Forum sulla Questione Maschile
Off Topic => Off Topic => Topic aperto da: Frank - Ottobre 12, 2017, 19:27:40 pm
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Paolo Pantaleo 7 settembre 2017
La pubblicazione da parte della CIA di oltre 12 milioni di documenti riservati dei dispacci dei servizi segreti americani (anni ’40 – ’90) ha destato particolare interesse in Lettonia. I documenti della CIA offrono uno spaccato molto interessante sulla vita, non solo politica e militare, ma anche quotidiana dei lettoni ai tempi dell’Urss.
La povertà, la mancanza di prodotti alimentari e di prima necessità nei negozi, il cattivo gusto delle mogli dei funzionari russi giunti a Riga, che era una delle capitali più alla moda e sviluppate dell’Europa del Nord prima della II guerra mondiale, e il desiderio di libertà dei lettoni, fra gli argomenti più frequenti dei dispacci dei servizi segreti americani.
“Considerate le condizioni, le informazioni limitate e la cortina che divideva entrambi i blocchi, qualsiasi notizia poteva avere un suo potenziale valore”, sottolinea il ricercatore Mārtiņš Kaprāns. Si può notare come le informazioni venivano raccolte su ogni tema, ma in particolare dettagliati sono evidentemente i tentativi di descrivere le infrastrutture strategiche, le fabbriche, soprattutto elettroniche, chimiche e farmaceutiche. Inoltre, dalle informative si può vedere che il governo americano negli anni ’40 e ’50 aveva informazioni dettagliate sul movimento partigiano nei baltici (i cosiddetti Fratelli della foresta), che attendeva aiuto dall’Occidente nella lotta contro il regime sovietico. Allo stesso modo, notizie dettagliate arrivavano anche sulle deportazioni, e sui luoghi di destinazione dei deportati.
Le informazioni venivano fatte arrivare in Occidente grazie soprattutto ai marinai. La raccolta dei dispacci divenne più intensa grazie al contributo dei cittadini baltici che emigravano. Dagli anni Cinquanta, con il ritorno di un turismo molto limitato e controllato, anche i pochi turisti occidentali iniziarono a riportare informazioni.
Riportiamo di seguito alcuni esempi delle informative inerenti alla Riga e alla Lettonia sovietiche.
“Durante il viaggio circa 200 passeggeri sono saliti senza biglietto, e senza un posto dove sedere, si sono appollaiati sui tetti del vagone. Alcuni hanno viaggiato per 400 km, dalla Russia fino a Riga. Parlando con alcuni di loro abbiamo capito che vengono a Riga per trovare qualcosa da mangiare. Hanno sentito che in Lettonia si possono trovare patate e pane. Fra di loro diverse donne, e anziani, dall’aspetto molto stanco e indebolito”. [Dispaccio di un ufficiale della flotta americana nel 1947]
“I russi che abitano a Riga guardano i lettoni dall’alto in basso, pensano che i lettoni non vogliano considerare la cultura sovietica di gran lunga più alta della loro. Questo atteggiamento offende molto i lettoni, che hanno fondate ragioni per pensare che il livello di vita prima dell’occupazione sovietica era decisamente più alto, nella Lettonia indipendente. Non nascondono il loro odio contro i russi e pensano che persino sotto il regime nazista si viveva meglio”.
“Le persone a Riga sembrano molto depresse, nessuno si ferma a parlare con estranei. Nei caffè e nei ristoranti si possono notare solo soldati e donne. Se provate a invitare una ragazza a ballare, questa lascerà immediatamente il ristorante e per nessun motivo vi rivolgerà la parola. Quelli che conoscevano la Riga di prima della guerra, restano sconcertati da questi cambiamenti, perché si ricordano Riga come una città molto ospitale e prospera.” [Impressioni di un marinaio danese nel 1949]
“Le scarpe più a buon mercato, del materiale più scadente, costano 53 rubli, ma si rompono già dopo tre mesi. Scarpe di pelle modesta costano almeno 350 rubli, scarpe con soletta di gomma importate dalla Cecoslovacchia 500 rubli. Gli stivali di gomma sono praticamente introvabili. Per la fornitura di stivali ci vuole uno speciale certificato del kolkhoz… Anche i pneumatici delle auto sono difficili da acquistare. Alcuni informatori dicono che molte auto delle fabbriche e dei funzionari sono ferme, perché non hanno le gomme”. [1953]
“Il tipico lavoratore lettone mangia due volte al giorno. Alla mattina quella che viene in genere chiamata „Staļina kūka” (la torta di Stalin), ovvero pane nero fritto in olio di soia. Il pasto serale è costituito da una zuppa di verdure, che in genere viene preparata senza grasso né carne, e mangiata insieme a pane nero. Tutta la carne finisce all’esercito, ma nessuno sa esattamente da dove arriva. A volte si può acquistare carne di cavallo per 7-8 rubli al chilo o ossa per la minestra per 6-7 rubli, parti che probabilmente sono rimaste dalle spedizioni di carne all’esercito. Per comprare carne di cavallo si deve fare una coda di due o tre ore”.
“Il maggior motivo che muove i lettoni al desiderio di riconquistare l’indipendenza, è un fondamentale odio nei confronti del dominio russo. I lettoni più giovani odiano i russi semplicemente perché sono russi e vivono in Lettonia. I lettoni più anziani hanno nostalgia dei tempi dell’indipendenza, perché quei tempi per loro significano libertà, proprietà private e imprenditorialità. Se in Lettonia si svolgessero libere elezioni, in cui partecipassero solo i lettoni, i comunisti sarebbero senza alcun dubbio spazzati via. Ma in queste condizioni attuali, con una Lettonia così russificata, con famiglie russe trapiantante nel paese, basi militari russe, il risultato sarebbe del tutto diverso”.
“Gli abitanti di Riga sanno vestir bene. Gli uomini indossano abiti dignitosi, cappotti, cravatte, scarpe buone. Scarpe e accessori migliori sono quelli importati dalla Cecoslovacchia. Nel complesso il lettone preferisce risparmiare qualcosa sul mangiare, piuttosto che mostrarsi trasandato per strada.” [1951]
“La permanente le parrucchiere la fanno ancora coi vecchi strumenti di prima della guerra, che spesso finiscono per bruciare i capelli della cliente. Nei saloni di bellezza si discute soprattutto della moda estera. Le donne sanno di essere ascoltate, per questo non parlano di politica, o delle attività dei propri mariti”. [1953]
“Non appena il corteo ha raggiunto la destinazione finale, la gente abbandona per strada i manifesti e corre a casa. Il giorno dopo i giornali sottolineano invece con quale incrollabile convinzione i lettoni hanno dimostrato la loro fedeltà a Stalin e al partito e quanto grande sia stata la parata di celebrazione.” [Celebrazioni della Vittoria, maggio 1951]
Fonte Lsm.lv
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non se la passavano tanto bene :cry:
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non se la passavano tanto bene :cry:
All'epoca in nessun Paese dell'Europa orientale se la passavano bene.
In merito leggi questo post scritto mesi fa, da una rumena di mia conoscenza, attualmente residente in Inghilterra.
Dupa 27 de ani politicienilor le mai trebue data o lectie !! Am fost obligati de circumstante a pleca din tara si a asista la batjocura lor..acum e randul lor sa fie obligati de a-si abandona scaunele in care dormeau atunci cand nu furau, si furau cand nu dormeau !!!!
Credo tu capisca il rumeno, tuttavia la rumena in questione si riferisce a certe manifestazioni* che ci sono state l'inverno scorso in Romania, contro i loro politici.
Sostanzialmente dice che dopo 27 anni i politici rumeni hanno avuto una lezione, ed aggiunge che tanti rumeni son stati costretti a lasciare il loro Paese e per questo hanno subìto anche la derisione da parte dei medesimi politici; ma ora tocca a loro essere costretti ad abbandonare le sedie dove dormivano.
Conclude dicendo che i suddetti rubavano quando non dormivano e dormivano quando non rubavano.
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http://www.eastjournal.net/archives/80718
ROMANIA: La lunga stagione dello scontento romeno. Cinque anni di proteste
Matteo Zola 3 febbraio 2017
E’ il quarto giorno di proteste in Romania. Le manifestazioni, assai imponenti, hanno portato in strada circa 300mila persone. Tutto è cominciato la notte del 31 gennaio, quando il governo guidato da Sorin Grindeanu, ha licenziato una legge che prevede la depenalizzazione per i reati di corruzione contro lo stato, siano essi commessi da pubblici ufficiali, politici o privati cittadini. La legge introduce una pericolosa distinzione tra reati: i “piccoli” abusi saranno leciti, o comunque perseguibili solo in sede civile, implicitamente tollerati. Questa legge sconcertante andrà a vantaggio di molti politici attualmente agli arresti per corruzione, ma soprattutto gioverà a Liviu Dragnea, leader del partito socialista al governo, attualmente a processo per abuso di potere. Il governo ha infatti deciso che corruzione e abuso di potere saranno punibili solo se è dimostrabile un danno per lo stato superiore a 44.000 euro: la vicenda che riguarda Liviu Dragnea è sotto quella cifra.
Da quattro giorni i cittadini romeni scendono in strada dando vita alla più grande manifestazione di piazza dalla caduta del comunismo. Tuttavia queste proteste, così imponenti, non arrivano dal nulla. E’ ormai cinque anni che i romeni protestano, spesso nell’indifferenza del resto d’Europa.
La lunga stagione dello scontento
La stagione dello scontento romeno inizia infatti nell’inverno 2012 quando gli studenti decisero di occupare piazza Università, il cuore di Bucarest, luogo simbolo delle manifestazioni contro il regime comunista e delle proteste degli studenti che, nel 1990, si ribellarono alla restaurazione di Iliescu, l’uomo che mascherò da democrazia un regime brutale e repressivo.
Ma nel 2012 l’incantesimo della paura si spezzò all’improvviso, cortei e striscioni occuparono nuovamente la piazza e anche la polizia, che sembrava pronta a soffocare nel sangue anche quella rivolta, simpatizzò con i manifestanti. Le proteste, che durarono due mesi, furono pacifiche e trasversali: in piazza Università accorsero anziani, giovani, di destra e di sinistra. Il risultato furono le dimissioni del governo guidato da Emil Boc e appoggiato dall’allora presidente Traian Basescu, vero padre padrone del paese.
