Autore Topic: L'occhio di Horus simbolo egizio prestato alla massoneria  (Letto 16368 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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L'occhio di Horus simbolo egizio prestato alla massoneria
« il: Febbraio 16, 2014, 12:55:06 pm »
L'OCCHIO di HORUS (DIO UOMO - UOMO DIO)

Uno dei simboli più famosi e conosciuti del Mito Osirideo resta indubbiamente  l’Occhio di Horus,



Osiride,una volta reintegrate le membra disperse da Seth, grazie all’opera di Iside e Neftis, dona al figlio Horus allorquando, emergendo dal mondo della luce velata, la Duat, lo abbraccia trasmettendogli il potere della conoscenza,della  consapevolezza e della trasformazione.  Simbolo, il cui nome significa essere sano, ebbe grande importanza e diffusione nella civiltà egizia e venne posto, di regola, all'interno dei bendaggi che avvolgevano il corpo del defunto, oltre che su amuleti, rilievi, incisioni e papiri, e in quanto simbolo di rigenerazione e di rinascita rappresentava altresì i 5 sensi più conosciuti: vista, udito, olfatto, tatto e gusto, anche se l'occhio di Ra simboleggia pure quei sensi sconosciuti che permettono di accedere a quella chiamata "energia oscura".

Il simbolo dell'occhio di Ra, "colui che tutto vede", fu rinvenuto sotto il dodicesimo strato di bende della mummia di Tutankhamon, essendo considerato un amuleto di aiuto per una nuova vita, ma soprattutto per la rinascita.

Graficamente è costituito da un occhio sovrastato da un sopracciglio mentre sotto le ciglie è disegnata  una spirale, che scivola da destra a sinistra verso il basso. Per alcuni rappresenterebbe il tratto residuo del piumaggio del falco, animale del quale Horus prende le sembianze.

Le leggende relative a questo simbolo profondamente esoterico risalgono alle prime fasi della storia egizia ed hanno subito notevoli cambiamenti nel corso dei secoli.
La tradizione più antica lo mette in relazione con il Dio Horo, i cui occhi erano ritenuti essere il Sole e la Luna. 

Comprendiamo quindi chi fosse quel dio “nascosto nelle braccia del sole” evocato nella celebrazione dei Due Occhi di Horus, come riferisce Plutarco: “Negli inni sacri di Osiride viene invocato – colui che sta nascosto nelle braccia del sole – e il trenta del mese di Epifisi (27 maggio - 26 giugno, quindi al solstizio) si festeggia la nascita degli Occhi di Horus: in questo giorno, infatti, anche la luna e il sole si trovano sulla stessa retta, e per gli egiziani non solo il sole, ma anche la luna sono Occhio e luce di Horus” (Iside e Osiride 52).



Che questa simbologia egizia sia rintracciabile trasversalmente nel cammino dei riti lo dimostra la sua persistenza teologica nella Stele di Metternich (IV secolo a.C.).



In essa sono espresse alcune chiavi iniziatiche d’accesso alla simbologia del Dio Horus, che indirettamente danno luce al simbolo della Fenice inquadrandolo nella sua valenza cosmologica:

➢ La protezione di Horus è colui che è nel suo disco ( Ra), che illumina la terra con i suoi Due  Occhi.
➢ La protezione di Horus è il Leone della Notte che viaggia nella Montagna di Manu (l’Occidente)
➢ La protezione di Horus è la Grande Anima Nascosta che circola nei suoi Due Occhi.
➢ La protezione di Horus è il Grande Falco che attraversa volando il Cielo ,la Terra, l’Aldilà.
➢ La protezione di Horus è lo Scarabeo Sacro, il Grande Disco Alato che è nel Cielo.
➢ La protezione di Horus è l’Aldilà, il paese dove i visi sono rivolti indietro, dove le cose sono invisibili.
➢ La protezione di Horus è la Divina Fenice che risiede nei suoi Due Occhi.

