Il c.d. femminicidio e la scomparsa dei fatti. Genesi del decreto nato dalla manipolazione di massa
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29/08/2013 - 12.35
di Fabio Nestola - Abbiamo sollevato per mesi e mesi alcune perplessità in merito al movimento d’opinione sviluppatosi attorno al cosiddetto fenomeno del “femminicidio” e alle nefaste conseguenze che esso potrebbe avere nei rapporti tra genitori e, principalmente, sui futuri rapporti tra i sessi. Quel movimento è subito apparso orientato più dall’emotività e da principi ideologici che non da una lucida razionalità e da principi giuridicamente condivisibili, oltre che da dati ufficiali ed attendibili.
Ora è stato approvato il decreto, ma tra le tante voci di protesta che si levano contro le norme per il femminicidio – contestate in primis dalle Camere Penali - c’è un’osservazione da aggiungere.
L’elemento non trascurabile è questo, riflettiamoci: vogliono farci credere che il decreto sia nato lo scorso 8 agosto, ma in realtà è nato molto prima.
È nato anni addietro, dalla strategia denigratoria del maschile; da quando cioè ha avuto inizio la campagna di informazione pilotata che ha dipinto ogni uomo come un carnefice ed ogni donna come una vittima.
Lui geneticamente portato a delinquere. Non alcuni uomini, tutti.
Lei geneticamente incline a subire. Non alcune donne, tutte.
Non si è mai parlato di una minoranza deviante, è l’intero genere maschile a sapersi rapportare con l’altro sesso solo attraverso violenza, aggressività e prevaricazione sistematica.
Il decreto è nato da un lungo ed accurato condizionamento delle masse, dalla creazione artificiale di un’emergenza criminogena che in realtà non è mai esistita.
È nato da una scelta strategica, finalizzata a nascondere alcuni fatti e pomparne altri: l’occultamento sistematico delle notizie sulle vittime maschili di violenza, abbinato all’enfatizzazione altrettanto sistematica delle notizie sulle vittime femminili.
La prova? Ottobre 2012, il più eclatante caso di femminicidio dell’anno: a Palermo un giovane prova ad accoltellare la ragazza che lo ha lasciato, ma uccide la sorella di lei che voleva difenderla.
Ampio risalto su tutti i media nazionali– giornalisti e troupe televisive, servizi per diversi giorni consecutivi, interviste a parenti ed amici della vittima, ricostruzioni dell’omicidio, il Sindaco indice il lutto cittadino, filmati del luogo del delitto, dei funerali e della fiaccolata in città, padiglione dell’ospedale Cervello intitolato alla vittima.
Nell’arco di 10 giorni, sia prima che dopo i fatti di Palermo, altri due episodi di accoltellamento in Friuli e Sardegna.
Nessuna copertura nazionale, poche righe solo sui giornali web locali.
http://www.ilgiornaledelfriuli.net/cron/omicidio-a-cervignano-del-friuli-gabriele-sattolo-39-anni-muore-a-seguito-di-una-coltellata-al-torace-inferta-dalla-convivente-di-42-anni/http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2012/10/22/news/accoltellato-a-morte-davanti-ai-carabinieri-1.5907244 Come mai questa asimmetria mediatica? Sarà un caso, ma i big dell’informazione non si muovono quando si tratta di due donne che uccidono due uomini, uno dei quali invalido.
Risultato: la notizia della ragazza uccisa è nota in tutta Italia, le notizie degli uomini uccisi non le conosce nessuno se non i parenti e gli amici.
Perché i riflettori sulle vittime femminili e un panno nero sulle vittime maschili?
Per indurre cittadine e cittadini a credere che il problema “violenza” sia un’esclusiva maschile, mentre il fenomeno a ruoli invertiti non esista.
Non si deve far capire che un uomo ha la possibilità di essere ucciso da una donna, e nemmeno accoltellato, strangolato, sfregiato con l’acido, avvelenato, ferito, mutilato, aggredito, minacciato, perseguitato.
Non può essere percepito come vittima, lo status di vittima appartiene solo al genere femminile.
Intendiamoci, l’abbiamo detto e scritto mille volte: riconoscere l’esistenza anche delle vittime maschili non legittima l’uso della violenza e soprattutto non sposta di un millimetro la gravità di ogni singola vittima femminile.
Solo che il teorema secondo il quale i ruoli sono circoscritti per genere in DONNA VITTIMA-UOMO CARNEFICE è una bufala costruita a tavolino, niente di più e niente di meno.
La mistificazione si è alimentata di condizionamento psicologico e terrorismo mediatico, costruiti gridando a 4 colonne “emergenza femminicidio” , “mattanza di genere”, “la strage delle donne”, “genocidio rosa”, per concludere con l’immancabile bufala ”violenza domestica, prima causa di morte per le donne italiane”.
Giornali e tv, nazionali e locali, hanno dato vita ad una campagna corale, accettata acriticamente e mai dibattuta nel merito.
Il tutto condito da postulati allarmistici fondati sul nulla, senza un solo studio scientifico degno di questo nome, con dati – peraltro fortemente discordanti fra loro – forniti esclusivamente da associazioni palesemente interessate ad alimentare l’allarme “femminicidio” (Telefono Rosa e simili), o da comitati nati espressamente allo scopo di alimentarlo (inquantodonna.it).
L’obiettivo è quello di fare leva sull’emotività collettiva, creando emergenza e paura allo scopo di far digerire come indispensabili le misure restrittive che già erano allo studio da tempo, sulla falsariga delle norme restrittive già varate in Spagna.