Allora il presidente Basescu decise di nominare quale nuovo primo ministro Mihai Ungureanu, già capo dei servizi segreti. La piazza comprese che si trattava di un’intimidazione. Nel paese in cui la Securitate aveva seminato morte e terrore, una nomina del genere non poteva che agitare vecchi fantasmi. Ma alla paura subentrò il coraggio, e dopo altri tre mesi di proteste, nel giugno 2012 anche il governo Ungureanu cadde. Con lui precipitò anche il presidente Traian Basescu, costretto alle dimissioni e accusato di impeachment. Un’era sembrava chiudersi. Intanto una nuova consapevolezza e maturità si diffondevano nel malcontento romeno, come dimostrato anche dalla vicenda di Rosia Montana che da fenomeno nimby diventò presto il simbolo di una nuova sensibilità ambientalista e democratica.
Tuttavia la fase che seguì le proteste portò a un riequilibrio della forze politiche che in nulla mutarono le proprie abitudini: abuso, corruzione, nepotismo, confermarono il carattere cleptocratico della classe dirigente romena. Una convulsa fase politica,contraddistinta da una serie di maneggi, segnò la vita politica del paese. Così, nel 2015, la rabbia riesplose. La miccia fu la tragedia del Colectiv Club, una discoteca il cui crollo causò la morte di 64 persone, la cui responsabilità fu attribuita alla corruzione politica. Le manifestazioni che seguirono la tragedia portarono alle dimissioni di Victor Ponta, primo ministro socialista. Un’altra vittoria della piazza.
Dall'indifferenza all'Europa
Chi scrive ricorda l’indifferenza con cui molti colleghi giornalisti affrontarono le proteste del 2012, senza comprenderne l’importanza. L’ignoranza in merito alle vicende dell’Europa orientale, e l’idea che queste non fossero da inserirsi in un più ampio quadro europeo, consegnò le proteste di quell’anno all’oblio. Fu per noi, costretti a questo piccolo lavoro, all’epoca dei fatti ancor più piccolo, un grande dispiacere. Oggi non è più così, queste proteste sono finite su tutti i media. Un segno della consapevolezza che le vicende europee ci riguardano tutti, e possono avere ricadute continentali. Anche così l’Europa si unisce.
Dopo un anno di governo ad interim, si è arrivati alle elezioni di dicembre, quelle che hanno segnato la vittoria del partito socialista guidato dal già citato, e condannato per frode, Liviu Dragnea.
Togliere le virgolette
Alla luce di queste vicende, è facile immaginare che lo scontento romeno non avrà facile soluzione. Non basta ottenere le dimissioni del governo in carica. La classe politica continua a segnare il passo rispetto alle esigenze e alle richieste dei cittadini. Esigenze che vanno molto al di là dei singoli casi che scatenano le proteste. Il malcontento romeno si origina nella mancanza di prospettive, di lavoro, di dignità. La disoccupazione e l’emigrazione dei più giovani restano problemi insoluti. Tutto questo si unisce a un’esigenza di democrazia sempre più urgente, alimentata dal fatto che finalmente i romeni hanno compreso di essere stati vittime di un raggiro storico: dopo la caduta del comunismo, non si è passati a un regime democratico ma a una restaurazione autoritaria travestita da libertà. Una democrazia tra virgolette. Oggi i romeni vogliono togliere quelle virgolette.
Perché non nasce un’alternativa politica?
Dopo cinque anni di proteste, sarebbe lecito attendersi che dalla società civile nasca e si sviluppi un progetto politico alternativo. Tuttavia questo non accade. Perché?
Da un lato, a impedirlo, c’è l’impermeabilità del potere. Fare breccia in un sistema così autoreferenziale non è affatto facile, se non compromettendosi. Dall’altro, è il diffuso clima di sfiducia verso la politica – ritenuta cosa “sporca” – a tenere le persone lontane dall’impegno politico o, meglio, da un impegno politico che si traduca nella creazione di un nuovo partito. Significativo, in tal senso, è l’insuccesso di Nicusor Dan, matematico e attivista, il cui partito doveva intercettare proprio i malumori della società civile ma che alle ultime elezioni ha ottenuto solo il 9% dei consensi.
Inoltre occorre considerare che il carattere spontaneistico delle proteste è anche un limite allo sviluppo politico delle proteste stesse. Le persone si organizzano tramite social-network, senza una piattaforma condivisa, senza un ente (associativo, partitico, sociale) che le unisca e avanzi concrete proposte. A tenerle insieme è la rabbia, a rappresentarle è un hashtag. Troppo poco per passare dalla protesta alla proposta. La rete è quindi un utile strumento di organizzazione ma rischia di essere una trappola, impedendo uno sviluppo off-line delle istanze portate avanti durante le manifestazioni. Uscire dalla rete sarà un passo necessario per non restarne impigliati.
La riscoperta della piazza
Durante il regime comunista, la piazza era il luogo del consenso obbligatorio. Per questa ragione il passaggio alla democrazia è stato segnato anche dal rigetto della piazza come luogo “politico”. Solo con la nuova generazione, quella che non ha conosciuto le adunate di regime, la piazza è tornata ad essere il luogo dell’incontro e, necessariamente, dello scontro. Ma prima che questa generazione passi dalla protesta alla proposta bisognerà forse attendere ancora un po’ di tempo, ma l’esigenza di democrazia dimostrata dai romeni fa ben sperare per il futuro.
L'attuale quadro politico romeno
L’attuale primo ministro, Sorin Grindeanu, è stato nominato appena un mese fa. Ci sono voluti due mesi per arrivare alla sua nomina poiché il partito socialista, uscito vincitore dalle elezioni parlamentari dello scorso dicembre, non riusciva a indicare un nome adatto a ricoprire la carica di primo ministro. Carica che sarebbe dovuta andare al leader del partito socialista, Liviu Dragnea, fautore del successo elettorale. Ma Liviu Dragnea non poteva in quanto precedentemente condannato per frode elettorale e per questo interdetto da ogni incarico pubblico. Egli indicò allora il nome di Sevil Shadeh, donna di origine tatara e religione musulmana, ritenuta da molti un “pupazzo” nelle mani dello stesso Dragnea. Anche per questo il presidente della repubblica, Klaus Iohannis, rifiutò di conferirle l’incarico. Così, a inizio gennaio, si è giunti alla nomina di Sorin Grindeanu, uomo di cui la piazza oggi chiede le dimissioni.
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Tutto l’est europeo ha vissuto la devastazione di un’ideologia, quella comunista, che ben fa capire la pericolosità dei meccanismi ideologici.
Una élite di pensatori (sempre espressione della classe dominante) elabora un’ipotesi di cambiamento radicale e la da in pasto alle masse.
Il meccanismo è quello dell’indottrinamento, attraverso la persuasione.
Spesso la contraffazione della realtà. La menzogna sistematica. L’odio verso la controparte.
Il risultato immediato è quello di un’élite di potere che si sostituisce ad un'altra élite di potere.
Normalmente invece, le masse li erano…e li rimangono.
I vantaggi per loro, sono di solito di gran lunga inferiori a quanto promesso, e spesso parzialmente controbilanciati dagli svantaggi che la nuova "Era" porta.
Da questo punto di vista che differenza c’è col femminismo?
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Tuttavia, pur essendo attualmente migliore (rispetto ad allora) la situazione dei paesi dell'est, va pure detto che nemmeno oggi i sopracitati paesi sono diventati i "paradisi" che tanti italiani credono siano.
Un esempio:
http://www.truenumbers.it/stipendi-russia/
In Russia un minatore guadagna come un bancario
Posted 21 settembre 2017 In Crisi&Ripresa
Circa mille euro al mese: il doppio della media. Si allarga la forbice tra operai e statali
In Russia, la busta paga mensile di un operaio che lavora nell’industria dell’estrazione di metalli e minerali si aggira sui 60mila rubli, più o meno il salario di un impiegato in banca, un consulente finanziario o un agente assicurativo. Stesso stipendio, cambia solo il posto di lavoro.
Stipendi bassi in Russia
In entrambi i casi stiamo parlando di circa 800 euro al mese. Non sono tanti, ma comunque sempre più della media nazionale: secondo i numeri forniti dall’ufficio statistiche di Mosca, infatti, lo stipendio medio di chi vive e lavora in Russia si aggira oggi sui 450 euro al mese. E se sembrano pochi bisogna pensare che fino a pochi anni fa erano la metà, 290 euro nel 2010 per la precisione.
Vivere con 200 euro al mese
Nella classifica del tenore di vita, tra i lavori meglio pagati, dopo la finanza e l’industria estrattiva, ci sono quelli degli impiegati pubblici in Russia: 574 euro al mese. All’ultimo posto ci sono invece gli agricoltori (guadagnano l’equivalente di 261 euro al mese), seguiti dagli imprenditori nel settore del turismo (281 euro). I professori possono invece contare su una mensilità di 370 euro, più o meno come i commercianti.
Si potrebbe pensare che 100 euro, fatte le dovute proporzioni, valgano molto di più in Russia e forse è così. Fatto sta che il potere d’acquisto dei cittadini russi continua a calare: – 8% nel secondo quarto del 2015, se paragonato con l’anno precedente, secondo gli ultimi dati forniti dalla Banca Centrale Russa.
Diseguaglianze in Russia
Ma quello che colpisce non è solo il livello degli stipendi medi in Russia, ma il fatto che la forbice tra gli operai, gli agricoltori e gli impiegati e i redditi dei dirigenti dello Stato si è allargata fino ad assomigliare moltissimo alle diseguaglianze tipicamente “occidentali”. Nel 2015, infatti, il primo vice-capo dell’Amministrazione presidenziale, Vjačeslav Volodin, ha dichiarato un reddito di 87,1 milioni di rubli ovvero 24 in più rispetto all’anno prima. Vladimir Putin ha dichiarato un reddito di 8,9 milioni, cioè 10 volte di meno.
I dati si riferiscono al: 2015
Fonte: Servizio Statistiche dello Stato Federale Russo
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Non esistono paradisi sulla Terra, ma Paesi in declino e Paesi in ascesa (o in recupero). Nel lungo periodo meglio vivere nei secondi.
