedimento non riesca inefficace e alla fine dannoso per tutti occorre che con spacci cooperativi, spacci d’azienda, estensione dei compiti della “Provvida”, requisizione dei negozi colpevoli di infrazioni e loro gestione parastatale o cooperativa, si ottenga il risultato di pagare in viveri ai prezzi ufficiali una parte del salario. Solo così si contribuirà alla stabilità dei prezzi e della moneta e al risanamento del mercato. Quanto al mercato nero, si chiede che gli speculatori – al pari dei traditori e dei disfattisti – rientrino nella competenza dei Tribunali straordinari e siano passibili di pena di morte.
18 – Con questo preambolo alla Costituente il Partito dimostra non soltanto di andare verso il popolo, ma di stare col popolo.
Da parte sua, il popolo italiano deve rendersi conto che vi è per esso un solo modo di difendere le sue conquiste di ieri, oggi, domani : ributtare l’invasione schiavistica delle plutocrazie anglo-americane, la quale, per mille precisi segni, vuole rendere ancora più angusta e misera la vita degli italiani. V’è un solo modo di raggiungere tutte le mete sociali: combattere, lavorare, vincere.
E la politica sociale fu quella che caratterizzò veramente la R.S.I. Il 30 giugno 1944 entra in vigore la legge sulla socializzazione che era stata approvata il 12 febbraio. Il 22 gennaio 1945 viene socializzata la FIAT, il 1 febbraio la Pirelli, la Morelli, la Snia Viscosa, la Marzotto, i Lanifici Rossi… E il 5 aprile 1945 la socializzazione viene estesa a tutte le aziende.
In data 15 gennaio 1945 era stato creato il Ministero del Lavoro, trasformando in Ministero il Commissariato Nazionale del Lavoro che funzionava fin dal 7 dicembre 1943. Il nuovo ministero assorbì anche la politica sociale che era di competenza del Ministero dell’Economia Corporativa, il quale, da allora, assunse la denominazione di Ministero per la Produzione Industriale.
Il governo della RSI aveva sede sul lago di Garda, a Salò. Mussolini aveva la sua sede a Gargnano nella Villa Orsoline, mentre la sua residenza era a Villa Feltrinelli.
E, naturalmente, impegno prioritario del governo della RSI era quello di contrastare, a fianco dei tedeschi, l’avanzata degli anglo-americani. La situazione si faceva sempre più drammatica. Eppure lo Stato continua a funzionare, Mussolini difende con le unghie e con i denti l’autonomia della sua Repubblica e tenta disperatamente, anche con atti di grande clemenza, di attenuare gli effetti nefasti della guerra civile. E anche l’attività legislativa non si arresta.

Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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Quelli come te fanno rimpiangere ai partigiani di aver deposto le armi troppo in fretta, ed agli altri ad aver concesso l'ammistia ai fascisti troppo in fretta.
Te lo  ripeto, la pacificazione c'è gia stata con l'ammistia ed il reintrego nelle funzioni di tutti i funzionari fascisti, la storia la scrivono i vincitori, rassegnati, quelli della X MAS non erano altro che marionette in mano ai tedeschi, creati da personaggi che volevano trarre profitto e privilegio in una situazione che loro hanno ritenuto "conveniente" stare dalla parte di chi stava depredando l'Italia.
Il comandante della X MAS, Valerio Borghese ha usufruito dell'amnistia generale concessa dal governo di allora, dal Ministro della Giustizia comunista Palmiro togliatti.
La storia la scrivono i Vincitori, i tedeschi, dopo l'8 settembre 1943 sono diventati invasori, fattene una ragione.

Amnistia de che ?

I prigionieri repubblichini DOPO LA FINE DELLE GUERRA , erano tenuti ILLEGALMENTE PRIGIONIERI DAI PARTIGIANI !

Togliatti fu costretto a dare l'aministia perchè nel 1945 , dopo la fine della guerra , la Corte Internazionale Permanente riconobbe alla truppe della Repubblica Sociale Italiana la qualità di "combattenti regolari" ed il trattamento riservato ai "prigionieri di guerra" . 

Marionette di chi ?

Dopo il tradimento di Badoglio e del re ell'8 Settembre 1943 ci fu l'accordo il 14 Settembre 1943 tra il tedesco Capitano di Vascello Berlinghaus e l'italiano il Principe Junio Valerio Borghese che prevedeva testualmente :


Accordo Borghese-Berlinghaus
 14 settembre 1943
 



La Spezia, 14-9-1943
 
1) La Xª Flottiglia M.A.S. è un'unità complessa appartenente alla Marina militare italiana, con completa autonomia nel campo logistico, "organico", della giustizia e disciplinare, amministrativo;
 
2) È alleata delle Forze Armate germaniche con parità di diritti e doveri;
 
3) Batte bandiera da guerra italiana;
 
4) È riconosciuto a chi ne fà parte il diritto all'uso di ogni arma;
 
5) È autorizzata a ricuperare e armare, con bandiera ed equipaggi italiani, le unità italiane trovantisi nei porti italiani; il loro impiego operativo dipende dal comando della Marina germanica;
 
6) Il Comandante Borghese ne è il capo riconosciuto, con i diritti e i doveri inerenti a tale incarico.
 Berninghaus Capitano di Vascello J. V. Borghese Comandante


Questa è storia !

La Decima MAS non ha fatto altro che continuare a combattere la guerra a fianco dell'alleato germanico senza tradire opportunisticamente l'allenaza quando la guerra era chiaramente persa !

La Decima MAS non combattè per la vittoria ma per l'"onore d'Italia" .

Tanto è vero che il Principe Borghese inoltre dispose dopo l'8 Settembre 1943 e prima dell'accordo bilaterale con il Capitano di Vascello tedesco Berlingheus , di aprire il fuoco conto chiunque avesse tentato di attaccare la caserma
Fonte : Silvio Bertoldi, Salò vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, BUR, 2005, pag 156
riuscendo a respingere alcuni tentativi tedeschi di disarmare i marò .
Fonte : Jack Greene e Alessandro Massignani, Il principe nero, Junio Valerio Borghese e la Xª MAS, Oscar Mondadori, 2008, pag. 160: "I tedeschi fecero numerosi tentativi di penetrare nella caserma della Xª Mas, ma, come scrisse Borghese, Li respingemmo tutti malgrado l'enorme sproporzione di forze. Nessuno ne ha mai dubitato e, anzi la fermezza dimostrata dalla flottiglia nella circostanza è stata spesso presa a esempio di ciò che sarebbe stato possibile fare in quei giorni difficili se si fosse potuto contare su unità altrettanto motivate"

Le scelte opportunistiche , vigliacche e di comodo le lasciamo ad altri che da fascisti come Dario Fo e Giorgio Bocca e tanti altri...  , alla fine della guerra , fecero il classico "salto della quaglia" e si scoprirono magicamente partigiani...!

Rassegnati , quando tra 100 anni molto probabilmente l'Occidente crollerà con tutto il suo marciume capitalistico in cui voi ci sguazzate perfettamente (perchè prima o poi questo sistema crollerà e con esso anche vostra sorella il femminismo perchè nulla è eterno...)  , l'8 settembre verrà per sempre ricordato come la data del tradimento vigliacco e di "Morte della Patria" mentre il 25 Aprile 1945 verrà ricordata ai posteri come una data di perenne infamia di quando i "vigliacchi si autoproclamano eroi" .

La guerra è stata vinta dagli Alleati non dai partigiani il cui contributo alla vittoria , militarmente parlando , è stato risibile , la guerra era chiaramente persa già nel 1942 (con la sconfitta ad El Alamein ed a Stalingrado) era solo un questione di tempo, il mondo era praticamente contro l'Asse .
Questa è la storia vera .

E questo non lo affermo solo io , i vostri padroni angloamericani hanno manifestato il disprezzo per il nemico che aveva tradito il proprio alleato  , dopo l'8 settembre 1943 , coniando un nuovo neologismo da Badoglio ,

"to badogliate" che per gli Alleati significa letteralmente "tradire con disonore il proprio alleato" .

