Autore Topic: Pensioni greche  (Letto 4268 volte)

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Offline ilmarmocchio

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Re:Pensioni greche
« Risposta #15 il: Gennaio 10, 2017, 09:50:03 am »
Questo mio commento sarà molto crudo e molti mi criticheranno e li capisco,però mi sento in dovere di farlo.
Ha ragione l'articolo,le pensioni purtroppo ora come ora sono deleterie e lo saranno anche in futuro perchè "purtroppo" la durata della vita è aumentata di molto perchè la scienza è avanzata,si muore di meno per le malattie mentre prima la gente moriva prima e cosi le pensioni duravano di meno.
Un altro fattore negativo dell'allungamento della vita è il fatto che la gente deve andare in pensione dopo e questo è un blocco per il mercato del lavoro,perchè dato che quei posti tardano ad essere liberati i giovani tardano anch'essi ad entrare nel mondo del lavoro.
La mia soluzione ideale purtroppo è drastica:ridurre la vita delle persona tassando fortemente la sanità per gli over[una età x],facendoli però andare in pensione prima e con una pensione leggermente più alta.E' una soluzione drastica e disumana da un certo punto di vista,però cosi facendo si permette a più giovani di iniziare a lavorare prima e a vivere prima.
So che è una soluzione drastica e da un certo punto di vista disumana però quali altre soluzioni abbiamo?I privilegi dei poteri forti sono inattaccabili perchè hanno loro in mano il potere e dietro ci sono lobby delle banche e sono tutti attaccati alla poltrona e non c'è nessuno disposto a una rivoluzione armata,perchè come disse mio nonno"fino a quando dai loro il pane e un tetto non verranno a protestare",quindi le uniche soluzioni attuabili sono quelle sui deboli,ovvero il popolo e per me bisognerebbe sacrificare chi ha già vissuto la sua vita,non chi ancora non ha iniziato a viverla!
So che verò criticato per questa mia idea dato che molti di voi sono vicini all'eta della pensione,ma spero capiate e vediate la situazione da un punto di vista oggettivo.

una soluzione diversa c'è : si fanno nascere meno bambini.
Tanto, lavorano tardi , quindi neanche pagano i contributi.
Con l'automazione i vecchi devono faticare di meno e possono lavorare più a lungo. :w00t:

Offline Vicus

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Re:Pensioni greche
« Risposta #16 il: Gennaio 10, 2017, 10:24:05 am »
Alla denatalità ci han già pensato, le future soluzioni verteranno piuttosto sui vecchi.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline ilmarmocchio

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Re:Pensioni greche
« Risposta #17 il: Gennaio 10, 2017, 10:44:25 am »
Alla denatalità ci han già pensato, le future soluzioni verteranno piuttosto sui vecchi.

faremo la fine del pianeta Solaria, nel ciclo asimoviano dei robot :cry:

Offline Reanimator

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Re:Pensioni greche
« Risposta #18 il: Gennaio 10, 2017, 11:06:02 am »
Come ha detto Vicus alla denatalita ci hanno gia' pensato,pra devono ridurre i vecchi,che scusate il termine,sono parassiti e purtroppo le scorte di sangue sono poche.

Offline ilmarmocchio

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Re:Pensioni greche
« Risposta #19 il: Gennaio 10, 2017, 13:28:37 pm »
Come ha detto Vicus alla denatalita ci hanno gia' pensato,pra devono ridurre i vecchi,che scusate il termine,sono parassiti e purtroppo le scorte di sangue sono poche.

 i vecchi votano.
I giovani si possono importare dall' Africa.
Costano meno

Offline Vicus

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Re:Pensioni greche
« Risposta #20 il: Gennaio 10, 2017, 14:14:40 pm »
Con i governi nominati dall'alto è una ragione in più per sbarazzarsene, il voto è diventato scomodo.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Sardus_Pater

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Re:Pensioni greche
« Risposta #21 il: Gennaio 10, 2017, 16:38:34 pm »
Mi viene la tristezza leggendo questo thread. Personalmente, lavorando poco e (in pratica) in nero, la pensione non la vedrò nemmeno col binoccolo :cry: .
Il femminismo è l'oppio delle donne.

