Autore Topic: Cinema, uomini, solitudini, e rabbia: "Strade violente"(Thief)(Usa 1981)di Micha  (Letto 1322 volte)

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Cinema, uomini, solitudini, e rabbia:

"Strade violente"
[Thief]
thriller, 1981,  Michael Mann, [USA]

Frank ha un concessionario d'auto ma il suo vero mestiere è la rapina, specialista scassinatore di casseforti. Lavora da solo, collaboratori e committenti iniziano un rapporto con lui che inizia e finisce col colpo da effettuare, poi ognuno per la sua strada. E non fregarlo, non lo ammette.

Un sogno condensato in un foto-collage che rappresenta tutto, la sua vita e le sue aspirazioni. Un grande colpo da realizzare e i sogni nichilisto-borghesi di vita con la sua nuova compagna, un figlioletto in qualche modo adottato, si potranno realizzare. Un colpo solo. C'è il solito problema: una volta che si entra nel giro è difficile uscirne...

Tra gli Incolti ma anche tra i Cult, un noir con pezzi di regia fantastici ed una musica, quella dei Tangerine Dream, elettrizzante. James Caan un neo samurai. Questo è uno dei miei dici primi film da sempre.

“Stasera, porterà a casa la sua paga. 410.000$...Esentasse.”
Tagline americana del film.


“James Caan è Frank Honimer, un uomo che segue il proprio codice morale, e che non scenderà mai a compromessi con nessuno!”
Frase di lancio per un flano da quotidiano italiano.


Joe Bavaglio/Hal Frank: “Guarda, eh, che queste persone vogliono conoscerti.”
Frank/James Caan: “Cosa?”
Bavaglio: “Stanno aspettando, vorrebbero che tu lavorassi con loro.”
Frank: “Se voglio incontrare gente, vado in un fottuto ‘country club.”


“In carcere stai sempre a segnarti il tempo, ed è tutto quello che hai, e che sei. Ripensi sempre all’indietro. Fuori di te nascondi tutto. Sei in attesa di un autobus che non arriverà mai, perché comunque non c’è la speranza ad andare avanti, perché in fondo non si vuole andare da nessuna parte. Capito…? Tutta la mia giovinezza l’ho sperperata lì, è andata, non ci posso fare più niente, ma lì è anche dove ho imparato a sopravvivere, e a non aver più paura di morire”
Frank


Frank: “Lei deve essere cresciuta in un quartiere per bene, non è vero…?”
La signora Knowles/ Marge Kotlisky: “Certamente.”
Frank: “E si vede. Si vede!”.


“Guardami Frank. Ho detto guardami cazzo! Guarda cosa è successo al tuo amico per causa tua, perché sei voluto andare contro il giusto modo nel quale vanno le cose?
Perché hai trattato quello che ho cercato di fare per te come fosse merda? Tu non vuoi lavorare per me?! Cosa c’è di sbagliato in te? E poi, entrare armato in casa mia! E’ per caso una di quelle baracche bruciate che ha demolito il comune? Sei spaventoso Frank, perché non te ne frega un cazzo. Ma non venire da me adesso con le tue stronzate di storie della prigione, che non sei “quel tipo”, non ti ci provare capito, stronzo? Tu hai una famiglia, un’automobile, una casa, delle attività, perché te le ho fatte avere io, e ho proprio tutte le carte su cui si regge la tua fottuta vita. Io, posso mettere tua moglie in un casino a farsi fottere dai negri e dai portoricani. Il figlio che hai è mio perché te l’ho comprato io. Te lo ho solo dato in prestito. Lui è stato noleggiato, tu sei stato noleggiato. Se voglio faccio fuori tutta la tua famiglia. La gente gli mangerà domani a pranzo nei loro hamburger senza saperlo. Vieni pagato il prezzo che stabilisco io. Tu fai quello che dico io, esegui i lavori che ti passo io, non ci sono discussioni. Io voglio, tu lavori, finchè non ti sarai bruciato, ti sarai rotto, o sarai morto…Hai compreso? Hai delle responsabilità, che non puoi più rifiutarti di avere.
Pulite tutto questo casino adesso, e lui buttatelo fuori di qui. Torna al lavoro, Frank.”
Leo/ Robert Prosky


