Autore Topic: Pedofilia femminile  (Letto 6149 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Pedofilia femminile
« il: Dicembre 09, 2009, 22:20:55 pm »
Da Anna Salter ''predatori''.

''Quante sono le criminali sessuali.

A quanto sembra le pedofile sono una minoranza rispetto agli uomini, però esistono. La loro consistenza numerica dipende dal punto di vista. Ad esempio, se si esaminano i rapporti delle agenzie per la difesa dei bambini, la percentuale di pedofile oscilla tra il 3 e il 5%. Osservando invece i dati di chi è stato condannato per questi reati, le cifre scendono. Secondo uno studio canadese meno dell'1% dei criminali sessuali condannati ad almeno due anni di reclusione è una donna. Il dato concorda senza dubbio con la mia esperienza. Rispetto agli uomini è raro che si apra una indagine su una donna per un crimine sessuale, e ancora più difficile che questa sia condannata. L'impressione è che l'individuo medio non vuole credere che una donna, soprattutto la madre della vittima, possa fare cose del genere.

(...)

Le criminali sessuali sembrano presentare caratteristiche alquanto differenti dai maschi.

Tre sono i gruppi di riferimento che compaiono nella letteratura scientifica sul tema e non corrispondono con esattezza alla tipologia maschile.

Primo, uno dei gruppi maggiori si compone di donne che molestano i bambini sotto i sei anni, a cominciare dai figli. Molte di queste madri sembrano fuse con i figli e incapaci di essere figura materna. (...) La cattiva notizia è che molte molestatrici di bambini piccoli hanno tendenze sadiche. Nella ricerca di Jacques Sarajian nove donne su quattordici hanno ammesso di provare piacere a fare del male al bambino. Che alcune di queste siano davvero sadiche è dimostrato dai resoconti dei figli ormai adulti.

Il secondo gruppo è composto da insegnanti/amanti che molestano soprattutto gli adolescenti. (...) L'indagine ha evidenziato che c'era in media un divario di sedici anni tra la molestatrice e la vittima. Sono quindi donne adulte, in genere sui trent'anni che hanno il doppio circa dell'età delle vittime. Perlopiù queste donne non agiscono in modo sadico. Del resto, come potrebbero... (...). Le donne di questo gruppo, invece, danno un tono romantico alla relazione con l'adolescente e tendono a deviarne la responsabilità sulla vittima.

L'ultimo gruppo non ha corrispondenti nel mondo dei maschi pedofili. Sono donne che in una prima fase vengono costrette dal compagno a fare sesso con un bambino. Alla base c'è in genere il desiderio di soddisfare il maschio o, perlomeno, di evitare che questo le abbandoni. Tuttavia, in base ai risultati di alcune ricerche, con l'andar del tempo molte di queste donne cominciano ad apprezzare il sesso con i bambini e alla fine li molestano da sole.

Indipendentemente dal tipo di molestia, le pedofile sono capaci di abusi sessuali di crudeltà pari a quella degli uomini. Nè l'assenza del pene impedisce loro di penetrare un bambino. Uno studio specifico ha elencato tutti gli oggetti inseriti nella vagina o nel retto di bambini vittime di molestatrici:

Clisteri, bastoncini, candele, vibratori, matite, chiavi, spazzole, manici di spazzole, lampadine, pezzuole insaponate, cucchiai di legno, frutti e vegetali vari, coltelli, forbici, sigarette accese, strumenti per rammendare, bisturi, bigodini, medagliette religiose, parti dell'aspirapolvere, pesci rossi.

Forse, nel quadro dei crimini sessuali le donne sono meno numerose degli uomini, ma sarebbe un grave errore pensare che non esistano o sottovalutare la sofferenza che provocano. Maschi o femmine che siano, i pedofili sono difficili da individuare. Il loro interesse per i minori può essere compulsivo, ma è quasi sempre ben nascosto. E se commettono un errore, di solito riguarda solo qualche dettaglio.''
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #1 il: Agosto 25, 2013, 17:31:36 pm »
http://www.nocensura.com/2012/06/pedofilia-femminile-non-se-ne-parla-ma.html

Citazione
Non se ne parla ma esiste.
Su questo argomento se ne sa veramente poco e poco e' stato scritto in merito.
Parlare di donne pedofile non e' ne' comune ne' semplice in quanto, nell'immaginario collettivo, il termine "pedofilia" viene associato al sesso maschile, al quale e' stato sempre affidato un ruolo "attivo": la pedofilia e' infatti "azione".
E' considerata quindi, come la maggioranza delle parafilie, una patologia rara nel sesso femminile. Infatti, contrariamente a quanto si pensa, complice la mancanza di informazione, la parafilia colpisce anche le donne, contraddicendo il tradizionale giudizio clinico che ha sempre sostenuto la rarita' delle perversioni nelle donne.

Da esaurienti studi clinici e' emerso che le dinamiche delle fantasie perverse femminili sono piu' sottili ed imprevedibili rispetto alla sessualita' maschile e quindi difficilmente identificabili e riscontrabili.

Infatti, gli esperti hanno riscontrato che il vovyerismo, il frotteurismo, il feticismo, sono riscontrabili quasi esclusivamente nei maschi; cosi' come il sadismo sessuale e' raramente presente nei soggetti femminili, mentre il numero dei masochisti di sesso maschile e' di gran lunga piu' alto di quello relativo al sesso femminile.
Lo stesso si puo' dire della pedofilia. Invece, l'unica parafilia dove i soggetti di sesso femminile sono in numero paragonabile a quelli di sesso maschile e' la zoofilia.

Le cause
Cause scatenanti la pedofilia femminile possono essere la separazione, l'abbandono, la perdita. Alcune donne hanno subito abusi da bambine e l'esasperazione nell'attivita' sessuale pedofila e' riconducibile al tentativo di vendetta sugli uomini, per fare riemergere la propria
femminilita'. Dal ruolo "passivo" che l'ha vista vittima e sottomessa -non avendo una propria autonomia economica e sociale fino ad alcuni decenni fa e quindi costretta a nascondere tale aspetto perverso della sessualita'- la donna tenta in tal modo il riscatto ed una propria affermazione in un ruolo "attivo", grazie alla rivoluzione sociale che la rende cosi' indipendente e libera.

Tenendo presente che la pedofilia femminile intra-familiare ha caratteristiche differenti dalla pedofilia femminile che si manifesta al di fuori delle mura domestiche, preferendo mete lontane come luoghi di abbordaggio, si puo' affermare con certezza che tale fenomeno e' comparso, all'incirca, intorno agli anni '70. In quel periodo donne americane e canadesi, per lo piu' divorziate e vedove, favorite dall'emancipazione economica, hanno iniziato a recarsi verso spiagge lontane alla conquista dei "beach boys" soprattutto, ma anche delle "beach girls" che potevano farle sentire, al suono di 100 dollari, "regine per una notte".
Alcune indagini giornalistiche come quella del settimanale Panorama, hanno messo in luce che oggi l'eta' di queste donne varia dai 25 anni circa ai 50 anni, mentre le motivazioni che le spingerebbero ad alimentare il desiderio di vivere una notte di sesso con bimbi di 6-7 anni o di 11-12, sono sempre le stesse: la soddisfazione sessuale e, ad un tempo, l'appagamento materno.

Esse, tuttavia, potendo difficilmente usufruire di infrastrutture organizzate al loro servizio come i pedofili maschi, sono costrette ad abbordare i ragazzini per strada e a viaggiare senza la protezione di un'articolata rete di agganci.Infatti non hanno alle spalle la tutela di organizzazioni che garantiscono loro la certezza di raggiungere il luogo di destinazione avendo gia' tutto stabilito, come accade per la maggior parte dei pedofili maschi.

Differenti sono le mete. Le donne nordamericane si indirizzano, per la maggior parte, verso i Caraibi; mentre le europee provenienti dai ricchi paesi occidentali preferiscono come mete il Marocco, la Tunisia e il Kenya e per le destinazioni piu' lontane la Giamaica e il Brasile. La Thailandiainvece, e' la meta preferita dalle donne giapponesi che, con i voli charter, raggiungono i centri specializzati in massaggi sadomaso di Bangkok. E a Marrakesh trascorrono dei periodi le scandinave e le olandesi che consumano notti d'amore in acconto, cioe' se la notte trascorsa non e' stata soddisfacente la prestazione non viene pagata.

Gli strumenti
Sulle donne che praticano la pedofilia all'estero, si e' saputo che per permettere l'atto sessuale, vengono iniettati nei testicoli di bambini di 6-7 anni degli ormoni e droghe. Poco si conosce sull'uso di tali sostanze, a parte gli effetti collaterali estremamente sgradevoli per il minore.
Dalla testimonianza di volontari dello Sri Lanka, si apprende che sono le donne pedofile stesse (la maggior parte svizzere e tedesche) a portare le droghe da iniettare nei bambini. Secondo il resoconto di una dottoressa che ha visitato alcuni di quei bambini, il trattamento ormonale causa l'abnorme
ingrossamento dell'organo sessuale ad un ragazzino di 11-12 anni che non tollera piu' di 5-6 di tali iniezioni.

Conclusioni
E' difficile tracciare un quadro completo e ben delineato del fenomeno "pedofilia femminile". Essa, come quella maschile, si cela all'interno delle mura domestiche, tra segreti, sentimenti di amore-odio e rapporti pericolosi. Ma esattamente come succede per i pedofili maschi, le donne pedofile evadano dalla comune realta' ricercando altrove gli oggetti dei loro spasmodici ed incomprensibili desideri: i meninos de rua, i bambini di strada. Come di consueto, quindi, per chi pratica la pedofilia, i soldi diventano lo strumento che compra il silenzio e l'accondiscendenza dei piccoli. In questo senso, tra uomini e donne - "pedofili" - non vi e' alcuna differenza.

Greta
con la collaborazione di Nicoletta Bressan
consulenza a cura del Dott. Sergio De Martino
___________________________
riferimenti bibliografici
1 S.Polo, I mercati della pedofilia in Europa e le politiche di prevenzione e controllo penali e sociali, Tesi di Laurea in Giurisprudenza, Universita' degli Studi di Trento - Transcrime, Facolta' di Giurisprudenza, Anno accademico 1998-1999, pag. 23, in N. Bressan, "Quando un bambino piange al buio", relazione presentata al Convegno di Novara "Perche' i bambini non piangano al buio. Riflessioni sulla pedofilia", 27 Gennaio 2001, pag. 9.2 Per ulteriori approfondimenti si veda N. Bressan, Sulla loro pelle, IL SEGNO, Gabrielli Editori, Verona, 1999, pag. 48-493 B. Demartin, Turismo sessuale e prostituzione infantile, Tesi di Diploma in Sociologia del turismo, Unviersita' degli Studi di Trieste, Facolta' di Economia, Corso di Diploma in Economia e Gestione dei Servizi Turistici, Anno accademico 1998-1999, in N. Bressan, "Quando un bambino piange al buio", relazione presentata al Convegno di Novara "Perche' i bambini non piangano al buio. Riflessioni sulla pedofilia", 27 Gennaio 2001, pag. 10.