Offline ilmarmocchio

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Re:Pensioni greche
« Risposta #22 il: Gennaio 11, 2017, 09:44:08 am »
Io ho risposto in modo paradossale, estremizzando una tendenza che è in atto .
I vecchi sono vezzeggiati, possono spendere e votano.
Tant' è che che oggi sono spesso maleducati, arroganti e pretendono tutto.
Distruggerebbero l' universo in nome dei loro catarri, osteoporosi, ecc.
però, i giovani sono molli, non hanno idee e se la strada non se la fanno loro, la vedo dura.
Continuano a seguire ideologie defunte, il mito dei diritti per tutti ( e doveri per nessuno ) , l'uguaglianza e amenità varie.
Intanto cominciassero a pretendere che certe pensioni esagerate sono da tagliare, alla faccia dei diritti acquisiti.
Un 90enne non dovrebbe prendere in nessun caso più di 3000 € , altro che Napolitano, Ciampi, cazzatori, ecc

Offline Vicus

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Re:Pensioni greche
« Risposta #23 il: Gennaio 11, 2017, 09:57:30 am »
I vecchi sono vezzeggiati, possono spendere e votano.
Eccome possono spendere: costretti a vivere in Paesi meno cari come Portogallo, Sudamerica e Asia
« Ultima modifica: Gennaio 11, 2017, 12:24:43 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Reanimator

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Re:Pensioni greche
« Risposta #24 il: Gennaio 11, 2017, 11:20:37 am »
i vecchi votano.
I giovani si possono importare dall' Africa.
Costano meno
I giovani africani non hanno il grado di istruzione necessaria per entrare nel mondo del lavoro italiano e in ogni caso non ci sono posti di lavoro per loro,quando a malapena ce ne sono per i giovani italiani.

Online Frank

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Re:Pensioni greche
« Risposta #25 il: Gennaio 11, 2017, 19:19:09 pm »
Comunque va pure evidenziato che la realtà italiana è molto variegata, per così dire, poiché ci sono regioni che somigliano molto di più alla Germania che all'Italia...

http://www.lastampa.it/2015/04/13/economia/disoccupati-italia-divisa-tra-inferno-e-paradiso-sK9uOgItigRodzOzHGrnMP/pagina.html
Citazione
Disoccupati, Italia divisa tra inferno e paradiso

Pubblicato il 13/04/2015
Ultima modifica il 13/04/2015 alle ore 07:58

Il tasso dei senza-impiego a Bolzano è più basso che in Germania. Bene anche Veneto ed Emilia, ma nel Sud siamo come Grecia e Spagna

Paolo Baroni
ROMA

Se la Provincia di Bolzano fosse uno Stato, in Europa sarebbe quello con la disoccupazione più bassa: appena 4,4% nel 2014 contro il 5% della Germania. E anche il resto del Nord Est si piazzerebbe nella zona di testa della classifica continentale, col Veneto appaiato all’Olanda, il Friuli che tallona la Svezia, Lombardia ed Emilia Romagna che fanno meglio di Belgio, Finlandia, Polonia e che assieme a Marche e Toscana superano pure la Francia. Mentre Piemonte e Liguria battono Irlanda, Slovacchia e Croazia, alla faccia della delocalizzazione e della bassa pressione fiscale. 

Mezzogiorni d’Europa 

Il problema è che oltre al vertice della classifica, purtroppo, dominiamo anche in coda: le nostre regioni meridionali, Puglia, Campania, Sicilia e Calabria, tutte abbondantemente sopra la quota drammatica del 20% di senza lavoro, vengono infatti superate solamente da Spagna (24,5) e Grecia (26,5). Una situazione che lo scorso anno si è addirittura aggravata, visto che nel 2014 il tasso di disoccupazione è sceso di 1 punto in Grecia e di 1,6 punti in Spagna, mentre nel Mezzogiorno è salito di un altro punto: +0,3 in Campania, +1,2 in Sicilia e Calabria e addirittura +1,7 in Puglia. 

Sono i «paradossi della disoccupazione», come li definisce una ricerca dell’Ufficio studi della Confartigianato che ha incrociato gli ultimi dati Istat ed Eurostat, e che La Stampa è in grado di anticipare. Se osserviamo i due versanti opposti del ranking e consideriamo anche i dati provinciali, vediamo poi che oltre a Bolzano, che tra le altre condizioni beneficia di una quota di dipendenti pubblici ben superiore alla media (ben 50mila occupati su 192mila), anche Verona ha un tasso di disoccupazione (4,9%) inferiore a quello della Germania, e Cuneo (5,3%) lo ha inferiore a quello dell’Austria, mentre si registrano condizioni del mercato del lavoro peggiori di quelle della Grecia a Crotone (disoccupazione al 27,2%), Cosenza (27,8%) e nel Medio Campidano (27,9%).