“Indosso pantaloni da 150$, le camicie che metto sono di seta, il vestito che ho addosso costa 800$, ho al polso un orologio d’oro, al dito ho un anello di diamanti di tre carati, purissimi. Cambio la macchina come gli altri cambiano le loro scarpe. Io sono un ladro. Sono stato in carcere, va bene?”
Frank


3 Settembre 1981, esce in Italia in sordina “Strade violente” (titolo ita. tradotto letteralmente da quello britannico, “Violent Streets”, trasposto dall’originale che è invece il semplice, “stilizzato”, “Thief”), dopo poco più di un mese sarebbe uscito “1997:Fuga da New York”, entrambi due dei film che più avrebbero plasmato e influenzato l’itinerario estetico ed espressivo del cinema degli anni’80, e non solo.
Come per il capolavoro carpenteriano, lo stile di “Thief” è unico, ancora trattenente l’atmosfera bellissima dei film della New Hollywood anni’70 sulla decadenza “elegiaca” delle grandi città americane, oltre ad essere un noir violentemente emozionante e nel quale si nota prepotentemente da subito anche la profonda sostanza pessimistica che in esso è contenuta, essendo semplicemente uno dei più grandiosi ed elettrizzanti film (non solo per il gangsteristico e/o il chrime-thriller) che vi potrà mai capitare di vedere. Uno di quei film in cui i personaggi e i caratteri umani di essi, sono tratteggiati e descritti così bene che alla fine ti sembra di avergli conosciuti davvero come la loro storia, le loro storie. E ti faranno sentire felice di averli seguiti fino alla fine per quanto nera, nichilista e disperata,-in cerca di stabilità e di una famiglia dopo tanti anni di penitenziario nel proprio passato-, sia la conclusione delle loro storie come quella di uomini che vanno incontro melvillianamente (inteso come Jean-Pierre) alle proprie sorti, o senza paura andare incontro alla morte con la schiena eretta e lo sguardo dritto negli occhi.
Tutto questo raggiunto la padronanza di Michael Mann al suo secondo film è già massima, come aveva dimostrato nell’esordio superlativo di “Jericho Mile-Oltre il muro”(’79)per la CBS, talmente bello che in Europa venne direttamente fatto uscire nei cinema.
E che padronanza, oltre che della storia, dei suoi personaggi, della scrittura, dello stile. LO,STILE.
O DE, LO STILE, nelle scene d’azione, A GREATEST PIECES OF ACTION, l’action manniano che ha letteralmente “codificato” il postmoderno del cinema anni’80 e lo stesso, intero, cinema d’azione con le sue lunghe scene di “riflessione” melvilliana che si tratti dei personaggi di Gu Binda o di Frank Costello, e qui di Frank Honimer, di spazio, tra una scena di “slow action” e l’altra, come direbbero nel cinema di Hong Kong, o per l’entusiasmante uso manniano delle luci artificiali e non, iperrealistiche e stranianti al contempo in scene notturne di rara bellezza e fascino. Talmente un film “avanti” “Thief” che all’epoca in cui uscì fu valutato da ben pochi per l’effettiva portata che avrebbe comportato per il thriller di rapina e, come detto, per ben altro e ben oltre. Un film fuori da ogni routine narrativa, dalla ripetizione di solite “stupide” scene di “genere”, ma invece un noir da Olimpo completamente fuori dall’ordinario, altro che scene di caccia, di sesso e sparatorie in ripetizione, “Strade violente” è “semplicemente” un capolavoro senza se e senza ma, il primo capolavoro di uno dei dieci attualmente migliori registi in attività al mondo.
“Semplicemente” ancora, uno dei film più superbi (e qui lo so, mi ripeto) mai realizzati non solo nel suo genere il cosiddetto “chrime-thriller” urbano e di rapina, violento e realisticamente crudo, un film-manifesto per gli interi anni’80, e non si può non accostarlo qui ancora a “1997:Fuga da New York” come altro capolavoro fondamentale, per la condivisione seminale dello stesso anno di uscita, il 1981..
Colonna sonora fra le più superlative della storia del cinema e dell’intera sterminata produzione non solo per le O.S.T. dei leggendari Tangerine Dream, alla pari –almeno- di quella sempre loro per “Il Salario della paura”(Sorcerer/Wages of Fear) (1977) di William Friedkin.
Finale, con “l’ultimo capitolo” della “vecchia” vita del protagonista Frank, tra i più elettrizzanti e emozionanti che si sia mai riusciti a realizzare a cominciare dal montaggio e dal contemporaneo commento (ma è molto “pauperistico” e riduttivo, nella sua “definizione”) del brano “Confrontation” dei Tangerine Dream con –addirittura-, l’influsso collaborativo di Craig Safan. Un finale talmente liberatorio, catartico, e al contempo stesso esaltatamente disperato e nero, che era praticamente impossibile raggiungere vette ancora più alte di bellezza cinematografica, quella vera, quella adusa alle immagini e ai fotogrammi, ognuno per uno a seguire, consequenzialmente, perfetti.
Con il successivo “La Fortezza” (The Keep) (1983), e “Manhunter” (altro film “manifesto” del suo cinema, -insieme a “Heat- La Sfida” (1995)-, del Mann regista e del suo stile visivo inarrivabile) addirittura si ripeterà , e da allora ad ogni nuovo suo film, si aggiornerà compiutamente.