Mai nulla di simile è stato coniato a carico dai repubblichini da parte degli Alleati .

"La resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l’Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana"

(Il Presidente degli Stati Uniti d'America Dwight D. Eisenhower)
« Ultima modifica: Agosto 09, 2013, 03:47:01 am da Standarte »
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Con questo , ci tengo a precisarlo , non voglio difendere a spada tratta il fascismo che io , personalmente , sono consapevole abbia storicamente commesso degli errori e degli orrori (vedasi le leggi razziali del 1938 , la soppressione dei partiti politici etc.) nè voglio (e non l'ho mai fatto) giustificare in alcun modo l'ingobile crimine perpetrato dai nazionalsocialisti ai danni del popolo ebraico , anche se i sinistri , ogni volta che strumentalizzano le vicende del popolo ebraico , fanno finta di dimenticare che nel loro paese , in Unione Sovietica , sono stati uccisi più ebrei che nella Germania nazionalsocialista .
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Citazione da: Standarte
Amnistia de che ?

I prigionieri repubblichini DOPO LA FINE DELLE GUERRA , erano tenuti ILLEGALMENTE PRIGIONIERI DAI PARTIGIANI !

Che ti piaccia o no, c'è stata l'amnistia, e Borghese era dentro per " collaborazionismo con i tedeschi e fu condannato a due ergastoli per aver fatto eseguire ai suoi uomini «continue e feroci azioni di rastrellamento» ai danni dei partigiani che, di solito, si concludevano con «la cattura, le sevizie particolarmente efferate, la deportazione e l'uccisione degli arrestati», allo scopo di rendere tranquille le retrovie dell'esercito invasore, e per la fucilazione di otto partigiani a Valmozzola. "

Citazione da: Standarte
..la guerra era chiaramente persa già nel 1942 (con la sconfitta ad El Alamein ed a Stalingrado) era solo un questione di tempo, il mondo era praticamente contro l'Asse .
Questa è la storia vera.
Benissimo, solo dei pazzi e degli illusi che si credevano eroi, hanno potuto far continuare la guerra per ancora tre anni, facendo pagare alle popolazioni un prezzo altissimo, anche in Giappone, dove hanno provato sulla loro pelle le devastazioni causate dalla bomba atomica.
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline Stendardo

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Che ti piaccia o no, c'è stata l'amnistia, e Borghese era dentro per " collaborazionismo con i tedeschi e fu condannato a due ergastoli per aver fatto eseguire ai suoi uomini «continue e feroci azioni di rastrellamento» ai danni dei partigiani che, di solito, si concludevano con «la cattura, le sevizie particolarmente efferate, la deportazione e l'uccisione degli arrestati», allo scopo di rendere tranquille le retrovie dell'esercito invasore, e per la fucilazione di otto partigiani a Valmozzola. "
Benissimo, solo dei pazzi e degli illusi che si credevano eroi, hanno potuto far continuare la guerra per ancora tre anni, facendo pagare alle popolazioni un prezzo altissimo, anche in Giappone, dove hanno provato sulla loro pelle le devastazioni causate dalla bomba atomica.

Chiacchiare dei tribunali dei vincitori .

1)Il Principe Borghese non era un "collaborazionista" di nessuno , era soltanto un uomo che ha deciso l'8 Settembre 1943 di non tradire l'alleato tedesco .
2)E' falso il passaggio in cui si afferma : "le sevizie particolarmente efferate" ci sono stati se e no 2 casi in cui la Decima ha ecceduto che nel computo delle MIGLIAIA DI AZIONI DI GUERRA condotte dalla X° Flottiglia M.A.S. non sono nulla ;
3)I "rastrellamenti" la "cattura e la deportazione" . Non ho capito ancora cosa dovevano fare i militi della X MAS nei confronti dei partigiani che ammazzavano continuamente i loro camerati . Invitarli a cena ?
Le azioni partigiane , in base alle convenzioni vigenti all'epoca , erano AZIONI ILLEGITTIME DI GUERRA .
Se li andavano a prendere in montagna (rastrellamenti) e li catturavano non vedo proprio cosa ci sia nulla di male .
I partigiani facevano la guerra ai repubblichini ed ai tedeschi e questi ultimi idem .
Ripeto si aspettavano che i repubblichini ed i tedeschi non reagissero di fronte ai continui assassini di loro camerati ?
4)C'era una sentenza della Corte Penale Permanente e Togliatti dovette semplicemente eseguirla , se non lo avesse fatto gli americani avrebbero aggrottato il sopracciglio e Togliatti sarebbe subito scattato sull'attenti , tanto è vero che vennero "amnistiati" solo i prigionieri italiani presenti in Italia non quelli in Unione Sovietica che Togliatti , servo di Stalin , fece morire deliberatamente nei gulag in Siberia .
Pazzi ed illusi ?
I più grandi personaggi della storia vennero definiti quando erano in vita "pazzi" ed "illusi" , Giulio Cesare , Napoleone , Galileo Galilei etc. eppure adesso sono comunemente considerati dei "grandi uomini"...
Non è che si "credevano eroi" .
Il valore dimostrato in battaglia di reparti come la X° Flottiglia MAS o dei paracadutisti della Folgore , dell'esercito tedesco e di quello nipponico è stato UNANIMAMENTE e RIPETUTAMENTE riconociuto dai propri nemici e nè tu nè nessun altro potrà mai togliere  ciò che questi uomini si sono conquistati a caro prezzo . 
Al contrario , mai nessun nemico dei partigiani ha mai riconosciuto 1 solo gesto eroico da parte dei partigiani in battaglia , semplicemente perchè non c'è mai stato .
Ammetto il valore in battaglia della resistenza della popolazione russa a Leningrado che non è assolutamente comparabile agli atti di scacallaggio , alle imboscate ed agli attentati dinamitardi messi in atto dai partigiani .

Il poeta , saggista e traduttore Ezra Weston Loomis Pound disse :

"Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee , o le sue idee non valgono nulla , o non vale nulla lui ."   
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Standarte
Parlavo di guerriglia.

Bar? Possibile...
Più che altro convogli, truppe in spostamento e caserme.
Non è vigliacco.
La guerra è guerra...
La si combatte con i mezzi a disposizione.
la guerra partigiana era sbilanciata e la si combatteva con ciò che si aveva.
I partigiani non potevano contare sul rifornimento di armi e munizioni.


I parenti erano di uno, non di tutti.

Erano mignotte.
Anche la maggior parte di quelle che andavano in montagna coi partigiani.
Non erano costrette dalla pena di morte ai renitenti.
Ci andavano apposta per stare col loro bello.
Creando il disservizio che la presenza femminile, generalmente, crea nelle formazioni armate: gelosie, disunità, competizione, rivalità.


Le false accuse sono sempre esistite.
Conoscevo un ex partigiano monarchico badogliano.
Appena dopo il 25 aprile fu messo dagli inglesi ad amministrare non so bene che cosa e si presentò da lui una ragazza rasata a presentare una richiesta.
Lei lo riconobbe e ne nacque un battibecco.
- Guardate che cosa mi avete fatto!
Al che lui replicò con estrema franchezza:
- signorina, se fosse stato per me lei sarebbe stata fucilata.

Continuarono ad incontrarsi... In paese ci si conosce tutti.
Ma non si rivolsero mai più la parola.

Lui mi disse che era spiaciuto per quello che le aveva detto.
Ma in un periodo storico nel quale si vendeva il vicino di casa con una spiata per cinque chili di sale, chi familiarizzava troppo col nemico era, per forze di cose un traditore.

Poi... riguardo gli stupri...
Le false accuse sono sempre esistite.

Guarda che mi sembra che lo abbiano fatto.

Beh... poi... la stessa rappresaglia è un prendersela con qualcuno che non c'entra...
Ancorchè prevista dalla convenzioni internazionali del tempo.