Nella Stele di Metternich il segreto di queste attribuzioni si fa infatti esplicito: una “Grande Anima Nascosta” si sottende e circola all’interno dei periodi luni-solari rappresentati dai “Due Occhi di Horus”. Essa, attraverso la palingenesi delle forze celesti nel periplo retrogrado, si manifesta prima come “Falco”, poi come “Scarabeo”, infine si codifica come “Divina Fenice”, che “risiede” nei Due Occhi di Horus.Il lascito di questa tradizione simbolica è attestato da Orapollo, che così si esprime: “La Fenice è simbolo del Sole e nulla nell’universo è più grande di esso; il Sole infatti sovrasta e scruta ogni cosa ed è per questo che viene chiamato dai molti occhi” di Horus".(I Geroglifici I, 34)Da qui l’Occhio della Fenice inteso come illuminazione consapevole di Osiride che rinascendo incarna il rinnovamento dei cicli celesti. Parimenti Orapollo attesta: “Gli Egiziani quando vogliono simboleggiare il grande rinnovamento ciclico degli astri, raffigurano un Bennu” (I geroglifici II, 57), l’uccello dalle brillanti piume rosse, sacro ad Heliopolis, identificato con l’Airone, per il suo becco lungo e diritto e la testa adorna di due piume, che i Greci più tardi chiamarono Fenice.Grande uccello purpureo - Fenice in greco significa appunto rosso-  con le sembianze a metà fra un’aquila e un airone. di grande fascino, messaggera della luce e incarnazione di divinità immortali-Il suo colore e le sue modalità ne fanno un’immagine solare per eccellenza, associata com’è al rosso e al fuoco. Era considerata levarsi con l’aurora sulle acque del Nilo, come un Sole.Come il Sole quindi si levava e come il Sole si spengeva nelle tenebre della notte per rinascere dalle sue stesse ceneri.Lo avevano perfettamente compreso i Faraoni della XVIII dinastia Amenophis III e IV < il famoso Akhenaton, che valorizzarono il culto del Dio Unico Solare - Lunare al contempo, identificandolo con il Dio Atun, che prese il posto del Dio Amon-Ra , che, grazie alla casta sacerdotale tebana, aveva progressivamente preso il sopravvento sulle molteplici divinità del composito Pantheon egizio. A differenza delle altre divinità egizie Aton non è rappresentato in forma antropomorfa, ma sempre come un Sole i cui raggi sono braccia terminanti con mani, alcune delle quali reggono l’Anck , il simbolo della vitaIl monoteismo del culto di Aton, racchiudeva comunque in sé, senza rinnegarlo, il complesso politeismo egizio in cui ogni città era legata a diverse divinità e, spesso, la divinità della città che prendeva il sopravvento diventava la divinità principale (almeno fino a quando quella città continuava a detenere il potere). Quando la città di Heliopoli ebbe il sopravvento religioso su Menfi Horo fu assimilato a Ra e il Sole venne associato all'occhio di quest'ultimo, lasciando ad altra divinità  l'occhio lunare, divinità, che alcuni egittologi ritengono sia Thot divinità egizia della Luna, della sapienza, della scrittura, della magia.
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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Re:L'occhio di Horus simbolo egizio prestato alla massoneria
« Risposta #1 il: Febbraio 16, 2014, 13:00:46 pm »
L'occhio di Horus nella banconota da 1 dollaro



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Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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Re:L'occhio di Horus simbolo egizio prestato alla massoneria
« Risposta #2 il: Febbraio 16, 2014, 13:03:02 pm »
Divisione in 64 parti come l'I Ching



In base alle antiche tecniche di misurazioni egiziane, il disegno dell’occhio è composto da differenti frazioni ognuna con un suo significato:
- ½ rappresenta            l’odore ( forma di naso al lato dell'occhio)
- ¼ rappresenta            la vista e la luce (pupilla)
- 1/8 rappresenta            il pensiero (sopracciglio)
- 1/16 rappresenta            l’udito (freccia sul lato dell’occhio che punta verso l’orecchio)
- 1/32 rappresenta            il gusto, il germogliare del frumento (coda curva)
- 1/64 rappresenta            il tatto (piede che tocca terra) .

Il racconto egizio riferisce che un allievo scriba della Casa della Vita, facendo notare al suo maestro che il totale delle frazioni ottenute sommando i valori dell’Occhio di Horus si dava nell’espressione 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 +1/64 = 63/64 ebbe per risposta che il sessantaquattresimo mancante a completare l’unità sarebbe stato donato dal dio Thoth allo scriba che si fosse messo sotto la sua protezione.
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Re:L'occhio di Horus simbolo egizio prestato alla massoneria
« Risposta #3 il: Febbraio 16, 2014, 14:51:55 pm »
Nell’esoterismo egizio le figure terrene, i laghi, i campi, gli animali, le molteplici effigi degli dèi dalle membra composite, non sono immagini delle realtà corrispondenti, ma funzioni multiple di potenze che, attraverso il linguaggio metaforico appreso dagli iniziati nella Casa della Vita, attivano un proprio sistema di significanti, questi ultimi celati da un linguaggio liturgico intenzionale. Matrici matematiche si rivelano nel linguaggio formalizzato dei riti e le gesta interpretate dagli dèi vengono redatte in forma di dogmi sacri mediati dalle immagini.
Una delle più famose è l’Occhio di Horus nella quale si visualizza l'occhio magico che Osiride, una volta reintegrate le membra disperse da Seth, grazie all’opera di Iside e Neftis, dona al figlio Horus allorquando, emergendo dal mondo della luce velata, la Duat, lo abbraccia trasmettendogli il potere della conoscenza, della consapevolezza e della trasformazione.
Nella rinascita l’Occhio di Horus vira su un piano superiore, anche nel dato numerico, lo smembramento di Osiride e questo processo è registrato nella sua polarizzazione, come mostra il Duplice Occhio di Horus ai lati di Osiride risorto con Corona Atef[1], nella tomba di Sennedjen, XIX dinastia.

 
Al Duplice Occhio di Horus è connessa una numerazione e una simbologia iniziatica.