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http://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/26897-struttura-salariale-in-romania-la-meta-dei-lavoratori-rumeni-guadagna-meno-di-200-euro-al-mese
Struttura salariale in Romania: La metà dei lavoratori rumeni guadagna meno di 200 euro al mese
20 Maggio 2016 15:43 Internazionale - Europa
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Come si evince dai dati del Ministero di Lavoro, pubblicati dal quotidiano ZF, il 44% dei lavoratori salariati rumeni sopravvive con meno di 1.000 lei lordi al mese, cioè, circa 185 euro netti (parliamo di 2 milioni di lavoratori).
D'altra parte, il 28% vive con un salario tra i 185 ai 310 euro lordi, 1.000-1.700 lei netti (in questo caso parliamo di 1,3 milioni di persone).
Al di sopra di questi, un 19% riceve per il suo lavoro tra i 1.700 e i 3.000 lei, circa 310-600 euro netti, mentre nel reddito fino a 4.000 lei lordi entra solo un 4% (entrambi i gruppi contano circa 1,1 milioni di salariati, più vicini al valore più basso che a quello più alto).
Infine, solo un 5% (250.000 persone) guadagna di più, cioè circa 800 euro netti.
Il numero di lavoratori raggiunge attualmente i 4,75 milioni di persone il cui salario medio, che non è la media, molto più bassa, è di 1.700 lei netti al mese, cioè, 310 euro lordi.
La situazione in realtà è ancora peggiore, dato che sotto il salario medio si trovano il 72% dei rumeni, il che mostra che la media (cioè, il salario più usuale) è parecchio più bassa. In altre parole, più del 72% dei lavoratori della Romania capitalista percepisce una paga inferiore al salario medio ufficiale.
Non bisogna dimenticare, per finire, che la distruzione dell'industria produttiva nazionale in questi 26 anni di terapia d'urto neoliberale, fa si che i prodotti di prima necessità siano, per la maggiore parte, da importare, la qual cosa fa si che raggiungano un prezzo vicino o superiore a quello dei prezzi in Europa Occidentale.
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https://ungherianews.com/2017/09/01/stipendio-medio-tra-i-piu-bassi-della-ue/
Stipendio medio tra i più bassi della UE
Aron Coceancig / 1 settembre 2017
L’Ungheria sta vivendo un periodo di forte crescita economica con il PIL che nel primo quarto del 2017 è cresciuto del +4,1% superando le stime già ottimistiche delle varie istituzioni economiche. A crescere significativamente è stato anche il salario medio ungherese che a giugno ha registrato un +14,4%. Secondo il Ministro dell’Economica Mihály Varga il salario medio continuerà a crescere a ritmi importanti per tutto l’anno, come anche il numero degli occupati.
Non è però tutto oro quello che luccica. Infatti il salario medio ungherese continua ad essere uno dei più bassi all’interno della UE. Secondo i dati dell’Istituto di statistica ungherese (KSH) lo stipendio medio netto in Ungheria è pari a 649 euro al mese. Pochi, molto pochi, in particolare se confrontati con un costo della vita che in alcune aree ha raggiunto livelli quasi da “Europa occidentale”.
Uno stipendio medio così basso pone l’Ungheria al terzultimo posto tra i paesi aderenti alla UE, sopra solo a Romania e Bulgaria. La crescita degli stipendi ungheresi, che nel 2017 dovrebbe attestarsi al 12%, è un segnale positivo ma che non inciderà in maniera significativa sugli standard di vita dei lavoratori.
La forte crescita economica ungherese infatti rende evidente ogni giorno di più come alla crescita portentosa del PIL corrisponda non un generale innalzamento del livello di vita della maggioranza della popolazione, ma anzi una divaricazione sociale sempre più marcata tra una fetta di popolazione che può godersi standard di vita “occidentali”, o forse anche di più, e la maggioranza degli ungheresi che continua a faticare non poco per arrivare a fine mese, dovendo in numerosi casi affrontare un secondo o un terzo lavoro.
Ad incidere sulla crescita del salario medio vi è inoltre la carenza di lavoratori. Infatti nonostante i dati ufficiali parlino di un tasso di disoccupazione pari al 4,3% in numerose categorie, e specialmente a Budapest, si registra ormai una cronica carenza di lavoratori. Fattore che porta all’aumento dell’offerta salariale, ma che a lungo andare potrebbe essere un problema non indifferente per l’economia magiara.
Negli ultimi anni l’economia del paese danubiano è cresciuta a ritmi sostenuti. A favorire questa crescita è stata sia la politica economica del governo (politica monetaria e di investimenti pubblici e privati in primis) che la disposizione di manodopera a basso prezzo, oltre allo stretto legame economico con l’economia trainante del continente, quella tedesca. La crescita economica ha portato quasi all’annullamento della disoccupazione, un sostenuto aumento del costo della vita ma in particolare ha portato ad un aumento delle diseguaglianze nel paese.
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L'articolo è stato apparentemente scritto da snowflakes politicamente corretti della generazione Erasmus,* orientati a sinistra e non lontani, almeno idealmente, dalle posizioni di Soros, cioè della CIA di cui appunto parla questo topic. Occorrerebbe controllare altre fonti. :lol:
Come che sia, dire che i salari sono bassi all'estero quando da noi la classe media rovista sempre più nei cassonetti, è come dire quanto si sta bene in prima sul Titanic mentre in terza saltano inspiegabilmente sulle scialuppe... :P
* Claudia Patricolo: Giornalista emigrata, nata a Palermo, ho studiato Scienze Politiche :doh: a Roma per poi specializzarmi in Giornalismo e Comunicazione :sick: :sick: sempre nella capitale. Ho iniziato ad occuparmi di politica internazionale in alcune redazioni romane, per poi spostarmi a Parigi dove ho lavorato presso la redazione infografica di Le Monde [il giornale della sinistra al caviale]. :doh: Sono arrivata in Ungheria per caso, prima a Debrecen grazie a un progetto europeo, :mad: e adesso a Budapest dove scrivo di economia per una testata inglese. :sick: :sick: :sick:
Conclusione: questa è andata in Ungheria a far danni per conto di qualche ONG tipo Open Society e dintorni, pronta a dar man forte in caso di "spontanea" rivoluzione colorata.
L'Europa è piena di studentelli fancazzisti che girano da una università all'altra e da una ONG all'altra, lavorando da Mc*** e partecipando a manifestazioni fasulle (Indignados e affini) che una volta spente le fotocamere si sciolgono come un flashmob.
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Vicus, non è che bisogna "saltare in aria" ogni volta che uno evidenzia le problematiche dell' Ungheria e buttarci inevitabilmente dentro il solito Soros del menga, eh... :cool2:
Dire o scrivere che pure lì esistono forti diseguaglianze sociali non equivale a sostenere che da noi funziona tutto a meraviglia.
Dove hai letto questo?
In questa discussione si parla dell' Europa dell'est, non dell' Italia e dell' Europa dell'ovest.
Inoltre, delle rogne italiane se ne parla ad ogni pié sospinto e in ogni dove, perciò non è necessario che pure io mi metta a parlarne.*
Casomai è delle problematiche dell'est che si parla poco, il che è ben diverso.
Ora, che anche nell' Ungheria odierna una buona fetta della popolazione abbia i propri guai è un dato di fatto e non una tesi campata in aria dalla tizia in questione, di cui a me frega meno di zero.
Sappi che l' Ungheria non è solo Budapest; l' Ungheria è pure "altro".
Ragion per cui sarebbe il caso di non idealizzarla oltre il dovuto.
http://it.euronews.com/2015/06/15/ungheria-poverta-in-crescita-aiuti-alimentari-per-l-infanzia-insufficienti
Ungheria: povertà in crescita, aiuti alimentari per l'infanzia insufficienti
da Euronews
ultimo aggiornamento: 15/06/2015
Bambini dall’aria felice che giocano in un piccolo villaggio ungherese: scene di tutti i giorni, che non farebbero sospettare la fame. L’ente
Bambini dall’aria felice che giocano in un piccolo villaggio ungherese: scene di tutti i giorni, che non farebbero sospettare la fame. L’ente statistico nazionale quest’anno non ha pubblicato dati sulla povertà, ma Eurostat ha effettuato una ricerca.
Ne risulta che tra il 2009 e il 2013 la povertà estrema è cresciuta dal 20,3% al 26,8%. E nel 2014 oltre il 42% dei bambini ungheresi di meno di sette anni vive in povertà. L’Ungheria sarebbe quindi tra i cinque Paesi con la maggior povertà nell’Unione europea.
“Meno persone ricevono aiuto, e ne ricevono di meno. E in più cresce un sentimento ostile ai poveri. Questo ovviamente spinge certe decisioni politiche, che in pratica puniscono i poveri, quindi le loro condizioni si deteriorano ulteriormente”, commenta la presidente di Eurochild.
La corrispondente di euronews ha incontrato due famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà. Abitano in una regione rurale, dove non si trova lavoro. Per l’intera famiglia di quattro persone possono spendere in cibo circa 50 euro al mese. Coltivano un po’ di verdura e hanno delle galline, ma non è abbastanza per un’alimentazione normale o per comperare i medicinali in caso di necessità.
“Quando le mie due figlie hanno iniziato ad andare al nido, in effetti passavano più tempo a casa ammalate. Andavano al nido 2-3 giorni, magari una settimana, poi si ammalavano e stavano a casa. Nella primavera appena passata, sono state a casa ammalate per nove settimane. Biborka ha un’intolleranza al lattosio, quindi ha bisogno di formule speciali per i bambini e questo pesa, se devi pagare dodici euro per una dose di cinque giorni o se costa invece un euro e venti o niente, con l’aiuto del Fondo per i pasti dei bambini”.
Il Fondo per i pasti dei bambini, un’organizzazione non governativa, ha lanciato lo scorso ottobre il programma Farmacia per i Poveri a Bátmonostor, in via sperimentale. È un piccolo paese vicino alla frontiera meridionale dell’Ungheria. Da luglio, qualsiasi villaggio con una popolazione tra i 1500 e i tremila abitanti, che ha un medico e una farmacia, può richiedere i 100.000 fiorini al mese, circa 320 euro, di aiuti per i medicinali e i prodotti per l’infanzia, come ci ha spiegato il presidente del fondo:
“Il programma Farmacia per i poveri è molto semplice: diamo il denaro ai medici, così il dottore lo usa per acquistare i medicinali per i bambini o le donne incinte che non abbiano risorse sufficienti. In questo modo la farmacia può fornire il medicinale e le persone possono essere curate”.
