Da articolo di oggi su Il Fatto Quotidiano. sabato 16/11/'13
Le atrocità del nazismo
Le furie di Hitler feroci e indifferenti
Le ragazze "normali" che uccidevano gli ebrei nei campi per non valere meno degli uomini
Una decina d'anni fa Adelphi pubblicò Lasciami andare madre, di Helga Schneider. Una testimonianza struggente e indimenticabile per chi l'ha incrociata perchè racconta la tragedia di una bimba abbandonata a quattro anni dalla madre. La donna lasciò la famiglia per arruolarsi nelle SS e divenne a Birkenau una feroce assassina, mai redenta: "Verso di lei provo un rancore tenace, ma temo di non avere ancora rinunciato a trovare in lei qualcosa che si salva. Di qui il dubbio: è stata davvero spietata come dice o si mostra irriducibile perchè io la possa odiare, liberandomi dell'incubo?"
Nel 1939 in Germania c'erano 40 milioni di donne. Un terzo era attivamente impegnato in qualche organizzazione nazionalsocialista, e il numero d'iscritte al partito aumentò regolarmente fino al termine del conflitto. Ce lo racconta Wendy Lower, storica americana, in un interessantissimo saggio appena uscito per Rizzoli. Il libro s'intitola "Le furie di Hitler", ma non si occupa delle kapo: "Mentre gli atti delle guardie femminili nei lager sono state oggetto di un accurato esame da parte di giornalisti e studiosi, molto meno si sa delle donne che occupavano ruoli più tradizionali, che non erano state addestrate a essere crudeli, ma che per caso o per un piano preciso avevano finito per servire le politiche criminali del regime".
Maestre, infermiere, casalinghe: erano le donne nei territori orientali, dove fu commessa gran parte dei peggiori crimini del Reich. "Alle più ambiziose veniva offerta da parte dell'emergente impero nazista la possibilità di far carriera all'estero". Su questa, estesa e attiva, partecipazione al regime mancano studi e pubblicazioni. Ci hanno raccontato di Gertrud Scholtz-Link (la donna più influente del partito nazista), conosciamo i crimini di Irma Grese e Ilse Koch (due tra le più spietate guardie femminili nei campi), ma di tutto il resto sappiamo troppo poco. Perchè? Scrive la Lower: "Gli studi sull'Olocausto concordono sul fatto che i sistemi che rendono possibile l'omicidio di massa non funzionerebbero senza un'ampia partecipazione della società, e ciò nonostante quasi tutte le storie dell'Olocausto lasciano fuori metà di coloro che popolavano quella società, come se la storia delle donne avvenisse da qualche altra parte. E' un approccio illogico e un'omissione sconcertante".
E' forse una delle poche situazioni in cui il pregiudizio maschilista ha favorito le donne. L'autrice racconta che esaminando gli atti delle inchieste del Dopoguerra, si è resa conto di quante donne erano state chiamate a testimoniare. Tantissime tra loro lo avevano fatto di buon grado, con naturalezza e sincerità, perchè "i pubblici ministeri erano più interessati ai crimini commessi dai loro mariti e colleghi maschi".
Ma loro, di fronte agli orrori, come avevano reagito? "Quasi tutte con indifferenza".
Erna Petri fu condannata per aver torturato e ammazzato ebrei. Al processo le chiesero come aveva potuto uccidere dei bambini ebrei, che fino a poco prima aveva nutrito, lei che era anche una mamma. "Volevo dimostrare di non essere meno di un uomo".
Articolo scritto da una donna, Silvia Truzzi.