Una risalita difficile 

Risalire la china non sarà facile. Il governo nel suo ultimo Def prevede che quest’anno il tasso di disoccupazione scenda in maniera molto contenuta, dal 12,7 del 2014 al 12,3 per toccare l’11,7 nel 2016, l’11,2 nel 2017, il 10,9 nel 2018 ed il 10,5 nel 2019 comprendendo in queste stime anche l’effetto delle tante misure di sostegno varate negli ultimi tempi col Jobs act che valgono 0,1 punti di disoccupazione in meno nel 2016, 0,2 punti nel 2017-2018 e mezzo punto l’anno seguente. Strada in salita insomma, ancora per molto. Nonostante i venti di ripresa. La stessa Confartigianato, del resto, spiega che anche alla luce dei dati dei primi due mesi del 2015 il recupero del mercato del lavoro appare ancora debole: tra il picco pre-crisi (aprile 2008) e il picco negativo di settembre 2013 si è registrata una perdita di 1.098.000 di occupati (-4,7%), con una velocità di caduta di 17.000 occupati al mese, mentre la successiva fase di risalita ha registrato una crescita di 143.000 occupati (+0,6%), con una velocità però dimezzata (+8.000 occupati/mese). Complessivamente dal 2008 a oggi gli occupati sono così scesi di 954.000 unità (-4,1%). Mentre lo spread con l’Europa a fine 2014 ha toccato il massimo storico di 1,7 punti (1,4% a febbraio 2015). 

Il divario Nord/Sud 

Dal 2012 il divario Nord/Sud non ha fatto che aggravarsi: in particolare tra il 2008 e il 2012 si è registrato un calo dell’occupazione in entrambe le aree del Paese. Nel complesso due cicli ravvicinati di recessione hanno ridotto gli occupati nel Mezzogiorno di 520.000 unità (-8,2%), oltre due volte e mezzo il calo di 193.000 unità (-1,2%) registrato nel Centro Nord. Il 2014 ha comunque fatto segnare un miglioramento generalizzato: il Centro Nord ha invertito il segno passando dal -0,6% del 2013 a +0,7% e il Mezzogiorno è passato da -4 a -1 per cento. La crescita più intensa si è registrata nel Lazio (+3,4%), quindi in Basilicata e il Molise (+2,1) e nelle Marche (+1,6). All’opposto le maggiori criticità hanno riguardato Abruzzo (-2), Puglia (-1,3) e Campania (-1,2%). 

Bene la manifattura 

Il settore manifatturiero ha dato segnali di recupero in quasi tutte le regioni, eccetto Liguria, Friuli, Lazio e Sardegna. Le costruzioni continuano a far segnare ovunque i dati peggiori, i servizi crescono a macchia di leopardo (bene in Veneto, Friuli, Marche, Lazio, Puglia e Calabria, male in Piemonte e Campania). E sono anche queste dinamiche a spiegare come in un colpo solo, nella classifica dei senza lavoro, riusciamo a conquistare sia il Paradiso che l’Inferno. 




http://www.cgiamestre.com/articoli/23924
Citazione
Nel 2016 Veneto e Nordest consolidano la ripresa

“Grazie al deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, ai prezzi dei prodotti petroliferi in caduta libera e ai tassi di interesse prossimi allo zero, si va consolidando la ripresa economica sia nel Veneto sia nel Nordest, anche se speravamo in una crescita economica più vigorosa che, comunque, sarà superiore  al dato medio nazionale”.

A sostenerlo è il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo che, grazie ai dati messi a disposizione dall’Istat e da Prometeia, ha commentato le previsioni di crescita  per l’anno appena iniziato rispetto ai principali indicatori economici  del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano.

“Quest’anno la crescita del Pil del Nordest dovrebbe attestarsi attorno all’1,3 per cento – prosegue Zabeo –   0,4 punti in più rispetto al 2015. Se negli anni scorsi è stato l’export a segnare un trend sorprendentemente positivo, quest’anno si aggiungono buone notizie dal mercato del lavoro. Sia in Veneto sia in Friuli Venezia Giulia il tasso di disoccupazione medio annuo dovrebbe scendere di quasi un punto, attestandosi rispettivamente al 5,7  e al 7,8 per cento.  A seguito della ripresa dei consumi interni, degli investimenti e al buon andamento del settore manifatturiero – in particolar modo dei macchinari, dell’occhialeria, della gomma/plastica e dell’alimentare nel Veneto e del settore del legno/mobile e dei metalli in Friuli – la crisi sembra essere solo un brutto ricordo, anche se molti problemi rimangono ancora sul tappeto. La situazione del credito, i tempi di pagamento, il peso delle tasse e l’eccessiva burocrazia continuano ad ostacolare il lavoro di chi fa impresa”.