Vista la cronica inesistenza di dati ufficiali sul c.d. “femminicidio”, mai divulgati dall’ISTAT o dal Ministero dell’Interno ne’ da Polizia o Carabinieri, l’informazione pilotata ha dovuto arrampicarsi sugli specchi citando lo studio internazionale WHO (World Health Organization) che riferisce nel mondo una generale situazione critica per il femminile. Con un difetto non da poco, però: raccoglie dati provenienti da mezzo globo, ma non dall’Italia.
Da queste pagine ne abbiamo già fatta un’analisi
http://www.adiantum.it/public/3374-il-rapporto-who-e-la-condizione-femminile-in-italia--chi-cerca-di-approfondire-viene-stroncato.asp, concludendo che emerge un dato incontestabile: citare questo documento serve a tutto, meno che a testimoniare la situazione disperata delle donne in Italia.
Il rapporto WHO, in sostanza, non può essere utilizzato per descrivere la situazione critica italiana ne' tantomeno per giustificare un allarme nel nostro Paese.
Nonostante tutto, il rapporto ha imperversato su migliaia di siti, blog e pagine FB al grido di “finalmente abbiamo i numeri ufficiali, il femminicidio in Italia è un’emergenza”.
Nasce quindi una ulteriore mistificazione basata sull’equivoco: viene usato strumentalmente l’allarme generale, nascondendo il fatto che lo studio non comprende alcuna analisi sulla situazione italiana.
Curioso che i dati provenienti da Botswana, Iran, Cambogia, Swaziland e Nicaragua vengano utilizzati per sostenere la teoria “emergenza femminicidio” in Italia.
Tutto fa brodo nella strategia manipolatrice, l’importante è mischiare le carte, giocare sugli equivoci, disinformare, condizionare le coscienze, pilotare l’immaginario collettivo.
Sull’informazione mistificata abbiamo abbondantemente “già dato” nello spazio libero di Adiantum, visto che altrove non è stato possibile:
http://www.adiantum.it/public/3211-gentile-giulia-bongiorno,-io-sono-un-uomo-semplice.-mi-aiuti-a-capire---fabio-nestola.asphttp://www.adiantum.it/public/3273-sul-falso-concetto-di-femminicidio-solo-slogan-e-nessuno-spazio-alla-logica.asphttp://www.adiantum.it/public/3328-gentile-antonella-de-giusti...---di-fabio-nestola-e-paola-tomarelli.asphttp://www.adiantum.it/public/3333-che-senso-ha-enfatizzare-le-violenze-sessuali-in-india---di-fabio-nestola.asphttp://www.adiantum.it/public/3363-allarme-costruito-ad-arte-per-una-falsa-tutela-delle-donne---di-aliche-guevara.asphttp://www.adiantum.it/public/3370-femminicidio--vizi-costituzionali-e-principi-giuridicamente-inaccettabili.asphttp://www.adiantum.it/public/3208-ddl-3390-(violenza-alle-donne)--un-sano-principio-che-degenera-in-delirio-di-massa.asphttp://www.adiantum.it/public/3005-la-criminalizzazione-antimaschile---di-fabio-nestola.asphttp://www.adiantum.it/public/3142-attenti-al-matto!-dichiara-guerra-all%E2%80%99onu---di-fabio-nestola.asp in sostanza sosteniamo da molto tempo che il decreto sul femminicidio sarebbe inevitabilmente calato come mannaia a minacciare le italiche gole, ed era una facile profezia già nel biennio 2011-2012.
Nulla di inatteso, quindi: il decreto dell’agosto 2013 non è che l’ultimo anello della lunga catena che ha avuto inizio da parecchio.
… inventa di qua, equivoca di la, nascondi di sopra, esagera di sotto …
Et voilà, la pappa è pronta, tanto la gente alla fine si tura il naso e mangia di tutto, è difficile che la massa vada a verificare minuziosamente anni di manipolazione della verità.
È interessante riscontrare curiose analogie con il libro LA SCOMPARSA DEI FATTI, di Marco Travaglio. Già dal sottotitolo emerge il primo sfottò alle le strategie di manipolazione delle verità
"Si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni"
Giusto, che diritto abbiamo di mettere in discussione le opinioni confezionate con cura ed imposte alla collettività, citando i fatti che il sistema vuole nascondere?
Alcuni estratti dall’incipit del libro di Travaglio:
C’è chi nasconde i fatti perché certe cose non si possono dire.
C’è chi nasconde i fatti perché non vuole disturbare il manovratore.
C’è chi nasconde i fatti perché non li conosce, è ignorante, impreparato.
C’è chi nasconde i fatti perché non ha voglia di approfondire, di informarsi, di aggiornarsi.
C’è chi nasconde i fatti perché trovare le notizie costa tempo e fatica.
C’è chi nasconde i fatti anche a se stesso, perché ha paura di dover cambiare opinione.
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi la gente capisce tutto.
(Marco Travaglio - Ed. il Saggiatore, Milano, 2006)
Travaglio si occupa di argomenti che non hanno a che fare col femminicidio, ma le dinamiche che descrive per manipolare l’informazione sono identiche. Le opinioni condizionate, pilotate, indotte, vengono messe in crisi e duramente smentite da elementi incontestabili: nomi, date, fatti, foto, filmati, documenti, fonti verificabili.
Ma è meglio non farlo, altrimenti poi c’è il rischio che la gente sappia. E sapendo, capisca di essere stata fregata …
… invece dobbiamo continuare a sapere solo ciò che viene filtrato da una selezione accurata e costante.
Così possiamo essere felici, illudendoci che quanto viene sfornato nelle stanze dei bottoni corrisponda alle reali esigenze della collettività.
Fabio Nestola