1)Appunto ed in base all'articolo 42 della sopraccitata Convenzione neanche la "guerriglia" era ammessa .

2)Il problema era che le azioni dei partigiani per il modo in cui erano condotte erano considerate dalle convenzioni vigenti all'epoca azioni illegittime di guerra .
Erano atti terroristici , mordi e fuggi , che non facevano altro che aumentare la rabbia in chi li subiva .
Mi colpisci e ti vai a nascondere  sulle montagne , mi colpisci e te ne vai  di nuovo a nascondere sulle montagne e poi succede che uno si incazza...O non è normale che uno si incazza...?
Oppure non so i repubblichini ed i tedeschi avrebbero dovuto subire passivamente gli attacchi dei partigiani ?
Non credo di dire eresie se affermo queste cose .

3)Non sono tanto informato sulle donne nella seconda guerra mondiale . Comunque che io sappia all'epoca in Francia , in Italia etc. esistevano i bordelli e se un repubblichino o un soldato tedesco voleva scopare andava in quei posti che erano ampiamente frequentati dai soldati che andavano li per ubriacarsi , gozzovigliare e fare caciara , per cui mi pare un pò improbabile che ci fossero mignotte in giro , però ripeto , dovrei informarmi meglio , so che ci sono stati casi in cui delle donne facevano il doppio gioco prima con i tedeschi e poi con i partigiani e viceversa , ,m a non credo che fosse la regola .

Per il resto vnd non posso di certo dissentire da quanto affermi perchè spesso le fonti in merito sono contrastanti e contradditorie .   
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AVVISO .

A me personalmente potete offendermi quanto volete  .

Ma non permetterò che la memoria di soldati il cui valore è stato unanimanente riconosciuto perfino dal nemico venga ulteriormente lordato da qualche merdoso nostalgico del comunismo .


Per cui da ora in poi provvederò a cestinare i messaggi dal contenuto storicamente falso e menzognero .
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Online Massimo

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Ripeto: tra i soldati repubblichini della X Mas c'erano quelli che volevano riscattare l'onore dell'Italia
continuando a combattere accanto a coloro che considerarono i loro alleati e quelli che volevano approfittare del momento per saccheggiare, ammazzare a piacimento e sfruttare la popolazione.
Lo stesso dicasi per i partigiani. Solo che per i partigiani riscattare l'onore dell'Italia significava
combattere i tedeschi e i fascisti i cui crimini cominciavano ad affiorare ed essere noti.

Online Cassiodoro

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Ma non permetterò che la memoria di soldati il cui valore è stato unanimanente riconosciuto perfino dal nemico venga ulteriormente lordato da qualche merdoso nostalgico del comunismo .
Non permetterò che appiccichi ai partigiani l'etichetta di "comunisti"
La lotta partigiana in Italia fu caratterizzata dall’impegno unitario di tutto il fronte delle opposizioni che il fascismo con la violenza e la persecuzione aveva tentato di stroncare con ogni mezzo. Cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici,
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Offline Stendardo

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Ripeto: tra i soldati repubblichini della X Mas c'erano quelli che volevano riscattare l'onore dell'Italia
continuando a combattere accanto a coloro che considerarono i loro alleati e quelli che volevano approfittare del momento per saccheggiare, ammazzare a piacimento e sfruttare la popolazione.
Lo stesso dicasi per i partigiani. Solo che per i partigiani riscattare l'onore dell'Italia significava
combattere i tedeschi e i fascisti i cui crimini cominciavano ad affiorare ed essere noti.

E' falso .

1)Dovresti valutare il comportamento tenuto dalla Decima MAS in maniera GENERALE .
La Decima Flottiglia MAS , GENERALMENTE , per la MIGLIAIA DI AZIONI DI GUERRA CHE HA EFFETTUATO E' UNA UNITA' CHE , SOSTANZIALMENTE , SI E' COMPORTATA IN MANIERA ONOREVOLE .
Ripeto , la tua valutazione è faziosa perchè non valuta il comportamento generale tenuto dalla Decima MAS durante la seconda guerra mondiale .
E' come dire che la 62°Armata che ha combattuto contro la 6°Armata a Stalingrado si sia comportanta in maniera disonorevole durante la seconda guerra mondiale perchè alcuni suoi soldati a Berlino nel 1945 ridenominata 8°Armata della Guardia abbiano commesso stupri , abusi  violenze e saccheggi (ampiamente documentati) .
Un parere obiettivo , dovrebbe , a mio modo di vedere , valutare il comportamento generale in realzione alla quantità di azioni di guerra compiute .
Altro punto :
1)E' stato detto che militi della X MAS abbiano commesso degli stupri .
E' falso . NON c'è alcun documento storico o resoconto , anche partigiano , che riferisca di 1 solo episodio in cui i camerati della X MAS abbiano stuprato qualcuna .

E' falsa anche la tua seconda osservazione , francamente credevo che conoscessi la storia ma mi devo ricredere .

Quali "crimini" sono affiorati durante la guerra ? Se di crimini si tratta e non di rastrellamenti e di reazioni a loro volta dovuti a crimini compiuti dai partigiani ? 

La maggior parte dei partigiani era comunista e combattavano per far diventare l'Italia una dittatura comunista satellite dell'Unione Sovietica , solo che gli americani e gli inglesi non glielo hanno permesso , tanto è vero che alla fine della guerra molti reparti partigiani non deposero le armi perchè l'Italia non divenne una dittatura comunista , ci volle l'intervento dello stesso Togliatti per fargli consegnare le armi . 
 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Offline Stendardo

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Non permetterò che appiccichi ai partigiani l'etichetta di "comunisti"
La lotta partigiana in Italia fu caratterizzata dall’impegno unitario di tutto il fronte delle opposizioni che il fascismo con la violenza e la persecuzione aveva tentato di stroncare con ogni mezzo. Cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici,

La maggior parte dei partigiani era costituita da comunisti che volevano far divantare l'Italia una dittatura comunista satellite dell'Unione Sovietica , non combattevano di certo per l'attuale democrazia , solo che gli inglesi e gli americani non glielo hanno permesso .

Nell'eccidio di Porzus i partigiani comunisti italiani della Garibaldi traditori che volevano consegnare il Friuli alla Jugoslavia , hanno fucilato i partigiani italiani cattolici , azionisti ed indipendenti che invece volevano che il Friuli restasse italiano .

Fonte : http://diavolineri.net/ospitalieri/comunismo/friuli-1945-partigiani-della-osoppo-fucilati-da-comunisti/

Friuli 1945: partigiani comunisti fucilano una formazione della Brigata Osoppo, costituita da partigiani cattolici, azionisti e indipendenti. Il motivo? Ancora in discussione.
 
STRAGE DI PORZUS, UN’OMBRA CUPA SULLA RESISTENZA

7 febbraio 1945, mercoledì, alle 14.30. Nelle malghe di Porzus, due casolari sopra Attimis, in provincia di Udine, ha sede il comando Gruppo brigate est della divisione Osoppo, formata dai cosiddetti “fazzoletti verdi” della Resistenza, partigiani cattolici, azionisti e indipendenti. Giungono in zona cento partigiani comunisti, agli ordini di Mario Toffanin (nome di battaglia Giacca) sotto le false spoglie di sbandati in cerca di rifugio dopo uno scontro con i nazifascisti. In realtà, è una trappola: alla malga vengono uccisi il comandante della Osoppo, Francesco De Gregori (nome di battaglia Bolla), il commissario politico Enea, al secolo Gastone Valente, una giovane donna sospettata di essere una spia, Elda Turchetti e un giovane, Giovanni Comin, che si trovava a Porzus perché aveva chiesto di essere arruolato nella Osoppo. Il capitano Aldo Bricco, che si trovava alle malghe perché doveva sostituire Bolla, riesce a fuggire e salva la vita perché i suoi inseguitori, dopo averlo colpito con alcune raffiche di mitra, lo credono morto.
 Altri venti partigiani osovani vengono catturati e condotti prima a Spessa di Cividale e poi nella zona del Bosco Romagno, sopra Ronchi di Spessa, una ventina di chilometri più a valle. Due dei prigionieri si dichiarano disposti a passare tra i garibaldini. Gli altri saranno tutti uccisi e sbrigativamente sotterrati tra il 10 e il 18 febbraio. Della cosa si cercò di non far trapelare nulla. Ancora un mese dopo c’era chi assicurava che i capi Bolla ed Enea erano tenuti prigionieri dai garibaldini o dagli sloveni.
 
