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"Limonov"( Prima ed.2011) di Emmanuel Carrère. Adelphi

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Suicide Is Painless:

"Limonov"( Prima ed.2011) di Emmanuel Carrère. Adelphi.

I suoi libri per me sono stati un motivo per tirare avanti quando motivi nella vita proprio non se ne riuscivano neppura ad intravedere più, come recita nel senso un passo dalla famosissima poesia di Kipling. La biografia che ne ha tratto il bravissimo Carrère, è stato forse il libro migliore che abbia mai letto nella primavera dell'anno scorso, una schifosa, acre, già madida primavera di solitudini e disperazione.

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 “LIMONOV” LETTO DA LIMONOV – ‘’CARRÈRE HA SPIEGATO LIMONOV AI BORGHESI” - “UN FASCISTA”, “UN GENIO ASSOLUTO”, “UN PERFETTO STRONZO”? - BELLISSIME TUTTE E TRE, MA ASSIEME. SEPARATE NON VALE” – “IL CINISMO È IL LIVELLO ESTREMO DEL REALISMO” - “BISOGNA IMPOSTARE LA PROPRIA VITA SULLA OSTILITÀ DI TUTTI QUELLI CHE CI CIRCONDANO” - “SIAMO UN PARTITO DI DURI CONTRO UNO STATO POLIZIESCO. NIENTE A CHE VEDERE CON L’OPPOSIZIONE BORGHESE CHE VA IN PIAZZA DI TANTO IN TANTO”… -

Nicola Lombardozzi per "la Repubblica"

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Qual è il colmo per un romanziere? Diventare famoso come eroe di un romanzo scritto da un altro. Eduard Limonov vive questa situazione diviso tra vanità e orgoglio ferito: «Chiedete a lui. È Carrère che ha fatto un libro su di me. Sulla mia vita, sul mio talento. Io su di lui cosa avrei potuto scrivere?».

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E la parte del personaggio che si ribella all'autore gli riesce benissimo. Seduto a una scrivania di finto mogano, in una casa umida al terzo piano di una costruita negli anni Sessanta per i funzionari di partito di seconda fascia, fa di tutto per smentire le tesi della biografia più letta del momento: di Emmanuel Carrère appunto.

Se siamo venuti a cercare l'intellettuale maledetto, cinico e ribelle, allora abbiamo sbagliato. Indossa un giubbotto da sci per via del riscaldamento insufficiente e con l'aria preoccupata mi invita a pulire bene le scarpe dalla neve per non bagnare il logoro parquet riverniciato a mano color rosso sangue.

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Limonov mette in evidenza tutte le lentezze e gli acciacchi dei settant'anni che compirà sabato prossimo. E continuerà per tutta l'intervista ad alternare due gesti: fissarsi timidamente le punta delle dita come uno studente impreparato, e lisciarsi il pizzetto alla Trotzky con l'autocompiacimento di chi si sente «un personaggio unico». Ma via via il personaggio di Carrère torna fuori da solo con un'unica piccola concessione a un sogno un po' infantile: «Mi piacerebbe che facessero un film su di me. Tarantino
sarebbe l'ideale».

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I suoi romanzi sono universalmente apprezzati, ma deve ammettere che lei non è mai stato così famoso come oggi.
«Sono contento per Carrère, starà facendo un sacco di soldi. Ha costruito un mito e lo ringrazio. Ma mi raccomando: non è tutto vero, il mito non deve essere mai autentico».

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Che fa, rinnega le parti più scabrose? Per esempio quella in cui sodomizza sua moglie sulla colonna sonora di un discorso di Solgenitsin? Oppure quando si fa possedere da un ragazzo di colore a Central Park?
«Carrère ha saccheggiato i miei libri. Ha riportato cose che avevo scritto io in prima persona, ma sotto pseudonimo. Io mi chiamo Savenko. Limonov è un nome d'arte e di battaglia».

