http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=66377In questo articolo il prof. Murray Straus, uno dei massimi esperti mondiali in materia di violenza domestica, descrive i metodi criminali usati da femministe per far credere che gli uomini siano più violenti delle donne.
Grazie a questa totale falsificazione della realtà una donna violenta può assumere una spietata avvocata nazifemminista, accusare falsamente il marito di violenza, guadagnarsi un processo dove la vittima rischia di venire condannata sulla base del nulla, mentre la criminale, con l’aiuto della giustizia deviata, può alienare ed abusare dei figli.
L’articolo è pubblicato su European Journal on Criminal Policy and Research 13 (2007) 227-232.
Metodo 1. Nascondere l’evidenza. Fra i ricercatori non allineati all’ideologia molti (incluso e me alcuni colleghi) hanno nascosto risultati che mostrano che uomini e donne sono violenti in egual misura per evitare di diventare vittime di accuse al vitriolio ed ostracismo. Quindi molti ricercatori hanno pubblicato solo dati su maschi violenti e femmine vittime, omettendo deliberatamente maschi vittime e femmine violente
Metodo 2. Evitare di ottenere dati inconsistenti con la teoria della “dominazione patriarcale”. Nelle indagini statistiche, questo metodo di manipolazione consiste nel chiedere alle donne delle violenze subite da uomini, ma evitare di chiedere se hanno commesso violenze.
Metodo 3. Citare solo studi in cui gli uomini sono violenti. Potrei elencare moltissimi articoli che hanno citato articoli in maniera selettiva, ma invece mostrerò come questo processo di inganno e distorsione è istituzionalizzato in documenti ufficiali di governi, ONU, OMS.
Metodo 4. Concludere che i risultati supportano l’ideologia femminista quando ciò è falso. Gli studi citati sopra, oltre ad illustrare la citazione selettiva, contengono anche esempi di adesione ideologica che porta i ricercatori a interpretare falsamente i propri dati.
Metodo 5. Creare evidenza per citazione.
È quello che Gelles ha chiamato “effetto woozle” [un animale inesistente dei cartoni animati di Winnie the Pooh]: si crea quando numerose citazioni di pubblicazioni passate che non contengono evidenze scientifiche ci ingannano nel credere che questa evidenza esista.
Metodo 6. Ostruire pubblicazioni e levare i fondi a ricerche che potrebbero contraddire l’idea che la dominanza maschile sia la causa della violenza domestica.
Ho documentato un caso in cui una pubblicazione è stata bloccata, ma credo che capiti spesso. Il caso più frequente è la auto-censura di autori che temono che i risultati possano danneggiare la propria reputazione, e, nel caso degli studenti, la possibilità di trovare un lavoro.
Un esempio di blocco di fondi è la proposta di investigazione del 2005 del National Institute of Justice: il bando diceva che non era permesso studiare la violenza sugli uomini.
Metodo 7. Minacciare, assalire e penalizzare i ricercatori che producono risultati scientifici contrari all’ideologia femminista.
Suzanne Steinmetz fece l’errore di pubblicare un libro ed articoli che chiaramente mostravano come uomini e donne fossero violenti in egual misura. L’odio si concretizzò in minacce di bombe al matrimonio di sua figlia, è stata vittima di una campagna per negarle il posto e stroncarle la carriera universitaria. 20 anni dopo lo stesso è accaduto ad un ricercatore la cui tesi dimostrò che uomini e donne sono violenti in egual misura: gli hanno impedito la promozione ed il posto. Nella mia esperienza, una delle mie studentesse è stata minacciata ad una conferenza che mai avrebbe trovato un posto se avesse fatto il dottorato con me. All’università del Massachusetts, mi hanno impedito di parlare con urla e violenze.
CONCLUSIONI
I 7 metodi sopra descritti hanno creato un clima di paura che ha inibito la ricerca e la pubblicazione dei dati che mostrano che uomini e donne sono violenti in egual misura, e spiegano come mai l’ideologia femminista ed il loro modo di agire ha persistito per 30 anni, nonostante centinaia di studi che dimostrano la molteplicità dei fattori di rischio per la violenza.
L’autore è professore di sociologia e co-direttore del Family Research Laboratory, University of New Hampshire.