(...) La nuova emergenza (...) riguarda un notevole aumento della pedofilia femminile. Nel 2003 l’Associazione Meter aveva scoperto 5 siti internet di donne pedofile contenenti materiale fotografico e slogan di promozione e diffusione della pedofilia femminile. Ciò che può far scattare la propensione pedofilica o più marcatamente infantofila nel sesso femminile è un rifiuto verso il mondo adulto, ossia un fermo proposito di non crescere, per non diventare come coloro che, a livello inconsapevole, sono fatti oggetto di disprezzo e svalutazione. All’origine di questo atteggiamento psicologico potrebbe esserci un abbandono, una separazione o un’esperienza di abuso, eventi vissuti in maniera estremamente traumatica e che non sono stati elaborati e quindi risolti, con la conseguente coazione a riviverlo. Alcune donne hanno subito abusi da bambine e l'esasperazione nell'attività sessuale pedofila è riconducibile al tentativo di vendetta sugli uomini, per fare riemergere la propria femminilità. La dinamica pedofilica si può profilare anche come condotta d’appoggio ad un partner. In questi casi la donna, per amore o dipendenza dal compagno, diventa portatrice delle stesse tendenze, a scopo di comunione e condivisione. In questi casi si parla di “pre-pedofilia” per sottolineare il ruolo periferico della donna.
Tenendo presente che la pedofilia femminile intra-familiare ha caratteristiche differenti dalla pedofilia femminile che si manifesta al di fuori delle mura domestiche, preferendo mete lontane come luoghi di abbordaggio, si può affermare con certezza che tale fenomeno è comparso, all'incirca, intorno agli anni '70. Alcune indagini giornalistiche, hanno messo in luce che oggi l'età di queste donne varia dai 25 anni circa ai 50 anni, mentre le motivazioni che le spingerebbero ad alimentare il desiderio di vivere una notte di sesso con bambini di 6-7 anni o di 11-12, sono sempre le stesse: la soddisfazione sessuale e, ad un tempo, l'appagamento materno. Sulle donne che praticano la pedofilia all'estero, si è saputo che per permettere l'atto sessuale, vengono iniettati nei testicoli di bambini di 6-7 anni degli ormoni e droghe. Poco si conosce sull'uso di tali sostanze, a parte gli effetti collaterali estremamente sgradevoli per il minore. Dalla testimonianza di volontari dello Sri Lanka, si apprende che sono le donne pedofile stesse (la maggior parte svizzere e tedesche) a portare le droghe da iniettare nei bambini. Secondo il resoconto di una dottoressa che ha visitato alcuni di quei bambini, il trattamento ormonale causa l'abnorme ingrossamento dell'organo sessuale ad un ragazzino di 11-12 anni che non tollera più di 5-6 di tali iniezioni.
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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #2 il: Agosto 25, 2013, 17:33:10 pm »
http://www.corriere.it/cronache/10_giugno_11/pedofilia-femminile-current_d878d162-7588-11df-b7f2-00144f02aabe.shtml

Citazione
Il dramma della pedofilia femminile:
un disturbo mentale sconvolgente
Cos’è, quanti sono i casi in Italia e come interviene la polizia. Il ruolo sempre maggiore del web

MILANO - Pochi ne parlano o forse pochi ne conoscono l'esistenza. E' un tabù, una stridente contraddizione in termini, uno choc: è la pedofilia femminile. Di questo si occupa la terza puntata di Vanguard Italia, la serie di video-reportage realizzati e prodotti dal network italiano di filmmaker, freelance, giornalisti indipendenti e reporter di Current, in onda mercoledì 16 giugno alle ore 21.10 sul canale 130 Sky,

Cos’è la pedofilia femminile? Quanti sono i casi in Italia? Come interviene la polizia? L'inviata Vanguard Isabella Angius ne parla con medici, poliziotti, investigatori, studiosi e raccoglie per Current una serie di testimonianze dirette di familiari delle vittime, nonché ricostruzioni reali di donne autrici di abusi su minori. La pedofilia rientra tra i disturbi mentali, in psichiatria si definisce parafilia ovvero interesse sessuale patologico verso bambini sotto i 13 anni. Nello stereotipo culturale il pedofilo è maschio. Invece anche le donne possono esserlo, in una percentuale attualmente compresa tra l’8 e il 12% del totale. Spesso hanno un ruolo passivo e lasciano all’uomo un ruolo attivo, come nel caso della testimonianza di una pedofila che arrestata confessa: «Adoravo il mio fidanzato. Era affascinante come Steve Mc Queen. Era lui che mi chiedeva di coinvolgere mia figlia».

Di pedofilia femminile si parla per la prima volta in America intorno agli anni '70 e soprattutto in relazione al fenomeno del turismo sessuale, spiega ai microfoni di Current lo psicologo giudiziario Carmelo Dambone dal suo ufficio alla Procura di Monza, dove interroga i minori vittime di abusi a sfondo sessuale. Su circa 600 casi di pedofilia trattati nella sua carriera, Dambone si è imbattuto in almeno 7 perpetrati da donne, «per lo più tra i 30 e i 45 anni - specifica - per la maggior parte sposate e con figli ma solitamente con trascorsi di violenze sessuali o divorzi».

Cifre ancora troppo sottostimate secondo Loredana Petrone, psicologa e sessuologa autrice del libro 'E se l'orco fosse lei?'. «Pensare che una donna possa essere un'abusante sessuale - spiega Petrone - è raccapricciante, è sconvolgente perché la donna è associata all'idea di mamma. Teoricamente una madre non potrebbe mai danneggiare un bambino. Per questo molte vittime rettificano la loro versione dicendo di essere state abusate da uomini». Un dato però è certo: la baby sitter che abusa dei bambini rientra perfettamente nella casistica. È quello che tristemente si può definire un classico. «Chi è interessata ai bambini - chiosa la psicologa - farà lavori in cui potrà stare con i più piccoli». A fare emergere più chiaramente la diffusione della pedofilia femminile negli ultimi anni ha contribuito senza dubbio il web. Su internet sono sempre di più le immagini o i filmati pedopornografici che coinvolgono donne e soprattutto mamme.

Al Centro Nazionale della Polizia di Stato per il contrasto alla pedopornografia i poliziotti parlano di oltre 570 siti nella blacklist della Polizia Postale. «Dalle comunità virtuali - raccontano gli agenti - arrivano i consigli per l'uso, le raccomandazioni e le piste per ottenere materiali e minori da poter abusare. Il prezzo lo impone la qualità e soprattutto la novità delle immagini. E' importante sottolineare - avvertono - che il clic alimenta la produzione e quindi l'abuso di produzione di questo materiale». E dunque l'incrermento dei casi, come confermano i dati riportati da Barbara Forresi dalla sede centrale a Milano di Telefono Azzurro: «Negli ultimi due anni, il 12% delle violenze sessuali denunciate su segnalazioni giunte al Telefono Azzurro hanno autrici donne».

Luigi Colombo è psicanalista. Gestisce a Milano, insieme a altri medici, un centro per sex offender e da anni si occupa del recupero di pedofili. Tra le donne attualmente in cura la più giovane ha 25 anni, la più adulta circa 55. «Molte - assicura Colombo - riescono a tornare a una vita normale a sfruttare anche le possibilità dell'inserimento sociale. Soffrono molto durante la carcerazione e questo gli consente veramente di voltare pagina e di rettificare certi comportamenti».

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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #3 il: Agosto 25, 2013, 17:35:06 pm »
http://www.sarabreschi.it/donne,_madri_e_pedofilia.htm

Citazione
DONNE, MADRI E PEDOFILIA

Tratto da:

“Madri abusanti e maltrattanti: analisi delle psicodinamiche e dei ruoli di vittime e carnefici”

di Carmen Rosaria Carbonaro

La pedofilia è, anche, donna. Cade il dogma della maternità buona ad ogni costo, il principio per cui in ogni femmina c’è l’istinto a proteggere, o almeno a non colpire, un cucciolo della sua specie. Secondo le stime, in cinque casi su cento, ad abusare sono madri incestuose, ambigue zie, maestre e babysitter, fino alle “regine per una notte” che, sulle spiagge del Terzo mondo, vanno a caccia di beach boys giovanissimi e indifesi. Non se ne parla ma esiste. Parlare di donne pedofile non è né comune né semplice in quanto, nell’immaginario collettivo, il termine “pedofilia” viene associato al sesso maschile, al quale è stato sempre affidato un ruolo “attivo”: la pedofilia è infatti “azione”. E’ considerata quindi, come la maggioranza delle parafilie, una patologia rara nel sesso femminile. Infatti, contrariamente a quanto si pensa, complice la mancanza di informazione, la parafilia colpisce anche le donne, contraddicendo il tradizionale giudizio clinico che ha sempre sostenuto la rarità delle perversioni nelle donne.

Da esaurienti studi clinici è emerso che le dinamiche delle fantasie perverse femminili sono più sottili ed imprevedibili rispetto alla sessualità maschile e quindi difficilmente identificabili e riscontrabili. Cause scatenanti la pedofilia femminile possono essere la separazione, l’abbandono, la perdita. Alcune donne hanno subito abusi da bambine e l’esasperazione nell’attività sessuale pedofila è riconducibile al tentativo di vendetta sugli uomini, per fare riemergere la propria femminilità. Dal ruolo “passivo” che l’ha vista vittima e sottomessa la donna tenta in tal modo il riscatto e la propria affermazione in un ruolo “attivo”.

La più alta percentuale delle violenze sessuali sui bambini avviene tra le mura domestiche proprio ad opera di quelle persone nelle quali i piccoli ripongono la propria fiducia. Incredibile, impensabile, ma vero. Come vero è che, all’interno di una famiglia, ci sono madri che vedono, percepiscono e sentono l’odore dell’abuso ma tacciono, e silenziosamente acconsentono con orribile ed assolutamente ingiustificata complicità. Scacciano dalla memoria gesti, parole e sensazioni come per restarne fuori, pulite, estranee ai fatti, per non ammettere neppure a se stesse la verità, quella tremenda e terribile verità che diviene così, gradualmente, un segreto non condivisibile, respinto ogni qualvolta torna a galla. Occhi chiusi, bocca chiusa. Sono madri colpevoli dell’opera distruttiva che si sta operando attorno a loro ma reputano necessario comprare la solidità familiare, la posizione sociale ed il rispetto con l’omertà. Il prezzo da pagare, però, è troppo alto, anzi non vi è prezzo perché i figli non si vendono, non sono oggetto di scambio. Si interpreta tale comportamento adducendo ad una sorta di paura di vendetta da parte del marito, ad una ipotetica violenza cui sono state vittime da bambine che rivivono nelle vesti di madri, al timore di aver immaginato male o di sbagliare. Il loro “fare finta di non vedere” è un’ulteriore violenza ai danni dei figli i quali, abusati e non protetti da coloro che invece dovrebbero amarli ed educarli, vengono lasciati soli a se stessi, piccoli corpi martoriati, piccole coscienze distrutte. Il tradimento avviene su tutti i fronti, e non vi è danno peggiore.

Il fattore “cultura” o “ceto sociale”, qui, non entra in gioco come attenuante del caso: le madri “lavano in casa i panni sporchi” sia nelle culture più arretrate come negli agiati ceti sociali dove, si pensa, la buona educazione ed il benessere sono alla base dell’esistenza. Solo un terzo dei casi di abuso sono denunciati dalle madri: il restante è complice del marito, viscido seduttore, un nemico difficile da annientare.

Uno dei fattori che concorrono a determinare l’incesto è la situazione di incomprensione e di ostilità tra i coniugi e la conseguente incapacità ad avere rapporti sessuali normali e regolari. Anche la presenza della figlia come figura femminile centrale è fondamentale ed il padre, molto spesso, opera l’incesto per contrastare il degradarsi della famiglia, per evitare la ricerca di un partner esterno. Difficile da concepire come concetto, ma l’atto sessuale del padre con la propria figlia viene vissuto proprio come tentativo di ristabilire l’equilibrio familiare. In tale ottica si inserisce il tacito consenso materno il cui fine è l’assunzione da parte della figlia di un ruolo dominante come figura femminile, in relazione alla crisi coniugale in atto.

La complicità della madre può essere: 

- PASSIVA: inesistenza di relazione materna nei confronti della figlia ed affettiva nei confronti del marito; proprio questo atteggiamento può indurre talvolta il marito a dedicare morbosa attenzione alla figlia. 

- ATTIVA: può variare da atteggiamenti ambigui fino al vero e proprio aiuto fisico al coniuge che usa violenza alla figlia. In tal caso, oltre al distacco emotivo, sono presenti disturbi della personalità. Tale comportamento si spiega nel fatto che la madre sente il suo ruolo centrale usurpato dalla figlia e, consapevole che le attenzioni del coniuge sono concentrate altrove, desidera a tutti i costi vedere punita ed umiliata la figlia.

L’omertà rende le madri nemiche dei propri figli. Le rende complici dell’aggressività e della violenza di uomini che stuprano il cuore dei bambini, i sogni, la purezza dei loro pensieri e del loro essere. I bambini che subiscono abusi sviluppano un senso di vergogna cronico che può rallentare o impedire l’elaborazione del trauma e accentuare, invece, i sintomi del disturbo post-traumatico da stress. La vergogna comporta un ritrarsi, un sentirsi piccolo, senza valore, impotente e provoca un desiderio di nascondersi e di scappare. Provoca anche reazioni e difese di esitamento che non si riferiscono solo agli aspetti dell’esperienza vissuta, da rimuovere e dimenticare, ma toccano direttamente alcuni aspetti del sé percepito come sgradevole, ripugnante e addirittura mostruoso. Implicano, inoltre, una scissione tra osservante e osservato che disgrega l’unità del Sé e della coscienza.

