"Autostop rosso sangue"
Thriller, -INCOLTI-, -OLIMPO-, 1976, Pasquale Festa Campanile, {ITA}
Walter Mancini (Franco Nero) è un giornalista italiano in compagnia della moglie Eva (Corinne Clery) in vacanza negli Stati Uniti. Walter è un rumoroso scassa minchia e gli piace fottere violentemente la moglie, oltre che adoperarsi a sminuirla costantemente. Fermatisi per la notte in un campeggio, Walter per sbirciare innocentemente con la moglie una giovane coppia, inciampa nella corda che regge una tenda e si rompe un polso.
Il giorno successivo marito e moglie stanno viaggiando e ovviamente è Eva che guida la macchina perché lui è impossibilitato, quando ella vede un autostoppista (ovviamente David Hess) ha l’improvvida decisione di prenderlo a bordo, per fare un’ennesimo dispetto al marito. David Hess non può essere un autostoppista normale, e solo riconoscendolo da “L’Ultima casa a sinistra”(Last House on the Left)(’72) di Wes Craven nessuno lo prenderebbe mai a bordo, e difatti ben presto si rivela ancora una volta come un altro dei nostri psicopatici preferiti. Il film, grazie alla collaudata ed esperta bravura di sceneggiatore da parte di Pasquale Festa Campanile(che co-sceneggiò nella sua lunga e onusta carriera, tanto per citare uno dei massimi capolavori del cinema italiano, persino “Rocco e i suoi fratelli”), restituisce molto bene la disfunzionalità che colpisce molte coppie dopo anni di matrimonio/convivenza. Quella composta da Walter e da Eva, è una di queste. Lui si ubriaca soventemente e fa verbalmente il cafone maleducato, più per reazione all’indifferenza della moglie che per altro, vorrebbe avere un po’ di conforto fisico ed ella gli fa come al solito cadere la cosa faticosamente dall’alto, con l'ovvioargomento femminile di quando esse non hanno più argomenti, l’”amore”. Anche quando viene caricato in macchina David Hess/”Adam Konitz”, è Eva a prendere la decisione, non certo lui, decisione presa anzi solo per contrastarlo. L’autostoppista dai capelli ricci e dalla faccia tanto da fijo ddè nà mignotta, all’inizio fa così tanto il sollevato d’aver potuto imbattersi in una “bbòna samaritana”che l’ha prelevato dal ciglio di una tale strada desolata nel deserto. Non ci metterà comunque molto a tirare fuori anche una pistola puntata sui due e a chiedere loro di essere guidato fino in Messico. Riuscendo a essere già sfuggito alla cattura a seguito di una rapina violenta da lui messa a segno con altri tre complici, “Adam” ha con sé una valigia-borsone farcita con 2 milioni di dollari in contanti. I due malcapitati marito e moglie gli dovranno fornire quindi fornire un passaggio sicuro attraverso il confine. Come l’”amico di famiglia” –parole sue dal dialogo del film- “di ritorno da un fine settimana passato in piacevole gita di vacanza”.
Nel frattempo, visto che Walter/Franco Nero è un giornalista decide di registrare la sua vita di criminale per i posteri e per –secondo lui- un sicuro “best seller” a base di rischio, azione, sangue, e sesso. E per il sesso ci dovrà pensare ben presto gioco forza la signora Eva, Corinne Clery “culetto d’oro” come da scherzoso “ribattezzamento”, almeno nella versione originale. Soprattutto per Eva, praticamente l’unico personaggio femminile del film, la strada verso il Messico sarà disseminata di violenza e di morte –più assistita che subita- , di stupro e poi di vendetta…
“Autostop[…]” è certo un film molto interessante e che sa staccarsi nettamente da altri anche più noti e importanti nel filone “exploitativo” del “Rape & Revenge” all’italiana, anche perchè la sua narrazione minimale scandisce molto bene la brutale violenza, il sesso, l’abbondante nudità, e la troppa “cortesia” della signora Eva/Corinne “lussurious” Clery, che sarà così determinante in negativo e nell’aspetto più positivo infine per il protagonista Walter Mancini/Franco Nero.
La maggior parte del film si svolge tutta in auto, con lunghi dialoghi soprattutto tra Mancini/Nero e David Hess/”Adam”, ma anche fra lui e i suoi due prigionieri, Walter e Eva.
E’ il classico “gioco del gatto con il topo” tra tutti e tre i personaggi, ma condotto da Festa Campanile con ottimo mestiere soprattutto nel tratteggiamento di un matrimonio amaro. In cui il più nemico per Eva la donna protagonista alla fine è proprio il marito, come esplicato anche da una memorabile battuta di dialogo da Franco Nero poco prima del finale nel bar della stazione di servizio, con i giovani teppisti-motociclisti. Più di “Adam” che, in quanto pazzo psicotico e criminale assassino , è più “prevedibile” (fuggito da un manicomio criminale di massima sicurezza, prima di poter dare libero sfogo alla sua ondata di criminalità) nella sua da un momento all’altro apparente imprevedibilità .