La dottoressa Magdolna Gyulai, che coordina il programma a Bátmonostor, dice che quelli che si trovano in maggiori difficoltà tendono a nascondere i propri problemi, e quindi è una sfida difficile convincerli a presentare una richiesta per gli aiuti.
“La gran parte di queste persone prova vergogna, preferirebbero nascondre il fatti di non potersi permettere le medicine prescritte per i loro bambini, perché i bambini sono la cosa più importante per noi. Se non possiamo dare loro nulla, allora non valiamo nulla, non siamo abbastanza bravi come genitori. I bambini che hanno fame, ma che hanno un peso più o meno accettabile, imparano con maggiore fatica, non possono concentrarsi, sono più lenti a risolvere un problema di matematica, imparano più tardi a leggere. Spesso la fame è la causa delle minori capacità. Se parliamo con i genitori sì, riusciamo a intuire la verità. Quando ci dicono ‘oh, non ho avuto il tempo di dargli la colazione’ è che in realtà non avevano nulla da dare per colazione”.
“Penso che i miei figli più piccoli non abbiano notato i problemi, forse hanno abbastanza o semplicemente non se ne accorgono”, spiega una madre. “Ai più grandi devo spiegare che mi dispiace, ma non abbiamo i soldi per comperare questo o quello, forse più tardi, se avremo i soldi”.
Il governo ungherese quest’estate fornisce aiuti alimentari per l’infanzia per tre miliardi di fiorini, cioè più di nove milioni e mezzo di euro, ma questo, pur riducendo l’emergenza, non risolve il problema alla radice.
http://znetitaly.altervista.org/art/20499?doing_wp_cron=1508656543.4305911064147949218750
https://www.dirittiglobali.it/2016/07/criminalizzare-la-poverta-ungheria-un-caso-europeo/
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Per meglio rendere l'idea: in questo forum noi ci occupiamo della violenza femminile o della violenza maschile ?
Ovviamente della prima, perché della seconda ne parlano ogni nanosecondo tutti i media, mentre di quella femminile non se ne occupa quasi nessuno.
Ma questo non significa certamente negare che esiste la violenza maschile.
Vicus, son cose ovvie, no ? :cool:
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Ma chi salta in aria? :ablow: :lol:
Il curriculum di questa parla chiaro, motivo per cui ho consigliato di controllare altre fonti. E' pieno di giornali di "laureate in scienze politiche" che dicono che Putin è un dittatore (come no), che in Russia non hanno più nemmeno l'acqua corrente e via di questo passo.
Altre fonti più indipendenti dimostrano una evidente ripresa economica e demografica.
Il problema delle diseguaglianze sociali, esito della speculazione finanziaria è tipico di tutti i Paesi dell'Est. Ma si dà il caso che Orban sia uno dei pochi ad opporsi al globalismo (per coincidenza di Soros), e stia cercando di fare l'interesse del suo Paese, pare anche bene visto che è rieletto da un bel po'.
A partire dagli immigrati che dopo il lavoro cominciano a prenderci le donne (anche senza molestie :D), che l'Italia va a prendere dalle loro coste garantendo loro un alloggio migliore del mio, vitto, Wi-Fi, sigarette e cellulare gratis tutto a spese del furbo maschio italiano.
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Ma chi salta in aria? :ablow: :lol:
Il curriculum di questa parla chiaro, motivo per cui ho consigliato di controllare altre fonti. E' pieno di giornali di "laureate in scienze politiche" che dicono che Putin è un dittatore (come no), che in Russia non hanno più nemmeno l'acqua corrente e via di questo passo.
Altre fonti più indipendenti dimostrano una evidente ripresa economica e demografica.
Il problema delle diseguaglianze sociali, esito della speculazione finanziaria è tipico di tutti i Paesi dell'Est. Ma si dà il caso che Orban sia uno dei pochi ad opporsi al globalismo (per coincidenza di Soros), e stia cercando di fare l'interesse del suo Paese, pare anche bene visto che è rieletto da un bel po'.
A partire dagli immigrati che dopo il lavoro cominciano a prenderci le donne (anche senza molestie :D), che l'Italia va a prendere dalle loro coste garantendo loro un alloggio migliore del mio, vitto, Wi-Fi, sigarette e cellulare gratis tutto a spese del furbo maschio italiano.
Lascia stare il curriculum della tizia in questione, perché non ha nessuna importanza, visto e considerato che la suddetta non ha fatto altro che rifarsi ad altre fonti. :cool2:
Poi, che in molti paesi dell'est ci sia una ripresa economica lo so benissimo (ma non sempre demografica... dipende di quali paesi dell'est parliamo),
Riguardo ad Orban noto che stiamo qui a dire sempre le stesse cose.
Anche a me piace, come mi piace Putin, ma a differenza di te non idealizzo né "mitizzo" alcun capo di stato. :cool:
Altro particolare da evidenziare: se io aprissi una discussione riguardante l' Italia, la camorra, la mafia, ecc, son sicuro che non mi "contrasteresti" neppure di striscio.
Anzi, evidenzieresti ancor di più le magagne del nostro Paese, evitando accuratamente di far paragoni con altri paesi, dell' est o meno.
Senza offesa, Vicus, ma in questo (ripeto: in questo) somigli ad altri milioni di nostri connazionali, malati di esterofilia e convinti che l' erba del vicino sia sempre più verde.
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ps:
A partire dagli immigrati che dopo il lavoro cominciano a prenderci le donne (anche senza molestie :D),
Per me possono pure prendersele tutte, mia sorella compresa.
Figurati quanto me ne frega. :alien:
Vicus, io son più vecchio di te, fra poco più di 3 anni avrò 50 anni, perciò credi veramente che, a livello personale, possa interessarmi se gli immigrati "ci rubano le donne" ?
Ma anche a livello "non personale" dovrei forse preoccuparmi, considerando quanto acide sono le nostre connazionali ?
Che se le prendano pure.
Amen.
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Frank, questa meravigliosa Italia così meno corrotta della Nigeria mi ha tolto la possibilità di un lavoro qualificato, discriminato negli studi, rovinato le mie potenziali mogli (le nostre nonne non erano come le acide italiane di oggi) e vessato in mille altri modi che non sto a precisare qui.
L'Italia non è il Congo o l'Ungheria, è vicina a nazioni come Germania, Francia, Svizzera.
Quello che mi fa più schifo di questa nazione è la sua infinita capacità di farsi corrompere (la frase è di Federico Zeri che di queste cose sapeva bene) al punto da fare la guerra per conto terzi (proxy war diremmo oggi) alla sua parte più sana, meritevole e produttiva, esattamente come le repubbliche delle banane del Sudamerica.
Ora, la Russia e l'Ungheria (per tacere dell'Asia) possono avere tutta la criminalità e la corruzione che vuoi, ma non sono serve giurate (e accreditate di un voto robotico) dei poteri globali, per cui almeno non fanno la guerra ai propri cittadini e sono in ripresa anziché in declino.
Le rogne in cantiere con gli albanesi sono quasi un privilegio a paragone di un ufficio governato da un capo psicopatico (https://www.questionemaschile.org/forum/index.php?topic=14926.msg174920#msg174920), che mette i sottoposti uno contro l'altro, si fa bello col merito degli altri ricompensandoli con un calcio nel sedere, il tutto condito da donne onnipresenti come rane in uno stagno.
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Vicus, lascia stare il discorso degli automobilisti, perché in paesi come la Russia accade ben di peggio che in Italia.
Informati meglio.
Ma, a parte questo, noto che anche in questa occasione non fai che ripetere come un mantra la solita solfa, che peraltro ascolto da decenni e di cui io stesso son consapevole.
In merito colgo l' occasione per ricordarti che io, pur essendo un nazionalista, ho scritto innumerevoli volte che detesto e disprezzo profondamente la gran parte dei miei connazionali, perciò di cosa stiamo parlando?
Ciò non mi impedisce di vedere le magagne altrui né di parlarne e scriverne, contrariamente al 99,99% degli italiani, specie se di sesso maschile.
In ogni caso, caro Vicus, la soluzionea tutto ciò esiste ed è la seguiente: andarsene dall' Italia.
Un consiglio, però: scegli bene la destinazione, perché "là fuori" non son tutte rose e fiori.
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In Russia gli automobilisti rispettavano semafori e strisce, potevo attraversare la strada senza rischiare la sedia a rotelle.
Sono stato in vari Paesi anche per lunghi periodi quindi so di cosa parlo, a partire dalle donne, intrise di femminismo ma molto più frequentabili (e meno scroccone) delle bisbetiche connazionali.
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In Russia gli automobilisti rispettavano semafori e strisce, potevo attraversare la strada senza rischiare la sedia a rotelle.
Sono stato in vari Paesi anche per lunghi periodi quindi so di cosa parlo, a partire dalle donne, intrise di femminismo ma molto più frequentabili (e meno scroccone) delle bisbetiche connazionali.
Quali russi ? E in quali zone della Russia ?
Vicus, la tua personale esperienza non può far statistica.
In merito ti segnalo un vecchio articolo che conservo da anni.
Guidare in Russia? Non è una passeggiata
ott 15, 2010
Un viaggio in Russia può rivelarsi un'esperienza incantevole, tuttavia, prima di noleggiare un'automobile per un giro turistico, bisogna essere preparati: guidare in Russia non è un'esperienza che non lascia segni
Sconfiggere la sindrome di Susanin
Ivan Susanin è un eroe nazionale, divenuto famoso per aver promesso ai nemici di mostrare loro la strada per raggiungere la residenza segreta dello zar di Russia, ma che li condusse invece dentro una buia e fitta boscaglia da cui nessuno mai uscì. Oggi, una sarcastica espressione, ripetuta spesso, dice che i discendenti di Susanin presiedono il servizio stradale russo. Finché si è a Mosca o sulle principali autostrade, si ha infatti una buona possibilità di arrivare dal punto A al punto B, ma non appena si svolta in una strada di campagna, la faccenda si fa problematica. I cartelli stradali sono rarissimi, per non parlare dei caratteri latini. Si può evitare di perdersi se si possiede un semplice sistema di navigazione GPS. In assenza di questo, l'unica via di uscita è usare una dettagliata mappa in lingua inglese o chiedere informazioni alla gente del posto dopo aver imparato qualche frase in russo.