Dopo “Il Padrino” e il suo ruolo di Sonny Corleone, questo è il film preferito fra i tanti della sua magnifica filmografia da James Caan stesso. Egli ha affermato che il ruolo di Frank Honimer e il suo monologo in tavola calda con Tuesday Weld/ Jessie (preparatorio e “gestatorio” di quello sempre ad un tavolo di ristorante, tutto campi e controcampi, famosissimo e “definitivo”, fra Neil McCuley/Robert De Niro e Vincent Hanna/Al Pacino in “Heat – La Sfida” di quattordici anni dopo) come scena, sono quelli di cui va più orgoglioso nella sua carriera.

Gli strumenti di scasso utilizzati in tutto il film (come il trapano idraulico utilizzato nella strepitosa sequenza d’apertura) non furono oggetti di scena, ma reali strumenti per cui si dovette formare gli attori al loro utilizzo. Gli strumenti furono forniti dai più famosi ladri e rapinatori di Chicago che furono i consulenti tecnici del film, e soprattutto il principale e il più importante, che ovviamente fu John Santucci,da sempre fedelissimo sodale di Mann e tra i protagonisti della sua potente e bellissima serie tv “Crime Story”, che qui in “Thief” interpreta anche un’impareggiabile sbirro corrotto, il sergente Urizzi.
Italiano nella versione originale, “stranamente” (ma mica tanto) spagnolo nella versione italiana. E quindi, eccellentemente doppiato dall’allora (1981) “specialista” per gli accenti ispanici, Daniele Formica.