Essendo ben consapevoli che ci sono poche possibilità che sarà lui a lasciarli in vita, Walter cerca di pensare a qualche piano per prendere tempo, ma ovviamente soprattutto per rovesciare la situazione a suo favore, prima che sia troppo tardi. Eva, nel frattempo, cerca soltanto di mantenere il più possibile i nervi saldi e a non diventare pazza, intrappolata com’è nel fuoco incrociato tra i due uomini. Ridotta ad oggetto da “contendere”, viene infine violentata da Adam mentre a insostenibile sfregio Walter è ridotto all’impotenza e legato, costretto a guardare fino alla fine, lungamente.
Questa scena è resa in modi registicamente sorprendenti per un regista come Festa Campanile più avvezzo alla commedia e al film di “costume”, che immaginabilmente ad una sequenza come questa che invece ha saputo bene rendere veramente inquietante e fastidiosa, quando Eva dalla resistenza iniziale passa a soccomberne inconfondibilmente al piacere sessuale derivante, e a un’apparente passione nel momento dell’accoppiamento, con il brutale killer. Il fortissimo colpo psicologico di questa umiliazione trasformerà profondamente Walter, ben oltre qualsiasi soglia…,in profondità e scavando un abisso tra lui e la moglie che come detto, lo trasformerà in qualcosa di ancora più pericoloso e imprevedibile rispetto al maniaco che li tiene sotto tiro.
Qualche parola di cenno doveroso sull’interpretazione così fondamentale per il film, di Franco Nero, sempre prontamente scaltro e dalla –almeno apparentemente- stoica calma dell’eroe (“anti-eroe”), che ha già centrato nell’impersonare questa simile interpretazione del personaggio in decine di film come “Django” e “Keoma”, qui in “Autostop[…]” ottiene di svolgere invece un ruolo approfonditamente spregevole, cosa che è evidente gli sia piaciuto fare, anche troppo…Ci sono dei momenti in cui sembra andare –anche se solo di brevi secondi- sopra le righe ma anche e soprattutto per questo, ci piace ancora di più.
Il suo personaggio ci viene poi presentato come suppostamente incline all’abuso alcoolico, rendendone quindi anche più complessa e sfaccettata la rappresentazione, e la sua giudicabilità in toto. Il personaggio, quello di Walter, è poi l’unico veramente eccezionale in molte scene, a cui Nero conferisce l’essenza di un uomo detestabile perché in fondo è quello che tutti siamo, speranzoso lui come noi spettatori, di riuscire a trovare un qualche modo per riscattarsi.
Il suo antagonista, interpretato dal famoso attore e cantautore David Hess, è invece essenzialmente il personaggio celeberrimo di Krug Stillo in “L’Ultima casa a sinistra”, così come era nelle intenzioni dei produttori e dello stesso Festa Campanile, qui forse solo ancora più pazzo (ma non sadico come nel film di Craven, bensì sempre però un sacco di merda totale), mentre la Clery (che non ha doppiato anche in inglese il suo personaggio, come Nero e Hess hanno invece propriamente fatto) ha la grossa parte “sexexploitation” del film, facendosi sempre vedere molto nuda o proprio full frontal, ma il suo è certo un ruolo da poter rendere più comodamente.
Pasquale Festa Campanile che per questo genere di storia e di film poteva apparire inizialmente un regista improbabile, come detto racconta la vicenda molto bene, esaminando anche molti concetti di mascolinità (compresa l’evirazione), e girando benissimo la sequenza in cui la Clery diventa anche una bellissima eroina, completamente nuda imbracciante un fucile di precisione, sequenza molto ben costruita e orchestrata, laddove è lei che esce dai suoi limiti per andare allo scontro in un campo di battaglia di personaggi prettamente maschili.
Campanile offre allo spettatore molte opportunità di vedere la “Naked Prey” Eva/Clery (dal titolo anglofono per il mercato Nordamericano), in quanto la Clery ha un numero quasi impressionante di scene di nudo da “spontaneous pollution”. Ogni “messaggio” Campanile stia cercando di trasmetterci con la sua storia, è fin troppo evidente l’intento “exploitativo” di veicolarcelo “diluito” appunto nell’”umidità” provocata dallo sfruttamento scoperto e insistito della splendida Clery, che sicuramente anche a lui piaceva un sacco mostrare, e non gli si potrebbe certo dar torto.