“… La propaganda clericale del tempo descriveva i partigiani comunisti, inquadrati nelle Brigate Garibaldi, come dei Satana spergiuri che volevano consegnare il Friuli alla Jugoslavia. Furono del resto pure inglobati nella Osoppo molti fascisti, come il Reggimento Alpini Tagliamento (formazione della Repubblica di Salò) che operava nella zona con il compito di combattere i “comunisti jugoslavi” e questo avvenne con la mediazione dell’Arcivescovado di Udine (Arcivescovo Nogara). Lo scopo della Osoppo e della Tagliamento infatti coincideva, l’obiettivo comune era quello di criminalizzare i partigiani delle Garibaldi.
 In molte zone facevano persino presidi misti, cioè repubblichini e osovani.
 Quelli della Osoppo, si appropriavano delle forniture inglesi che spettavano alle Garibaldi, l’accordo con gli inglesi era che il 30% di ogni lancio fatto alla Osoppo doveva essere destinato alle Garibaldi. Quelli della Osoppo non rispettarono mai l’accordo ed i Garibaldini per approvvigionarsi e procurarsi armi dovevano assaltare i presidi tedeschi e fascisti… “
 (da un’intervista rilasciata nel 1996 dal comandante partigiano Mario Toffanin, Giacca)
 “… La Grande Slovenia, volevano i partigiani comunisti. Noi volevamo solo combattere per la libertà, non per il comunismo, ed eravamo favorevoli a lasciare ad un referendum dopo la liberazione la scelta sui confini… Bolla, il comandante, alzava la bandiera, bandiera italiana, bandiera con lo stemma sabaudo. Io lo mettevo in guardia: attento, gli dicevo, la vedono i comunisti e i partigiani sloveni, quello stemma a loro ricorda il fascismo, toglila. E lui no, cocciuto, perché credeva sopra ogni cosa all’Italia, senza compromessi, senza tante prudenze politiche… Avevamo sempre operato insieme, anche se noi cattolici ci preoccupavamo, oltre che della onestà dei fini, anche della onestà dei mezzi. Ci furono discussioni assai accese con i comandanti comunisti sulla necessità di azioni che comportavano sacrifici di vite umane”.
 (da un’intervista rilasciata nel 1997 da Monsignor Aldo Moretti, Lino, Medaglia d’Oro al valor militare, uno dei fondatori della Divisione Osoppo).
 Quando nel 1997 il regista Renzo Martinelli doveva girare gli esterni del suo film Porzus, si trovò alle prese con i divieti di diversi sindaci, che non consentirono le riprese sui loro territori. Erano passati più di cinquant’anni, ma di Porzus molti non volevano neppure parlare; non mancò chi chiese di vietare la presentazione del film a Venezia. Cattive coscienze, risentimenti, fanatismo ideologico duro a morire, uniti ad una insopprimibile abitudine a riscrivere la storia con ottica di parte, hanno fatto sì che a tutt’oggi restino dei punti interrogativi su quella cupa vicenda. Non abbiamo la pretesa di poter fornire tutte le risposte; confidiamo solo che una rilettura seria e serena sia possibile, a passioni sopite e senza nessuna preconcetto. E speriamo che cinquantasei anni di distanza siano sufficienti, non foss’altro per rendersi conto che non esiste causa, per nobile che sia, che possa trarre giovamento dalle falsificazioni della realtà.
 Molti segreti se li portò nella tomba Mario Toffanin, Giacca. A differenza di altri, Giacca su Porzus aveva parlato molto, dando tante versioni diverse, con una sola costante: “se li avessi di nuovo davanti, li accopperei ancora tutti”. Morì, ottantaseienne, venerdì 22 gennaio 1999, nell’ospedale della cittadina di Sesana, in Slovenia. Era lui il comandante dei reparti che compirono l’eccidio. Il protagonista della vicenda, almeno il più visibile; non necessariamente il più consapevole.
 Partigiani contro partigiani, con accuse reciproche, fino al tragico epilogo di sangue. Nella vicenda di Porzus si materializza violentemente quello che fu il problema centrale della Resistenza: la competizione, più che la collaborazione, tra i diversi gruppi ideologici. In più si aggiunsero le rivendicazioni territoriali slovene, che avevano una loro legittimità storica, ma che contribuirono ad arroventare una situazione già calda.
 Ma non possiamo leggere queste vicende, accadute in quell’estremo lembo di territorio italiano tra le provincie di Udine e Gorizia, se prima non accenniamo brevemente alla nascita della Resistenza in Italia e ai suoi sviluppi.
 Una storiografia oleografica ci ha spesso presentato la Resistenza come un movimento di popolo, una spontanea ribellione di massa contro l’oppressione fascista e nazista. Se vogliamo guardare più realisticamente ai fatti, partiamo da una data fondamentale: 25 luglio 1943. Il Gran Consiglio del Fascismo vota a maggioranza un ordine del giorno presentato da Dino Grandi, che, chiedendo il ripristino dei poteri degli organi costituzionali (Parlamento, Corona), di fatto sfiducia Mussolini, mettendo fine a diciotto anni di una dittatura che, se negli anni precedenti aveva goduto di un grande seguito popolare, aveva poi gettato l’Italia nella tragedia della seconda guerra mondiale. Il Re Vittorio Emanuele III fa arrestare Mussolini e nomina Primo Ministro il Maresciallo Pietro Badoglio. Sul 25 luglio, sulle effettive intenzioni degli uomini che causarono la caduta del Duce, si discute e si discuterà ancora a lungo. Ma resta un dato di fatto: il fascismo fu liquidato dai fascisti e dal Re, né le attività clandestine di gruppi antifascisti ebbero alcun peso sull’estromissione di Mussolini dal potere.
 Le ambiguità di Badoglio, l’illusione di poter tenere a bada contemporaneamente gli Alleati e i tedeschi, le incertezze di un Re più preoccupato delle sorti della Corona che di quelle della Patria, si tradussero in un mese e mezzo di politica ambivalente e pasticciona, col solo risultato di consentire ai tedeschi, che avevano ben poca fiducia nella lealtà del nuovo governo italiano, di rinforzare massicciamente la propria presenza militare nella penisola (limitata, al 25 luglio, a quattro divisioni). Quando l’otto settembre di quel tragico 1943 fu reso noto l’armistizio firmato unilateralmente cinque giorni prima dall’Italia con gli Alleati, le truppe tedesche furono pronte a disarmare numerosi reparti dell’esercito italiano e ad arrestare e deportare centinaia di migliaia di militari dell’ex alleato, ora considerato traditore. Lo sbandamento delle forze armate in quei terribili giorni fu quasi totale, anche se non mancarono episodi di resistenza eroica da parte di unità che non accettarono supinamente il disarmo. La nascita di quell’ombra di stato che fu la Repubblica Sociale e la conseguente divisione dell’Italia tra repubblica fascista al Nord, e Regno del Sud (nei territori che via via venivano conquistati dagli Alleati risalendo la penisola), segnarono l’inizio della guerra civile in Italia.
 Le prime bande che si costituirono in funzione antitedesca e antifascista erano formate perlopiù da militari che erano riusciti a sottrarsi ai rastrellamenti massicci che le truppe germaniche iniziarono subito dopo l’otto settembre, o che non accettarono di servire nella Repubblica Sociale, considerata, a ragione, poco più che un paravento dei veri padroni, i tedeschi. Si trattava di unità isolate, senza collegamenti tra loro e senza una strategia definita, generalmente guidate da ufficiali che si sentivano comunque vincolati dal giuramento di fedeltà al Re. Ma la Resistenza assunse ben presto caratteristiche marcatamente politiche; l’armistizio preludeva inevitabilmente a uno sganciamento dell’Italia dall’alleanza con la Germania, con le inevitabili ritorsioni che sarebbero venute (come vennero) da quest’ultima. I partiti politici antifascisti, che iniziavano a ricomparire dalla clandestinità al passo dell’avanzata degli Alleati sul territorio italiano, non potevano rischiare un altro “25 luglio”, restando tagliati fuori dal gioco; le sorti della guerra erano segnate, la sconfitta della Germania era considerata inevitabile (anche se nessuno credeva che ci sarebbero voluti ancora quasi due anni di guerra) e si trattava di prepararsi per il futuro assetto che l’Italia avrebbe dovuto assumere al termine del conflitto. Il primo CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) sorse a Roma, già il 9 settembre 43. Lo fondarono Ivanoe Bonomi, indipendente, Alcide De Gasperi (Democrazia Cristiana), Alessandro Casati (partito liberale), Pietro Nenni (partito socialista), Mauro Scoccimarro (partito comunista) e Ugo La Malfa (partito d’azione). Aderì poi al CLN anche Meuccio Ruini, in rappresentanza della democrazia del lavoro. Al CLN Bonomi rivendicò il diritto di essere considerato come “l’unica organizzazione capace di assicurare la vita del paese”. Era un’affermazione perlomeno ottimistica, se non poco realistica, considerando che al momento il CLN rappresentava poco più che sé stesso, in una situazione nazionale di estrema confusione. Ma era stato gettato il seme, e l’incitamento “per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni” veniva da un organismo politico e si sarebbe concretizzato nella costituzione di bande partigiane che esplicitamente si richiamavano agli ideali politici dei partiti di riferimento. I partigiani di Italia Libera aderivano al partito d’azione, una formazione d’élite che si sarebbe dissolta molto presto dopo la guerra, ma che raccoglieva uomini di grande valore come Parri, Lussu, Valiani, Garosci. Le Fiamme Verdi erano i partigiani di ispirazione cattolica, forti soprattutto nel Bresciano e nell’Udinese; con loro si unirono anche molti liberali e indipendenti. Le Brigate Garibaldi, braccio armato del partito comunista, furono il primo gruppo partigiano a darsi una struttura organica, istituendo a Milano, all’inizio del novembre 43, un Comando Generale, con Luigi Longo comandante generale e Pietro Secchia commissario politico.
 Sarebbe qui interessante anche approfondire le differenze tra Resistenza al Nord e al Sud, ma non vogliamo esulare troppo dal nostro tema. Da quanto finora esposto appare già evidente che il movimento partigiano ebbe, aldilà del denominatore comune della lotta contro fascisti e nazisti, la caratteristica di raccogliere gruppi politici tra loro antitetici, riflettendo quell’innaturale alleanza tra Unione Sovietica e mondo capitalista, resa inevitabile dalla comune lotta contro il nazismo. Tuttavia ci sono alcuni punti che è importante sottolineare, perché ci aiuteranno a capire meglio la genesi di eventi come la strage di Porzus.
 