Il racconto egizio riferisce che un allievo scriba della Casa della Vita, facendo notare al suo maestro che il totale delle frazioni ottenute sommando i valori dell’Occhio di Horus si dava nell’espressione 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 +1/64 = 63/64 ebbe per risposta che il sessantaquattresimo mancante a completare l’unità sarebbe stato donato dal dio Thoth allo scriba che si fosse messo sotto la sua protezione.
L’unità che Osiride incarna nella rinascita viene celebrata nel Serapeum di Sakkara ove 64 sarcofagi custodiscono i corpi mummificati di altrettanti tori Apis offerti in sacrificio per la resurrezione di Osiride; la radice etimologica che designa il toro Apis èhep indicante l’unità primigenia già nei Testi delle Piramidi. Parimenti la Pietra di Palermo, V dinastia, attesta l’adorazione di Apis nel regno di Den, I dinastia. Il sessantaquattresimo mancante si ricollega alla speculazione teologica che vedeva nel numero di genesi 8, di cui 64 è un multiplo, il nucleo attivo del Cosmo gestito dagli dèi nella città di Ermopoli, aspetto iniziatico di cui ho parlato in altro articolo. Che questa simbologia egizia sia rintracciabile trasversalmente nel cammino dei riti lo dimostra la sua persistenza teologica nella Stele di Metternich (IV secolo a.C.). In essa sono espresse alcune chiavi iniziatiche d’accesso alla simbologia del dio Horus che indirettamente danno luce al simbolo della Fenice inquadrandolo nella sua valenza cosmologica:
“La protezione di Horus è colui che è nel suo disco ( Ra) che illumina la terra con i suoi Due Occhi.
La protezione di Horus è il Leone della Notte che viaggia nella Montagna di Manu (l’Occidente).
La protezione di Horus è la Grande Anima Nascosta che circola nei suoi Due Occhi.
La protezione di Horus è il Grande Falco che attraversa volando il Cielo ,la Terra, l’Aldilà.
La protezione di Horus è lo Scarabeo Sacro, il Grande Disco Alato che è nel Cielo.
La protezione di Horus è l’Aldilà, il paese dove i visi sono rivolti indietro, dove le cose sono invisibili.
La protezione di Horus è la Divina Fenice che risiede nei suoi Occhi.
 
Si evince da questo dettatoche “i visi rivolti all’indietro” qualificano una direzione retrograda pertinente un moto di ritorno di Osiride a quel Primo Tempo che fonda l’origine del Cosmo, cui rispondeva la tradizione orale della morte di Osiride associata alla mancata apparizione della costellazione di Orione all’orizzonte a causa del movimento celeste dovuto alla precessione degli equinozi che interagisce con il piano dell’eclittica.
Comprendiamo quindi chi fosse quel dio “nascosto nelle braccia del sole” evocato nella celebrazione dei Due Occhi di Horus, come riferisce Plutarco: “Negli inni sacri di Osiride viene invocato – colui che sta nascosto nelle braccia del sole – e il trenta del mese di Epifisi (27 maggio - 26 giugno, quindi al solstizio) si festeggia la nascita degli Occhi di Horus: in questo giorno, infatti, anche la luna e il sole si trovano sulla stessa retta, e per gli egiziani non solo la luna ma anche il sole sono Occhio e luce di Horus” (Iside e Osiride 52). Il segreto di queste attribuzioni si fa esplicito nella Stele di Metternich: una “Grande Anima Nascosta” si sottende e circola all’interno dei periodi lunisolari rappresentati dai “Due Occhi di Horo”. Essa, attraverso la palingenesi delle forze celesti nel periplo retrogrado, si manifesta prima come “Falco”, poi come “Scarabeo”, infine si codifica come “Divina Fenice” che “risiede” nei Due Occhi di Horus. Il lascito di questa tradizione simbolica è attestato da Orapollo, che così si esprime: “La Fenice è simbolo del sole e nulla nell’universo è più grande di esso; il sole infatti sovrasta e scruta ogni cosa ed è per questo che viene chiamato dai molti occhi” (I Geroglifici I, 34), come interpretato da Sbordone, che riporta una grafia tarda del nome di Osiride costituita da un Occhio e da uno Scettro.
Da qui l’Occhio della Fenice inteso come illuminazione consapevole di Osiride che rinascendo incarna il rinnovamento dei cicli celesti. Parimenti Orapollo attesta: “Gli Egiziani quando vogliono simboleggiare il grande rinnovamento ciclico degli astri, raffigurano una Fenice” (I geroglifici II, 57).
Concludiamo col rilevare la dichiarazione di Osiride risorto, resa alla Formula 64 del Libro dei Morti egizio, coerentemente con la metafora numerologica – iniziatica esposta: “Io sono Ieri e conosco il Domani” e ricordo che il Duplice Leone ha i nomi in codice di “Ieri e Domani” nella funzione di preposto alle rinascite del Sole- Osiride, tema illustrato in un sarcofago del Museo del Cairo.
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Re:L'occhio di Horus simbolo egizio prestato alla massoneria
« Risposta #4 il: Febbraio 16, 2014, 15:54:48 pm »
Mi prenderete in giro ma a me la prima cosa che fa venire in mente l'occhio di horus è la copertina dell'album degli alan parson project "eye in the sky".
Sic transit gloria mundi.