La regola delle tre D
Secondo un comico russo, la Russia è l'unico Paese al mondo in cui si può essere tamponati guidando lungo la linea spartitraffico pur muovendosi in direzioni opposte. Ai russi piacciono le auto veloci e adorano mostrare la propria superiorità alle altre auto. Anche se si sta guidando al limite massimo di velocità, bisogna fare attenzione se si ha alle spalle qualche automobilista con la macchina truccata che inizia a lampeggiarvi per chiedere strada. Spostarsi, poi, di corsia e essere i primi a sgommare non appena il semaforo diventa verde è l'attività preferita di molti automobilisti russi. I guidatori con una certa esperienza seguono la regola delle tre D, “Dai Dorogu Duraku”, ovvero “dai la precedenza allo stupido”.
Non dimenticare, inoltre, che chi scambia la strada per piste di Formula Uno sa anche bene dove sono i blocchi della polizia e rallentano in tempo per evitare di essere multati. Chi invece cercherà di imitarli sarà di sicuro fermato per eccesso di velocità. Risultato? Multa e sospensione della patente.
Chiodo schiaccia chiodo
Lo scrittore russo Nikolai Gogol diceva: “La Russia ha due problemi, gli imbecilli e le strade”. I comici dei nostri giorni replicano dicendo che “un problema ne risolve un altro”. Il clima russo è molto duro; in estate il caldo può far sciogliere l'asfalto e in inverno i pneumatici chiodati mandano in frantumi la strada. Il servizio stradale non ha ancora trovato una tecnologia adeguata per rendere l'asfalto più resistente alle terribili condizioni meteorologiche. Per di più, spesso il caos nelle strade è provocato proprio dai cantieri aperti nelle ore di punta. Nell'estate 2010, i lavori sulla strada che porta all'aeroporto Sheremetyevo di Mosca sono stati organizzati in modo così inefficiente che persino i piloti arrivavano in ritardo per i voli. Se notate il più piccolo accenno di lavori in corso lungo la via, preparatevi a un ingorgo o cercate una strada alternativa.
Evitare i “bucaneve”
I bucaneve, fiori diffusi nelle regioni russe dalle condizioni climatiche più miti, sono i primi a sbocciare dopo lo scioglimento delle nevi. Ma per gli automobilisti russi, in termini pregiativi, i bucaneve sono quei guidatori che non usano la macchina in inverno per paura delle strade ghiacciate e degli ingorghi che si generano dopo ogni nevicata. Questo genere di automobilisti è una specie in estinzione negli ultimi anni, tuttavia ce n'è ancora un discreto numero e ogni primavera, per la loro troppa prudenza, possono rivelarsi una spiacevole sorpresa.
Regole d’oro per il parcheggio
Un problema comune a tutte le grandi città è la mancanza di parcheggi. Tuttavia, non pensate nemmeno minimamente di toccare, nella manovra, il paraurti di un'altra macchina. Ogni piccolo graffio è una potenziale causa di scontro. L'automobile per un russo è come il cavallo preferito per un soldato: la coccolerà, spesso la tratterà come una creatura animata, dando retta ai suoi capricci e ringraziandola per il lavoro ben svolto. Inoltre, fino a poco tempo fa, le assicurazioni automobilistiche non erano obbligatorie e molte persone non resistevano alla tentazione di chiedere al guidatore responsabile del graffio un risarcimento per danni fisici e morali.
Parking a pagamento?
Tuttavia, parcheggiare in Russia presenta anche degli aspetti positivi. A Mosca, di solito, non si paga per il parcheggio e, a eccezione di alcune strade, si può lasciare la macchina accostata per molto tempo. Fanno eccezione gli aeroporti, le aree di fronte ai centri commerciali d'élite e alcune strade molto importanti, come la Tverskaya, dove le auto parcheggiate vengono rapidamente rimosse dal carro-attrezzi. Non dovete rimanere sorpresi, però, se nelle città più piccole vi si avvicina qualche giovane che si offre di sorvegliare la macchina per un misero compenso. Accettando l'offerta, potete stare sicuri che i malviventi non toccheranno la vostra vettura e al ritorno, oltre a ritrovarla intatta sarà anche stata lavata.
Buoni samaritani
Se avete bisogno di un aiuto o avete fatto un incidente, potete stare certi che gli altri automobilisti faranno qualsiasi cosa pur di darvi un mano, e saranno più rapidi della polizia stradale e del servizio di emergenza. Con tutti i pericoli e le difficoltà che si incontrano lungo le strade, i russi sono fin da subito molto solidali, per di più adorano fare la parte dell'eroe. Non appena si verifica un incidente, le altre macchine si fermano per chiedere se qualcuno ha bisogno di una mano. Chi ha vissuto in Russia per un po' di tempo e guida spesso avrà notato dei buoni samaritani intenti a spingere macchine che non si mettono in moto a causa del gelo, a rimorchiarne altre che sono andate in panne e a tirare fuori dai fossati automobili rovesciate. Nel bagagliaio, quindi, portate sempre un cavo da rimorchio e un kit di primo soccorso; memorizzate, inoltre, sul cellulare i numeri di emergenza, oltre a quello del servizio di riparazione gomme.
Solidarietà fra automobilisti
Nel corso degli anni, gli automobilisti russi hanno elaborato un linguaggio di simboli e di gesti per avvisare i colleghi guidatori della presenza della polizia sulle strade o di altri problemi. Ad esempio, se l'auto che vi viene incontro vi lampeggia con i fari, vi avvisa della presenza della polizia stradale, con tanto di rilevatore di velocità. Se la vettura che vi sta sorpassando vi suona il clacson mostrandovi il pollice verso, significa che avete dei problemi alle gomme. Gli autisti dei tir spesso accendono le luci per indicare agli automobilisti demoralizzati in fila dietro di loro se sia o meno sicuro eseguire il sorpasso.
Di notte è tutta un’altra storia
Si dice che “Se c'è qualcosa di vietato, ma che volete proprio fare, date di matto”. La frase riassume l'atteggiamento dei russi nei confronti di ogni regola, comprese quelle stradali. Tale mentalità è particolarmente diffusa di notte, quando sulle strade c’è meno polizia. Se nelle ore più buie vedete una vettura che sterza per fare un'inversione a U tagliandovi la strada, vuol dire che la testa dell'automobilista è impostata sulla “modalità di guida notturna”. Di notte, dentro e fuori città, si possono notare alcuni automobilisti compiere le manovre più strane: attraversare la doppia linea, passare col semaforo rosso, parcheggiare nei posti più improbabili, guidare in retromarcia. Ovviamente, tutte queste pratiche sono vietate dalla legge, ma meglio essere pronti ad ogni evenienza e mantenere la distanza di sicurezza.
Pedoni distratti
Che stiate parcheggiando in un cortile o guidando su un largo viale, non dimenticatevi dei pedoni. I pedoni russi sono una categoria impavida e risoluta, una di quelle che non vengono quasi mai multate dalla polizia. Una grave carenza di attraversamenti pedonali, abbinata a un'innata tracotanza e pigrizia, fa sì che le persone attraversino la strada nei luoghi più impensati, sia di giorno che di notte. E' cosa frequente infilarsi dietro a una macchina che sta parcheggiando e, nelle vie più strette, capita spesso che i pedoni se la prendano comoda. Occhio, quindi, e sempre pronti al fatto che qualcuno di essi possa sbucare fuori all'improvviso.
Nella foresta russa i bagni sono una rarità
Lo scrittore satirico russo Mikhail Zadornov racconta di un pullman di turisti tedeschi in Russia che si ferma al lato di una foresta mentre l'autista dice loro che possono andare in bagno. Dopo due ore passate a vagare nel bosco, i tedeschi tornano indietro esausti e dicono all'autista: “Ma non c'è nessun bagno”. Non si tratta di una barzelletta sui tedeschi o sui bagni: è la realtà delle autostrade russe. Prima di intraprendere un lungo viaggio, pianificate in anticipo i posti dove fermarvi e portate in macchina cibo e bevande. La presenza di bagni, punti di ristoro, alloggi e soccorsi stradali lungo le strade russe è assai incerta. Si possono trovare insegne ai margini della strada tra Mosca e San Pietroburgo e sulle vie che portano a Kiev e a Minsk, ma se si sta guidando nella Russia più interna, la situazione andrà peggiorando di chilometro in chilometro. Non sarebbe una cattiva idea portarsi appresso una coperta in più, una tanica di benzina, un cavo di traino, un cric e una ruota di scorta.
Il volante a destra viene dall’Oriente
Nel 2009, vi erano 2,2 milioni di vetture con il volante nel lato destro; l'84% di esse si trovava nelle regioni più orientali della Russia, sebbene il senso di marcia lì sia a destra, come nel resto del paese. Il motivo è semplice: la maggior parte delle automobili vendute in quelle regioni viene dal Giappone, dove il senso di marcia è a sinistra. Il governo ha più volte tentato di far invertire questa tendenza, ma è stato inutile. All'inizio la situazione lascia un po' di stucco, ma dopo averla scampata per miracolo un po' di volte, ci si fa l'abitudine. Per cui, prima di compiere una manovra rischiosa, ricordatevi che siete sul lato destro della strada insieme ad altre vetture che hanno il volante a destra e state in guardia.
Anch'io, in passato, ho visitato alcuni paesi dell'est (Romania e Albania in primis), ragion per cui mi vien da sorridere quanto sento descrivere quei luoghi come una sorta di "eden".
a partire dalle donne, intrise di femminismo ma molto più frequentabili (e meno scroccone) delle bisbetiche connazionali.
Mi pare di averti già detto cosa penso delle italiane, per cui non mi ripeterò.
Riguardo alle donne dell' est sappi che in quanto a "parassitismo" non hanno nulla da invidiare alle nostre connazionali.
Anzi.
Tuttavia, alla fine della fiera resta un fatto; e cioè che io avevo aperto questa discussione per parlare delle problematiche dell'ex URSS, ma inevitalmente siamo finiti a parlare "di altro". :cool2:
E vabbè...
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Frank se permetti la mia esperienza (a S. Pietroburgo) per quel che mi riguarda conta eccome!
Non c'è Eden sulla terra ma all'Est se ci si può mantenere, a conti fatti si vive forse meglio che in Italia, almeno se si fa parte di categorie sociali come la mia.
Le straniere di cui parlo non erano dell'Est, ma francesi, olandesi, mediorientali, franco-tedesche, irlandesi e giapponesi.
