Autore Topic: Aborto : "Il corpo è mio e decido io" (della vita di un altro essere umano) .  (Letto 759 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline Stendardo

  • Veterano
  • ***
  • Post: 3501
Di Mario Palamaro laureato in Giurisprudenza , filosofo del diritto , docente presso la Facoltà di Bioetica dell'Università Pontificia Ragina Apostolorum di Roma e presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Europea di Roma . E' presidente nazionale del Comitato Verità e Vita . Giornalista pubblicista , è una delle firme della rivista Il Timone ed è editorialista de Il Giornale e de il Cittadino di Monza . Dai microfoni di Radio Maria conduce da anni la rubrica "Incontri con la Bioetica" .

Molti dicono che

la decisione di portare a termine la gravidanza sia una faccenda che ricade esclusivamente sotto la "giurisdizione" della donna . E' la donna - dicono costoro - a portare nel grembo il figlio , a pagare tutte le conseguenze di questo fatto , a trascorrere nove mesi in compagnia di questo ospite , a dover modificare i suoi programmi e il suo stile di vita per riguardo al figlio che ha concepito . E di norma è sempre lei , la donna , a provvedere allo svezzamento e alla crescita di questa nuova vita . Ora - dicono sempre costoro - la donna moderna ha acquisito una posizione nella società completamente diversa rispetto al passato : prosegue negli studi , entra nel mondo del lavoro , raggiunge ruoli di responsabilità , ha una sua indipendenza economica . In una parola : è una persona autonoma , tanto quanto un uomo .
L'unico fenomeno che ostacola questa perfetta equiparazione all'universo maschile è la gravidanza . Con il concepimento del figlio , per la donna inizia un percorso che la conduce là dove essa magari non vuole . Ma se allora vogliamo tutelare l'autonomia della donna , dobbiamo lasciare nelle sue mani questo potere speciale : il potere di dire no alla gravidanza . La libertà di abortire . Che significa appunto questo : nessuno deve poter obbligare una donna a portare avanti una gravidanza , tanto meno lo Stato .