Questi massicci meccanismi agiscono quindi sulla consapevolezza e sulla capacità di mantenere il ricordo. Desiderare di eliminare alcuni aspetti del Sé e non ritenerli accettabili induce la tendenza a non voler o poter rievocare e raccontare, ma implica anche quella modalità, descritta da coloro che si occupano di disturbi post-traumatici, caratterizzata dall’alternarsi di sensazioni di rivivere l’esperienza traumatica e di sintomi di esitamento.
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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #4 il: Agosto 25, 2013, 17:36:25 pm »
http://donna.libero.it/baby_boom/pedofilia-se-chi-abusa-e-donna-ne3182.phtml

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Pedofilia, se chi abusa è donna
I casi di violenza da parte di figure femminili sono rari ma esistono
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Pedofilia, reato orribile. Le statistiche dicono che su cento adulti che abusano di bambini, 95 siano uomini e soltanto cinque siano donne. Proprio per la rarità di casi, ma non solo, di pedofilia femminile si parla poco. Anche la tipologia di reato è più sfumata. Per capire di più questo fenomeno abbiamo incontrato lo psicologo milanese Luigi Colombo che ci ha dedicato oltre un'ora del suo tempo.

Si dice che su cento adulti che abusano di bambini, cinque siano donne, è una percentuale realistica?
Sì, è realistica. In effetti è una percentuale analoga anche alla commissione di altri reati. Fa pensare che ci sia una sottovalutazione o una non completa conoscenza del problema. Diciamo che la tipologia di fatti per cui sono condannate donne che sono implicate in una condanna per reati sessuali, può essere di due tipi. O si tratta di comportamenti sessuali agiti dal partner, compagno, marito più o meno occasionale, mentre la madre è semplicemente disattenta, anzi protegge l'autore, connivente. Quindi in questo caso si tratta di una condanna per concorso, correità. Oppure si tratta di fatti commessi materialmente. All'interno di queste condizioni, in questo secondo caso, con la donna che agisce materialmente con un contatto sessuale illecito, le condizioni sono molto simili a quelle dell'uomo. Infatti è una cosa che si sottolinea poco, anche nella relazione tra madre e figli si può instaurare una relazione deviata non dissimile a quella che si può instaurare tra padre e figli.

Cioè? Ci spieghi meglio che cosa può avvenire
O che la madre è abituata a un'intimità con il figlio e per condizioni legate al contesto, in questa intimità oltrepassi un confine lecito. Questo può essere il caso della madre e può avvenire a maggior ragione quando il bambino è molto piccolo. Per esempio una madre separata - supponiamo - che si abitui a dormire nuda col bambino e magari col tempo sviluppare toccamenti che sono appunto illeciti, sono un abuso. Naturalmente non è un illecito dormire nuda con il proprio figlio, però bisogna sottolineare che condotte erotizzate da parte della madre sono probabilmente più frequenti di quanto si pensi, e anche se non sono un illecito, creano secondo un'opinione piuttosto diffusa, un clima di perversione con il bambino. Un altro caso, sempre per rimanere nell'età infantile, è costituito dalla donna adulta (più o meno adulta), che può essere adolescente, giovane-adulta, che per esempio svolge funzioni di babysitteraggio. È una cosa nota da secoli e anche su questo c'è da dire che non se ne parla molto. Però è abbastanza frequente e può verificarsi che ci sia una donna che abusa, che è attratta dalle zone genitali di un maschio, un bambino sotto i 14 o anche i 10 anni.

Quali sono i meccanismi per cui una donna può essere attratta da un minore?
È proprio il fatto che la donna trova combinate - non molto diversamente dall'uomo aggiungo io (anche se nell'uomo prevalgono altri aspetti) -, da un lato una caratteristica attraente che è appunto il sesso, l'attrattiva sessuale, e dall'altro lato però con il bambino vengono completamente cancellati aspetti dell'uomo adulto che, se la donna ha una problematica, possono essere per lei fonte di disturbo e di disagio. In questo c'è una analogia tra uomo e donna abusatori: entrambi mettono in atto un comportamento perché sono attratti da un corpo che, da una parte suscita eccitamento e dall'altra non crea problematiche, difficoltà adulte. Ci può essere anche un aspetto un pochino più morboso, più perverso diciamo noi, che è quello di trovare anche da parte del bambino il desiderio sessuale, l'eccitamento. Questa è una cosa che nella pedofilia, sia del maschio che della donna è molto importante. Questa cosa di trovare, proprio perché partiamo dall'idea che il bambino non abbia una vita sessuale come un adulto, che il bambino si ecciti, questo è motivo di eccitamento per l'adulto.

Di fatto non si parla mai della sessualità infantile, ma esiste?
Il bambino ha da un punto di vista corporeo una sessualità diversa. Le basi biofisiche e biofisiologiche sono diverse, però può avere una curiosità sessuale e affacciandosi all'adolescenza può essere che abbia anche delle fantasie e sempre nella pedofilia l'adulto utilizza queste tendenze che ci sono nel bambino. Tendenze che possono essere legate al fatto che il bambino stesso abbia avuto già piccoli episodi di abuso. Può essere anche un bambino che è stato approcciato da una ragazzina più grande o viceversa. È indubbio che episodi simili, anche tra fratelli, possano attivare le fantasie sessuali del bambino. L'approccio di un dodicenne con un bambino o una bambina più piccoli non costituisce reato sotto gli anni 14, ma non è escluso che possa avere una valenza traumatica.

Mettiamo il caso che una donna adulta entri in un'interazione con un minore in fase adolescenziale...
Questa è una seconda tipologia: il minore può essere concretamente attivo sessualmente e in una fase di disponibilità, la donna può sfruttare il fatto che per il minore tra il 14 e i 16 anni, l'approccio di una donna adulta è vissuto come una vera conquista, un piccolo trionfo e allora in questo caso abbiamo la donna adulta che magari vive in casa con il minore perché è la matrigna o un'insegnante, un'educatrice o la governante.

Non basta quindi un contatto occasionale?
Lo stile che possiamo definire predatorio dell'uomo, che si reca in luoghi frequentati da potenziali vittime non lo si trova nella donna. La donna non ha una sessualità esibita.

Come spiega le situazioni di correità e di concorso in abusi su minori?
Voglio richiamare due punti. Spesso, quando la madre accetta l'abuso della figlia da parte del partner, è la donna stessa che opera una cosa analoga a quella che opera il partner. Cioè è come se si facesse sostituire dalla figlia, come se la figlia nel suo immaginario fosse la sua sostituta. La madre, se interpellata non dice di essere d'accordo, ma un rapporto un po' incrinato può fare insorgere nella coppia delle regressioni. C'è da dire che la madre condivide. Voglio sottolineare un altro aspetto sempre più diffuso: a volte esistono madri che senza essere corree, magari non arrivano a essere accusate di correità, non si sono rese conto che la figlia ha un forte conflitto con loro e che sta creando un contatto sessuale con il partner. La madre che in forte contrasto con il partner non si rende conto che partner e figlia stanno avendo i primi approcci sessuali. Tutti i reati sessuali al 95% sono svolti all'interno delle mura domestiche e l'approccio in genere richiede degli stadi, dei passaggi, un progressivo avvicinamento, non basta semplicemente che la vittima venga impaurita. Per i reati sessuali la vittima è conosciuta e chi abusa approccia la vittima e questo vale anche per le donne.

Come avviene l'approccio?
Provando. Ti faccio riferimenti alle parti intime, un giorno esco seminuda e non dici niente, anzi vedo che mi guardi tu bambino con gli occhi interessati. Oppure altra strada: si sviluppa un amore vero e proprio. C'è una manifestazione di sentimenti come se si trattasse di due partner adulti, ma questo accade con il minore un po' grandicello. Nei reati intrafamiliari il reato sessuale è una sorta di cuneo, come un canale relazionale che si scava nel terreno della vita familiare e che è reso possibile dal fatto che la vittima e il proprio genitore di riferimento hanno sviluppato una rivalità, un conflitto e che tra genitori c'è un allontanamento reciproco. È quindi molto importante che le donne se ne rendano conto. Quando la donna non ha alcuna conseguenza giuridica, si trova nella situazione di perdere il partner o la figlia. Se accetta la versione della figlia deve prendere una distanza dal partner, se comprende il partner nella sua difficoltà dovrà prendere le distanze dalla figlia.

Quali sono le differenze di approccio negli abusi effettuati da uomini su minori rispetto a quelli femminili?
L'impressione che si ha è che l'uomo pedofilo sia più infantilizzato, che sia in grado di acquisire uno stile o modi di fare infantili. A volte lo fa scientemente per entrare in comunicazione con la vittima. La donna utilizza più un contatto che può essere più materno, ma che le viene più naturale senza essere costretta a infantilizzarsi.

Cosa scatena la pedofilia femminile?
L'impressione che si ha è che sia più rintracciabile nella pedofilia femminile una genesi traumatica che nell'uomo.
La "teoria dell'abusato abusatore" è quindi valida più per le donne? Ma è sempre vero che chi abusa è stato abusato?
Io ho l'impressione che sia più valida nella donna che nell'uomo. Nell'uomo non la si trova così frequentemente. O si tratta di una donna che è stata abusata o di una donna che comunque ripete nel reato una situazione traumatica, che non è detto sia abuso. La donna più facilmente ricostruisce un antefatto sessuale traumatico. Un uomo non ricostruisce spesso un antefatto di abuso.

Altre differenze?
L'uomo sembra usare il sesso per stabilire una relazione con la vittima e per poterne trarre un soddisfacimento. La donna abusante sembra essere più una persona che non ha un confine tra bisogno di amore e sfera sessuale. Sembra più esserci una differenza di difficoltà di non confine tra il bisogno di essere amata e l'amore che si trasforma in contatto sessuale. A volte si può constatare che la donna che mette in atto i reati sessuali ha questa modalità alterata. Anche con l'uomo adulto può scivolare dall'amore alla sfera sessuale. È un po' tipico della donna non differenziare questi due lati. Nell'uomo sembra che assistiamo a una situazione secondo cui io entro in una relazione con te, per avere un soddisfacimento della sfera sessuale.

Rispetto a fenomeni esterni alla famiglia (da parte di persone che comunque vengono in contatto con i bambini) come è possibile scoprire episodi di abuso, da parte di una babysitter, di un'educatrice?
Diciamo che in genere i bambini quando avvengono fatti che hanno a che fare con la loro sfera sessuale li raccontano. I loro racconti vanno vagliati, ma esistono circostanze in cui non bisogna mettere in dubbio quello che raccontano i bambini. Non è detto che inventino. Esistono dei criteri per capire se un bambino ha detto una cosa in un contesto per impressionare oppure ha detto una cosa che è avvenuta: si valuta se quel contenuto espresso verbalmente viene espresso anche nei disegni, in più modi. A volte il bambino abusato descrive anche nel disegno quello che accade. Non ci si deve sorprendere se il bambino racconti i fatti a figure terze, estranee, è importante vedere cosa dice a un'insegnante e cosa dice poi alla madre e raffrontare le versioni. Un altro aspetto importante è verificare la condizione psicologica del bambino, le sue problematiche di interazione, magari mette in atto comportamenti molto impulsivi per esempio. In sostanza, per farsi una prima idea bisogna fare una sorta di raccolta di elementi, un collage di elementi diversi pere capire se c'è una coerenza tra di loro.