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Non c'è Eden sulla terra ma all'Est se ci si può mantenere, a conti fatti si vive forse meglio che in Italia, almeno se si fa parte di categorie sociali come la mia.
In Russia c'è una élite di persone (milionari/miliardari) che se la passano 10.000 volte meglio di me.*
Ma quella è per l'appunto una ristretta minoranza.
La vita della maggioranza è ben diversa.
Di sicuro lo è quella dei 23 milioni di poveri russi.
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* Anche in Italia c'è chi se la passa molto meglio di me.
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ps: sì, lo so, anche in Italia ci sono oltre 7 milioni di poveri.
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In Russia c'è una élite di persone (milionari/miliardari) che se la passano 10.000 volte meglio di me.*
Ma quella è per l'appunto una ristretta minoranza.
La vita della maggioranza è ben diversa.
Di sicuro lo è quella dei 23 milioni di poveri russi.
....
In USA è anche peggio (ma credo che tu lo sappia meglio di me). Almeno nell'attuale Russia ci sono valori, principi e determinati paletti. In occidente non c'è più nulla per cui valga la pena salvare questa società allo sfascio totale. Ricordo però che in Russia il comunismo è caduto da meno di 30 anni e la società è ancora in piena evoluzione e cambiamento. La Russia ha sicuramente ancora strada da fare per migliorare, ma, al momento, ha tutte le carte per poterlo fare ( a differenza nostra).
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In USA è anche peggio.
In USA ci sono 50 milioni di poveri.
C'è anche una zona (ora non ricordo quale) dove la vita media degli uomini è più o meno uguale a quella degli uomini russi: circa 64 anni (in Italia è intorno agli 80 anni).
Il che la dice lunga su come siano messi male da quelle parti.
Di certo oggi io non vivrei mai nel paese che amai da ragazzo.*
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* Ma in passato mi sarebbe piaciuto viverci.
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Almeno nell'attuale Russia ci sono valori, principi e determinati paletti
Questo lo penso anch'io.
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In USA è anche peggio (ma credo che tu lo sappia meglio di me). Almeno nell'attuale Russia ci sono valori, principi e determinati paletti. In occidente non c'è più nulla per cui valga la pena salvare questa società allo sfascio totale. Ricordo però che in Russia il comunismo è caduto da meno di 30 anni e la società è ancora in piena evoluzione e cambiamento. La Russia ha sicuramente ancora strada da fare per migliorare, ma, al momento, ha tutte le carte per poterlo fare ( a differenza nostra).
Come hai giustamente detto l'Italia è un manicomio a cielo aperto, e in declino economico/demografico per giunta. La qualità dela vita è data da molte cose, compreso (come ho visto in Russia) essere trattato come un familiare anche quando chiedi indicazioni per strada, non dover sentire scemenze femministe e politicamente corrette tutti i giorni (là è tutto l'opposto), avere a che fare solo con gente consapevole e di carattere. Sono tornato rinato.
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Da tener presente anche una cosa: tutti i paesi europei in cui è avvenuto o sta avvenendo un netto cambiamento/miglioramento politico (Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, ecc.) hanno guardato e stanno guardando alla Russia di Putin. Perchè la Russia, se mantiene questo passo a livello politico, economico e militare (cosa che mi auguro vivamente), diventerà la futura superpotenza a cui guardare (insieme alla Cina).
Io credo che bisogna guardare con occhi diversi quella che fu la Russia comunista con quella che è l'attuale Russia. Certo, come ho detto, di strada ne hanno ancora da fare per essere, per l'occidente, un'alternativa concreta agli USA. Ma, da quello che vedo, hanno tutte le carte per poterlo fare. E poi diciamola tutta: quando la società funziona e c'è tranquillità sociale , si vive nettamente meglio anche se si hanno meno soldi.
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Come hai giustamente detto l'Italia è un manicomio a cielo aperto, e in declino economico/demografico per giunta. La qualità dela vita è data da molte cose, compreso (come ho visto in Russia) essere trattato come un familiare anche quando chiedi indicazioni per strada, non dover sentire scemenze femministe e politicamente corrette tutti i giorni (là è tutto l'opposto), avere a che fare solo con gente consapevole e di carattere. Sono tornato rinato.
Vicus, le scemenze femministe son tipiche di tutta l'Europa dell'ovest, nonché del Nord America, dell'Australia e della Nuova Zelanda.
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Da tener presente anche una cosa: tutti i paesi europei in cui è avvenuto o sta avvenendo un netto cambiamento/miglioramento politico (Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, ecc.) hanno guardato e stanno guardando alla Russia di Putin. Perchè la Russia, se mantiene questo passo a livello politico, economico e militare (cosa che mi auguro vivamente), diventerà la futura superpotenza a cui guardare (insieme alla Cina).
Dei paesi dell'Europa dell'est, quello che attualmente se la passa meglio di tutti, è sicuramente la Repubblica Ceca.
http://www.camic.cz/a3748-la-repubblica-ceca-e-lo-stato-piu-ricco-del-centro-est-europa/b1-repubblica-ceca/news.tab.it.aspx
La Repubblica Ceca è lo stato più ricco del centro-est Europa
17.06.2016
La Repubblica Ceca è di gran lunga il più ricco dei paesi dell'ex blocco orientale. Lo dicono i dati Eurostat.
Secondo l'Ufficio di Statistica il Pil della Repubblica Ceca raggiunge ormai l'85% della media europea. Il Paese quindi supera la Slovenia, che per lungo tempo ha detenuto il primato tra gli stati post-comunisti. Distanziati invece gli altri paesi dell'area: la Slovacchia raggiunge solo il 77% della media dell'UE mentre risultati inferiori sono stati registrati in Polonia (69% del Pil europeo) e in Ungheria (68%).
La strada per raggiungere i Paesi fondatori dell'UE è però ancora lunga. Inoltre, come nota l'Eurostat, l'indice del consumo individuale risulta di gran lunga più bilanciato in Repubblica Ceca, lontana di un punto dalla Slovacchia. L'indice prende in considerazione anche le attività non contabilizzate nel Pil, come il lavoro in nero.
Fonte: byznys.ihned.cz
http://www.forextradingitalia.it/costo-della-vita/repubblica-ceca.html
Costo della vita in Repubblica Ceca - Aggiornamento ottobre 2017
Affitto / acquisto casa
Il costo medio di affitto di una casa in Repubblica Ceca è di 486,69 euro (12.518,47 CZK), 211 euro più basso rispetto a quello italiano. Invece, il costo medio per comprare casa in Repubblica Ceca è di 1.751,92 euro (45.062,18 CZK) al metro quadro, 1.457 euro al metro quadro più basso rispetto a quello italiano.
Lo stipendio medio in Repubblica Ceca è di 853,60 EUR (21.955,80 CZK), 647 EUR più basso rispetto a quello italiano.
Salario medio mensile (dopo le tasse) 853,60 € (21.955,80 CZK)
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Vicus, le scemenze femministe son tipiche di tutta l'Europa dell'ovest, nonché del Nord America, dell'Australia e della Nuova Zelanda.
Ma certo, per questo ho parlato della Russia e non del resto dell'Occidente.
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Dei paesi dell'Europa dell'est, quello che attualmente se la passa meglio di tutti, è sicuramente la Repubblica Ceca.
http://www.camic.cz/a3748-la-repubblica-ceca-e-lo-stato-piu-ricco-del-centro-est-europa/b1-repubblica-ceca/news.tab.it.aspx
Ci pensavo proprio oggi. Secondo me questi sono paesi UE in cui si potrebbe trovare un'alternativa di vita senza andare molto lontano e senza uscire dai confini europei. Ad esempio non mi pare di aver mai sentito merda femminista provenire da quelle parti. C'è, comunque, anche il discorso della Polonia che, nonostante siano dei coglioni russofobici e filo-americani, non sono fessi quando devono fare i propri interessi nazionali.
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Ci pensavo proprio oggi. Secondo me questi sono paesi UE in cui si potrebbe trovare un'alternativa di vita senza andare molto lontano e senza uscire dai confini europei. Ad esempio non mi pare di aver mai sentito merda femminista provenire da quelle parti. C'è, comunque, anche il discorso della Polonia che, nonostante siano dei coglioni russofobici e filo-americani, non sono fessi quando devono fare i propri interessi nazionali.
La Repubblica Ceca ha il tasso di disoccupazione più basso dell'unione europea, inferiore anche a quello tedesco.
https://agensir.it/europa/2017/04/06/repubblica-ceca-disoccupazione-ai-minimi-storici-dati-esemplari-ma-i-problemi-non-mancano/
Repubblica Ceca: disoccupazione ai minimi storici. Dati esemplari, ma i problemi non mancano
6 aprile 2017
Danka Jaceckova
Secondo Eurostat, le persone senza impiego sono il 3,4% della forza-lavoro. Un record continentale. Le attenzioni del governo, il rapporto con le imprese. Anche la Chiesa fa la sua parte. Restano diversi nodi da sciogliere a partire dai livelli salariali alla formazione professionale. Spazio alla "imprenditorialità sociale". Quarta tappa dell'inchiesta Sir
La Repubblica Ceca è il Paese con il tasso di disoccupazione più basso dell’Unione europea. I dati presentati da Eurostat il 3 aprile, facenti riferimenti alla fine di febbraio, segnavano il 3,4%, ovvero cifre tutto sommato modeste su 10,5 milioni di abitanti (le persone in cerca di impiego dovrebbero aggirarsi tra i 100 e i 150mila). Secondo il primo ministro Bohuslav Sobotka, le statistiche dimostrano che il governo non sottovaluta lo sviluppo del mercato del lavoro neanche in un periodo di prosperità economica (i dati di crescita del Pil sono incoraggianti), e assume varie misure tenendo conto sia delle esigenze dei datori di lavoro che dei dipendenti. “Considero molto importante che i giovani abbiano un più facile accesso ai posti di lavoro. Il futuro della nostra società – ha dichiarato di recente Sobotka – dipende dalle giovani generazioni ed è fondamentale che i giovani si abituino e si dedichino al lavoro e vi siano formati presto”.
Cresce la domanda, ma… I numeri forniti dalle fonti ufficiali mostrano dunque che il Paese ha qualcosa da insegnare anche agli altri. Viktor Zeisel, economista dell’importante Banca commerciale, afferma sul tema dell’occupazione: “Le attuali statistiche confermano la forte domanda di forza lavoro nella Repubblica Ceca”.