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Dunque sono tutte invenzioni?
«Ripeto: sono i miei libri. Ci sono cose che ho fatto, cose che avrei solo voluto fare e cose che forse non avrei fatto mai. Ma non vi dirò mai quali. Limonov è come l'Henry Chinasky
di Bukowski».

Ecco tre giudizi tratti dalle innumerevoli critiche a Limonov: "Un fascista", "Un genio assoluto", "Un perfetto stronzo". Quale le sembra più corretta?
«Bellissime tutte e tre, ma assieme. Separate non vale».

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Dal teppismo giovanile alla fuga in America fino alla formazione del partito nazionalbolscevico. Il suo personaggio è roso dall'ambizione del successo. Lo ha raggiunto, infine?
«Il successo che cercavo non era quello del denaro o dei premi letterari. Volevo una vita di questo genere. L'ho avuta. E non è ancora finita».

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Carrère le fa dire: "Una vita di merda".
«Questo lo pensa lui che è un borghese. Io sono fiero di non essere finito come tanti miei coetanei persi nell'alcol in una periferia di fabbriche e discariche».

Vede che anche lei prova pietà, per i mediocri, per i falliti?
«No, la pietà non serve a nessuno. E io non la provo per nessuno. Nemmeno per me stesso. Odierei chi mostrasse di provare pietà per me».

Nel libro lei quasi esulta per la notizia che il bambino dei vicini sta per morire di cancro. È davvero tanto cinico?
«Ricordo bene, dissi che la morte non risparmia nemmeno i figli dei ricchi. Non è forse vero? Sono un cinico nel senso che il cinismo è il livello estremo del realismo».
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C'è un'altra sua sparata che inquieta il lettore: "Bisogna impostare la propria vita sulla ostilità di tutti quelli che ci circondano".
«Verissimo. L'ho imparato già dai compagni di scuola. La lotta tra gli individui è naturale. Si cerca la supremazia su ogni cosa. Dalla merendina alla donna, al potere. Anche ora
sono odiato».

Da chi?
«Dai miei coetanei. Mi odiano perché ho vissuto così, perché ho fatto scelte che loro non hanno avuto il coraggio di fare. Perché scrivo bene. Io credo che come non esiste profeta in patria, non può esistere un profeta della propria generazione. I giovani mi ammirano, sperano di imitarmi. Ma quelli che hanno avuto lo stesso tempo a disposizione e lo hanno usato male sono lividi di invidia».

Neanche lei è stato tenero con i suoi contemporanei. Sembra che faccia apposta a scegliere come idoli personaggi negativi e denigrare miti universali. Cominciamo dai suoi colleghi. Il Nobel Iosif Brodskij?
«Poeta sopravvalutato, abile manager di se stesso»

Sergej Bulgakov?
«Ripugnante razzista sociale e nemico della classe operaia come dimostra Cuore di cane.
Reso famoso da un'operina piatta e senz'anima come Il Maestro e Margherita».

Evgenij Evtushenko?
«Mediocre poeta e uomo molto meschino. Ve lo assicuro».

Boris Akunin?
«Scrittore quello? Non scherziamo».


Aleksandr Solgenitsyn?
«Poveretto. Ha assistito con la fine dell'Urss alla fine di tutto quello che aveva scritto. Adesso la gente non legge più quella roba. Preferisce i miei libri che parlano di problemi universali, eterni, come il conflitto con se stessi, l'amore, l'odio».

È vero che disse no a Lawrence Ferlinghetti, il poeta-editore della beat generation che voleva pubblicare il suo primo romanzo, Io Edicka?
«Sì. Mi chiese di scopiazzare un finale da Taxi Driver. L'eroe, cioè io, avrebbe dovuto uccidere un personaggio famoso come De Niro nel film. Devo dire che è una di quelle cose che ogni tanto ho pensato di fare. Ma non mi andava di scriverla».

Passiamo ai politici. Ha detto che Gorbaciov andrebbe ghigliottinato. E poi è stato amico di un criminale di guerra come Karadzic. Conferma?
«Ghigliottina o fucilazione, scegliete voi. Gorbaciov meriterebbe di essere punito per quello che ha fatto lasciando sgretolare un impero e facendoci perdere la dignità. Quanto a Karadzic era un uomo mite e colto, sono fiero di essere stato suo amico. Un giorno sarete costretti a rivalutarlo».

Anche il boia Zeljko Arkan?
«Ho combattuto al suo fianco. Aveva un passato criminale ma era un guerriero che lottava per la sua patria».

Carrère teme che nella ex Jugoslavia lei abbia sparato sui civili.
«Mai. Gente in divisa ne ho vista cadere mentre sparavo. In guerra è così».

Adesso sembra di vedere il Limonov leader del semiclandestino partito nazionalbolscevico. A proposito, perché un nome così contraddittorio?
«Marketing. Serve solo ad attirare l'attenzione e a risvegliare antiche energie. Siamo un partito di duri contro uno stato poliziesco. Niente a che vedere con l'opposizione borghese che va in piazza di tanto in tanto».

Ma ha ancora un senso avere nostalgia dell'Urss?
«Macché nostalgia! L'Urss per i russi è come la Roma imperiale per l'Occidente. Nessuno pensa a ricostruirla così com'era. Ma vogliamo che rimanga oggetto della nostra fierezza storica. Un'ispirazione da non perdere».

Per questo obiettivo ha smesso di scrivere romanzi?
«Non ne scrivo più dal 1990. E forse non ne ho scritti mai. In America i miei libri uscivano con la dicitura fictional biography. Il romanzo inteso come una storia del tutto inventata non ha più senso. Roba dell'Ottocento. È come l'opera lirica, la danza classica, la pittura figurativa. I capolavori passati restano. Ma fare opere nuove è ridicolo. Meglio i saggi. I verbali. Le storie vere, magari un po' "migliorate". Lo dico io, ma lo sanno bene gli editori. Il successo di Carrère ne è un esempio».

Successo di Carrère ma anche di Limonov. Non le pare?
«Diciamo che lui ha spiegato Limonov ai borghesi. Speriamo capiscano».

Imprescindibile, da Wiki:

Eduard Limonov

Eduard Limonov, (Russo : Эдуард Лимонов) pseudonimo di Eduard Veniaminovich Savenko (Эдуард Вениаминович Савенко) (Dzeržinsk (Russia), 22 febbraio 1943), è uno scrittore e politico russo. Fondatore e leader del Partito Nazional-Bolscevico si descrive come un nazionalista moderato, socialista "della linea dura" e attivista dei diritti costituzionali. Come avversario politico di Vladimir Putin e alleato dell'ex campione mondiale di scacchi Gary Kasparov, Limonov è uno dei leader del blocco politico L'Altra Russia.

Biografia

Nacque a Dzerzhinsk, una città industriale sul fiume Oka, vicino a Nizhny Novgorod (Gorky in epoca sovietica). Nei primi anni della sua vita, la sua famiglia si trasferì a Kharkov in Ucraina dove è cresciuto. Suo padre era un giovane ufficiale della NKVD. Nell'immediato dopoguerra passa un'adolescenza turbolenta nelle periferie di Kharkov, frequenta bande di strada restando coinvolto in piccoli reati che non gli costano il carcere grazie all'influenza di suo padre. In questo periodo Limonov cominciò a scrivere i primi versi ad adottare il suo nom de plume nell'uso letterario.

Limonov si trasferisce a Mosca nel 1967 e sposa la collega poetessa Yelena Shchapova, con cerimonia ortodossa. Durante il periodo di Mosca svolge i più svariati lavori, ma entra in contatto con gli ambienti letterari della città e riesce a vendere i suoi primi volumi pubblicati a sue spese. Dopo aver raggiunto un certo grado di notorietà lui e sua moglie lasciano l'Unione Sovietica nel 1974 per stabilirsi a New York. Qui lavora per un giornale in lingua russa come correttore di bozze e occasionalmente intervista emigranti sovietici. A New York frequenta circoli punk e avant-garde, conosce la musica di Lou Reed e comincia a scrivere il suo primo romanzo, Io, Édichka, che uscirà nel 1979.

Nel 1982 si separa dalla moglie e si trasferisce a Parigi con la modella, cantante e scrittrice Natalia Medvedeva, che sposa l'anno successivo. Qui collabora con vari giornali: da L'Humanité, organo ufficiale del Partito Comunista Francese, al nazionalista Le Choc du mois, ma in particolare con L'Idiot international ha alimentato la sua reputazione di "rosso-bruno" (fascio-comunista) o nazional-bolscevico.

Alla caduta dell'URSS nel 1991, Limonov torna in Russia, dove si è soprattutto dedicato alla politica. Ha fondato un giornale chiamato Limonka e un partito politico, il Partito Nazional Bolscevico insieme al politologo Aleksandr Gel'evič Dugin il quale però ne è successivamente uscito.

Attualmente la sua ultima moglie è l'attrice Ekaterina Volkova da cui ha avuto due figli.

Emmanuel Carrère ha scritto una biografia romanzata di Limonov, che ha vinto il Premio Renaudot 2011

Orientamento politico

Il Partito Nazional Bolscevico (NBP) crede nella creazione di uno stato che comprenda tutta l'Europa e la Russia, così come l'Asia centrale, sotto il dominio russo. Anche se il gruppo non è mai riuscito ad ottenere lo status ufficiale di un partito politico, è stato molto attivo nelle proteste di vario genere contro il governo di Vladimir Putin. Durante gli anni '90, Limonov ha sostenuto i serbo-bosniaci nella guerra civile jugoslava ed è venuto a combattere al loro fianco in una squadra di cecchini. La BBC ha mostrato Limonov insieme a Radovan Karadžić, ex presidente della Repubblica Serba accusato di crimini di guerra e genocidio contro i musulmani bosniaci. Ha anche simpatizzato con l'Abkhazia e la Transnistria nella loro lotta contro rispettivamente Georgia e Moldavia.

Limonov ammira Stalin, Bakunin, Julius Evola e Yukio Mishima, come si può leggere nelle sue opere. Ha avuto Alain de Benoist, ideologo della Nuova Destra, tra i suoi alleati politici. Inizialmente alleato del nazionalista Vladimir Zhirinovsky, è stato anche nominato ministro della sicurezza di un governo ombra da lui creato nel 1992; tuttavia ben presto prese le distanze da esso, come spiega nel libro Limonov contro Zhirinovsky .

Il suo giornale è stato oggetto di azioni legali, così come il suo partito, che è stato messo fuori legge nel 2007. Numerosi attivisti NBP sono stati arrestati e alcuni condannati a lunghe pene detentive in Russia e all'estero (ad esempio, a Riga, in seguito all'occupazione della Chiesa di San Pietro, nel novembre 2000)

Nell'aprile 2001 è stato arrestato con l'accusa di terrorismo, cospirazione contro l'ordine costituzionale e traffico di armi. Sulla base di un articolo su Limonka , il governo russo lo ha accusato di tramare una rivolta nell'esercito per invadere il Kazakistan. Detenuto dapprima nel carcere di Lefortovo, il tribunale di Saratov dopo un anno in attesa di giudizio, lo ha condannato a quattro anni di carcere per l'acquisto di armi, ma è stato assolto dalle altre accuse. Ha scontato due anni prima di essere rilasciato per buona condotta. Limonov durante la sua prigionia ha scritto diversi libri.
Opere

    Libro dell'acqua, Alet Edizioni, 2004
    Diario di un fallito, oppure Un quaderno segreto, Odradek, 2004
    Eddy-baby ti amo, Salani, 2005
    Il trionfo della metafisica. Memorie di uno scrittore in prigione, Salani, 2013

Bibliografia

    Patrick Gofman, L'affaire Limonov. Le dossier, Parigi, Dualpha, 2003
    Emmanuel Carrère, Limonov, Adelphi, 2012

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