In un'ottica di prevenzione, come mettere in guardia i bambini senza creare traumi?
Secondo me ai bambini va detto che esistono adulti che possono fare del male ai bambini. Penso che quando hanno l'età per capire e lo chiedono, gli va detto. Per esempio l'adescamento via internet oggi come oggi è molto diffuso e i bambini devono sapere che possono incontrare persone che apparentemente vogliono loro bene, ma in realtà vogliono usarli. Poi il reato sessuale è usare una persona. Esistono forme di uso dell'altro anche peggiori, come la schiavitù. Gli operai dell'industria inglese dell'800 venivano usati peggio. Indubbiamente però è un "uso". La clinica non a caso parla di perversioni o parafilie. Possiamo averne tutti, ma c'è chi le ha soltanto a livello di fantasie, chi le mette in atto. Ma è molto importante sottolineare il contesto che fa sì che una determinata perversione prenda il sopravvento. A quel punto tra autore e vittima si crea una relazione per cui per l'autore la vittima diventa una specie di droga. In quel momento la vittima non è soltanto fonte di un piacere sessuale, ma anche una sorta di rifugio.

Ci parla della sua esperienza sul campo, in progetti che sta portando avanti a Bollate e a Milano?
Esiste un trattamento intensificato per autori di reati sessuali maschi nel carcere di Bollate ed esiste un trattamento per autori di reati sessuali presso il Comune di Milano e in questo caso ci sono anche donne. È la stessa equipe in entrambi i casi. Io mi occupo della prevenzione della recidiva e Paolo Giulini è il responsabile scientifico. Questi progetti si basano sull'idea che la recidiva sui reati sessuali già non è altissima rispetto ad altri reati. Però i programmi stranieri hanno dimostrato che abbinare l'esecuzione penale con un trattamento la riduce tantissimo, quasi a zero. Nella nostra esperienza abbiamo seguito 160 persone in maniera approfondita per anni, tra maschi e femmine e ci sono state tre recidive. All'esterno abbiamo seguito in due anni sei donne con trattamento intensificato: psicodiagnosi, colloqui individuali e attività di gruppo. Ne abbiamo seguite soltanto sei perché in effetti sono poche.

Sembrerebbe che la giustizia abbia un occhio di riguardo per le donne abusatrici...
La donna è vista in una prospettiva sempre un po' diversa. Le faccio un esempio: se c'è un reato e lui ha vittimizzato la bimba maggiore per un anno, portava la bimba al piano di sopra, faceva la doccia e stavano lì. La madre sapeva (per un anno!) e viene condannata, tuttavia la madre è rimasta in contatto con i minori, il padre no, verosimilmente aspetterà che diventino adulti. La giustizia tenderà a far scontare la pena di più all'uomo, soprattutto in casi in cui è l'esecutore materiale. Ma anche nel caso di donne esecutrici materiali, sebbene anche le donne si facciano una lunga carcerazione, c'è un atteggiamento più flessibile. E in effetti il livello di invasività del reato sessuale dell'uomo è maggiore.

L'abuso tra una donna e un minore, anche sulla base di quello che lei ci ha spiegato, provoca reazioni di rifiuto e spesso anche a livello scientifico il fenomeno è sminuito e liquidato come raro o come meno violento rispetto alla pedofilia maschile. Ma è proprio così?
Sotto gli anni 14 è comunque violenza sessuale. Io penso che anche l'uomo pedofilo possa agire in maniera non violenta e quindi riuscire a creare una relazione con il bambino tale per cui non ci sia un contatto sessuale così traumatico. Però nell'adulto c'è sempre il momento dell'eiaculazione, che è un momento vissuto dalla vittima naturalmente in maniera non così buona. Si osserva questo: il bambino dopo un po' che avvengono queste cose comincia un po' a stufarsi. Non esiste per il bambino sotto i 10 anni un substrato psicologico e anche biologico, si tratta di atti che hanno nel bambino risvolti angosciosi. Quando il bambino comincia a essere preadolescente le cose cambiano, addirittura può essere messa in atto la penetrazione. La donna non ha eiaculazione e dunque il contatto sessuale è più sfumato, perché è più toccare il corpo del bambino. Questa è una differenza.

Dopo un abuso cosa avviene per la vittima?
C'è un problema: bisogna tenere sempre conto che la vittimizzazione è grave per tre motivi. Il primo: è tanto più grave quanto più la vittima pensa di essere consenziente. Se la vittima non riesce a capire che sta subendo una violenza, se l'autore è molto bravo a miscelare bene e male, piacere e sessualità, a far passare il tutto come un gioco, il reato si inserisce di più nel tessuto psicologico della vittima, ha un effetto più pervasivo perché la vittima non è in grado di dire che ha vissuto un atto negativo, doloroso. Perché non ha sperimentato dolore. La vittima si troverà a rendersi conto che vuole dire no soltanto quando la cosa è molto avviata, quando si è stufata perché è diventata ripetitiva e fastidiosa.
Secondo: il reato è tanto più grave quanto più la vittima, dopo averlo subito, subisce da parte dell'ambiente esterno. La cosiddetta vittimizzazione secondaria: se la conseguenza delle sue parole quando ha rivelato i fatti sono la distruzione della famiglia, o che i parenti comincino a dire: "Tu menti e hai fatto soffrire il papà", "Tu menti e adesso il papà o la mamma sono in carcere e si suicideranno". È come penetrarla una seconda volta. Un bambino va fuori di testa. Mentre magari non va fuori di testa per l'abuso. Terzo elemento: il bambino va fuori di testa quando l'abuso è protratto nel tempo ed è diventata la normalità. Casi di cronaca certo, ma diffusi, non così rari. Abbiamo parlato del concorso di padre-madre quando la madre non vede, materialmente non ha visto ma c'è comunque un concorso per la legge. La donna non vede, non difende la figlia e dà l'impressione di avere agevolato il partner. Invece ci sono madri che agiscono proprio l'abuso con il proprio partner. La madre prostituta che utilizza il cliente, la madre e il padre che insieme coinvolgono in uno scambio i vicini di casa, la madre che coinvolge il suo amante. Può anche essere che faccia semplicemente dei giochi sessuali, la madre che chiede all'amante: gli fai vedere il tuo pene, gli fai vedere come ci si masturba, oppure che la fa assistere.
Daniele Passanante
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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #5 il: Agosto 25, 2013, 17:40:07 pm »
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=7&ved=0CF8QFjAG&url=http%3A%2F%2Fwww.themiscrime.com%2Fpublic%2Farticoli%2Fpedofilia%2520femminile.pdf&ei=XyEaUtXwEoWjtAa0ioHYBg&usg=AFQjCNEBMGx0KrvwYGdR1v5GEYfyvTRUkQ&bvm=bv.51156542,d.Yms&cad=rja