Tuttavia, osserva, le esigenze dei datori di lavoro e le capacità dei potenziali dipendenti non sempre si incontrano.
Secondo Jan Karmazin, direttore del dipartimento per l’occupazione dell’Ufficio del lavoro, oltre alla mancanza di pratica, di qualifiche e delle competenze talvolta richieste, nei candidati possono verificarsi problemi per quanto riguarda i salari offerti, i turni di lavoro, le disabilità fisiche, la mobilità limitata o l’insicurezza derivante dai contratti a breve termine offerti dalle imprese. Gli analisti prevedono che il mercato del lavoro dovrà affrontare una grande ondata di alterazioni dei salari per aumentare la possibilità dei datori di lavoro di trovare candidati idonei per contratti di lavoro a lungo termine.
Posti di lavoro e Chiesa ceca. La Chiesa cattolica, nelle sue diverse presenze sul territorio, figura tra i datori di lavoro nella Repubblica Ceca, anche se la sua struttura occupazionale non è omogenea e quindi non ha una strategia comune in termini di gestione del personale. La Chiesa non dimentica di coniugare l’elemento lavorativo con la sua missione ispirata al servizio, offrendo opportunità di lavoro anche a persone disabili, soprattutto nei settori delle foreste e dell’agricoltura.
“Per quanto riguarda le nostre attività, ci concentriamo sul sostegno dello sviluppo regionale nella dimensione più ampia possibile e sull’offrire nuovi posti di lavoro”,
spiega mons. Jan Graubner, arcivescovo di Olomouc e vice-presidente della Conferenza episcopale ceca, e aggiunge che l’agricoltura e la silvicoltura sono aree tradizionali dell’imprenditorialità cattolica. La Chiesa intende “rafforzare questa tendenza nei prossimi anni”.
I problemi non mancano. Mons. Vaclav Maly, presidente della commissione Iustititia et Pax, spiega al Sir che se il tasso di disoccupazione “ha raggiunto un livello molto modesto”, la “struttura” della disoccupazione “risulta molto meno positiva”: “La nostra commissione sottolinea il fatto che il numero piuttosto significativo dei disoccupati nel lungo termine non è affatto diminuito. È molto difficile trovare un posto di lavoro adeguato per i membri dei gruppi svantaggiati, come le persone con bisogni speciali o le madri subito dopo il congedo di maternità, che gradirebbero un lavoro part-time”.
“Imprenditorialità sociale”. Un fenomeno piuttosto nuovo nella Repubblica Ceca, che sta dando vita a un vivace dibattito sia nella società che all’interno della Chiesa cattolica, è la cosiddetta “imprenditorialità sociale”, che assume la forma di cooperative, servizi di utilità sociale, ma anche fabbriche di birra e altro:
l’accento è sempre posto sull’aspetto del servizio alla società, senza trascurare l’elemento finanziario ed economico.
“Esistono progetti ecclesiali di successo nel settore della imprenditorialità sociale, per esempio a Neratov, dove siamo riusciti a far rivivere un antico luogo di pellegrinaggio e far nascere una cooperativa sociale di produzione, più una piccola azienda agricola che impiegano persone disabili”. Mons. Vaclav Maly, rispondendo a una domanda sul rapporto tra imprenditorialità sociale e graduale autofinanziamento della Chiesa (processo iniziato da tempo nel Paese), afferma che esso funziona “se l’impresa è impostata bene”. Indubbiamente emerge uno spazio per la collaborazione Chiesa-Stato in materia di occupazione, sostenuta anche dalla dichiarazione sulla cooperazione reciproca firmata dal cardinale Dominik Duka, presidente della Conferenza episcopale ceca, e dal direttore generale dell’Ufficio del lavoro Marie Bilkova nel 2014.
Altri diritti da tutelare. Tuttavia, mons. Maly richiama l’attenzione anche su alcuni altri ambiti che meritano l’interessamento della società e delle autorità preposte, come il diritto alla casa, la tutela dei diritti dei piccoli imprenditori, la difesa dei diritti dei lavoratori dipendenti nel commercio al dettaglio, una minore severità nei processi per insolvenza, un approccio trasparente nei confronti dei lavoratori stranieri riguardo alla scarsa copertura assicurativa in materia di salute e previdenza sociale.
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In Italia per trovare un tasso di disoccupazione ancor più basso bisogna recarsi a Bolzano.
http://www.varesenews.it/2017/08/in-alto-adige-la-disoccupazione-e-al-3/644538/
A Bolzano la disoccupazione è al 3%
Umberto Colombo in visita alla Camera del Lavoro della città altoatesina. «Da noi la disoccupazione è quasi il triplo»
Umberto Colombo, segretario provinciale della Cgil, approfittando delle vacanze , che sta trascorrendo in Alto Adige, è andato a trovare il collega Alfred Ebner, segretario generale della Camera del lavoro di Bolzano. I due, che si erano conosciuti durante una riunione nazionale, si sono confrontati sulle rispettive realtà sindacali e i relativi contesti economici. «È interessante – dice Colombo – che a Bolzano il tasso di disoccupazione è del 3%, cioè come in provincia di Varese prima della grande crisi del 2008. Oggi noi siamo scesi poco sotto il 9%, quindi il tasso di disoccupazione è triplicato rispetto ad allora. In particolare in provincia di Bolzano la disoccupazione giovanile è molto bassa, mentre da noi un giovane su quattro non ha lavoro. Ciò che invece ci accomuna è la precarietà delle nuove assunzioni, soprattutto tra i giovani».
Dopo le vacanze, la Camera del Lavoro di Varese riprenderà la campagna di informazione nelle aziende e nelle città sulla Carta dei diritti e sarà impegnata nella fase due sulla piattaforma pensioni e il confronto con il governo. «La Carta non è dietro l’angolo – dice Colombo – perché sta stazionando in Parlamento e occorre tenere alta anche l’attenzione sulle pensioni. Lo stesso farà Bolzano su entrambi i fronti. D’altronde se i nostri patronati Inca e i relativi uffici vertenze sono presi d’assalto per la tutela individuale, vuol dire che la Carta dei diritti è necessaria e urgente».
11 agosto 2017
Bolzano è anche la città italiana dove si registra il più basso tasso di disoccupazione giovanile.
http://www1.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Risorse/In-Trentino-Alto-Adige-si-registra-il-piu-basso-tasso-di-disoccupazione-per-i-giovani_32781081322.html
In Trentino Alto Adige si registra il più basso tasso di disoccupazione per i giovani
A tracciare il quadro sono i dati Istat elaborati da Manageritalia
In Trentino Alto Adige si registra il più basso tasso di disoccupazione per i giovani
ultimo aggiornamento: 25 ottobre, ore 16:42
La medaglia d'argento e di bronzo rispettivamente al Veneto alla Valle d'Aosta
Roma, 25 ott. - (Adnkronos) - E' il Trentino Alto Adige la regione dove si registra il più basso tasso di disoccupazione per i giovani (15,2%) e Bolzano svetta sempre con un percentuale dell'11,6%. A tracciare il quadro sono i dati Istat elaborati da Manageritalia che assegnano la medaglia d'argento e di bronzo rispettivamente al Veneto (23,7%) e alla Valle d'Aosta (25,7%).
Seguono: l'Emilia Romagna (26,4%) e la Lombardia (26,6%). Agli ultimi tre posti, invece, troviamo la Basilicata (44,4%), Sicilia (51,3%) e Calabria (53,5%)Tra i giovani la disoccupazione maschile è maggiore di quella femminile solo in Emilia Romagna (1,6%), Friuli Venezia Giulia (3,6%) e Calabria (4,2%).
L'indagine, inoltre, rileva anche che le regioni più virtuose sono anche quelle dove la differenza tra disoccupazione totale e giovanile è minima: -10,1% a svantaggio dei giovani in Trentino Alto Adige (-7,5% nella più virtuosa Bolzano), -17,7% in Veneto, - 19,1% in Lombardia e -35% in Basilicata.
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Le due facce dell'Italia.
http://www.lastampa.it/2015/04/13/economia/disoccupati-italia-divisa-tra-inferno-e-paradiso-sK9uOgItigRodzOzHGrnMP/pagina.html
Disoccupati, Italia divisa tra inferno e paradiso
Il tasso dei senza-impiego a Bolzano è più basso che in Germania. Bene anche Veneto ed Emilia, ma nel Sud siamo come Grecia e Spagna
Pubblicato il 13/04/2015
Ultima modifica il 13/04/2015 alle ore 07:58
Paolo Baroni
ROMA
Se la Provincia di Bolzano fosse uno Stato, in Europa sarebbe quello con la disoccupazione più bassa: appena 4,4% nel 2014 contro il 5% della Germania. E anche il resto del Nord Est si piazzerebbe nella zona di testa della classifica continentale, col Veneto appaiato all’Olanda, il Friuli che tallona la Svezia, Lombardia ed Emilia Romagna che fanno meglio di Belgio, Finlandia, Polonia e che assieme a Marche e Toscana superano pure la Francia. Mentre Piemonte e Liguria battono Irlanda, Slovacchia e Croazia, alla faccia della delocalizzazione e della bassa pressione fiscale.
Mezzogiorni d’Europa
Il problema è che oltre al vertice della classifica, purtroppo, dominiamo anche in coda: le nostre regioni meridionali, Puglia, Campania, Sicilia e Calabria, tutte abbondantemente sopra la quota drammatica del 20% di senza lavoro, vengono infatti superate solamente da Spagna (24,5) e Grecia (26,5). Una situazione che lo scorso anno si è addirittura aggravata, visto che nel 2014 il tasso di disoccupazione è sceso di 1 punto in Grecia e di 1,6 punti in Spagna, mentre nel Mezzogiorno è salito di un altro punto: +0,3 in Campania, +1,2 in Sicilia e Calabria e addirittura +1,7 in Puglia.
Sono i «paradossi della disoccupazione», come li definisce una ricerca dell’Ufficio studi della Confartigianato che ha incrociato gli ultimi dati Istat ed Eurostat, e che La Stampa è in grado di anticipare. Se osserviamo i due versanti opposti del ranking e consideriamo anche i dati provinciali, vediamo poi che oltre a Bolzano, che tra le altre condizioni beneficia di una quota di dipendenti pubblici ben superiore alla media (ben 50mila occupati su 192mila), anche Verona ha un tasso di disoccupazione (4,9%) inferiore a quello della Germania, e Cuneo (5,3%) lo ha inferiore a quello dell’Austria, mentre si registrano condizioni del mercato del lavoro peggiori di quelle della Grecia a Crotone (disoccupazione al 27,2%), Cosenza (27,8%) e nel Medio Campidano (27,9%).