La Resistenza non ebbe in Italia un peso militare determinante, né lo avrebbe potuto avere, perché restò sempre un fenomeno elitario e comunque in buona parte legato, per la sua sopravvivenza, ai rifornimenti di armi, viveri, materiale, che gli Alleati iniziarono ad effettuare alla fine del 1943, dopo un primo incontro avuto in Svizzera da Ferruccio Parri con Allen Dulles, capo dei servizi segreti americani. Gli angloamericani del resto avevano interesse a mantenere il contatto e, per quanto possibile, il controllo sui gruppi partigiani, sia per operazioni di sabotaggio, di appoggio, di informazione, sia perché questi costituivano comunque la longa manus di quei partiti politici che avrebbero determinato la politica italiana del dopoguerra. E l’alleanza tra gruppi che sopra definivamo antitetici fece sì che nel movimento partigiano si trovassero contemporaneamente monarchici e repubblicani, liberali e comunisti, militari gelosi delle propria apoliticità contrapposti a quanti invece consideravano la Resistenza anzitutto un fenomeno politico. Una posizione del tutto peculiare era poi quella del partito comunista, che fu il partito che diede più combattenti di tutti gli altri alle forze partigiane, ma che era guardato con sospetto dai gruppi “alleati” per i suoi mai recisi legami con Mosca, e che a sua volta ricambiava con sospetto gli altri gruppi, ai quali via via attribuiva simpatie monarchiche, badogliane, capitaliste, se non addirittura tout court fasciste.
 Se formalmente i gruppi partigiani dipendevano dal CLN e, per l’alta Italia, dal CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, costituito alla fine del 1943), delegato del CLN romano, di fatto la gran miscela di gruppi diversi generò anche due visioni ben diverse dello stesso concetto di lotta partigiana. I gruppi che facevano capo alla democrazia cristiana e che raccoglievano tra loro anche la maggior parte delle prime bande autonome (di origine, come vedevamo, perlopiù militare), nonché liberali e spesso anche azionisti, furono sovente accusati di attendismo dai comunisti quando decidevano di evitare scontri diretti con le truppe tedesche, se la disparità di forze faceva presumere l’inutilità militare dello scontro. Viceversa furono una creatura comunista i GAP (Gruppi di Azione Patriottica), piccoli gruppi di non più di cinque – dieci elementi, che agivano soprattutto nelle città, con azioni veloci contro tedeschi e fascisti. Le azioni dei GAP spesso non avevano alcun peso dal punto di vista militare, ma il loro scopo era dichiaratamente quello di mantenere una tensione contro l’occupante e di mantenere sempre vivo lo spirito di lotta del combattente partigiano, nonché quello, meno dichiarato, di mostrare a nemici e alleati che il partito comunista sapeva colpire con decisione e durezza.
 Alle accuse di attendismo spesso veniva controbattuto, accusando i comunisti di inutile spietatezza e cinismo, perché le azioni dei GAP provocavano poi l’inevitabile rappresaglia tedesca. L’attentato di via Rasella, con la conseguente strage alle fosse Ardeatine, resta in questo senso emblematico. Ma, se vogliamo fare un altro esempio, un attentato come quello che costò la vita al filosofo Giovanni Gentile fu un’altra azione decisa autonomamente dal partito comunista ed attuata dai GAP, in un quadro di una lotta sempre più crudele.
 Pensiamo di aver delineato abbastanza il quadro di frazionamento e di rivalità intestine che contraddistinse tanti momenti della lotta partigiana; ci scusiamo con gli amici lettori per la non breve digressione, peraltro indispensabile per inquadrare gli avvenimenti che andremo a rileggere.
 La Divisione Osoppo era nata nella notte fra il 7 e l’8 marzo ’44, quando si erano incontrati al seminario di Udine don Ascanio De Luca, don Aldo Moretti e il parroco di Attimis, don Zani. In quella riunione era stata battezzata l’organizzazione clandestina con il nome del paese friulano, Osoppo, dove i patrioti risorgimentali combatterono gli austriaci. I partigiani che la componevano erano quasi tutti ex alpini, di tendenze democristiane, azioniste o liberali; i simboli della divisa erano il cappello con la penna d’aquila e il fazzoletto verde, “colore della speranza e delle nostre montagne, che ci distinguerà chiaramente dai fazzoletti rossi”, come disse uno dei fondatori, Don De Luca.
 La base per il reclutamento e le prime azioni fu l’eccentrico e disabitato castello Ceconi a Pielungo, nella val d’Arzino. I due capitani Grassi (Verdi) e Cencig (Manlio), e don De Luca (Aurelio) formarono i primi reparti, rifornendosi di armi attraverso i lanci aerei organizzati dalle missioni alleate. Si presentò subito la questione dei rapporti con le formazioni garibaldine. Se comune appariva la guerra all’occupante tedesco, diverse erano le posizioni relative al “dopo” e cioè alla sistemazione dei confini a conflitto concluso. I trattati del 1924 avevano inserito nel territorio italiano ampie regioni miste o a maggioranza slava; correzioni e rettifiche apparivano ovvie; ma le rivendicazioni slovene erano inaccettabili per gli osovani. La comunanza ideologica tra sloveni e garibaldini alimentava il sospetto che questi ultimi volessero realizzare un’annessione “di fatto”. Le formazioni comuniste a loro volta ricambiavano la diffidenza, sospettando gli osovani di atteggiamenti reazionari, accusandoli di avere come primo scopo non la lotta ai nazifascisti, bensì la lotta ai comunisti. In questo clima, i periodici tentativi (ve ne furono una ventina) di creare un comando unificato finirono sempre nel nulla.
 In particolare, un comando unificato si sarebbe dovuto costituire dopo un’incursione tedesca nel castello di Pielungo. Nel vecchio maniero gli osovani avevano rinchiuso alcuni militari tedeschi catturati in uno scontro. Reparti tedeschi, con un’improvvisa azione di commando, riuscirono a liberare i loro commilitoni. L’episodio ebbe conseguenze immediate: CLN udinese e regionale veneto (CRV) intervennero destituendo i due principali responsabili dell’Osoppo, Grassi – Verdi e De Luca – Aurelio, accusati di comportamento imprudente, non avendo predisposto sufficienti servizi di guardia, e affidarono al maggiore Manzin-Abba il comando provvisorio. Per i due capi osovani, arresto “sulla parola”, in attesa di decisioni. Cosa per nulla gradita a quelli dell’Osoppo, anzi. Peggio ancora fu quando a metà agosto, in un incontro CLN-garibaldini-osovani a San Francesco, sopra Pielungo, fu stabilito il nuovo organigramma dell’Osoppo. Al comando militare Abba, del Partito d’Azione, suo vice il comunista Bocchi-Ninci, capo delle Garibaldi. Commissario il comunista Lizzero-Andrea, vice-commissario l’azionista Comessatti-Spartaco. In pratica il “comando unificato” era posto in mano ai comunisti e agli azionisti, considerati loro paravento. Le formazioni osovane reagirono con una specie di golpe, al quale CLN e garibaldini dovettero arrendersi. Destituiti gli azionisti Abba e Spartaco, i vecchi comandanti tornarono ai loro posti. Ribaltamento incruento per fortuna, ma che la diceva lunga, se gli uni e gli altri si fronteggiavano mitra in spalla.