Citazione
PEDOFILIA FEMMINILE. DONNE CHE CACCIANO DONNE.
Di Simona Ruffini
Pedofilo: "Chi, durante un periodo di almeno 6 mesi, manifesti fantasie,
impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti,
che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi.
Specificare se attratto da maschi da femmine o da entrambi, e specificare
se limitato all'incesto".
Questa in sintesi è la definizione di un pedofilo data dal DSM-IV, il
Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali. Non specifica però
chi sia il pedofilo, non cerca di capire chi siano quei bambini, non si
interroga sul senso del limitarsi all'incesto, come se limitarsi
all'incesto sia meno grave dell'estendere i propri atti al di fuori della
famiglia. Non lo fa, e naturalmente non può e non deve, perché una
classificazione classifica, nulla di più. Soprattutto la classificazione
non distingue, e questo perché forse fino a poco tempo fa la distinzione
non sembrava necessaria, tra un pedofilo uomo e una pedofila donna. Forse
perché appare inconcepibile che una donna, una mamma, possa abusare del
proprio figlio o di un bambino anche non suo. Come se l'istinto materno
fosse una forza innata che protegge al di là della propria stessa vita.
Spesso, per fortuna, è così. Altre volte no. E se un atto sessuale su un
bambino da parte di una donna ci sembra devastante, anche se mosso da una
patologia mentale, che sentimenti può suscitare il cedere per denaro il
proprio figlio a chi poi di lui abuserà? O il silenzio, la complicità,
la connivenza di una donna che nasconde a tutti, prima di tutti a se
stessa, la violenza fatta a un bambino, arrivando nei casi più
sconcertanti ad aiutare quella violenza?
Dietro ogni abuso si nasconde una vittima e un carnefice, si nasconde una
storia, si nascondono persone che agiscono nel silenzio e persone che
quel silenzio vorrebbero spezzare. Si nascondono, in questi casi, le
donne.
Prima di tutto le donne che sarebbero potute diventare le bambine
abusate, le donne che di loro hanno abusato, ma anche le donne che hanno
cercato di spezzare questa catena di violenza, a volte pagando in prima
persona.
LE INCHIESTE
Il 20 giugno 1997 Il Corriere della Sera1 pubblicò un articolo dal titolo
“Pedofilia, quando l’aguzzino è femmina”. L’articolo metteva in luce un
nuovo aspetto di un fenomeno tristemente noto, quello del turismo
sessuale, anticipando un’inchiesta del settimanale “Io Donna” proprio
sulla pedofilia. L’inchiesta riportava dell’esistenza di alberghi for
women only in paesi quali le Filippine e la Thailandia, nei quali le
donne potevano trovare, potevano comprare, bambini per il sesso. Nel
20012 La Repubblica pubblicò un articolo nel quale forniva un profilo
della nuova turista sessuale, europea occidentale o statunitense, ricca e
di mezza età, con una caratteristica sconvolgente: un kit di ormoni e
droghe al seguito da iniettare al bambino. Tale dato è stato più volte
riportato, attribuito specialmente al turismo sessuale in Sri Lanka3. Non
1 Il Corriere della Sera, 20 giugno 1997 pagina 17 “Pedofilia, quando l’aguzzino è femmina”
2 La Repubblica, 18 agosto 2001 pagina 13 “Tra i mostri ci sono anche molte donne”
3 digilander.libero.it/rivista.criminale/tesine/pedofilia_femminile.pdf
www.psicoterapie.org/333.htm
dweb.repubblica.it/dweb/2007/05/19/attualita/attualita/065inc54965.html
è forse chiara però la gravità di questa pratica. L’iniezione di ormoni
nei bambini, in particolare di testosterone, non può essere assimilato
all’assunzione di farmaci che stimolano l’erezione nell’adulto. La
Società Europea di Endocrinologia Pediatrica4 spiega che il trattamento
con testosterone è una pratica associata alla terapia del deficit
dell’Ormone della Crescita (GH), e che tale deficit consiste nella
mancanza dell’ormone che causerebbe ritardo nella crescita stessa. La
somministrazione di testosterone, con iniezioni o capsule, deve avvenire
sotto stretto controllo medico e per un periodo di tempo limitato.
Somministrare testosterone a un bambino che non avesse carenze ormonali
significherebbe sconvolgere il suo equilibrio fisico e psicologico.
Questo bambino infatti soffrirebbe di frequenti erezioni e aumento
dell’impulso sessuale. Non solo: nelle linee guida emanate dall’Ospedale
Pediatrico Bambin Gesù5 nel 2008, cioè nel documento che spiega cosa sia
il fenomeno e come vada trattato, si dice chiaramente che “la stessa
diagnosi di deficit di GH in età pediatrica e adolescenziale è tuttora
oggetto di controversie”; come dire che se non sono ancora chiare le
conseguenze a lungo termine della somministrazione di ormoni in bambini
che teoricamente ne avrebbero bisogno, non possiamo sapere a quali
conseguenze vadano incontro bambini trattati come e veri e propri oggetti
sessuali.
In seguito a queste inchieste, nel 2002 La Stampa pubblicò una Relazione
del Ministero del Welfare sullo stato di attuazione della legge del 1998
“Contro il turismo sessuale ai danni dei minori6”. Occupandosi della
pedofilia femminile, la relazione mostrò innanzitutto come l’età media
delle donne che praticano il turismo sessuale sembrava essersi abbassata
dalla mezza età ai 25 anni; per quanto riguardava la destinazione invece
il ministero fornì un dettagliato elenco “turistico” secondo il quale le
donne Nordamericane avrebbero preferito i Caraibi, le Giapponesi la
Thailandia, mentre meta preferita delle donne Europee sarebbero stati
Marocco, Tunisia, Giamaica e Brasile.
Ancora La Stampa, nel 2004, pubblicò un’altra inchiesta dal titolo “Le
nuove rotte dei viaggiatori a luci rosse”7, che riassumeva le tristi
scoperte di un’operazione di polizia contro il turismo sessuale.
L’inchiesta rivelava come cambino le mete a seconda dei gusti e dei
rischi. Nel 2004 infatti le donne sceglievano il Marocco o il Senegal se
attratte dal ragazzo di colore, il Brasile se desiderose di bambini,
mentre evitavano la Costa d’Avorio che cominciava ad essere più
rischiosa. Nell’inchiesta però si chiariva anche come fosse mutata la
legge, ciò che permette di essere puniti oggi anche per qualcosa che si è
fatto all’estero.
LA LEGGE
Le leggi di riferimento in questo settore sono fondamentalmente due, e
cioè la Legge 269 del 1998 "Norme contro lo sfruttamento della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di
minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, che all’articolo 10
specifica che “le disposizioni…si applicano altresì quando il fatto è
4 www.eurospe.org/patient/Italian/average/Pub.e%20GHD-media.pdf
5 www.ospedalebambinogesu.it/portale2008/Default.aspx?idon=1438
6
La Stampa, 20 agosto 2002 pagina 12 “Relazione del Ministero del Welfare sulla pedofilia al femminile”
7
La Stampa, 15 dicembre 2004 pagina 6 “Le nuove rotte dei viaggiatori a luci rosse” Marco Neirotti
commesso all’estero da cittadino italiano…”, e la legge 38 del 2006
“Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei
bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet”, il cui articolo 17
dice che: “Gli operatori turistici che organizzano viaggi collettivi o
individuali in Paesi esteri hanno l'obbligo…di inserire in maniera
evidente nei materiali propagandistici, nei programmi, nei documenti di
viaggio consegnati agli utenti, nonché nei propri cataloghi generali o
relativi a singole destinazioni, la seguente avvertenza:…La legge
italiana punisce con la reclusione i reati concernenti la prostituzione e
la pornografia minorile, anche se commessi all'estero".
I FATTI. DONNE CHE ABUSANO E DONNE CHE PROTEGGONO
Senza spingerci troppo oltre i confini di casa nostra, sempre più
frequenti sono i casi di pedofilia o abuso ai minori che vedono tra gli
autori le donne. Donne di tutti i tipi, a dispetto dello stereotipo che
vuole il pedofilo un uomo di bassa estrazione sociale e culturale. Il
ruolo di queste donne va da un abuso attivo e cercato, per motivi di
piacere o di denaro, a un abuso per così dire assistito, compiuto da
altri e taciuto, nascosto, a volte addirittura facilitato. Non certo meno
grave, almeno secondo il nostro codice penale, che all’articolo 40
secondo comma afferma: “non impedire un evento equivale a cagionarlo”.
È stato così per un’infermiera milanese all’epoca 38enne, arrestata nel
1995 dalla squadra mobile per essere stata complice passiva dei reati
sessuali commessi dal marito sulla figliastra8. Gli abusi sarebbero
andati avanti per dieci anni, da quando cioè la piccola ne aveva 6.
Invano, secondo il Pubblico Ministero Pietro Forno, la bambina aveva
cercato di confidarsi con la madre la quale, per il Giudice per le
Indagini Preliminari Sergio Piccinni Leopardi, aveva invece addirittura
assistito di persona agli abusi senza intervenire. Quando la ragazza,
assieme agli altri 3 figli della coppia, era stata condotta in un
istituto di assistenza su disposizione del Tribunale per i Minori, la
madre avrebbe tentato di convincerla a ritirare le accuse fatte al
patrigno.
È successo, in un caso molto più recente, ad una donna di Agrigento9, che
nel febbraio 2008, nonostante le confessioni di un uomo di 45 anni di
professione pizzaiolo, V.I., e nonostante le perizie mediche che hanno
confermato la versione dell’uomo, si rifiutò di credere che la sua
piccola di 4 anni fosse stata stuprata. Una negazione più comprensibile
questa, dettata forse dal non voler credere di trovarsi dentro un incubo.
Spesso le donne si trovano tra 2 fuochi in questi casi, schiacciate tra
il senso di colpa per non aver saputo capire e proteggere, e
l’incredulità di aver vissuto accanto a un mostro. Qualunque scelta ne
derivi, è comunque una sconfitta.
Una sconfitta è stata quella di una donna di Castrocaro Terme, in
provincia di Forlì, che ha denunciato il proprio figlio per proteggere la
figlia10. Il 31 dicembre del 1987 il Giudice per il Tribunale dei Minori
di Bologna emise un ordine di cattura per un ragazzo di 17 anni, accusato
di tentata violenza carnale e atti di libidine violenta nei confronti
della sorella 14enne. Il giovane scoprì che proprio la madre, che da
tempo sospettava che il figlio avesse delle attenzioni morbose per la
sorella, lo aveva denunciato. La donna aveva sorpreso il ragazzo mentre
8 Il Corriere della Sera, 4 ottobre 1995 pagina 49 “Non denunciò il marito che violentava la figlia. Arrestata”
9
Il Tempo, 19 febbraio 2008 “Agrigento, il pizzaiolo confessa. Per la mamma della bimba non c’è violenza”
10 La Repubblica, 5 gennaio 1988 “Madre fa arrestare figlio: voleva violentare sua sorella”
tentava di violentare l’altra figlia, e dopo una sofferta decisione,
aveva agito.
Si è detto che l’istinto materno a volte è davvero una forza che
protegge, in alcuni casi addirittura portata all’eccesso. È successo a
Lecce, nel novembre 2007, quando una donna na ha uccisa un’altra11. Un
bambino di 7 anni raccontò alla madre delle brutte cose che il marito
della maestra Iole gli faceva, e che la maestra sapeva e vedeva tutto, ma
non era mai intervenuta per fermarlo. La mamma si era recata allora a
casa della coppia per chiedere spiegazioni, e quando l’uomo le avrebbe
detto, secondo il GIP Vincenzo Scardia, che quelle cose piacevano anche
al suo bambino, non è riuscita a trattenersi, ed ha ucciso la maestra e
ferito il marito.
Quindi questa maestra fu punita perché avrebbe coperto un marito che
abusava. Si sarebbe trovata cioè tra due fuochi, costretta a scegliere
tra l’amore per un uomo e l’amore per un figlio, anche se non suo. Così
come tra due fuochi si sarebbe trovata una donna di Milano che dopo
vent’anni di percosse da parte del marito l’ha denunciato nel momento in
cui ha scoperto che le violenze si erano spostate sulla loro figlia12.
Secondo la testimonianza della donna il marito, in passato carabiniere e
poi guardia giurata, avrebbe abusato della loro figlia minacciandola con
una pistola alla testa. Vent’anni di botte e minacce non erano bastate
alla donna per decidersi a denunciarlo; quando però l’uomo stesso le
avrebbe confessato la violenza alla figlia proponendole addirittura un
rapporto a tre, la madre non ha esitato. Le indagini, affidate alla
sezione minori della squadra mobile di Milano coordinata dal vicequestore
Stefania De Bellis, confermarono le violenze che finirono in un fascicolo
che incluse i provvedimenti disciplinari nei confronti dell’uomo espulso
dall’Arma per oltraggio a un vigile urbano. La giustificazione dell’uomo,
per il quale il sostituto procuratore Pietro Forno chiese il rinvio a
giudizio che il giudice della settima sezione del Tribunale trasformò in
una condanna a 12 anni più 3 di libertà vigilata, era racchiusa nei versi
erotici scritti dallo stesso stupratore, secondo cui “andare a letto con
la propria figlia è il sogno di ogni papà”.
Per fortuna questo non sembra essere stato il sogno di un papà di Bari
che ha denunciato la propria moglie per pedofila13. L’uomo avrebbe
scoperto, la notte del Capodanno del 2004, la moglie a letto con i loro
figli, assieme ad una vicina di casa e due amici. Secondo la sua
testimonianza gli uomini lo avrebbero picchiato e minacciato per non
farlo parlare, ma lo sconcerto e il disgusto sarebbero stati tali da
impedirgli di mantenere il silenzio. Su richiesta del P.M. Paola
Guglielmi, il GIP del Tribunale Vincenzo Scardia fece arrestare i 4 per
violenza sessuale aggravata.
Piacere o soldi? Poco importa quando una madre abusa dei propri figli.
Come Lucia Cammarano, condannata a 3 anni per atti osceni e di libidine
violenta su 3 dei suoi 5 figli di 6, 13 e 15 anni14. Una famiglia toccata
dall’abuso già in precedenza, quando il marito di Lucia, Raffaele
Saturno, era stato arrestato per violenza nei confronti della figlia
femmina. L’orrore sembrava finito, ma dopo 3 anni le violenze si erano
11 La repubblica, 10 novembre 2007 pagina 6 “Il bambino conferma gli abusi: è successo in camera da letto”
12 Il Corriere della Sera, 5 luglio 1995 pagina 11 “Armato stuprava la figlia” , Biondani
13 La Repubblica, 16 febbraio 2005 pagina 6 “Denuncia la moglie per pedofila”, Cristina Zagaria
14 Il Corriere della Sera, 20 agosto 1994 pagina 12 “Mamma in carcere, abusava dei 3 figli maschi”, Fulvio
Bufi
semplicemente spostate sui maschi, ad opera di quella madre che avrebbe
dovuto proteggerli. Tutti i ragazzini sono stati affidati ad istituti e
altre famiglie, dato che la loro famiglia non esiste più.
Le storie sono tante, troppe, per raccontarle tutte.
Come la storia di una vedova di Macomer, in provincia di Nuoro, una donna
di 38 anni arrestata con l’accusa di aver venduto 2 figli ai pedofili15.
Il sostituto procuratore Gianni Caria richiese l’arresto, accolto dal GIP
di Oristano Manuele di Falco, della donna per reati a sfondo sessuale nei
confronti di minori. Quando gli agenti fecero irruzione nella casa della
donna, avrebbero trovato un festino in pieno svolgimento e delle
videocassette che ritraevano bambini tra i quali i figli della stessa
accusata.
Tra i beneficiari di questi festini a pagamento, ci sarebbero stati anche
insegnanti delle scuole frequentate dai bimbi coinvolti.
In questo caso fu la nonna dei piccoli a denunciare, affermando di essere
stata anche malmenata. Così come due nonne di Catania denunciarono le
violenze subite dalla loro nipotina ad opera dei propri stessi figli16.
Secondo la testimonianza delle due donne, la ragazzina si sarebbe
confidata con loro raccontando delle violenze che subiva da parte del
padre fin da quando aveva 9 anni. Successivamente la stessa madre della
ragazza aveva iniziato una relazione con un vicino di casa, costringendo
la figlia ad assistere agli incontri facendo da palo. L’amante della
madre avrebbe poi iniziato a molestarla. A questo punto la donna avrebbe
spinto addirittura la propria figlia alla prostituzione, in una spirale
di violenze senza fine.
In altri casi invece è proprio dalle nonne che arrivano le violenze. Come
nel caso di Biella17.
A Sagliano Micca un sostituto procuratore di nome Alessandro Chionna