Una risalita difficile
Risalire la china non sarà facile. Il governo nel suo ultimo Def prevede che quest’anno il tasso di disoccupazione scenda in maniera molto contenuta, dal 12,7 del 2014 al 12,3 per toccare l’11,7 nel 2016, l’11,2 nel 2017, il 10,9 nel 2018 ed il 10,5 nel 2019 comprendendo in queste stime anche l’effetto delle tante misure di sostegno varate negli ultimi tempi col Jobs act che valgono 0,1 punti di disoccupazione in meno nel 2016, 0,2 punti nel 2017-2018 e mezzo punto l’anno seguente. Strada in salita insomma, ancora per molto. Nonostante i venti di ripresa. La stessa Confartigianato, del resto, spiega che anche alla luce dei dati dei primi due mesi del 2015 il recupero del mercato del lavoro appare ancora debole: tra il picco pre-crisi (aprile 2008) e il picco negativo di settembre 2013 si è registrata una perdita di 1.098.000 di occupati (-4,7%), con una velocità di caduta di 17.000 occupati al mese, mentre la successiva fase di risalita ha registrato una crescita di 143.000 occupati (+0,6%), con una velocità però dimezzata (+8.000 occupati/mese). Complessivamente dal 2008 a oggi gli occupati sono così scesi di 954.000 unità (-4,1%). Mentre lo spread con l’Europa a fine 2014 ha toccato il massimo storico di 1,7 punti (1,4% a febbraio 2015).
Il divario Nord/Sud
Dal 2012 il divario Nord/Sud non ha fatto che aggravarsi: in particolare tra il 2008 e il 2012 si è registrato un calo dell’occupazione in entrambe le aree del Paese. Nel complesso due cicli ravvicinati di recessione hanno ridotto gli occupati nel Mezzogiorno di 520.000 unità (-8,2%), oltre due volte e mezzo il calo di 193.000 unità (-1,2%) registrato nel Centro Nord. Il 2014 ha comunque fatto segnare un miglioramento generalizzato: il Centro Nord ha invertito il segno passando dal -0,6% del 2013 a +0,7% e il Mezzogiorno è passato da -4 a -1 per cento. La crescita più intensa si è registrata nel Lazio (+3,4%), quindi in Basilicata e il Molise (+2,1) e nelle Marche (+1,6). All’opposto le maggiori criticità hanno riguardato Abruzzo (-2), Puglia (-1,3) e Campania (-1,2%).
Bene la manifattura
Il settore manifatturiero ha dato segnali di recupero in quasi tutte le regioni, eccetto Liguria, Friuli, Lazio e Sardegna. Le costruzioni continuano a far segnare ovunque i dati peggiori, i servizi crescono a macchia di leopardo (bene in Veneto, Friuli, Marche, Lazio, Puglia e Calabria, male in Piemonte e Campania). E sono anche queste dinamiche a spiegare come in un colpo solo, nella classifica dei senza lavoro, riusciamo a conquistare sia il Paradiso che l’Inferno.
Twitter @paoloxbaroni
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Ci pensavo proprio oggi. Secondo me questi sono paesi UE in cui si potrebbe trovare un'alternativa di vita senza andare molto lontano e senza uscire dai confini europei. Ad esempio non mi pare di aver mai sentito merda femminista provenire da quelle parti.
In tal senso non conosco bene la realtà della Repubblica Ceca.
Tuttavia, pur non essendo sicuramente paragonabile alla realtà occidentale, non ne è immune.
http://www.noidonne.org/articolo.php?ID=04674
Repubblica Ceca
Brevi note politiche
Dalla grammatica alla castrazione chimica fino alle buone pratiche
Cristina Carpinelli
Giovani donne in rivolta contro la grammatica
Una delle caratteristiche della lingua ceca è la desinenza finale -ová nei cognomi femminili (forma aggettivale che corrisponde al caso genitivo - complemento di specificazione). Tuttavia, oggi si ritiene che questa forma non sia più attuale, poiché richiama un “rapporto di possesso” da parte dell’uomo: prima il padre, poi il marito. Il tema è diventato una questione politica.
Si sta, infatti, discutendo se abolire la desinenza femminile -ová, che nella Repubblica Ceca viene, appunto, aggiunta automaticamente a tutti i cognomi di donne e, nella lingua parlata, anche quando si tratta di donne straniere. Ad esempio, una giovane trentenne di nome Lucie non avrebbe mai pensato che sposare un tedesco, il cui cognome è Gross, avrebbe comportato dei problemi: Dopo il matrimonio ho preso il cognome di mio marito, tedesco. E lui non ha mai capito perché sia così diverso dal suo”, sostiene la giovane avvocata. Il cognome di Lucie si è, infatti, trasformato in “Grossová”, che sta a significare “di Gross”, con un implicito senso di appartenenza. Successivamente, con un provvedimento eccezionale, è riuscita ad ottenere lo stesso cognome del consorte: Gross. Possibilità che è stata, tuttavia, concessa solo dopo dieci anni di matrimonio e perché Lucie era convolata a nozze con uno straniero.
Un ceco su due è a favore del mantenimento della tradizione. Ma, sul lungo periodo, i difensori della lingua dovranno lottare contro il tempo: “molte tradizioni scompaiono, non c’è motivo perché sopravviva proprio questa”, afferma Jana Valdrová, professoressa di germanistica all’Università di Budweis, nella Boemia meridionale. In più, un numero sempre maggiore di giovani ceche, vedono nel “passaggio di consegne” linguistico tra capifamiglia il residuo di un sistema patriarcale, nel quale la donna era considerata come merce di scambio.
Certo, il suffisso “-ova” ha progressivamente perso la sua forte carica simbolica sessista e mantenerlo è attualmente per lo più una scelta di comodo. Ma la trasformazione dei rapporti tra donne e uomini e la promozione delle pari opportunità, passa anche attraverso un lavoro profondo sul linguaggio. Il fatto che non si sia ancora riusciti a modificare la regola grammaticale, denota quanto sia difficile scalfire le abitudini e, come dice Miluš Kotišová, avvocata per i diritti delle donne, “rivela che la società ceca è molto rigida”.
Eppure, un esempio efficace di battaglia a favore delle pari opportunità arriva proprio da un personaggio politico che contribuì molto a “sprovincializzare” l’ambiente culturale del suo paese, opponendosi a pregiudizi razziali, antisemiti e a discriminazioni anche di genere. Si tratta di Tomáš Masaryk, presidente della Repubblica cecoslovacca dal 1918 al 1935. Costui aveva sposato la musicologa statunitense di origine ugonotta Charlotte Garrigue, e si era molto impegnato a perorare la causa femminile. Aveva concesso alle donne il diritto di voto (1920) e, per manifestare la sua diretta solidarietà, aveva deciso - contro la tradizione - di associare nei documenti ufficiali, al suo nome e cognome, anche il cognome della moglie: Tomáš Garrigue Masaryk.
L’unico paese Ue dove è “obbligatoria” la castrazione chimica
Nella Repubblica Ceca negli ultimi 10 anni sono stati castrati 94 pedofili, violentatori e anche esibizionisti. Il paese è tra le nuove mete più gettonate dal turismo sessuale, insieme a Romania e Ungheria. Per questo abusare di un under 15 espone a pene molto severe, come scontare l’ergastolo e/o subire la castrazione chimica obbligatoria in caso di recidività. La Cechia è “l’unico paese europeo” a consentire questa pratica dietro decisione del tribunale, che il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa sta, tuttavia, cercando di bloccare dopo averla definita “invasiva, irreversibile e mutilante”. Il Comitato ha, infatti, espresso contrarietà verso questo tipo di punizione poiché si pone in contrasto con la Convenzione Europea dei diritti umani. Ha, inoltre, manifestato perplessità sulla libertà di scelta concessa al soggetto considerato colpevole di molestia sessuale, essendo l’alternativa alla castrazione chimica obbligatoria il carcere a vita. In casi di molestie verso bambini di tenera età, o di “crimini sessuali”, la castrazione obbligatoria non sostituisce la pena detentiva.
Altri paesi Ue che includono nel loro ordinamento la castrazione chimica “su base volontaria” per chi si macchia di reati sessuali sono: Germania, Gran Bretagna, Danimarca e Svezia. In Francia la Camera bassa del Parlamento aveva proposto la castrazione chimica obbligatoria per tutti coloro accusati di stupro nei confronti di minori di 15 anni ma la norma è stata ritenuta anticostituzionale ed è stata bocciata.
Miroslava Němcová, un esempio di “best practice” della politica
61 anni, nativa della regione agricola di Vysočina, nel sud-est, la Němcová è un membro importante del partito democratico civico (ODS), fondato nel 1991 da Václav Klaus. Nonostante la limitata esperienza, soprattutto in campo estero, la Němcová era stata scelta dal suo partito come migliore candidata per concorrere alla carica di premier, poiché non è mai stata collegata ad alcuno scandalo durante tutta la sua carriera politica. Avevano appoggiato la sua candidatura al premierato anche i partiti della coalizione di centro-destra “Top 09” e “Lidem”. Secondo gli analisti la sua reputazione di rettitudine morale avrebbe potuto ripristinare la fiducia nei confronti della coalizione di governo. In più, sarebbe stata la prima donna a ricoprire la carica di primo ministro nel paese. Non ce l’ha fatta. È stata, però, riconfermata presidente della Camera dei Deputati con le elezioni parlamentari del 25-26 ottobre 2013. In un Paese che, a poco più di vent’anni dalla caduta del comunismo, è così travolto da scandali e disonestà, ponendosi dopo Ruanda e Costa Rica nell’indice della corruzione percepita di Transparency International, Miroslava Němcová rappresenta per i cechi una speranza, essendo riuscita a conquistarsi sul campo il rispetto dei colleghi e il titolo di quarto politico più popolare tra i cittadini. Ad ogni modo, porterà avanti la sua politica al servizio dei beni comuni e dei cittadini nella sua veste di speaker della Camera dei deputati. Nota particolare: ha una passione per la lingua italiana e per l’Italia, paese dove è solita trascorrere le vacanze.
31 Gennaio 2014