Circa dieci anni fa (più o meno) stavo già come ora, soltanto che avevo appunto dieci anni meno, e una situazione logistica generale incommensurabilmente migliore. Oltre che, un padre ancora vivo.
Comunque, mi sentivo già molto solo e triste, e lo ero. Frequentavo una ragazza con cui mi vedevo per degli incontri praticamente di esclusivo e preponderante sesso anche se il rapporto era fondato sull'affetto, ma per vari motivi era già tanto se ci vedevamo una volta alla settimana, e alle volte le settimane passavano senza potersi vedere anche per un mese. Quindi certo non una situazione ottimale ma anzi molto frustrante e deprimente, seppur tra picchi di passione molto alti e invidiabili, da vivere però senza altre alternative, e a soli 26-29 anni (sì perchè l'andazzo fra alti e bassi -i più- durò comunque ben quattro anni). Vedendoci in altre città, andavamo sempre in albergo, solitamente belli e romanticamente "stimolanti", quindi fu pure una relazione abbastanza costosa. Certo però non mi pesava, poichè lei era tanto bella, forse la più bella ragazza che abbia mai avuto, difatti la guardavano sempre tutti e se la mangiavano con gli occhi.
Insomma, per farla breve io facevo una specializzazione e durante un inverno di quelli conobbi in una aula studio una ragazza che mi piaceva molto, almeno fisicamente e nel viso. Incominciammo a stare allo stesso tavolo, a studiare. Lei più giovane di me di un quattro-cinque anni.
Ogni giorno che potevo mi sedevo con lei, poichè da lei mi facevo tenere il posto.
Incominciai a dirgli delle stronzate, del tipo che "l'unico bel momento della giornata che avevo era quello del tempo che trascorrevo vicino a lei guardandola mentre si studiava, o parlando nella pause" ecc., che era "bellissima", queste stronzate ovvie e banali qui insomma, ma se non altro spontanee e sincere. Poichè per me era proprio così, ed era infatti una bella ragazza. Però forse un pò convinta e stupidina, essendo la figlia degli armieri di più lunga attività e famosi in città, con un grande e molto bello, negozio.
Si scherzava, e un giorno, a mia battuta sul fatto che mi sedevo e così volevo, soltanto vicino a lei, ella sorridendo mi disse che però "volendo di posti liberi in cui sedersi altrove, ce ne erano, tanti". Non me lo feci ripetere due volte, e presi la mia roba i miei libri, sedendomi altrove, lontano, dopo settimane e settimane che sedevamo sempre vicini. Lei mi seguì dicendomi che scherzava e che non pensava la prendessi così, ma io ci rimasi male, capendo, credetti tutto, e cominciando a sedermi in altre aule, facendomi tenere il posto da altri, in tavoli tutti occupati. Ancora un'altra volta in seguito, mi prese da parte e si scusò, ma io ero molto deluso di tanta superficialità, insensibilità, anche in luce delle evidentemente per lei cazzate, che avevo comunque detto, manifestato.
Pochi mesi fa l'ho rivista, dopo almeno sei - sette anni che non l'avevo mai rivista, in una biblioteca. Ho notato che mi guardava e avrebbe voluto parlarmi, quando non ero io a osservarla, mi aveva riconosciuto anche lei, dopo così tanto tempo.
Uscendo fuori per andare ai distributori automatici, è venuta a parlarmi lei, dicendomi che le era dispiaciuto molto quel fatto avvenuto tanti anni prima, che le era capitato di ripensarci spesso, a quell'"equivoco", se mi aveva così "ferito" ecc., io ho tagliato corto e le ho detto che: "Se è accaduto così voleva dire che doveva accadere così, e che ormai era passato tanto tempo, se non andavo bene per te allora vuol dire che non sarei andato bene per sempre. E comunque è passato tanto tempo. Che nessuno comunque restituisce. Volendo o nolendo, consapevolmente o meno, hai contribuito con un importante tassello, a costruire pure tu tutta la solitudine e lo schifo dei miei ultimi anni, e a far sì che prendessero una certa direzione, quindi ormai è inutile anzi futile, parlarsi o scusarsi. Adesso scusami, che non mi sento neppure tanto bene e rientro, ciao."
Avendo sempre preparato nella mia mente a me stesso prima di tutto un discorso del genere, non potevo -finalmente- avere da cogliere un'occasione migliore, e così come una pagina scritta e stampata, mi è uscito naturale quale ho riportato. L'ho lasciata lì, ho sentito che mi ha guardato mentre me ne andavo, senza sapere profferirmi più parola.