Tuttavia

in tutto questo ragionamento , apparentemente ineccepibile , c'è un errore fondamentale : e cioè che , con la sua famosa "scelta" , la donna decide della vita o della morte di un altro . E' questo il gravissimo punto debole del principio di autodeterminazione , principio che sta alla base della legge 194 , e di ogni legge abortista . Basterebbe pensare a questo fatto per accorgersi della pochezza del principio di autodeterminazione . Ma il problema è che oggi la maggior parte dei nostri contemporanei non ci pensa . Così , il principio di autodeterminazione è diventato l'argomento fondamentale , la pietra angolare di tutte le giustificazioni del diritto di aborto . Potremmo dire che lo scopo del movimento abortista è l'affermazione - nelle leggi e nella mentalità corrente - di questo antiprincipio : alla donna spetta l'ultima parola sulla gravidanza . Non dicono : "sul figlio" , perché suonerebbe male affermare che una persona adulta ha nelle sue mani il destino di un altro essere umano , per giunta innocente ; e per sovrapprezzo un figlio , sangue dello stesso sangue . Suonerebbe male anche se riferito a una donna , dotata di quel "favor" ideologico , di quella "presunzione di bontà" che le attribuisce il politically correct contemporaneo . Allora si preferisce parlare di "gravidanza consapevole" .
Ma la sostanza è la medesima . Ed esprime il potere smisurato , assurdo , della donna sulla propria creatura . In base a tale principio , infatti , non si tratta di andare a vedere per quali motivi la donna vuole abortire ; non si tratta di valutare se quello che sta facando dipende da un serio ragionamento o da futili motivi ; non si tratta nemmeno di giudicare la moralità dell'atto che si sta per compiere ; e non si tratta neppure di esprimere una preferibilità (meglio far nascere il figlio , se possibile ) . Niente di tutto questo . Entrare su questo terreno significherebbe limitare in qualche maniera il principio di autodeterminazione . Qui l'argomentazione è radicale , netta , tagliente : lai ha in pancia il figlio , lei decide . Punto . Alcuni interpreti della legge 194 pensano che questa visione "onnipotente" della donna non appartenga alla normativa vigente in Italia . Ma peccano di eccessivo candore . Nel momento in cui , infatti , si afferma ideologicamente questa generica potestà della donna , qualsiasi valutazione compiuta da un terzo soggetto - il medico , il giudice , il marito - per accertare il possesso dei requisiti previsti verrebbe vissuta come un'inaccettabile limitazione della libertà della donna , come una prevaricazione , un "obbligo a partorire" che è ormai percepito dall'opinione pubblica come una forma di violenza . E , dunque , nessuno ha potuto in questi trent'anni porre un limite reale , effettivo , e dunque anche giuridico , alla potestas illimitata della donna .
Molti pensano che questa prospettiva sia esclusiva di un certo femminismo d'antan , che rappresenti insomma il punto di vista di una ristretta minoranza di "donne impegnate" , sopravvissute alla temperie combattiva del Sessantotto . Effettivamente ci fu un tempo in cui questa visione della maternità - come territorio affidato alla giurisdizione esclusiva della donna - apparteneva a pochissimi intellettuali , e cozzava contro il senso comune della gente . Ma oggi lo scenario si è completamente capovolto . E il più grande ostacolo ad aprire un dibattito sull'aborto sta proprio in questa mutata sensibilità generale : l'uomo della strada (e soprattutto le donne) pensano che , per quanto bello sia un figlio , e per quanto disdicevole si possa considerare l'aborto , la donna deve essere sovrana , totalmente autonoma nella decisione se proseguire o meno la gravidanza . In questa maniera , il fatto del concepimento ha perduto la sua originaria , inconfutabile ineluttabilità . Non rappresenta più un punto di non ritorno , un momento della vita nel quale uno deve riconoscere che "bisognava pensarci prima" , ma che ormai "il figlio c'è , e figuriamoci se lo faccio fuori" . No , niente di tutto questo . Il figlio esiste , e ha facoltà di esserci , se e soltanto se la donna ha deciso di accettarlo .
Anni fa queste tesi appartenevano ad alcune autrici femministe o psicologhe abortiste come Silvia Vegetti Finzi . Oggi questa "visione" è stata assorbita dalla quesi totalità dell'opinione pubblica , da fette importanti dello stesso mondo cattolico , e perfino da non pochi settori del mondo pro life , che accettano come un dato ineluttabile la definizione dell'aborto come "scelta della donna" .
Proprio in questi ambienti , fra l'altro , si rifugge sistematicamente dall'affrontare il tema dell'autodeterminazione nella maniera schietta e frontale che qui proponiamo , perché si teme questo confronto così come i vampiri temono le collane di aglio . Si pensa infatti che oggi l'unico modo possibile per contrastare l'aborto sia evitare accuratemente di sollevare il tema dell'autodeterminazione . In altri termini , si dice : "Donna , non , preoccuparti , qui nessuno vuole privarti del potere di prendere tu la decisione che reputi migliore ; permettici solo di parlarti , di aiutarti a carcare una soluzione , e poi tu , liberamente e a norma di legge , deciderai" .
Un approccio che ha probabilmente senso nella dinamica del colloquio personale , quando un volontario pro life cerca di fare breccia nel cuore della singola donna concreta , "agganciata" mentre magari ha già in mano il certificato per abortire . Ma è un approccio che diviene devastante se è assunto come criterio teoretico , generale , per affontare nel pubblico dibattito il tema dell'aborto . Del resto , se si accetta l'idea che "spetta alla donna decidere" , ciò significa che l'affermazione dell'esistenza del "diritto alla vita" del concepito è meramente declamatoria , se non addirittura assurda e contraddittoria . Infatti , la sussitenza di un diritto - tanto più se di un diritto indisponibile e di rango costituzionale quale quello "alla vita" - impone a tutti i consociati il corrispettivo fascio di doveri che garantiscono il rispetto di quel diritto . Dire che questa penna che ho in mano "è di mia proprietà" non significa solo fare un'affermazione di principio , ma stabilire che tutti gli altri esseri umani saranno tenuti - salva la prova contraria del diritto affermato - a non compiere atti di disponibilità sulla penna , che essendo "mia" è contemporaneamente "di nessun altro" . Ora , dire che si intende "tutelare il diritto alla vita del concepito" ; e , contemporaneamente , stabilire che un terzo soggetto possa intenzionalmente sopprimere quel soggetto , ebbene : questo significa negare sic et simpliciter ogni senso logico all'affermazione che esista quel diritto alla vita .
In sintesi : l'affermazione del principio di autodeterminazione della donna è inconciliabile con l'affermazione del diritto alla vita del concepito , in base al principio cardine della logica , noto come "principio di non contraddizione" .
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius