Autore Topic: Capire la crisi alla luce di Marx e non della MMT  (Letto 913 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Capire la crisi alla luce di Marx e non della MMT
« il: Febbraio 06, 2014, 11:57:37 am »
Oggi c'è un revival keynesiano, perchè il problema è la deflazione, e allora si cerca di combattere la deflazione con mezzi keynesiani, tipo la MMT che è Keynes moltiplicato per 100.

In realtà la MMT sbaglia perchè confonde le cause della crisi, assumendo per ciclico ciò che è strutturale.
La deflazione è attribuita soprattutto all'eccesso di debito, ovvero la moneta viene tesaurizzata per pagare il debito.

Questa causa è ritenuta l'unica ed è sovrastimata.

Poi ce n'è un altra causa che è strutturale, e qui l'unico che la spiega è Marx ed io trovo sbagliato che della gente che scrive su un sito marxista lo ignori.

La causa della deflazione, è dovuta principalmente alla COMPRESSIONE DI SALARI E COSTI, DOVUTA IN PRIMO LUOGO ALLA GLOBALIZZAZIONE IN SECONDO LUOGO AL MECCANISMO INTRINSECO DEL CAPITALE CHE AUMENTA L'EFFICIENZA PRODUTTIVA RIDUCENDO I COSTI.

2 casi che secondo me sono emblematici

1) APPLE, CHE FA SOLDI GRAZIE AI SALARI DA FAME DELLA FOXCONN

2) AMAZON CHE FA SOLDI CREANDO UN SISTEMA DI VENDITE VIRTUALE CHE SMANTELLA LA CATENA DI DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO (E TUTTI QUELLI CHE CI SONO IMPIEGATI, RIDUCENDO I COSTI AUMENTANDO L'EFFICIENZA

Entrambe le aziende siedono su una montagna di capitali, che reinvestono e redistribuiscono solo marginalmente.
Apple ha più di 130 miliardi dollari di tesoretto cash.

Oggi si assiste ad una situazione che solo ad un'analisi superficiale è paradossale.

Le riserve cash delle corporation quotate presso il Dow Jones sono ai massimi storici.
L'inflazione è ad un livello molto basso.

In realtà i 2 fenomeni sono correlati. le riserve cash presso le corporation aumentano, perchè il cash distribuito dalle corporation alla gente che lavora per loro diminuisce (intendo gente comune non i vertici).

Dunque questo risponde alla domanda, DOVE SONO ANDATI A FINIRE I SOLDI STAMPATI DA BERNANKE, DOVE SONO ANDATI A FINIRE I DEFICIT SPENDING DI OBAMA?

E' il capitale che se lo è mangiato quella montagna di denaro.
SE LO SONO SPARTITE LE CORPORATION AMERICANE E QUELLE CINESI, DAL MOMENTO CHE LE CORPORATION CINESI (con buona pace degli eurasiatisti, questo sistema andrebbe definito AMERICASIA) NON HANNO INTERESSE AD AVERE RISERVE IN DOLLARI, (O SOLO IN PARTE), PERCHE' OPERANO NEL MERCATO CINESE E DUNQUE NECESSITANO DI YUAN, SCAMBIANO I DOLLARI CHE ACCUMULANO CON YUAN PRESSO GLI SPORTELLI DELLA BANCA CENTRALE CINESE, LA QUALE ACCUMULA UN ENORME TESORO DI DOLLARI (CIRCA 3400 MILIARDI), QUESTO TESORO IN SOSTANZA E' UNA BUONA APPROSSIMAZIONE DELLE RISERVE DI CASH DELLE IMPRESE CINESI.

SE FOSSE POSSIBILE SOMMARE LE RISERVE DI CASH DELLE CORPORATION AMERICANE SI ARRIVEREBBE AD UNA CIFRA ANCORA MAGGIORE.

QUESTI SOLDI SONO SOTTRATTI ALLA GENTE COMUNE, CHE QUINDI NON CE LI HA, E NON LI PUO' SPENDERE, CREANDO UN AMBIENTE A BASSA INFLAZIONE O ADDIRITTURA DEFLAZIONE.