Quindi, diciamo che "Autostop[...]" è certamente anche un film d’”exploitation”, sia pure d’alto mestiere cinematografico; difatti la regia di Campanile ci tiene come spettatori abilmente e a lungo, portandoci alla prima visione sempre a chiederci che cosa possa arrivare da dietro la prossima curva della strada, e anche in una certa sequenza, con un’evidente citazione di “Duel”(’71) di Steven Spielberg.
L’ambientazione di “Autostop rosso sangue” (che com’è noto venne girato interamente in Italia, ricostruendo le strade desertiche americane in Abruzzo) è aiutata notevolmente dalla o.s.t. di Ennio Morricone, la quale potrebbe anche facilmente essere quella di uno dei tantissimi spaghetti western di cui compose le straordinarie colonne sonore. Un certo numero di pezzi di questa o.s.t. di Morricone in particolare con il banjo usato in modo veramente superlativo a creare la tessitura di notevoli brani ossessivi, raggiunge l’altissimo risultato del celeberrimo “Dueling Banjo’s “ di Arthur Smith, Steve Mandel, Eric Weissberg, dalla o.s.t. di “Un Tranquillo week-end di paura”(Deliverance)(’72)di John Boorman.
Si tratta in definitiva di un’altra colonna sonora morriconiana piuttosto eccellente, tranne per un’”orribile” canzoncina che qualche recensore inglese si divertì a ribattezzare “Campfire Song from Hell”. Si sente nel film in occasione della sequenza in cui un gruppo raccogliticcio di ragazzi e ragazze la canta vivacemente intorno al fuoco del campeggio. E’ una sequenza lunga, in pratica la prima in cui ci viene presentato il personaggio di Walter Mancini, il quale si aggira per il campeggio osservandosi intorno. Sembra musica diversa da tutta quell’altra composta da Morricone per il film, e pare in presa diretta sul set mentre si girava nel film –almeno nella colonna audio dell’edizione italiana-, è un pezzo molto ritmico tipicamente “bianco”, anche se si sente che è un po’ “d’imitazione”. Certo è un brano ricco d’energia, ed è riutilizzato nel film almeno altre tre volte, come ad esempio per un effetto ironico quando Konitz/David Hess tiene sotto la minaccia della pistola Eva e Walter.
Il film esiste in versioni con tre finali diversi, dei quali almeno noi –penso- ne preferiamo soprattutto uno. Diciamo che, senza fare spoiler c’è un finale più “buonista” e di lieto fine, uno più triste e deprimente –e basta-, e il terzo, veramente cattivo e stupendamente misogino e amorale, il quale è sicuramente il più bello se non addirittura entusiasmante e quello che meglio conchiude il personaggio di Nero/Mancini, facendoci alla fine parteggiare apertamente per lui. Il finale “buonista” fu quello scelto in Francia, fin dalla sua prima uscita archeologica in vhs nel 1981, il secondo fu utilizzato soprattutto per alcune uscite in vhs leggermente censurate, come ad esempio la versione australiana, il terzo e migliore, bisogna rendere atto e merito alla solita magnifica Blue Underground di William Lustig, di avercelo reintegrato filologicamente come era nella sua prima fugace uscita cinema italiana conferendo finalmente al film una chiusura talmente fiammeggiante, che si riverbera potenziandola, sull’intera opera.
Durante l’intervista contenuta nel documentario sul film del dvd americano Blue Underground/Anchor Bay intitolato “The Hitch-Hike”, David Hess sostiene che Franco Nero gli ruppe il naso davvero durante le riprese della sequenza di lotta fra i due, dopo che Nero lo butta fuori dall’auto.
Il film è ambientato nella California del nord, ma il budget del film non permise al film di poter essere girato fuori dall’Italia. Furono scelte come location per le riprese gli Abruzzi, anche d’intorno a L’Aquila, perché il paesaggio abruzzese è forse l’unico in Italia che può sembrare l’ovest degli Stati Uniti, mentre le indicazioni stradali vennero appositamente “americanizzate”, come la stazione di servizio che venne appositamente costruita . Dopo la fine del film per un po’ di tempo è capitato che soprattutto alcuni confusi turisti americani si siano imbattuti nei luoghi delle riprese, trovando queste inspiegabili indicazioni californiane scritte in inglese, molto “italianamente” lasciate lì.
Fu Franco Nero a suggerire David Hess per il ruolo di Adam, in quanto avevano da poco lavorato insieme per il film “21 ore a Monaco”(21 Hour at Munich)(1976) di William A.Graham, e dato che durante le riprese di questo bel film sul famoso sequestro degli atleti israeliani e il successivo massacro durante le Olimpiadi di Monaco’72, Hess espresse a Nero l’ansioso desiderio di poter lavorare anche lui nel cinema italiano.
TorsoloMarioVanni