aveva iniziato un’indagine in seguito alla denuncia di una madre, alla
quale il proprio bambino di 9 anni aveva raccontato delle “porcherie” che
la nonna e il papà, assieme alla zia, gli facevano tutti insieme nel
lettone. In queste violenze sarebbe stata coinvolta anche la cuginetta di
6 anni. Il bambino non avrebbe parlato prima per paura, e perché la nonna
il papà e la zia gli facevano dei regali. In seguito a una lite violenta
tra i suoi genitori, lite che portò alla separazione, il piccolo raccontò
tutto alla mamma. I tre furono arrestati con l’accusa di violenza carnale
a danno di minore e atti di libidine. Ritroveremo questa storia più
avanti, perché è stata al centro di una profonda controversia.
Donne che proteggono e donne che abusano. Donne di tutti i tipi, madri,
nonne, zie, ricche e povere, analfabete e colte, con un’unica cosa in
comune: dovrebbero essere quelle che i bambini li proteggono, li
accudiscono.
Luglio 2001, Milano: una romena di 30 anni, Dumitrita M., sposata con un
italiano, di professione baby-sitter, laureata in filologia e con un
master in studi europei comparati, si offre di accudire 2 bambini di 8 e
5 anni18. Sembra perfetta: ottime referenze, bella presenza. Inizia così
l’incubo dei 2 piccini, Andrea e Martina, nomi di fantasia ovviamente. Un
15 Il Corriere della Sera, 30 settembre 1996 “Madre in carcere, vendeva i bambini ai pedofili”, Gino Zasso
16 Il Corriere della Sera, 23 novembre 1997 pagina 15 “Fanno prostituire la figlioletta, le nonne la salvano”,
Alfio Sciacca
17 Il Corriere della Sera, 5 giugno 1995 pagina 11 “La nonna ci violenta”, Mario Pisano
18 Il Corriere della Sera, 18 febbraio 2004 pagina 18 “Due bambini molestati da baby-sitter con laurea e
master”
incubo che sarebbe durato 2 anni, anni segnati da abusi e violenze di
ogni tipo. “Se non fate i bravi vi ammazzo il cane”, avrebbe detto loro
Dumi. Quando i bambini iniziano a mostrare disturbi comportamentali la
madre chiede chiarimenti alla baby-sitter, che la accusa di non essere
una brava mamma. La lite degenera e la ragazza viene licenziata. A quel
punto, forse sollevati dal terrore, i bambini avrebbero iniziato a
raccontare tutto, portando Dumi in prigione.
Donne di tutti i tipi, si è detto. Come Soledad, una maestra di origine
peruviana che insegnava in una scuola materna di Vallo della Lucania, in
provincia di Salerno19. Furono i bambini della scuola a raccontare alle
loro mamme delle strane lezioni della maestra Soledad, e proprio questi
racconti hanno portato la ventenne in carcere con l’accusa di violenza
sessuale nei confronti di minori. Perché questa storia sarebbe diversa
dalle altre? Perché Soledad è una suora. Il Vescovo di Valle della
Lucania commentò “Queste vicende ci rattristano profondamente”.
Queste vicende però sono più frequenti di quanto possa sembrare, perché
alcune telefonate ai siti erotici intercettate dalla polizia
proverrebbero proprio dal Vaticano. Almeno secondo altre donne, quelle
che di mestiere invece i bimbi li proteggono.
I FATTI. DONNE CHE COMBATTONO
In ogni Questura, dal maggio 1996, sono stati costituiti gli “Uffici
Minori”. Sono uffici specializzati nella lotta alle violenze di ogni tipo
sui bambini e sugli adolescenti, prima fra tutte la violenza sessuale. Vi
lavorano operatori specializzati, sempre più operatori donne.
Come la squadra investigativa femminile istituita dalla procura di
Monza20, che già dal 1995 si occupava di violenza ai minori. Furono loro,
una squadra composta da 2 ispettrici e una sovrintendente in un pool
formato anche dai dirigenti del commissariato di Monza e guidato dal
sostituto procuratore Silvia Pansini, ad arrestare Rosario G., 29enne
accusato di aver violentato la sua bambina di 6 anni da quando ne aveva
2.
Come la squadra anti-pedofilia di Roma21, ispettrici e agenti
rigorosamente donne, nominate nel 1997 dall’allora questore Monaco.
Secondo Rosalba Angeloni, coordinatrice al tempo della squadra al
commissariato dell’Eur, per le donne sarebbe più facile raccogliere le
confidenze dei minori. Il lavoro di queste squadre consiste anche nel
girare le scuole per insegnare ai ragazzini come difendersi da eventuali
malintenzionati.
Non giravano invece per le scuole ma in rete le 2 poliziotte a capo di
una squadra anti-pedofilia operante a Milano nel 200022. Fabiola
Treffiletti e Katia Di Ruberto, allora 25enni, si occupavano di
monitorare la pedopornografia online.
Più recente l’opera della IV sezione della squadra mobile di Roma,
istituita nel 1998, che si occupa di bambini stuprati, pedofilia,
violenza alle donne, prostituzione infantile23. A capo, il vicequestore
Dania Manti. Nella squadra 20 uomini e 5 donne, tra le quali Paola Galli,
19 La Repubblica, 20 giugno 2006 pagina 25 “Suora arrestata per abuso su minori”
20 Il Corriere della Sera, 8 aprile 1995 pagina 48 “Chiuse le prime inchieste avviate dalla squadra investigativa
femminile istituita dalla Procura”, Giusi Fasano
21 La Repubblica, 26 novembre 1997 pagina 3 “Così diamo la caccia agli adescatori”
22 Il Corriere della Sera, 8 marzo 2000 pagina 47 “Gli 007 dell’informatica”, Alberto Berticelli
23 La Repubblica, 2 giugno 2006 pagina 7 “Gli investigatori del sesso tra pedofili stupri e privè”
quarantenne con un figlio adolescente e Anna Lamonaca, single tatuata e
dal fisico palestrato. Donne che si fingono pedofile costrette ad
assistere a filmati di violenza sui bambini, ad ascoltare racconti di
abusi e a cacciare dei mostri, che sempre più spesso hanno il loro stesso
volto.
Donne addestrate però, anche se di rischi ne correranno ogni giorno.
Soprattutto donne che sono autorizzate a fare quel che fanno. Nessuno di
noi può improvvisarsi cacciatore di siti pedofili, pena l’incorrere nello
stesso reato che si vorrebbe contrastare. Esistono delle leggi specifiche
che permettono agli operatori delle forze dell’ordine di infiltrarsi
nelle reti pedofile e raccogliere materiale che altrimenti sarebbero
costretti a denunciare immediatamente. L’articolo 14 della legge 269 del
1998 definisce le attività di contrasto e stabilisce che “gli ufficiali
di polizia giudiziaria delle strutture specializzate per la repressione
dei delitti sessuali o per la tutela dei minori… possono, previa
autorizzazione dell'autorità giudiziaria, al solo fine di acquisire
elementi di prova… procedere all'acquisto simulato di materiale
pornografico e alle relative attività di intermediazione, nonché
partecipare alle iniziative turistiche…Dell'acquisto e' data immediata
comunicazione all'autorità giudiziaria che può, con decreto motivato,
differire il sequestro sino alla conclusione delle indagini”.
Tutela che non avevano e rischi ai quali non erano preparate altre due
donne, la prima denunciata per aver denunciato, la seconda, forse,
proprio per questo uccisa.
Cacciatrice di siti pedopornografici condannata per possesso di
materiale24.
Così titolava Il Messaggero nel dicembre dell’anno scorso, neanche troppo
tempo fa dunque. La cacciatrice in questione si chiama Aurelia Passaseo,
ed è il presidente del Coordinamento internazionale delle associazioni a
tutela dei diritti dei minori; è stata condannata e multata per 1.200
Euro dal Tribunale di Pordenone per detenzione di materiale
pedopornografico. L’accusa pare assurda, proprio a lei che aveva permesso
alla polizia di scoprire circa 5000 siti pedopornografici. Gli avvocati
Riccardo Cattarini e Maria Pia Maier l’hanno assistita nel processo, dal
momento che la donna ha deciso di rispondere alle accuse non
acconsentendo al patteggiamento, e hanno riferito non solo che questa
“non è stata una bella pagina di giustizia” ma anche che il fatto ha reso
“più profondo il solco tra le decisioni giudiziarie e il sentire comune”.
Una sorte decisamente peggiore è toccata a Matilde Sorrentino, uccisa
forse da chi aveva denunciato25. Nel dicembre del 1997 il Corriere della
Sera pubblicò un articolo di cronaca26 a proposito dell’arresto della
cosiddetta banda del Rione dei Poverelli, 13 uomini e 5 donne accusati di
associazione per delinquere finalizzata alla violenza sessuale e
corruzione di minorenni. Queste persone avrebbero abusato di alcuni
bambini della scuola elementare del paese. Ad occuparsi delle indagini
furono il GIP Tommaso Miranda e i PM Ciro Cascone e Antonella Picardi.
Matilde, una delle mamme dei bambini, avrebbe avuto un ruolo importante
nelle denunce che portarono all’arresto della banda, e sembra che stesse
per essere chiamata a testimoniare nel corso del processo. Il PM di Torre
Annunziata aveva già firmato un decreto di fermo nei confronti di un
24 Il Messaggero, 4 dicembre 2008 “Cacciatrice di siti pedopornografici condannata per possesso materiale”
25 Il Tempo, 28 marzo 2004 “Smascherò una banda di pedofili, uccisa”
26 Il Corriere della Sera, 14 dicembre 1997 pagina 19 “I bambini violentati a scuola. A giudizio la banda di pedofili”,
Fulvio Bufi
pregiudicato che i carabinieri stavano cercando quando, qualche giorno
dopo, si costituì Alfredo Gallo, proprio il 26enne ricercato con alle
spalle numerosi precedenti penali27 28. Nel febbraio 2005 iniziò il
processo per omicidio29 a carico di Gallo, il quale sembrava essere
estraneo alla banda dei pedofili, ma che si disse fosse stato assoldato
come sicario. La Cassazione ne confermerà l’ergastolo.
I FATTI. VOCI CONTRO
Per dovere della verità bisogna dire che i casi di abuso ai minori sono
sempre controversi. Ve ne sono, purtroppo, e tanti, troppi. A volte però
si deve rendere conto anche delle voci contro, fosse solo per completezza
di informazione.
Ne riportiamo 2 di quelle voci, ancora una volta voci di donne.
Giugno 1996, Biella: ad una psicologa viene affidata una perizia su un
minore che accusa il padre, la nonna e la zia di abuso30. È il caso di
cui si è raccontato solo qualche riga fa. La psicologa, Alessandra
Lancellotti, svolse scrupolosamente il suo lavoro, frequentando e
interrogando quella famiglia accusata del peggiore dei crimini. Si era
convinta della falsità delle accuse, sostenendo il profondo plagio subito
dal bimbo ad opera della madre. La sua perizia non fu accolta in quanto
la testimonianza del piccolo sembrò sufficiente. Lo sfogo della psicologa
fu pesante: “quella famiglia era innocente. Lo so, lo giuro” affermò; e
ancora: “Quel bambino è un bugiardo. E pensare che all’inizio avevo
fiducia nella giustizia”. Accuse pesanti certo, altrettanto di quelle
della madre del bambino. Non è dato a noi sapere quale sia la verità. Gli
interrogativi però in certi casi, solo in certi, resta.
Così come resta la disperazione di una donna accusata di abuso sulla
propria figlia.
Settembre 1997, Mirandola. Franca si è uccisa, non potendo sopportare
l’accusa di aver venduto la propria figlia di 8 anni a un giro di
pedofili31. Aveva 44 anni quando si è gettata dal suo appartamento al
quinto piano dopo aver lasciato un biglietto nel quale aveva scritto Io
sono innocente. L’accusa era tremenda, aver venduto la propria figlia a
una rete di pedofili che l’avrebbe costretta a subire violenze nel corso
di riti satanici. Era stata arrestata per questo e poi le erano stati
concessi gli arresti domiciliari. Giovedì 25 settembre aveva acceso la
televisione, ed aveva ascoltato proprio del suo caso, di come una perizia
medica avesse riscontrato nella sua bambina gravi danni psicologici, seri
danni all’apparato genitale, tali da compromettere la futura vita
sessuale della bambina e anche un’eventuale maternità”. È stato troppo
per lei.
Nemmeno in questo caso spetta a noi dire cosa sia successo davvero.
Quello che possiamo fare è solo rendere testimonianza di ogni voce di
queste donne.
27 La Repubblica, 30 marzo 2004 “Si è arreso il presunto killer della donna che denunciò i pedofili”
28 www.associazionemeter.it/gfx/Pdf/2004%20marzo%2028.pdf
29 La Repubblica, 18 febbraio 2005 pagina 1 “Torre Annunziata si fa imporre il silenzio”, Antonio Corbo
30 Il Corriere della Sera, 7 giugno 1996 pagina 7 “Tutte bugie, la famiglia non aveva colpe”, Stefano Montefiori
31 Il Corriere della Sera, 30 settembre 1997 pagina 15 “Non ho venduto mia figlia: si uccide”, Luigi Offeddu
Bibliografia
- DSM-IV-TR Criteri Diagnostici, Masson 2006
- Il Corriere della Sera, 20 giugno 1997 pagina 17, “Pedofilia,
quando l’aguzzino è femmina”
- La Repubblica, 18 agosto 2001 pagina 13 “Tra i mostri ci sono anche
molte donne”
- La Stampa, 20 agosto 2002 pagina 12 “Relazione del Ministero del
Welfare sulla pedofilia al femminile”
- La Stampa, 15 dicembre 2004 pagina 6 “Le nuove rotte dei
viaggiatori a luci rosse” Marco Neirotti
- Il Corriere della Sera, 4 ottobre 1995 pagina 49 “Non denunciò il
marito che violentava la figlia. Arrestata”
- Il Tempo, 19 febbraio 2008 “Agrigento, il pizzaiolo confessa. Per
la mamma della bimba non c’è violenza”
- La Repubblica, 5 gennaio 1988 “Madre fa arrestare figlio: voleva
violentare sua sorella”
- La repubblica, 10 novembre 2007 pagina 6 “Il bambino conferma gli
abusi: è successo in camera da letto”
- Il Corriere della Sera, 5 luglio 1995 pagina 11 “Armato stuprava la
figlia”, Biondani
- La Repubblica, 16 febbraio 2005 pagina 6 “Denuncia la moglie per
pedofila”, Cristina Zagaria
- Il Corriere della Sera, 20 agosto 1994 pagina 12 “Mamma in carcere,
abusava dei 3 figli maschi”, Fulvio Bufi
- Il Corriere della Sera, 30 settembre 1996 “Madre in carcere,
vendeva i bambini ai pedofili”, Gino Zasso
- Il Corriere della Sera, 23 novembre 1997 pagina 15 “Fanno
prostituire la figlioletta, le nonne la salvano”, Alfio Sciacca
- Il Corriere della Sera, 5 giugno 1995 pagina 11 “La nonna ci
violenta”, Mario Pisano
- Il Corriere della Sera, 18 febbraio 2004 pagina 18 “Due bambini
molestati da baby-sitter con laurea e master”
- La Repubblica, 20 giugno 2006 pagina 25 “Suora arrestata per abuso
su minori”
- Il Corriere della Sera, 8 aprile 1995 pagina 48 “Chiuse le prime
inchieste avviate dalla squadra investigativa femminile istituita
dalla Procura”, Giusi Fasano
- La Repubblica, 26 novembre 1997 pagina 3 “Così diamo la caccia agli
adescatori”
- Il Corriere della Sera, 8 marzo 2000 pagina 47 “Gli 007
dell’informatica”, Alberto Berticelli
- La Repubblica, 2 giugno 2006 pagina 7 “Gli investigatori del sesso
tra pedofili stupri e privè”
- Il Messaggero, 4 dicembre 2008 “Cacciatrice di siti
pedopornografici condannata per possesso materiale”
- Il Tempo, 28 marzo 2004 “Smascherò una banda di pedofili, uccisa”
- La Repubblica, 30 marzo 2004 “Si è arreso il presunto killer della
donna che denunciò i pedofili”
- Il Corriere della Sera, 14 dicembre 1997 pagina 19 “I bambini
violentati a scuola. A giudizio la banda di pedofili”, Fulvio Bufi
- Il Corriere della Sera, 7 giugno 1996 pagina 7 “Tutte bugie, la
famiglia non aveva colpe”, Stefano Montefiori
- Il Corriere della Sera, 30 settembre 1997 pagina 15 “Non ho venduto
mia figlia: si uccide”, Luigi Offeddu
- La Repubblica, 18 febbraio 2005 pagina 1 “Torre Annunziata si fa
imporre il silenzio”, Antonio Corbo
Sitografia
- http://ricerca.repubblica.it/repubblica
- http://ricerca.iltempo.ilsole24ore.com/?ricerca_libera
- http://archiviostorico.corriere.it/searchresultsArchivio.jsp
- http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_quer
y.jsp?repost=1
- http://www.psicoterapie.org/333.htm
- http://dweb.repubblica.it/dweb/2007/05/19/attualita/attualita/065in
c54965.html
- http://digilander.libero.it/rivista.criminale/tesine/pedofilia_femm
inile.pdf Pedofilia al femminile: analisi del fenomeno, Savinia
Fruet
- http://www.eurospe.org/patient/Italian/average/Pub.e%20GHDmedia.
pdf
- http://www.ospedalebambinogesu.it/portale2008/Default.aspx?idon=143
8
- http://www.associazionemeter.it/gfx/Pdf/2004%20marzo%2028.pdf
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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #6 il: Agosto 25, 2013, 17:45:34 pm »
http://www.atlasorbis.it/primo-piano/160-donne-pedofile-un-fenomeno-quasi-nascosto.html