La CGIA, inoltre, prende posizione anche sulla difficile situazione che stanno vivendo le banche popolari venete.

Il Segretario Renato Mason dichiara:

“Le forti accelerazioni normative imposte in questi ultimi anni sia dalla Bce sia dalla politica nazionale rischiano di non consentire al nostro sistema bancario di metabolizzare questi cambiamenti. La decisione di trasformare le popolari in Spa e successivamente di quotarle in borsa richiederebbe più tempo. In una fase in cui l’economia e anche i mercati finanziari non tirano, queste decisioni andrebbero calibrate meglio, altrimenti rischiamo di snaturare un sistema che, nonostante i problemi emersi in questi ultimi mesi,   rimane centrale per la crescita economica della nostra regione”.

Ancorché prudenziali, di seguito vengono illustrati i trend di alcuni indicatori economici relativi al Nordest.

Per quanto concerne il Pil, il tasso di crescita dovrebbe attestarsi attorno all’1,3 per cento: dopo gli 8,6 punti percentuali persi dall’inizio della crisi fino al 2014, nel 2016 si rafforza  così l’inversione di tendenza iniziata l’anno scorso (+0,9 per cento rispetto al 2014). Se in Veneto e in Friuli l’incremento di quest’anno dovrebbe essere dell’1,3 per cento, in Trentino Alto Adige dovrebbe toccare l’1,1 per cento. La crescita del Pil nazionale, invece,  potrebbe fermarsi all’1,2 per cento.

I consumi delle famiglie sono destinati a crescere dell’ 1,4 per cento. Se a Trento e Bolzano l’incremento sarà più robusto (1,4 per cento), nel Veneto e in Friuli Venezia Giulia la variazione dovrebbe  attestarsi all’ 1,3 per cento.  Anche in questo caso il dato medio del Triveneto sarà superiore a quello nazionale (+1,2 per cento).

Gli  investimenti tornano a risalire. Dopo aver perso 23,5 punti percentuali dall’inizio della crisi al 2013 (dati Istat) e altri 3 punti percentuali nel 2014 (stime), nel 2016 la variazione di crescita sarà del 3,1 per cento, un dato migliore rispetto alla prima inversione di tendenza registrata nel 2015 (+1,3 per cento). Se in Trentino Alto Adige sarà del 3,5 per cento, in Veneto raggiungeremo il 3 per cento e in Friuli Venezia Giulia il 2,9 per cento. In Italia questo indicatore crescerà meno (2,4 per cento).

La variabile che ha superato da tempo la fase più critica è l’export: dopo il + 3,3 per cento del 2014 e il  +6,9 per cento del 2015 – con una punta del 7,3 per cento in Friuli, del 7,2 per cento a Bolzano e del 7 per cento nel Veneto – nel 2016 le vendite all’estero dovrebbero subire una leggera frenata.  A seguito delle situazioni di crisi presenti in molte parti del mondo, la crescita potrebbe attestarsi al di sotto del 4 per cento, con una punta del 5,7 per cento nella Provincia Autonoma di Trento.

Come dicevamo più sopra, il tasso di disoccupazione dovrebbe riservarci delle sorprese positive.  Se a Nordest il tasso di disoccupazione è destinato a scendere al 5,9 per cento, a Bolzano si attesterà al 4,3 per cento (4,8 nel 2015), nel Veneto al 5,7 per cento (6,5 l’anno scorso) e a Trento al 5,8 per cento (0,7 punti percentuali in meno rispetto al 2015). In termini assoluti coloro che quest’anno si troveranno senza lavoro scenderanno a  quota 194.500. Se a Bolzano i senza lavoro saranno 11.300, a Trento ne conteremo 14.500, mentre in Friuli Venezia Giulia i disoccupati saranno 42.200. In Veneto, infine, le persone in cerca di lavoro scenderanno a quota 126.500, contro le 144.600 contate l’anno scorso.