QUESTO CREA UN DEFICIT DI DOMANDA AGGREGATA, E DUNQUE PERPETUA LA CRISI.


Se questa situazione venisse lasciata a sè stessa il sistema capitalistico mondiale crollerebbe schiacciato dal suo stesso capitale accumulato.

Com'è che viene tamponato la situazione?
STAMPANDO MONETA E CREANDO DEFICIT SPENDING STATALI CHE METTONO NELLE MANI DEI CONSUMATORI AMERICANI DEI SOLDI CHE LORO SPENDONO ALIMENTANDO IL SISTEMA, OVVERO SOSTENENDO LA DOMANDA AGGREGATA IN MODO ARTIFICIALE.

TUTTAVIA E' BENE NON CONFONDERE LA DEBOLEZZA DEL SISTEMA CON LA DEBOLEZZA DELLA MONETA DEL SISTEMA.

PIU' IL SISTEMA E' DEBOLE, PIU' LA SUA MONETA E' FORTE.
PIU' SI AVVITA NELLA CRISI, E PIU' L'OFFERTA COMPLESSIVA DI MONETA CROLLA DETERMINANDO UN VALORE CRESCENTE DELLA MONETA.

IL DOLLARO E' IL PIU' GRANDE BENEFICIARIO DELLA CRISI, PIU' ANCORA DELL'ORO.

Perchè la crisi riduce l'offerta di dollari e ne aumenta la domanda.

Riduce l'offerta perchè durante la crisi vengono concessi meno prestiti dalle banche, perchè più gente viene licenziata e ha meno dollari da spendere, la disponibilità di moneta diminuisce, i capitali americani che reggono gran parte del mondo BRIC, tranne forse la Cina che ha una struttura di capitali UN PO' più autonoma (un pò, non del tutto), vengono ritirati dall'estero e reinvestiti in attività ''sicure' come per esempio i T-Bond, (l'aumento della richiesta di debito pubblico USA denominato in dollari ne aumenta la domanda).


Comunque il fenomeno è divisibile sempre in una riduzione dell'offerta strutturale, legata appunto alla compressione di salari e costi, e una riduzione dell'offerta ciclica che dipende dalla riduzione del credito offerta dalle banche e da tutte quelle attività e posti di lavoro che dipendono da questo flusso di denaro.

Il keynesismo e la MMT agiscono sempre e solo sulla seconda, aumentando in modo artificiale l'offerta di moneta, e non sulla prima.

Per agire sulla prima sarebbe necessario una politica sindacale e di dazi, più che una politica monetaria anti-ciclica, una simile politica finalmente avrebbe il pregio di sconfiggere definitivamente la deflazione, anzi creerebbe un tasso d'inflazione sostenuto.

Ovviamente le atttività di incremento artificiale della quantità di moneta andrebbero interrotte, diversamente il dollaro soffrirebbe di un crollo del suo valore eccessivo.

Ci sarebbe finalmente una ripresa vera...

Però sai quale sarebbe il problema?

Che con un debito pubblico cosi' grosso i tassi salirebbero troppo e farebbero rischiare agli Stati Uniti un potenziale default.
In una simile situazione, l'opzione MMT ''compra tutto la banca centrale'', non sarebbe praticabile perchè farebbe salire ulteriormente l'inflazione.

In una parola, qual è l'unica cosa pericolosa per il dollaro?
Una vera ripresa.
Qual è la condizione che aumenta il valore del dollaro?
La crisi.

In realtà secondo me, si è arrivati a questo punto perchè durante gli anni 70 i salari maggiori mettevano eccessivamente in crisi la stabilità del dollaro, la globalizzazione ha stabilizzato ENORMEMENTE il dollaro, però ha ridotto eccessivamente i salari comprimendo in modo esagerato la domanda aggregata.