Citazione
Donne pedofile… un fenomeno quasi nascosto

Sulla pedofilia femminile si sa poco ed è stato scritto ancora meno, questo però non vuol dire che non esiste. E’ un fenomeno rilevante e tendenzialmente nascosto o mitigato dal comune sentire, poiché di per sé è connaturato da aspetti ancor più aberranti rispetto all’orco stereotipato dell’uomo di bassa estrazione sociale e culturale che, spesso affetto da gravi patologie, abusa di un minore. Normalmente lo stereotipo e la generalizzazione fatta su un gruppo di individui, in tal caso quello dei sex offender, porta ad attribuire caratteristiche identiche a tutti coloro i quali rientrano a far parte di questa categoria, senza però tenere conto delle variazioni che intercorrono tra di essi. Questo atteggiamento induce ognuno di noi a credere che la pedofilia sia una peculiarità del sesso maschile, forse perché appare inconcepibile che una donna, che per un naturale istinto materno dovrebbe proteggere il proprio figlio/a, si trovi invece ad abusare quando non a porre fine ad una vita che, per nove mesi, ha nutrito e protetto nel proprio grembo materno. Appare impossibile ma purtroppo, in molti casi, la pura e semplice espressione d’amore, di cura o di educazione, assume un significato negativo perché ammantata da sentimenti ostili e aggressivi, da un odio erotizzato, che profana irrimediabilmente la vita di ogni bambino abusato dalla propria madre. Ancor prima dell’individuazione delle cause della pedofilia femminile e delle sue peculiarità, è opportuno soffermarsi sulla considerazione di un fenomeno sociale allarmante, soprattutto sulla reticenza a considerarlo come tale, sulla ritrosia a svelare l’abuso quando è commesso da una donna, sulle attenuanti gratuite che vengono concesse a tutte quelle donne che per denaro cedono il proprio figlio a chi poi ne abuserà, o peggio ancora sul silenzio, la complicità di una donna che nasconde a tutti e a se stessa, la violenza fatta ad un bambino. Di fronte alla violenza posta in essere da una donna si rimane interdetti e come spesso accade si rinvia alla follia l’arduo compito di spiegare una simile azione deviante. Non bisogna certo dimenticare che, a volte, dietro ogni violenza agita si nascondono storie di abusi subiti nel silenzio e nella disperazione di chi non può reagire, storie di persone che vorrebbero spezzare quel silenzio, storie di donne che da vittime diventano carnefici, proprio perché gli è stata negata la possibilità di vivere serenamente la loro infanzia. La pedofilia femminile, rimane ancora oggi un grande tabù socio-culturale, difficile da eliminare, non solo per la negazione a priori di tale fenomeno, ma soprattutto perché sorretto da una sofferenza devastante e dal grande senso di vergogna delle vittime che li spinge a non denunciare e a chiedere aiuto. Infatti, in relazione a tale fenomeno il numero oscuro tende ad essere sempre più ampio e questo non fa che peggiorare le cose. La percezione sociale eleva le donne a soggetti “sessualmente inoffensive”, “dotate di un particolare ed innato istinto di protezione” che le fa apparire vittime di abusi anziché abusanti. Che dire invece quando l’abusante è proprio la madre? Di solito quando si parla di violenze in famiglia, nella maggior parte dei casi è sempre l’uomo ad essere il colpevole, lei invece rimane pur sempre la regina del focolare! Eppure le statistiche presentate dal Telefono Azzurro, per esempio, ci dicono che solo negli ultimi anni in Italia i casi di abusi sessuali commessi in famiglia da parte di donne sono saliti del 25-30%. E’ molto difficile tracciare un quadro completo ed esaustivo del fenomeno della pedofilia femminile, cosi come per gli uomini anche per le donne vengono fatte delle classificazioni al fine di circoscrivere, almeno da un punto di vista scientifico, il dilagare di una simile forma di devianza. Esattamente come succede per i pedofili uomini, le donne pedofile evadono dalla realtà ricercando altrove gli oggetti dei propri desideri. Tuttavia a scapito di quella maschile, la pedofilia femminile gode di una potente corazza protettiva che la allontana dal pericolo di essere riconosciuta e messa al bando. Tale corazza non solo è sorretta dalla società che depone a favore del ruolo della donna di madre amorosa, ma anche dal silenzio della vittima che non può certo capire l’aspetto malefico e perverso di ogni gesto d’affetto o d’amore che riceve. Verrebbe da chiedersi se abusare di un bambino o di una bambina, fosse diverso, o magari, limitandolo all’incesto, fosse più o meno grave. Comunque sia per un bambino che subisce violenze di vario genere, se il male viene fatto da un uomo o da una donna, o da entrambi, non c’è differenza alcuna.

La medesima classificazione psichiatrico-forense di pedofilia non fa distinzione tra uomo e donna, ma definisce pedofilo “chi, durante un periodo di almeno sei mesi, manifesti fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti, che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi. Specificare se attratto da maschi da femmine o da entrambi, e specificare se limitato all’incesto.”[1][1] In generale le cose che hanno in comune uomini e donne sono ben poche, anche nei crimini ci sono delle dinamiche e delle variabili che orientano le medesime azioni in maniera diversa. Innanzitutto è bene non pensare che alla base dei reati di pedofilia, indipendentemente dal sesso dell’autore, ci siano delle costanti ma è un reato che, fermo restando l’oggetto del desiderio sessuale, può avere diverse manifestazioni, che vanno dall’azione concreta nei confronti della vittima al traffico di materiale pedopornografico via  internet. In merito alla pedofilia femminile, al di là delle cause che prevalentemente la determinano, quali per esempio l’abbandono, la perdita, la separazione, o semplicemente la soddisfazione sessuale e l’appagamento materno, è necessario differenziare il contesto dell’azione messa in atto. La pedofilia femminile intrafamiliare, per esempio, è prevalentemente incestuosa ed è difficile da individuare proprio perché celata dietro al ruolo della madre onnipresente nella vita dei propri figli, specie nelle prime fasi della loro crescita. In questo contesto l’azione deviante non appare particolarmente violenta, ma viene orientata dalla madre incestuosa verso l’oggetto del proprio desiderio sessuale, attraverso pratiche affettuose consolidate. Dalle testimonianze stesse di alcuni pedofili, si evince che le loro madri continuavano a fargli il bagno fino all’età dell’adolescenza oppure, in assenza del padre, li spingevano, ormai adulti, a dormire nel letto matrimoniale.

Altri fattori che potrebbero concorrere a determinante l’incesto sono le varie situazioni di incomprensioni e di ostilità che si creano a livello coniugale con la conseguente incapacità ad avere rapporti sessuali normali e regolari con uomini adulti. Da questi disagi all’interno della famiglia, a volte, dipendono madri che vedono e che percepiscono l’abuso e non fanno nient’altro che tacere e con il loro silenzio sono orribilmente complici di veri e propri crimini. Madri che lasciano i loro figli nell’oblio del dolore e del terrore, quei figli che spesso sono la prosecuzione della loro vita ma anche del loro dolore e di quei traumi che a loro volta hanno subito.