 D’altra parte difficilmente gli osovani potevano accettare quella che di fatto si sarebbe tradotta in un “inglobamento” nelle formazioni garibaldine, quando le stesse, poche settimane prima, in località Piancicco, avevano sottratto, mitra alla mano, un carico di armi destinate alla Osoppo, paracadutate dagli Alleati.
 Pur in questa continua contrapposizione, garibaldini e osovani riescono a combattere insieme quando, il 27 settembre 1944, irrompono da Tarvisio 30.000 uomini tra tedeschi, fascisti e cosacchi, ben decisi ad eliminare due zone libere, comprendenti 55 comuni sulle montagne e territori pedemontani al di qua e al di là del Tagliamento. Quest’oasi di libertà, che durava da poco più di due settimane, viene devastata con artiglieria, carri armati e due treni blindati. In tre giorni di battaglia nel triangolo Tarcento – Bergogna – Cividale i partigiani perdono oltre 400 uomini tra morti e dispersi. Il 2 ottobre i tedeschi attaccano nuovamente su tutto il fronte partigiano, da Meduno a Bordano, lasciando mano libera alle truppe cosacche, che si abbandonano ad ogni tipo di violenza. Le forze partigiane devono ripiegare. Il gruppo Brigate est della Divisione Osoppo si porta nella zona di Attimis, ponendo il proprio comando alle malghe di Porzus. In zona è presente anche la brigata Garibaldi – Natisone, che ha il suo comando nel vicino villaggio di Canebola.
 La fratellanza d’armi che ha visto garibaldini e osovani combattere assieme sta nuovamente svanendo, perché altri avvenimenti erano nel frattempo maturati.
 Il 6 settembre le truppe sovietiche, occupata la Romania, si erano congiunte all’armata popolare di Josip Broz (Tito). Con grande delusione degli alleati (che al futuro maresciallo avevano sacrificato il generale Mihailovic, leader della resistenza monarchica) Tito attuò la “svolta stalinista”. La pressione per definire la linea di frontiera lungo il Tagliamento si fece via via più accentuata. Risale al 9 settembre il messaggio di Kardelj, capo delle forze di liberazione slovene e luogotenente di Tito, ai capi comunisti dell’Alta Italia. Kardelj parlava di una “comune presa di potere nella regione Giulia di comunisti italiani e sloveni”. Ad una prima missione segreta, a giugno, del plenipotenziario sloveno prof. Urban (Anton Vratusa) al CLNAI di Milano aveva fatto seguito una seconda trasferta a settembre, con precise richieste sulla delimitazione dei confini. Cadorna, comandante militare del CLNAI si era dichiarato contrario, mentre Longo era favorevole alle richieste slovene. Fu deciso un rinvio a guerra conclusa, ma le aspirazioni slovene e la disponibilità comunista non erano un segreto e il clima di diffidenza e sospetto ai confini orientali non poteva che aumentare. Contribuì poi a gettare benzina sul fuoco la lettera di Palmiro Togliatti, segretario del partito comunista, con la quale si ordinava al comando della brigata Garibaldi – Natisone di porsi alle dipendenze operative del IX Corpus sloveno; la lettera conteneva anche il testo dell’ordine del giorno da approvare: “I partigiani italiani riuniti il 7 novembre in occasione dell’anniversario della Grande Rivoluzione (rivoluzione russa del 1917; n.d.a.) accettano entusiasticamente di dipendere operativamente dal IX Corpus sloveno, consapevoli che ciò potrà rafforzare la lotta contro i nazifascisti, accelerare la liberazione del Paese e instaurare anche in Italia, come già in Jugoslavia, il potere del popolo”.
 Parlavamo in precedenza del potere più formale che sostanziale del CLN sulla condotta della guerra partigiana: di fatto un ordine operativo come quello sopra citato avrebbe dovuto pervenire, al più, dal comando del CLNAI. Se è doveroso riconoscere al partito comunista il più alto contributo, in uomini e in sangue, alla lotta di liberazione, è altrettanto doveroso sottolineare come il partito comunista perseguì sempre e comunque la sua propria politica, che si sostanziava nella cooperazione con gli altri partiti democratici (la cosiddetta svolta di Salerno era la rassicurazione che il PCI seguiva una via italiana al socialismo) attuata da Togliatti nel Regno del Sud e contemporaneamente nell’atteggiamento “internazionalista” che significava di fatto l’acquiescenza ai progetti sovietici che, nel caso dei confini orientali italiani, erano ben chiari e facevano conto sul leader jugoslavo Tito, allora considerato un docile stalinista.
 In questo clima non c’è da stupirsi che gli osovani respingano la proposta di integrarsi anch’essi nel IX Corpus: la proposta poteva avere un senso dal punto di vista operativo, per porre sotto un unico comando tutte le forze impegnate nella lotta contro fascisti e nazisti. Ma ormai l’ordine normale delle cose era stravolto: gli alleati erano tra loro avversari sempre meno il comune nemico poteva cementare una fiducia che non esisteva più. Il 7 novembre 1944, mentre a Canebola i garibaldini festeggiano l’adesione alle formazioni di Tito, a Porzus il capitano De Gregori (Bolla), che già si trovava a forza ridotta perché molti partigiani erano stati inviati in licenza per la sospensione invernale delle operazioni, convoca i suoi e fa presente la situazione di tensione che si è creata con la Garibaldi – Natisone. “Vogliono farci sloggiare. Chi vuole andarsene è libero di farlo. Io resto”. Restarono alle malghe in una ventina.
 Chi volle l’eccidio del 7 febbraio? La risposta a tutt’oggi non è sicura. Di certo c’è l’esistenza di una lettera firmata da Kardelj, indirizzata a Vincenzo Bianchi, nome di battaglia Vittorio, rappresentante del Partito comunista italiano presso il IX Corpus, che era tornato da Mosca insieme con Togliatti, in cui lo si invita a liquidare le formazioni partigiane che, in Friuli, non accettano di porsi agli ordini del IX Corpus. Ed altrettanto certo è che, dopo il rifiuto degli osovani a integrarsi nel comando del IX Corpus sloveno, incominciano a circolare, sempre più insistenti, le voci di tradimento. Queste voci d’altra parte trovavano facile esca in alcuni contatti, peraltro mai negati dai partigiani osovani, sia con la Decima Mas, sia con il federale fascista di Udine, Cabai, che si fa latore di un’ambigua proposta dell’ SS Sturmbannfuhrer (tenente colonnello) Von Hallesleben, comandante della piazza di Pordenone. In entrambi i casi si propone agli osovani di formare un fronte comune contro i comunisti e, nel caso della Decima Mas, contro comunisti e nazisti, in nome della difesa dell’italianità del Friuli. Erano gli ultimi mesi