Io penso che la politica di delocalizzazione delle industrie sia stata iniziata per stabilizzare il sistema monetario mondiale riducendo l'offerta di moneta in mano alla classe media, e sostituendola con l'offerta di moneta della banca centrale, questa a differenza della prima, sempre sotto il controllo delle autorità, e che dunque difficilmente potrà ''sfuggire di mano''.
Oggi i banchieri centrali possono determinare il tasso d'inflazione quasi al millimetro, negli anni 60-70 era un casino, perchè la gente aveva salari mediamente più alti e più soldi in tasca.
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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Re:Capire la crisi alla luce di Marx e non della MMT
« Risposta #1 il: Febbraio 06, 2014, 19:33:20 pm »
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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Re:Capire la crisi alla luce di Marx e non della MMT
« Risposta #2 il: Febbraio 06, 2014, 20:31:32 pm »
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Le parole della crisi secondo Karl Marx


La Contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione

Per Marx la crisi economica nella società moderna è determinata innanzitutto dalla contraddizione, che ciclicamente si ripete, tra lo sviluppo delle forze produttive sociali del lavoro (FP) e i rapporti di produzione (RP) ad essa sottostanti.
Il rapporto tecnico fra la macchina e l’uomo, fra il lavoro morto e il lavoro vivo, permette di produrre sempre di più a parità di tempo o con meno dispendio di forza lavoro impiegata. Tuttavia, la ricchezza prodotta non trova sempre sul mercato la domanda sufficiente e in grado di ripagare i costi di produzione. Se la produttività aumenta, si liberano lavoratori, si creano i cosiddetti esuberi, insomma i disoccupati. Il capitale risparmia sul fattore lavoro per aumentare relativamente i propri margini di profitto. Aumenta con ciò la forza contrattuale del datore di lavoro, che tende ad abbassare i salari, in un mercato del lavoro a lui tendenzialmente favorevole. Sul mercato del lavoro si forma infatti un esercito industriale di riserva di lavoratori che, anche inintenzionalmente, si pone in concorrenza con la forza lavoro occupata. La conseguenza più immediata è che si verifichino crisi da sovrapproduzione (e/o da sottoconsumo), poiché la domanda di beni da parte della classe lavoratrice diminuisce e le merci permangono nei magazzini invendute, con il che il capitalista vede diminuire i propri margini di profitto o addirittura non ricostituisce il capitale anticipato.
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Re:Capire la crisi alla luce di Marx e non della MMT
« Risposta #3 il: Febbraio 06, 2014, 21:02:03 pm »
http://www.eastjournal.net/la-rivincita-di-marx-e-le-nostre-miserie/29873

Il settimanale conservatore americano Time ha dedicato a Marx un lungo articolo, a firma di Michael Schuman, nel quale rivaluta la lezione di Marx. certo, si tratta di un articolo di giornale e non di un saggio di filosofia, ma traccia un percorso e sdogana un tabù: Marx è ancora attuale. Ci voleva quest’epoca di miseria materiale e morale perché qualcuno se ne accorgesse?

“Marx ha teorizzato che il sistema capitalista impoverisce le masse e concentra la ricchezza nelle mani di pochi, causando come conseguenza crisi economiche e conflitti sociali tra le classi sociali. Aveva ragione. E’ fin troppo facile trovare statistiche che dimostrano che i ricchi diventano sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri” scrive Schuman. “Questo non vuol dire che le teorie di Marx erano del tutto corrette. La sua ‘dittatura del proletariato’ non ha funzionato come previsto. Ma le conseguenze delle disegualianze sono esattamente quelle che aveva predetto:  il ritorno della lotta di classe. La rabbia dei lavoratori di tutto il mondo è in crescita: dagli Stati Uniti alla Grecia”. E ancora: “Marx aveva previsto un tale esito. I comunisti affermano apertamente che i loro fini possono essere perseguiti solo con l’abbattimento violento dell’ordine sociale esistente. ‘L’unica cosa che i proletari hanno da perdere sono le loro catene’.
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