Michael Mann utilizzò anche per questo film come alla sua maniera, Molti veri criminali e poliziotti di Chicago nella vita reale, sia come interpreti nel film che come consiglieri tecnici. Spesso, alcuni di loro sono volutamente messi da Mann –altro suo “marchio registico”- in ruoli “conflittuali” (cioè, gli ex-agenti della polizia di Chicago Dennis Farina –che qui esordisce come Carl, lo scagnozzo di Leo/Robert Prosky che alla fine quasi riesce a stendere Frank/Honimer con l’Ingram 10 fucile mitragliatore nella strepitosa sequenza rallentata/accelerata/sottratta di frame della sparatoria finale nel vialetto della villa di Leo ad infrangersi contro i lunotti della BMW parcheggiata, se non fosse che Frank aveva indosso un giubbotto antiproiettile, (come ci viene rivelato nell’esaltante sottofinale), e che avrà una grande carriera d’attore soprattutto con Mann, basti citare il ruoli di Jack Crawford in “Manhunter”, quello di Frank Lombard in alcuni bellissimi episodi di “Miami Vice”, e del protagonista il fantastico Tenente Mike Torello nella sua straordinaria serie “Crime Story” [’87-‘88]- e Nick Nickeas anch’esso come scagnozzo di Tom Signorelli/Paulie Attaglia –anch’esso grandissimo nella sua parte-, al già citato scassinatore professionista John Santucci, che è uno sporchissimo e laidissimo agente di polizia corrotto).

La sceneggiatura del film è stata adattata dal romanzo “The Home Invaders”, scritto da Frank Honimer. Egli stesso era un grande ladro scassinatore professionista. Al momento della produzione del film, era ancora in prigione.

Per chi non l’avesse notato, è stato grande anche il lavoro fatto da James Caan sulla dizione del personaggio Frank, ben trasposto nel doppiaggio italiano. Caan ha fatto in modo che Frank parli sempre lentamente e in modo chiaro, perché così ha imparato da ragazzo quand’era detenuto nei lunghi anni in carcere a Folsom (il terzo penitenziario della California reso famoso dai bellissimi racconti di Edward Bunker tra i collaboratori e amici della prima ora di Mann a partire da “Straight time”(Vigilato speciale)(’78) di Ulu Grosbard, con Dustin Hoffman, e in cui è rinchiuso il personaggio di Okla/Willie Nelson nel film), perché Frank ha li’ imparato che in ogni situazione deve sempre sfoderare grinta e due palle d’acciaio così, per cui vuole sempre risparmiare tempo onde non dover mai avere a ripetersi.

La sequenza a cena in cui Frank cerca di accendersi una sigaretta senza riuscirci perché l’accendino non funziona non fu prevista in sceneggiatura.

Le storie della prigione che Frank racconta nel suo monologo in tavola calda si basano sulle vere lettere di un detenuto reale di Folsom, ricevute da Michael Mann.

Nelle scene in ospedale, James Caan decise di reagire con un’apparente freddezza contenente tanta vera rabbia, quando il medico interpretato da J. Jay Saunders gli deve comunicare l’avvenuta morte di Okla/Willie Nelson. La reazione intimorita di Saunders durante la sequenza è autentica.

Durante la lavorazione del film furono utilizzati 60'000 galloni d’acqua per mantenere le strade costantemente bagnate.

John Belushi, fratello di James, visitò spesso il set., interrompendo la lavorazione perché il cast e la troupe venivano magneticamente attratti dai monologhi torrenziali di Belushi, e anche “attirati” al Bar dei Blues Brothers dopo il lavoro.

In un breve ruolo nei panni di un barista al Club del Blues si intravede l’esordiente William Petersen poi icona degli anni ’80 sia per Mann come Will Graham, il protagonista di “Manhunter”, che come protagonista dell’altro capolavoro “Vivere e Morire a L.A.” (To Live and Die in L.A.) (’85) di William Friedkin. E, vent’anni dopo, divenuto il protagonista della lunga serie tv di enorme seguito e successo “CSI:Crime Scene Investigation”, dal 2000 a tutt’oggi.