Spesso basta il semplice timore di essere lasciate e abbandonate dal marito, specie se economicamente dipendenti, a renderle colpevoli dell’opera distruttiva iniziata dal coniuge. Tuttavia, per quanto la maggior parte degli abusi sessuali commessi da donne avvenga tra le mura domestiche, la spirale infernale delle violenze sui minori non si ferma certo qui. Esiste infatti la cosiddetta pedofilia femminile extrafamiliare, con connotazioni diverse rispetto a quella intrafamiliare. Innanzitutto la motivazione che spinge la pedofila a procacciare vittime è uno sfrenato senso di potere e di piacere nell’esercitarlo su adolescenti e bambini. Si presuppone che sia una donna di un’età compresa tra i 25/50 anni, socialmente inserita, prevalentemente single e con una certa disponibilità economica, il che le permette di essere itinerante e avviarsi verso le diverse rotte del turismo sessuale. Ma a differenza dei loro “colleghi” maschi, le pedofile non possono usufruire della copertura di una fitta rete di agganci che garantiscono i dovuti benefici. Seppur diverse le mete verso cui si orientano, nel loro aberrante viaggio toccano terre diverse e mietono innumerevoli vittime, si spostano dal Marocco, dove pare siano indirizzate le donne nordamericane, verso i Caraibi, il Kenya e per le destinazioni più lontane la Giamaica e il Brasile. Il tutto passando per l’Italia e l’Europa. Un fenomeno dilagante che non vede confini, ma che offre uno spaccato agghiacciante sulla sua reale espansione. Non importa conoscere le loro mete,  ci basta sapere che in qualsiasi angolo del mondo, ricco o povero che sia, evoluto o in via di espansione, ci sono bambini vittime di abusi privati del loro sacro diritto ad avere un infanzia e una vita. Il dolore e la paura che attanaglia le loro piccole vite li accompagneranno per sempre, ma la cosa più grave è che tutto questo verrà volontariamente riposto nel dimenticatoio della nostra coscienza sociale e morale, che induce a rifiutare e ad allontanare da noi questo mostro che potrebbe scuotere la nostra normalità. A questo punto volendo trarre delle conclusioni su cosa accomuna e/o differenzia il reato di pedofilia, si può affermare che in fondo c’è poco che differenzia gli autori, di sicuro la peculiarità del movente e del modus operandi, ma non nell’aver distrutto per sempre la vita di un bambino, il quale diventerà un adulto forse in grado di sopravvivere ad un simile orrore. La pedofilia esiste ed è un fenomeno trasversale, che non attecchisce solo in base all’appartenenza ad un ceto sociale, alla disponibilità economica, alla cultura o all’ignoranza, all’essere uomo o donna. Non è nemmeno genetica o innata, è solo volutamente messa da parte dalla coscienza collettiva, la quale continua ad essere succube dei propri mostri interni e, seguendo inerme uno sviluppo sociale e tecnologico inarrestabile, continua a perseguire ideali utopici.

Dott.ssa Margaret CICHELLO - Criminologa
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Re:Pedofilia femminile
« Risposta #7 il: Agosto 25, 2013, 17:50:48 pm »
http://www.bambinicoraggiosi.com/?q=node/176

Citazione
tratto da "I labirinti della pedofilia", di Gloria Persico

Le donne pedofile sono più rare degli uomini, spesso isolate o affette da qualche forma di squilibrio psichico. Come gli uomini, anche le donne possono creare notevoli disagi psicologici alle loro vittime. Quando una donna obbliga un bambino (o una bambina) a pratiche erotiche o sessuali, gli effetti possono essere devastanti, soprattutto se si tratta della madre. Per un figlio, infatti, la madre è la figura principale di attaccamento. Da lei si attende protezione e rispetto più che da qualsiasi altro adulto.
La dinamica dell'atto pedofilo nelle donne ha una particolare connotazione. Il più delle volte questo si verifica perché il loro compagno è un pedofilo e da lui vengono coinvolte; in verità il loro ruolo è quasi sempre marginale. Non è possibile dimenticare quanto avvenne in Belgio alcuni anni fa a Marcinelle. Il serial mostro che sequestrava, seviziava, violentava e uccideva ragazzine aveva una compagna che lo seguiva, l'aiutava, condividendo le sue imprese. Quando in atti delittuosi, quasi sempre di appartenenza maschile, è presente una donna, si può ipotizzare che è stato il legame col suo uomo ad attivare quella che è stata già individuata come prepedofilia.
Come già detto, mentre i pedofili spesso sono uomini che non mostrano segni psicopatologici, le donne pedofile, invece, mostrano spesso alti livelli di disturbo mentale. E ipotizzabile che solo un disturbo grave possa bypassare quell'istinto materno, in verità oggi un po' discusso, presente nella maggior parte delle donne.
La testimonianza che segue è un rarissimo esempio di pedofilia femminile. Il fatto è realmente accaduto nel 1996. Questa maestra cattiva è forse unica a fronte di tante insegnanti attente e amorose che hanno salvato tanti bambini comprendendo e facendo propria la loro infelicità. Attente, amorose e anche coraggiose perché prendere l'iniziativa di comunicare ai genitori, al preside ed ai servizi sociali quello che hanno scoperto richiede un grande coraggio.

La maestra cattiva

La mamma di Maria (4 anni), aveva notato che le mutandine di sua figlia spesso erano gialle, e non era pipì. La pediatra aveva affermato che si trattava dì una infezìone vaginale: aveva prescritto dei bagnoli e aveva consigliato di comprare alla bambina delle mutandine più chiuse e di impedirle di sedersi a terra.
Un giorno la mamma vede Maria armeggiare con un pennarello fra le gambe, dopo essersi abbassata le mutandine. La sgrida dicendole che fa male a fare quel gioco, perché certamente è stato causa delle sue mutandine sporche. Maria ribatte che quel gioco glielo ha insegnato la maestra e che quindi si può fare. La mamma impietrita non dice più una parola, ma si mette in contatto con le altre mamme, poiché i bambini in quella classe della materna sono soltanto dodici. Le mamme si riuniscono e si accordano sul modo migliore per interrogare i propri figli. La situazione viene ricostruita: la maestra accompagnava i bambini in bagno e "giocava " su di loro con pennarelli ed altri oggetti. La denuncia fu fatta alle forze dell'ordine dai genitori dei bambini che si costituirono, in un'unica istanza, parte civile.

Il caso della baby sìtter che abbiamo già presentato (a proposito del problema della differenza di età fra due minorenni), può essere considerato un caso di pedofilia femminile, poiché non è tanto l'età che definisce l'atto pedofilo, quanto il potere che il ruolo conferisce all'abusatore.
Si può rilevare, ancora una volta, anche se spiace riconoscerlo, che i molestatori dei bambini si ritrovano il più delle volte nella rosa delle persone che li accudiscono.
Quando le madri, qualche volta le nonne e le zie, vendono come merce sessuale le loro figlie e nipoti, il movente principale sembra essere l'avidità di denaro (non mai il bisogno) ed un loro passato di prostituzione. A mio avviso per un delitto così atroce, non può essere sufficiente la voglia di guadagno facile; forse c'è qualche altra motivazione, magari inconsapevole. Si potrebbe ipotizzare che si tratti di una proiezione sulla piccola, a risarcimento della perduta capacità di suscitare il desiderio degli uomini. Oppure, ipotesi ancora più audace, quella di un desiderio pedofilo o incestuoso che viene realizzato per vie traverse.

Le foto di famiglia

Il vecchio pensionato abitava al piano di sopra; era solo ed era considerato ricco dagli abitanti di quel quartiere degradato. Qualche volta scendeva a chiedere un limone o un uovo in prestito e si fermava a fare due chiacchiere principalmente con la nonna, ma non dimenticava mai un complimento alla madre ed una carezza a Maruzza, una ricciolina di nove anni. Un giorno propose un compenso per delle foto "artistiche " alla bambina. Poi propose delle foto che ritraessero 'Ve tre generazioni". Naturalmente nude, perché potessero risaltare i cambiamenti che la donna attraversa negli anni. Poi la bambina cominciò a salire sola ed i compensi cominciarono a crescere. La strategia era stata condotta assai bene. Dopo una denuncia anonima, una mattina i carabinieri bussarono alla porta del pensionato e trovarono le foto. Foto pornografiche della bambina. Chissà se l'aveva anche carezzata; la mamma e la nonna non lo denunciarono e furono loro ad essere condannate per sfruttamento della prostituzione minorile. Il pensionato ebbe gli arresti domiciliari.

Questo caso non è dei più gravi, trattandosi di un solo "uomo nero" e anche familiare perché abitava nello stesso palazzo. Purtroppo si sono verificati molti tremendi casi '1otocopia" nei quali le bambine, spesso sorelline, accompagnate dalla madre, dalla quale, ripetiamo, ci si aspetta protezione e aiuto, venivano fatte incontrare con più uomini nella stessa giornata, o con più uomini contemporaneamente. Inoltre, quando una madre oltre che vendere le proprie figlie, partecipa con loro ai festini, a tale presenza voyeristica si può dare una valenza incestuosa.
Per quel che riguarda l'incesto, la madre incestuosa esiste anche se è difficile scoprirla: spesso usa forme che vengono camuffate dagli abituali gesti di accudimento. Nell'anamnesi di pazienti maschi, molto spesso emergono madri che continuano a fare il bagno a figli adolescenti; madri che accettano o inducono, quando non c'è il padre, il figlio ormai adulto a dormire nel letto matrimoniale. Come esiste l'abuso del padre sul figlio maschio, anche se meno frequente che sulla figlia femmina, esiste anche rarissimo quello della madre sulla figlia femmina. Le madri tuttavia diventano incestuose quando partecipano all'iniziativa di altri familiari, come si può leggere nelle due testimonianze che seguono.
Nel 1995 accadde un caso terrificante che fa dolore ricordare. Una intera famiglia si accadi sull'unico bambino rimasto di tre generazioni. Il caso sollevò l'opinione pubblica: sconcerto, scandalo, morbosità. Sia chiaro che la divulgazione di queste notizie può essere utile solo se serve ad acquisire la consapevolezza che esistono tali orrori altrimenti impensabili. Solo in forza di questa consapevolezza, è possibile accorgersi che in una famiglia o in un bambino c'è qualcosa di strano. Se si ha timore a rivolgersi alla polizia, rimanendo nell'anonimato, ci si può rivolgere ai servizi sociali che si incaricheranno di verificare se il fatto è reale o se i sospetti sono infondati.

Il capro espiatorio

Avevano abusato di quel bambino miracolosamente salvato (quanto e quando potrà essere recuperato?) i nonni, la madre e il suo convivente e altri parenti meno stretti. La tragedia di Michelino ha le radici nei bisnonni che avevano abusato dei suoi nonni, che di certo avevano abusato dei loro figli.
Basta, fa più orrore delle gesta dei pedofili serial killer e seviziatori! Va solo ricordato che era una famiglia di professionisti, gente per bene, solo molto isolata e senza frequentazione di amici.

Il racconto di una maestra

La quinta elementare nella quale insegnavo dalla terza classe, era formata da scolari simpatici, intelligenti che amavo molto, anche se facevo fatica a contenere la loro vivacità.
All'inizio dell'anno arrivò una bambina ripetente di dodici anni compiuti. Pensai che fosse malata o per qualche ragione sofferente: era magra, la pelle del viso trasparente, le occhiaie scure, i capelli smorti, le spalle piegate. In classe non parlava con nessuno, sembrava attenta, ma presto mi accorsi che spesso guardava nel vuoto. Negli scritti andava molto bene, ma quando era interrogata le parole le uscivano a stento e un improvviso tic le faceva sbattere l'occhio destro. Comunque arrivava ad una stentata sufficienza. Per cercare di capire cosa avesse, le feci qualche domanda sulla famiglia, ma quando pronunziai la parola "fratelli ", si presentò il tic che aumentò ancora di più alla parola "genitori ".
Attraverso la segreteria chiesi un colloquio con i genitori che non si presentarono mai. L'ultimo giorno di scuola prima di Carnevale, ci fu una piccola festa in classe: Serena non solo non partecipava, ma non voleva né mangiare né bere. I ragazzi, scherzando oltre misura, si sporcavano l'un l'altro la faccia con la panna e, forse per coinvolgerla, sporcarono anche lei. A quel punto la ragazzina iniziò a vomitare. Chiamata la bidella, l'accompagnai nei bagni per aiutarla a lavarsi, ma anche perché speravo che mi confidasse qualcosa. Infatti mi buttò le braccia al collo, singhiozzando. Da quando aveva sei anni, padre, fratelli e cugini abusavano di lei, e, orrore, a volte partecipava anche la mamma invece di difenderla! Perciò i suoi grandi occhi scuri, offuscati da sei anni di patimenti inauditi, avevano perduto ogni espressività. Nemmeno il dolore riuscivano ad esprimere, quegli occhi, dove si era spenta ogni speranza.
Ma finalmente aveva parlato, rendendosi conto che una piccola luce si era accesa, ed io ero certa che l'avrei accompagnata nel faticoso cammino.

Fonte Aquilone blu onlus
Vnd [nick collettivo].