Autore Topic: videogame che mette in scena di un padre che tenta di salvare il proprio bimbo  (Letto 1269 volte)

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PARIGI - Ecco quel che Steven Spielberg sognava di fare da anni: un videogame che sappia commuovere. A riuscirci però è stato un quarantunenne francese di origine italiana, David De Gruttola, in arte David Cage. Il suo Heavy Rain, che esce mercoledì in tutta Europa per PlayStation 3, è uno spartiacque. Non ha nulla in comune con le invasioni aliene, le epopee fantasy e quell'esercito di eroi digitali così senza macchia da non lasciare mai un ricordo nella memoria. Stavolta in scena c'è un padre e il suo amore incondizionato per il figlio di otto anni, come in La Strada, il romanzo di Cormac McCarthy. Una storia struggente ambientata nei sobborghi di una Philadelphia povera, battuta dalla pioggia, terrorizzata da un serial killer di bambini. Una storia imprevedibile dato che, secondo le scelte compiute, la trama può prendere direzioni diverse, avere finali differenti e risolversi in dieci come in venti ore. Alcuni personaggi, anche quelli principali, possono morire se magari non si abbandona quella stanza in tempo o non si è in grado di difendersi. E non si torna indietro, non c'è mai una seconda chance. Semplicemente il tessuto narrativo si ricompone prendendo un altro percorso.

"Né film, né gioco. Semplicemente qualcosa che prima non esisteva", commenta Terry Gillian, regista di Brazil e L'Esercito delle 12 Scimmie, che abbiamo incontrato alla presentazione di Heavy Rain. Assieme a lui anche Mathieu Kassovitz, L'odio e Fiumi di Porpora, e Neil LaBute, regista statunitense che sul tema di fondo del videogame ha girato un breve documentario dove compaiono fra gli altri Samuel L. Jackson e Stephen Frears. Si intitola How far would you go for love? - quanto saresti disposto a rischiare per amore? - che è poi la domanda centrale del gioco. Quella che segna la vita, nel bene o nel male, dei suoi quattro interpreti principali. Interpreti veri e in carne e ossa, selezionati sulla base di trecento provini, poi filmati e digitalizzati nel corso di diciotto mesi seguendo una sceneggiatura di oltre duemila pagine.


Un lavoro mastodontico che ha portato a un risultato fuori dal comune. Anche se in realtà Heavy Rain è l'insieme di elementi e soluzioni tecniche che il ricco, ricchissimo, mondo dei giochi elettronici ha a disposizione da tempo. Solo che, stranamente, nessuno ha mai avuto il coraggio di usarli in questo modo. Salvo rarissime eccezioni, non altrettanto mature, come il gioco precedente di Cage, Fahrenheit. E così nei negozi hanno continuato a proliferare titoli di guerra - come Call of Duty: Modern Warfare 2, sette milioni di copie vendute in ventiquattro ore - che in un colpo solo uniscono un realismo visivo da telegiornale al piglio ottuso del maccartismo anni Cinquanta.

"Mi sono sempre sentito un alieno in quest'industria", confessa Cage. "Il che da un lato è anche una cosa buona, significa che quel che faccio è originale, ma allo stesso tempo mi ha spinto a domandarmi se le mie idee avessero un senso". Di certo nessuno, fra i game designer più quotati, avrebbe mai ideato un gioco partendo da un episodio come quello accaduto allo stesso Cage e che fa subito venire in mente Bambini nel tempo, il libro di Ian McEwan. Cage si trovava in un centro commerciale con la famiglia quando perse di vista uno dei suoi due figli. Credeva fosse con la moglie e la moglie credeva fosse con lui. "Siamo entrati in una stato di puro panico e per dieci minuti abbiamo visto l'inferno", ricorda. "Heavy Rain nasce da quei dieci minuti: dal baratro emotivo apertosi con la possibilità che non avrei più rivisto mio figlio".

Per fortuna il bambino venne ritrovato. A Ethan Mars, il protagonista del gioco, non è andata altrettanto bene. Suo figlio maggiore muore attraversando la strada davanti a un centro commerciale. Due anni dopo la vita di Ethan è ridotta a un'ombra e il senso di colpa è talmente opprimente da anestetizzare anche l'amore per l'altro figlio, Shaun. A peggiorare le cose degli strani vuoti di memoria che lo colpiscono all'improvviso. E così, quando Shaun viene rapito, Ethan inizia a perdere la ragione e arriva a ipotizzare che dietro il killer dell'origami, chiamato così perché lascia sempre sulle vittime degli animali di carta, ci sia proprio lui. Per le precedenti vittime, fra la scomparsa e il ritrovamento del corpo, passano quasi sempre quattro giorni. Ha quindi una manciata di ore per trovare il figlio - e in fondo per redimersi dal senso di colpa.

"Le scelte, la cosa che mi ha colpito sono le scelte", racconta Gillian alla fine. "E poi la lentezza, la lentezza di certi movimenti, quando ad esempio culli un neonato nei panni dell'investigatore privato Shelby o quando cucini per tuo figlio vestendo quelli di Ethan". Forse però la conclusione migliore è quella di Kassovitz: "Dopo aver finito Heavy Rain, mi è stato subito chiaro che il termine videogame non era più adatto. Ora bisogna trovarne uno nuovo".
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