Menzione d’obbligo alla splendida e pregna di lividezze postmoderne, fotografia di Donald Thorin. Fotografia che non era ancora di Dante Spinotti, come sarebbe stata sempre in seguito, per quasi tutti i film di Mann.
Comunque grande anche la fotografia di Thorin, che riesce ad illuminare maestosamente di luci artificiali al neon e inquadrare come pochi, i tanti squarci di lirismo sentimentale e spietatezza nera, malvagia, di un inferno nero notturno e metropolitano quale è, quello del film.
Straordinario lo stile visionario e dilatato nei tempi, che Mann al suo secondo film sa già padroneggiare con vigore e rendere assolutamente irraggiungibile, la maestria riconoscibile nella scrittura e nella direzione di lunghe scene di dialogo, e anche il ralenty come lo usa Mann in questo film è incredibile, perché è praticamente l’unico che riesca ad utilizzarlo senza dover per forza far ricordare Peckinpah.
Oltre a Caan nella migliore interpretazione della sua carriera, la direzione di tutti gli interpreti è da manuale, Tuesday Weld è bravissima nel ruolo di Jessie, e James “botoletto” Belushi nel ruolo dell’amico Barry è ottimo. Menzione d’obbligo anche a Tom Signorelli, magnifico nella parte di Attaglia.
Superlativa la lunga sequenza di dialogo tra Frank e Mrs.Knowles/Marge Kotlitsky, l’opprimente incaricata dell’ufficio adozioni, quando egli si reca insieme a Jessie nel suo ufficio all’istituto dei minori per prendere in adozione un bambino. Bellissima sequenza “politica” in cui Mann mostra impareggiabilmente come la naturale aspirazione (e in fondo “idealistica”) di Frank ad una vita normale, ad amare delle persone, ad avere dei progetti e costruirsi un futuro, siano invariabilmente schiacciate da una società piena solo di regole formali e opprimenti atte solo a fornire ostacoli d’ogni sorta, come la sua degna esponente, l’esosa ottusa, e piena di pregiudizi, Mrs.Knowles…
Bellissimo, quando in prefinale Frank accartoccia e getta per terra il collage con cui ha raccolto nei lunghi anni in carcere tutte le foto delle persone da lui amate nella vita, come il padre putativo Okla, e tutti i suoi progetti per il futuro, quando fosse uscito dal carcere. E subito dopo, distruggerà con il fuoco e la benzina tutte le sue proprietà da presentabile “uomo d’affari e facoltoso imprenditore”di giorno. Perché per compiere la sua vendetta contro Leo e saldare tutti i conti in sospeso nel tesissimo finale in lotta per la propria sopravvivenza e senza timore di lasciarci la pelle, bisogna liberarsi di tutto, l’uomo veramente libero non ha proprietà, e così nemmeno Frank.
Visto poi che senza nemmeno saperlo tutta la propria vita gli era stata costruita e “prestata” da Leo, abbiettissimo e malvagio boss professionista dell’”Anonima crimini”. Quando esplodono una dopo l’altra tutte le Cadillac del concessionario di “proprietà” di Frank, e il suo bar dopo che gli ha dato fuoco, enfatizzato ritmicamente allo spasimo da “Mr:Destructo” dei Tangerine, è un momento di tale estatica grandezza, che anche al momento di girarlo nonostante il freddo intensissimo di Chicago d’inverno e l’ora notturna in cui vennero realizzate le riprese, migliaia di persone si riversarono in strada ad assistervi.
Non si può non citare anche le stratosferiche sequenze di lavoro con la lancia termica sottolineate come sempre dalla stratosferica (proprio per “citare” uno dei loro album più straordinari e famosi) musica dei Tangerine Dream, sequenze in cui Mann riprende con lenti movimenti di macchina il lavoro di questi “thief”, scassinatori d’altissimo livello,quasi documentaristicamente con insistiti primi piani sui dettagli, i cavi, i grovigli, l’acciaio della porta blindata che si squaglia fondendosi alla temperatura di una fiamma ossidrica a più di mille gradi, e lo scopo di così tanta preparazione e faticosamente lungo, sfibrante, lavoro di molte ore ad altissime temperature…I diamanti.
Le cartine di queste pietruzze di carbonio purissimo, mostrate per tutto il film con trasporto quasi fisico e caduco al contempo stesso, mostrandoli così per quel che sono, simboli tra i più forti a cui l’uomo solitamente può attaccarsi, andando a far parte di un tutto di vero, vero grande cinema, di quello che rimane marchiato a fuoco nella memoria.