di una guerra le cui sorti erano ormai chiare a tutti e nell’atmosfera un po’ surreale da si salvi chi può le proposte stravaganti non mancavano. Bisogna sottolineare che in entrambi i casi fu la Osoppo ad essere sollecitata alle trattative, che non furono una sua iniziativa; e in entrambi i casi le proposte furono respinte. Ma mentre le proposte tedesche furono dirette ed immediatamente rifiutate con due lettere (28 dicembre 1944 e 10 gennaio 1945) di don Aldo Moretti consegnate all’arcivescovo Nogara, che a sua volta le consegnò al federale Cabai, nelle proposte di Borghese, comandante la Decima Mas, non mancò chi vide lo zampino del maggiore Nicholson, che guidava la missione inglese in zona, e che avrebbe voluto così acuire, in chiave anticomunista, la divisione tra osovani e garibaldini. In questo groviglio ambiguo due cose sono certe: il comando della Osoppo non strinse alcun accordo con fascisti e nazisti, ma il fatto stesso degli avvenuti contatti servì ad alimentare il clima ormai avvelenato tra osovani e garibaldini. Più interessante, dal punto di vista sostanziale, ci sembra la vicenda di Elda Turchetti. Questa ragazza di Pagnacco, paese dove i tedeschi avevano depositi di carburante, viene segnalata da Radio Londra (probabilmente su analoga segnalazione del maggiore Nicholson) come spia al soldo dei nazisti. Spaventata, si rivolge a un amico partigiano garibaldino per protestare la propria innocenza. Questi l’accompagna da Mario Toffanin, Giacca, comandante dei GAP di Udine, che si comporta in modo decisamente strano. Se fosse stato sicuro che la Turchetti era una spia Giacca l’avrebbe senza dubbio uccisa; nel dubbio, l’avrebbe dovuta consegnare al proprio comando per gli accertamenti. Invece Elda Turchetti viene consegnata da Giacca a Tullio Bonitti, capo della polizia interna della Osoppo, che a sua volta conduce la ragazza a Porzus. Perché una sospetta spia veniva consegnata proprio alla formazione più volte accusata di mantenere ambigui rapporti col nemico? Ci fu chi disse che la Turchetti venne consegnata alla Osoppo per fare realmente la spia, per conto di Giacca contro la Osoppo. Difficile sapere la verità, perché la Turchetti fu uccisa a Porzus.
 E siamo arrivati a parlare nuovamente di Mario Toffanin, Giacca. Padovano, nato il 9 novembre 1912, a tredici anni era già operaio ai Cantieri San Marco di Trieste. Iscritto dal 1933 al partito comunista clandestino; sei anni dopo, ricercato, riparava a Zagabria. Aderì al movimento partigiano di Tito fin dall’invasione delle forze dell’Asse nell’aprile del 1941. I compagni jugoslavi dovevano avere in lui molta fiducia perché lo inviarono in missione prima alla federazione comunista di Trieste, poi a quella di Udine per “dare la sveglia” ai compagni italiani. Giacca non fu mai un partigiano combattente vero e proprio: trovò la sua collocazione migliore nei GAP. Del resto, era poco propenso alla disciplina di tipo militare, ma in compenso era fedelissimo al partito. E dalla federazione comunista di Udine gli arrivò l’ordine di “liquidare” il problema della presenza osovana a Porzus, con la specifica che si trattava di un ordine del comando supremo. L’ordine è del 28 gennaio 1945. Il tempo di organizzare l’azione, radunando un centinaio di uomini dei GAP a Ronchi di Spessa e il 7 febbraio Giacca sale alle malghe di Porzus, coadiuvato dai suoi luogotenenti Aldo Plaino e Vittorio Iuri. Pare che gran parte degli uomini fossero all’oscuro degli scopi della missione; molti ignoravano anche dove si stesse andando.
 Il comandante osovano Bolla non si allarma per le segnalazioni delle sentinelle, che vedono salire alle malghe la lunga fila di uomini: era atteso un battaglione di rinforzo, richiesto al comando divisione Osoppo proprio per l’acuirsi delle tensioni tra garibaldini e osovani. Gli uomini di Giacca ostentano un’aria dimessa, nascondono le armi sotto gli abiti, pochissimi portano il fazzoletto rosso. Spiegano alle sentinelle di essere partigiani sbandati dopo uno scontro con i nazifascisti; ma mentre in due parlamentano con le guardie della Osoppo, il grosso degli uomini inizia ad accerchiare la zona. Poi, è la strage. Il capitano Bricco si salva, come vedevamo in apertura, solo perché viene ritenuto morto. Tra i venti partigiani portati via, si salvano solo Leo Patussi e Gaetano Valente, il cuoco, che, per aver salva la pelle, chiedono di essere accettati tra i garibaldini. Per gli altri non c’è scampo. L’irruzione alle malghe non aveva portato alcuna prova del “tradimento” della Osoppo, salvo la presenza in luogo della Turchetti; ma vedevamo prima che era stato lo stesso Giacca a consegnare la presunta spia agli osovani.
 Le uccisioni durano fino al 18 febbraio nel Bosco Romagno, dove poi verranno ritrovati i corpi, mal sotterrati.
 Dopo l’azione a Porzus, Toffanin, Plaino e Iuri, i triumviri che avevano guidato i battaglioni di GAP, fecero una relazione scritta, indirizzata alla Federazione comunista di Udine e al Comando del IX Corpus Sloveno, nella quale si sottolineava che l’azione era stata effettuata “col pieno consenso della Federazione del partito”. La relazione (che, come si nota, non era indirizzata ad alcun organo della Resistenza) cercava di giustificare le uccisioni con affermazioni fantasiose (i comandanti Bolla ed Enea che al momento della fucilazione non trovano di meglio che gridare “viva il fascismo internazionale”, i partigiani osovani “figli di papà” che “giacevano in comodi sacchi a pelo ed erano provvisti di tutti i conforti”), ma non allegava alcuna prova concreta.
 Quanto è accaduto alle malghe inizia a delinearsi. Quando Mario Lizzero, commissario politico delle brigate Garibaldi in Friuli viene a sapere dell’accaduto va su tutte le furie e chiede che Giacca e i suoi luogotenenti siano fucilati. Non riesce ad ottenerlo, riuscirà solo a farli destituire dalle loro cariche di comando nei GAP. Ostelio Modesti e Alfio Tambosso, segretario e vice segretario della federazione del PCI di Udine, forse iniziano a rendersi conto che è stata una grave imprudenza affidare la missione a Mario Toffanin, ottimo elemento per le azioni spicce e violente dei GAP, ma rozzo e violento e con un certificato penale già ben nutrito di reati, furto, rapina, omicidio, sequestro di persona, che nulla avevano a che vedere con azioni militari o politiche. Ma adesso è troppo tardi per i ripensamenti e viene scelta la linea di condotta peggiore, quella di gettare tutta la croce addosso a Giacca, (che avrebbe mal inteso gli ordini) favorendone peraltro l’espatrio in Jugoslavia, insieme ad altri implicati nella strage.