Online Frank

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Re:Pensioni greche
« Risposta #26 il: Gennaio 11, 2017, 20:24:05 pm »
http://www.gdc.ancitel.it/occupazione-bolzano-al-top-vibo-e-maglia-nera/

Citazione
Mercoledì, 11 Gennaio 2017
Occupazione: Bolzano al top, Vibo è maglia nera
Lavoro 10 gennaio 2017, di sd

Nella classifica dei consulenti del lavoro in Alto Adige il tasso degli occupati supera il 71%, lo stesso di Bologna, prima tra le città, mentre Napoli (36%) è ultima

Tra la città di Bolzano e quella di Vibo Valentia intercorre una distanza considerevole, che non chiama in causa soltanto i chilometri, ma anche i punti percentuale dei rispettivi tassi di occupazione. Vibo Valentia è la provincia italiana con il tasso di occupazione più basso (appena il 35,8% nella fascia tra i 15 e i 64 anni) mentre Bolzano si conferma quella con il tasso più alto (71,4%); Prato la provincia con la percentuale più alta di residenti immigrati (20%) mentre Crotone registra il più alto tasso di disoccupazione in generale (32,2%, quasi il triplo della media italiana) e Cosenza il più alto per la disoccupazione giovanile femminile (84,4%).

La rilevazione della Fondazione studi ha preso il via dallo screening dei dati sul lavoro forniti dall’Istat nel 2015, snudando – come già accennato – l’arretratezza di un Mezzogiorno che arranca in maniera evidente.

I dati contenuti nel ‘primo rapporto sulle dinamiche del mercato del lavoro nelle province e nelle grandi città italiane’ dell’osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro confermano dunque il divario tra il Nord e il Sud del Paese . Se si guarda alle grandi città il comune che ha il tasso di occupazione più alto è Bologna con il 70,9% mentre Napoli ha la maglia nera con solo il 36,2% delle persone tra i 15 e i 64 anni che ha un lavoro.

L’Osservatorio ha elaborato un indice sintetico di efficienza del mercato del lavoro (affiancando al tasso di occupazione anche il tasso di non neet, il rapporto tra i tassi di occupazione di uomini e donne, la quota di occupati con alte qualificazioni e la quota dei contratti standard) che vede al top della classifica la provincia di Milano, seguita da Bologna, Trieste e Monza-Brianza (Bolzano è quinta).

In fondo alla classifica c’è Agrigento (solo il 27,9% degli occupati ha alte qualificazioni e la metà degli impieghi totali non è standard), preceduta da Barletta-Andria-Trani e Crotone. L’Osservatorio fa anche un focus sul lavoro immigrato nelle grandi città sottolineando come il tasso d’occupazione degli stranieri (66,6%) sia mediamente (nei 13 grandi comuni considerati) superiore di 9 punti percentuali rispetto a quello degli italiani (57,4%).

Il divario è particolarmente rilevante a Napoli con un tasso di occupazione degli stranieri (58,3%) di quasi 24 punti superiore a quello degli italiani nel comune (34,8%), a Bari (72,1% contro 46,7% degli italiani), a Palermo (64,6% contro il 39,9% degli italiani) e a Catania (68,1% contro 39,4%).

A Milano dove i tassi di occupazione si equivalgono quasi (69,4% tra gli italiani, 72,9% gli immigrati) i lavoratori stranieri sfiorano un quarto del totale (24,6%) mentre a Verona superano il 20%. Il livello d’istruzione degli occupati italiani, nel confronto europeo, è molto basso: quasi un terzo ha conseguito al massimo la licenza media (31,8%; 17,8% nella media EU-28), ma con quote drammatiche nel Mezzogiorno e in particolare nella provincia Nuoro dove più della metà dei lavoratori non ha completato la scuola dell’obbligo (55,1%).

Solo il 21% degli occupati è laureato (33,4% nella media europea): la quota più elevata si registra nella provincia Roma (29,9%), anche per la presenza numerosa di dipendenti pubblici, seguita da Milano (28,7%), quella più bassa nelle province di Sondrio (11,6%) e di Medio Campidano (12,5%).

Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia (40,3%), rileva ancora l’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, è pari al doppio di quello della media europea (20,3%, 7,2% in Germania), ma presenta differenze drammatiche tra le province: se in quella di Medio Campidano due terzi dei 15-24enni attivi non hanno trovato un’occupazione (74,7%), in quella di Bolzano si trova in questa condizione solo l’11,9% dei giovani, con una differenza tra i due tassi di 63 punti percentuali.

Il risultato eccezionale della provincia di Bolzano è dovuto principalmente alla larga diffusione dell’apprendistato duale per la qualifica e il diploma professionale che consente ai giovanissimi appena usciti dalle medie di studiare e imparare contemporaneamente un mestiere attraverso un lavoro retribuito.