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Uno dei dialoghi più belli di tutto il Cinema che ho visto, nichilismo e materialismo uniti ad una voglia d'illusione di felicità, ad ogni modo un po' di normalità per lui è moltissimo.

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Quando un foto-collage contiene tutto

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James Belushi a sx, ancora molto giovane

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Non ce n'è, a dire la verità... non lo danno un bambino in adozione ad un ex carcerato, per certe cose le condanne sono a vita.

http://4.bp.blogspot.com/-arrTFXcGlfc/T_C5dIE9vLI/AAAAAAAAAAA/pb014vBLYto/s1600/vlcsnap-2010-12-29-22h32m18s120.jpg

Questo frame è all'interno di un breve ma grandioso piano sequenza

http://3.bp.blogspot.com/-yewJSZmgOZ0/T_C5dF7_YPI/AAAAAAAAAAA/89vz3oux7o0/s1600/vlcsnap-2010-12-29-22h45m53s80.jpg

Un primo piano della sempre brava e bellissima Tuesday Weld nella bellissima, struggente sequenza al mare sottolineata dalla strepitosa "Beach Scene" dei Tangerine Dream.

"Scrap Yard", famosissimo, per una delle più belle ed elettrizzanti colonne sonore mai realizzate, e non soltanto dai Tangerine Dream:


TorsoloMarioVanni
Neil McCauley/Robert DE Niro [ultime parole]:- "Visto che non ci torno in prigione?"
Vincent Hanna/Al Pacino :-"Già."
Noodles:"I vincenti si riconoscono alla partenza. Riconosci i vincenti e i brocchi.Chi avrebbe puntato su di me?"
Fat Moe:"Io avrei puntato tutto su di te."
Noodles:E avresti perso.

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"Strade violente" è, praticamente, un film d'esordio cinematografico. In quanto il precedente, anch'esso bellissimo "Jericho Mile", era stato originariamente realizzato per la televisione. Come esordio dunque è uno dei più significativi di quelli anni e ha pochi eguali, anche fra i maggiori registi degli anni immediatamente precedenti. Può essere messo alla pari per la potenza dell'affermazione, mi ritorna sempre alla mente e ne scrissi all'epoca un raffronto,con il vero debutto nel lungometraggio di Carpenter "Assault on Precinct 13", nel 1976.
In "Thief", a costo però di ripetersi, la padronanza estetica e di composizione geometrica e fotografica su ogni singola inquadratura è portentosa, e si noti, alla continua ricerca realizzativa di un consapevole e coerente intento rispetto a ciò che si riesce ad esprimere e in quali maniere.
Mann incomincia poi già da questo film (ma era un tema anche di "Jericho Mile", nell'universo concentrazionario e alienato del carcere di Folsom)ad affrontare le lacerazioni tipiche dei suoi personaggi, che siano criminali, killer professionisti, poliziotti sotto anni di copertura, gangster n°1 eccetera, di fronte alle inevitabili assunzioni di responsabilità derivanti dalla scelta di cambiare vita. Altra tematica tipicamente manniana è l'ineludibile solitudine dei personaggi come Frank, a cui alla fine inevitabilmente, ritornano.
Dopo aver però difeso veramente ciò che più si ama, o si vorrebbe amare. Come per Frank è Jessie e il suo/loro figlio "prestato".
Neil McCauley/Robert DE Niro [ultime parole]:- "Visto che non ci torno in prigione?"
Vincent Hanna/Al Pacino :-"Già."
Noodles:"I vincenti si riconoscono alla partenza. Riconosci i vincenti e i brocchi.Chi avrebbe puntato su di me?"
Fat Moe:"Io avrei puntato tutto su di te."
Noodles:E avresti perso.