 Dopo che un’inchiesta del Comando Regionale Veneto non è approdata a nulla, il CLN di Udine decide la costituzione di una commissione d’inchiesta, formata da un rappresentante della Osoppo, uno della Garibaldi e presieduta da un membro del CNL stesso. Ostelio Modesti, il segretario del PCI di Udine, ha continuato la sua politica dello struzzo, opponendo inerzia al Comando Regionale che gli chiedeva di incontrare i responsabili della spedizione alle malghe. Ora la commissione del CLN dovrebbe chiarire le cose, ma si fa ancora tutto il possibile per ritardare, finché si arriva al 25 aprile, all’ordine di insurrezione generale, che fa passare ovviamente in secondo piano qualsiasi altra questione.
 Sarà la magistratura ordinaria ad occuparsi della strage di Porzus, in seguito alla denuncia presentata il 23 giugno 1945 al Procuratore del Re di Udine dal Comando Divisioni Osoppo. Il processo ebbe inizio solo sei anni dopo, nell’ottobre 1951, davanti alla Corte d’Assise di Lucca, dove era stato trasferito per “legittimo sospetto” e motivi di ordine pubblico e dopo un palleggiamento tra magistratura ordinaria e militare. Il dibattimento d’appello si svolse a Firenze tra l’1 marzo e il 30 aprile 1954. Dopo quasi un decennio dalla strage di Porzus veniva resa definitiva la sentenza che condannava Giacca e i suoi due luogotenenti all’ergastolo. Tutti e tre erano riparati da anni in Jugoslavia. Chi pagò un conto probabilmente non suo fu Ostelio Modesti, condannato a trent’anni, di cui nove scontati effettivamente. Parimenti conobbero il carcere altri imputati minori, che nessuno si era preoccupato di far espatriare, mentre per effetto di successive amnistie e indulti le condanne all’ergastolo vennero definitivamente cancellate il 15 maggio 1973. A questo punto Mario Toffanin avrebbe potuto tranquillamente tornare in patria; ma i suoi conti con la giustizia non si limitavano a reati politici o comunque connessi ad eventi della guerra partigiana. L’ex gappista, stabilì la Procura della Repubblica di Trieste, doveva scontare trent’anni per effetto di cumulo di pene definitive, irrogate per una serie impressionante di reati, dal sequestro di persona, alla rapina aggravata, all’estorsione, al concorso in omicidio aggravato e continuato. E Toffanin restò in Jugoslavia, rilasciando spesso interviste in cui rivendicava la legittimità della sua azione a Porzus, volta all’eliminazione di “spie e traditori”.
 Le inchieste e l’interminabile processo avevano comunque lasciato irrisolto il problema centrale: chi aveva dato l’ordine dell’azione a Porzus? E l’ordine era di uccidere, o la parola liquidare andava diversamente intesa? Come dicevamo sopra, l’atteggiamento del PCI di Udine, nella persona del segretario Modesti, fu il peggiore, perché volle difendere a tutti i costi una causa persa, probabilmente temendo più gravi ripercussioni per tutto l’apparato di partito e per la stessa operatività delle brigate Garibaldi, che peraltro nulla autorizza a dire che fossero implicate coi loro comandanti nella strage. Modesti sbagliò con le sue mille reticenze, ma ebbe la dignità di farsi in silenzio anche il carcere, forse non meritato, ma subìto in nome di una disciplina di partito che si può disapprovare, ma che, laddove viene pagata di persona, è degna di rispetto.
 Francamente ci appare incredibile pensare come mandanti della strage di Porzus lo stesso PCI o il comando della Garibaldi – Natisone; se esponevamo ampiamente tutti i contrasti profondi che dividevano garibaldini e osovani, non per questo crediamo che questi contrasti potessero sfociare in atti di selvaggia crudeltà, eseguiti a freddo e senza altra motivazione che l’odio ideologico. Piuttosto ci pare credibile l’opinione espressa da Alberto Buvoli, direttore dell’Istituto Friulano per la Storia del movimento di Liberazione, che in un’intervista del 30 luglio 1997 al Corriere della Sera diceva: “L’ordine di intervenire a Porzus venne dagli Sloveni. La responsabilità della federazione comunista di Udine è semmai di aver affidato il compito a Giacca, noto squilibrato, con una fedina penale già sporca. Quando Lizzero, commissario politico delle Brigate Garibaldi venne a sapere della strage, chiese che Giacca e i suoi venissero fucilati… ma Giacca era protetto dagli sloveni”. Ci permettiamo di aggiungere una notazione a quanto dichiarato da Buvoli: con ogni probabilità il comando del IX Corpus diede l’ordine dell’azione, imponendo anche che fosse compiuta dal Toffanin, che era comunque un loro uomo, da loro proveniva e da loro, non a caso, tornò. Giacca era il più qualificato per eseguire un ordine nello stile di chi, non scordiamolo, inventò le foibe come strumento di dialettica politica con gli oppositori. A poco vale obiettare che l’irrilevante numero di osovani non avrebbe potuto costituire alcun ostacolo all’eventuale dilagare fino al Tagliamento del IX Corpus. Se il pericolo non esisteva sotto il profilo militare, era comunque da eliminare una sacca di dissidenza, altrettanto pericolosa in un’ottica di cieco fanatismo politico. A questo punto la funzione del PCI di Udine sarebbe stata solo e unicamente quella di “passacarte”, perché neanche la scelta di Toffanin come esecutore era loro. Purtroppo, come dicevamo, una disciplina di partito rigida e assoluta impedì di fare piena luce. Ma riteniamo che la nostra ipotesi non sia del tutto priva di fondamento.
 E qui potremmo chiudere questa breve rilettura di una delle pagine più tristi della nostra storia nazionale. Ma c’è un ultimo mistero, questo destinato a restare irrisolto. Cosa spinse Sandro Pertini nel luglio del 78, appena eletto Presidente della Repubblica, a concedere la grazia a Giacca? L’ex gappista, lo ricordavamo prima, aveva un pesante debito con la giustizia per reati ordinari, essendo estinte le pene per i fatti di Porzus da provvedimenti di successivi indulti e amnistie. Il settimanale L’Espresso pubblicò, il 25 settembre 1997, un’inchiesta al proposito, ma si scontrò con una diffusa epidemia di amnesia, malattia che aveva colpito il consigliere giuridico di Pertini, il segretario generale del Quirinale, perfino il funzionario della presidenza che si occupava all’epoca proprio delle pratiche di grazia. Quanto al guardasigilli dell’epoca, il professor Bonifacio, era già morto da diversi anni. Mistero. Tuttavia Mario Toffanin, comandante Giacca, nonostante la grazia restò in Slovenia. Forse perché la sentiva come la sua patria, forse perché temeva di fare qualche spiacevole incontro rientrando in Italia.
 
“Giacca” all’epoca della Resistenza di PAOLO DEOTTO
 
Bibliografia
 
Porzus, due volti della Resistenza, di Marco Cesselli – Ed. La Pietra, Milano 1975
 
Porzus, dialoghi sopra un processo da rifare, di Alexandra Kersevan – Ed. Kappa Vu, Udine 1997
 
L’Italia della guerra civile, di Indro Montanelli e Mario Cervi – Ed. Rizzoli, Milano 1983
 
L’esercito di Salò, di Giampaolo Pansa – Ed. Mondadori, Milano 1970
 
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius