Autore Topic: Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?  (Letto 5084 volte)

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Alberto1986

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L'altra sera stavo guardando un documentario su Focus. Un bel documentario, coinvolgente, ben narrato ed accompagnato da suggestive immagine disegnate. Parlava di Newton e di come, nel 1600, passasse le sue giornate a pensare e confrontare libri, con accanto una fioca luce proveniente dalla lampada ad olio posata sulla scrivania. Ero seduto, rilassato e mi sono messo a riflettere su come la tecnologia ed il progresso scientifico abbiano aiutano enormemente la nostra vita, rendendo istantanee le comunicazioni, diffondendo l'informazione universale e reso tutti vicini, MA, allo stesso tempo, di come l'enorme innovazione tecnologica avuta dalla fine dello scorso secolo (ed in particolare comunicativa) abbiano ucciso il pensiero astratto, la riflessione ed, in generale, ci abbiano reso tutti più infelici. Lo so, sono cose ovvie direte voi. Ma l'altra sera ci pensavo in maniera più profonda e mi sono fermato a riflettere su come i nostri avi avessero si una vita assai più faticosa, difficile, dolorosa e breve, ma forse molto più felice, in quanto assai più naturale, semplice e conforme a ciò che era stato progettato per il genere umano.
Che dite?

Offline Vicus

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #1 il: Ottobre 08, 2017, 03:07:13 am »
Ne dirò più approfonditamente domani, ma è esattamente così e dobbiamo rivedere radicalmente il nostro rapporto con la tecnologia.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Alberto1986

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #2 il: Ottobre 08, 2017, 03:15:59 am »
.... dobbiamo rivedere radicalmente il nostro rapporto con la tecnologia.

Non credo si possa pensare di invertire un processo inarrestabile oramai in atto. Credo solo, che in futuro, molti che potranno permetterselo economicamente, sceglieranno una qualche tipo di isolamento che permetta di combinare più armoniosamente ed in modo meno invasivo, vita quotidiana e tecnologia. Chi potrà permetterselo, ovviamente. Un pò quello che avviene oggi: chi può permetterselo, acquista una casa isolata in campagna. Chi no, è costretto a vivere in un'inquinata città, all'interno di un fastidioso, rumoroso, litigioso ed odioso condominio.

Offline Vicus

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #3 il: Ottobre 08, 2017, 09:45:45 am »
Quanto segue è la sintesi del pensiero di studiosi (che consiglio di leggere, aprono la mente come pochi) del calibro di McLuhan (Marshall e Eric), Havelock, Ellul, Ong, Hall.
Oggi le loro ricerche sono portate avanti dalla Media Ecology Association, alla cui mailing list consiglio di iscriversi.

1. Il pensiero attualmente prevalente in Occidente è che "se una tecnologia esiste bisogna usarla". In Oriente c'è invece una forte consapevolezza dell'impatto della tecnologia. Quasi 2500 anni fa il saggio cinese Chuang-tzu raccontava la seguente storia:
“mentre stava viaggiando attraverso le regioni del fiume Han, Tzu-gung vide un vecchio che stava lavorando nel suo orto. L’uomo scendeva nel pozzo, prendeva con le sue braccia un vaso pieno d’acqua e poi lo versava nel canaletto. A fronte di una fatica notevolissima, il vecchio otteneva risultati molto miseri.
Allora Tzu-gung disse: “esiste un modo che vi permetterebbe di irrigare un centinaio di canaletti in un giorno solo, mettendovi in una condizione di ottenere molto con poco sforzo. Questo marchingegno si chiama pompa da pozzo.”
Con la faccia rabbuiata per la rabbia il vecchio ortolano disse: “ho sentito dire da molti saggi che chiunque usi delle macchine fa tutto il suo lavoro come una macchina. E colui che fa il suo lavoro come una macchina finisce con l’avere un cuore uguale a una macchina e colui che ha un cuore come una macchina perde la sua semplicità. Colui che ha perso la sua semplicità acquisisce dei sentimenti poco chiari. L’aver sentimenti poco chiari non si accorda con il senso dell’onestà. Non è che io non conosca questi aggeggi, il fatto è che mi vergogno ad usarli”.

2. Un altro approccio fuorviante è quello moralistico: "Qualsiasi tecnologia non è in sé né buona né cattiva, dipende dall'uso che se ne fa". Si può comprendere la fallacia di questo ragionamento applicandolo per esempio alla bomba atomica, che non sarebbe "né buona né cattiva, dipende dall'uso che se ne farebbe".

3. Ogni tecnologia ha un forte impatto sulla società e crea dipendenza (si pensi ad es. agli "indispensabili" cellulari, alla televisione ecc.). Per esempio, l'automobile soffoca le città e crea immense periferie (in America ma anche nel Nord Italia) che sorgono intorno alle autostrade. La stampa crea la società di massa (informazione standardizzata) e guerre nazionaliste (senza i giornali sarebbe impossibile anche solo sognare una guerra tra potenze molto diverse culturalmente e geograficamente lontane). Le telecomunicazioni creano un uomo "disincarnato" (il corpo è in un luogo ma la sua voce o il suo pensiero arrivano ovunque) e un mondo tribale di "terrori panici" in cui ogni cosa è connessa ad un altra (la cultura tribale non conosce la frammentazione e la specializzazione di quella alfabetica), la sparizione della privacy (non esiste nelle culture orali). La fotografia può distorcere la verità e l'obiettività dell'informazione.
Il computer non serve a fare calcoli o a velocizzare il marketing, ma alla programmazione di ambienti umani (v. dopo). Pone fine all'era della macchina, perché non è meccanico ma "organico" nel suo funzionamento.

Conclusione: Ogni tecnologia è un servizio che produce disservizi collaterali, che andrebbero valutati con attenzione prima di diffonderla indiscriminatamente come si fa oggi. Molti genitori (per esempio in Islanda) dicono che il meglio che possono trasmettere ai loro figli è una vita a misura d'uomo, a contatto con la natura e con un uso limitato di tecnologie (cellulare, ecc.) per lo più superflue.
Le tecnologie non vanno bandite (cosa peraltro impossibile) ma il loro uso va regolato su base quantitativa (Un tipico errore è pensare che i "contenuti" rendano una tecnologia "buona" o "cattiva". Dall'intervista di M. McLuhan a Playboy:
Si potrà utilizzare il computer per dirigere una rete di termostati globali allo scopo di creare un modello di vita che sviluppi la coscienza in un senso più umano. E' già tecnologicamente possibile usare il computer in modo benefico per programmare intere società.
Non è difficile mettere i computer nella possibilità di poter intraprendere una programmazione accuratamente orchestrata della vita sensoriale di intere popolazioni. Mi rendo conto che tutto questo ha un sapore di fantascienza, ma se lei conoscesse la cibernetica, comprenderebbe che ciò si potrebbe fare oggi stesso. Il computer potrebbe programmare i media in modo da determinare i messaggi che un popolo dovrebbe ascoltare in funzione dell'insieme dei suoi bisogni. Si creerebbe così un'esperienza totale dei media assorbita e modellata da tutti i sensi. Si potrebbe programmare cinque ore in meno di TV in Italia per promuovere la lettura dei giornali durante le elezioni, oppure programmare venticinque ore di TV in più in Venezuela per raffreddare la temperatura tribale aumentata dalla radio il mese precedente. Assicurando così l'interazione orchestrata di tutti i media, si potrebbero programmare intere culture al fine di migliorare il clima emozionale, allo stesso modo in cui stiamo imparando a mantenere l'equilibrio fra le economie concorrenziali del mondo.



« Ultima modifica: Ottobre 08, 2017, 09:56:07 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #4 il: Ottobre 08, 2017, 10:03:23 am »
mi sono fermato a riflettere su come i nostri avi avessero si una vita assai più faticosa, difficile, dolorosa e breve,
Più dolorosa forse sì, tanto più breve...non so. Newton è morto a 85 anni, certo era un privilegiato, però...

Offline Vicus

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #5 il: Ottobre 08, 2017, 10:13:51 am »
In un'intervista il regista Vittorio De Seta ha fatto discorsi identici a quelli di Alberto (notevoli i suoi film sulle antiche usanze calabresi, sarde e siciliane).
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #6 il: Ottobre 08, 2017, 10:28:52 am »
Più dolorosa forse sì, tanto più breve...non so. Newton è morto a 85 anni, certo era un privilegiato, però...

Anche ai tempi degli Egizi c'era chi viveva più di 80 anni; ma la media non era certamente quella.
Ad esempio: 2000 anni fa, ai tempi dei Romani, la vita media era di appena 27 anni.
Secondo altre fonti era 25 anni per gli uomini e 24 per le donne.

Poi, che la vita fosse più dolorosa, è più che sicuro.
Ad esempio: se io fossi nato secoli fa, quasi sicuramente sarei stato spedito al fronte e probabilmente sarei morto giovane.

Non parliamo poi del fatto che all'epoca si moriva per un nonnulla, ti amputavano gli arti senza anestesia* (poiché non esisteva), etc etc.

@@

*
http://bizzarrobazar.com/2013/02/01/robert-liston/

Citazione
Robert Liston

L’uomo, sudato e terrorizzato, non smette di lamentarsi per il dolore, mentre due energumeni lo tengono fermo sul tavolo operatorio. Dalle gallerie superiori, gli studenti di medicina si sporgono per vedere meglio: la gamba del paziente è spezzata, l’osso esposto e la ferita in suppurazione. Di colpo, con grande fracasso, si aprono le porte del teatro anatomico ed entra il chirurgo. Indossa un grembiule di cuoio reso ormai rigido dalla quantità di sangue che l’ha intriso negli anni – un indumento che è uno status symbol perché dimostra l’esperienza di chi lo porta, ed induce rispetto e reverenza, in quegli anni in cui di “sterilità” e “germi” non si è ancora sentito parlare.
Il chirurgo si dirige velocemente al tavolo, impugna un enorme coltello e si rivolge al pubblico: “Cronometratemi, signori – chiede con voce stentorea e teatrale – cronometratemi!”. Gli studenti tirano fuori tutti assieme i loro orologi da tasca.

Di colpo il coltello affonda nel polpaccio dell’uomo, che urla come un forsennato, mentre il chirurgo taglia velocemente la sua carne. Il dottore in pochi secondi ha esposto la tibia, per non perdere tempo serra il coltello insanguinato fra i denti, e con la destra afferra una grossa sega con cui comincia a lavorare sull’osso, mentre il terribile rumore riecheggia, assieme alle grida del paziente, nel teatro ovale. Dopo un po’ di avanti e indietro con la sega, la gamba si stacca. Il chirurgo la butta in un secchio colmo di segatura, e comincia immediatamente a ricucire la ferita. Appena taglia l’ultimo filo, scatta l’applauso e si controllano gli orologi: l’operazione è durata soltanto due minuti e mezzo.

Forse pensate che questa scena sia frutto di fantasia, e che quel chirurgo sia un macellaio. Invece il suo nome è Robert Liston (1794-1847), ed è stato uno dei più importanti medici mai esistiti.

Robert_Liston
Fra il ‘700 e l’800 la medicina moderna era ancora agli albori, non esistevano misure sanitarie sicure e la mortalità dei pazienti, per forza di cose, era altissima. In questo quadro, la rapidità dell’operazione chirurgica era di vitale importanza: perdere anche soltanto qualche secondo poteva significare condannare il paziente a morte certa per emorragia (oltre che prolungare il suo dolore, visto che non c’era anestesia). Certo, le condizioni igieniche fuori e dentro la sala operatoria erano tali che il poveretto sarebbe quasi certamente morto qualche giorno dopo di cancrena o varie infezioni. Ma almeno aveva qualche possibilità in più.

amputation_bourgery_small
Liston era uno dei chirurghi più veloci dei suoi tempi. Secondo alcune fonti era riuscito a rimuovere un arto in 28 secondi, un’impresa eccezionale, tanto che i testimoni raccontavano che passare dal coltello alla sega era per lui questione di un unico, armonico movimento. Certo, questa sua rapidità non poteva essere sempre associata alla precisione e talvolta Liston si rese protagonista di alcuni clamorosi errori. Una volta amputò una gamba in due minuti e mezzo, ma nell’entusiasmo asportò anche i testicoli del paziente.

28w15d1
Ma forse il più famigerato incidente avvenne durante un’operazione nella quale per sbaglio, nell’agitare il coltello, recise le dita al suo assistente, e tagliò attraverso il vestito di un distinto spettatore: anche se non era stato ferito, quest’ultimo ebbe un infarto dallo spavento e crollò morto; l’assistente e il paziente morirono in seguito di cancrena. Questa incredibile tragedia è passata alla storia come l’unica operazione chirurgica che abbia mai avuto una mortalità del 300%.

Per ridimensionare questo ritratto che rischia di apparire caricaturale, ricordiamo però che soltanto uno su dieci dei pazienti di Liston morirono sul tavolo operatorio, quando la media dell’epoca era di uno su quattro. Medici meno esperti e veloci di lui rischiavano di rendere il dolore davvero insopportabile per il paziente, che spesso lottava e non di rado si liberava dalla stretta dei medici e scappava a metà dell’operazione.

Robert Liston
Nonostante la teatralità delle sue operazioni, Liston ci viene descritto come severo ma eticamente irreprensibile, “immancabilmente caritatevole verso i poveri e gentile con i malati”, tanto da attirarsi le ire dei suoi colleghi della Edinburgh Royal Infirmery perché si permetteva di operare quei pazienti che loro avevano giudicato senza speranza. Lo osteggiarono e lo fecero addirittura trasferire, ma questo si rivelò la sua fortuna, poiché ottenne l’invidiabile posto di professore di chirurgia allo University College Hospital.

Amputation instruments atlas 2
Al di là dei tratti più coloriti e grotteschi, però, l’importanza di Liston non si limita ai record di tempestività. Inventò alcuni strumenti chirurgici, tra cui alcuni forcipi ancora in uso oggi, scrisse diversi saggi fondamentali, ma soprattutto fu il protagonista della prima, epocale anestesia praticata in Europa. Nel 1846, un anno prima della sua morte, Liston entrò nella sala dove sarebbe stato operato un certo Frederick Churchill, e invece di gridare il suo usuale “cronometratemi, signori!”, disse: “Oggi proveremo un nuovo stratagemma Yankee per rendere gli uomini insensibili”. Il suo collega, il dottor William Squire, mise un tubo sulla bocca di Churchill in modo che potesse respirare l’etere, e lo addormentò. Liston operò il ginocchio dell’uomo in soli 25 secondi. Quando Churchill si svegliò, a quanto si racconta, chiese al dottore quando sarebbe cominciata l’operazione, provocando l’ilarità e lo stupore generale.

L’etere verrà sostituito, nel corso del ‘900, con sostanze dagli effetti collaterali meno nocivi; ma l’episodio testimonia la dedizione al lavoro e la lungimiranza di Liston, disposto per primo in Europa a sperimentare proprio quella nuova tecnica che avrebbe reso la sua famosa destrezza meno essenziale e, in definitiva, sorpassata.

Ecco la voce di Wikipedia (in inglese) su Robert Liston.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #7 il: Ottobre 08, 2017, 10:44:20 am »
Per quanto mi riguarda, e nonostante i guai odierni, mi reputo fortunato ad esser nato qui, in Italia, nel 1971.
Anzi, son pure del parere che, per certi aspetti, l'epoca storica in cui sono nato e cresciuto sia la più fortunata della storia dell'umanità.*

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* Tempo fa ne parlai (virtualmente, ovvio) anche con claudio camporesi.

Offline Vicus

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #8 il: Ottobre 08, 2017, 11:33:14 am »
Ed ecco il fim di De Seta! :P Previde che un uso non ragionato della tecnica avrebbe portato a disintegrazione sociale:

Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #9 il: Ottobre 08, 2017, 11:47:00 am »
Anche ai tempi degli Egizi c'era chi viveva più di 80 anni; ma la media non era certamente quella.
Ad esempio: 2000 anni fa, ai tempi dei Romani, la vita media era di appena 27 anni.
Secondo altre fonti era 25 anni per gli uomini e 24 per le donne.


Be' sulla vita media nei secoli passati se ne potrebbe discutere. Se nel calcolo rientra (come spesso rientra infatti) anche la mortalità neonatale e infantile si arriva certo a quote molto basse.

Alberto1986

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #10 il: Ottobre 08, 2017, 13:58:43 pm »
Anche ai tempi degli Egizi c'era chi viveva più di 80 anni; ma la media non era certamente quella.
Ad esempio: 2000 anni fa, ai tempi dei Romani, la vita media era di appena 27 anni.
Secondo altre fonti era 25 anni per gli uomini e 24 per le donne.

Poi, che la vita fosse più dolorosa, è più che sicuro.
Ad esempio: se io fossi nato secoli fa, quasi sicuramente sarei stato spedito al fronte e probabilmente sarei morto giovane.

Non parliamo poi del fatto che all'epoca si moriva per un nonnulla, ti amputavano gli arti senza anestesia* (poiché non esisteva), etc etc.
...

Questo è indubbio: la vita secoli fa era enormemente più difficile, dolorosa e spietata. Dobbiamo essere felici di vivere nel presente piuttosto che sulla Terra di secoli fa. Su questo non c'è alcun dubbio. La mia riflessione era, certamente, riferita a tempi più recenti, dove il buon connubio tra progresso tecnologico e vita quotidiana forse, e dico forse, era più accettabile e apportava il giusto equilibrio di benessere e felicità. L'invasività tecnologica, comunque, è una questione recente, che sino agli anni '80 dello scorso secolo non costituiva, a mio avviso, motivo di certe riflessioni.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #11 il: Ottobre 08, 2017, 15:28:08 pm »
Questo è indubbio: la vita secoli fa era enormemente più difficile, dolorosa e spietata. Dobbiamo essere felici di vivere nel presente piuttosto che sulla Terra di secoli fa. Su questo non c'è alcun dubbio. La mia riflessione era, certamente, riferita a tempi più recenti, dove il buon connubio tra progresso tecnologico e vita quotidiana forse, e dico forse, era più accettabile e apportava il giusto equilibrio di benessere e felicità. L'invasività tecnologica, comunque, è una questione recente, che sino agli anni '80 dello scorso secolo non costituiva, a mio avviso, motivo di certe riflessioni.

Qui concordo e t'assicuro che anche un paio di miei amici direbbero (quasi) le medesime cose.
Io stesso se mi chiedessero:
"Frank, se avessi a disposizione una ipotetica macchina del tempo, vorresti rinascere nel XX secolo - quindi nel 1971 -, oppure oggi, nel XXI secolo?"

Beh, non avrei alcun dubbio: nel 1971


Citazione
L'invasività tecnologica, comunque, è una questione recente, che sino agli anni '80 dello scorso secolo non costituiva, a mio avviso, motivo di certe riflessioni.

A mio parere il discorso può essere esteso anche agli anni Novanta.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #12 il: Ottobre 08, 2017, 15:35:13 pm »
Quanto segue è la sintesi del pensiero di studiosi (che consiglio di leggere, aprono la mente come pochi) del calibro di McLuhan (Marshall e Eric), Havelock, Ellul, Ong, Hall.
Oggi le loro ricerche sono portate avanti dalla Media Ecology Association, alla cui mailing list consiglio di iscriversi.

1. Il pensiero attualmente prevalente in Occidente è che "se una tecnologia esiste bisogna usarla". In Oriente c'è invece una forte consapevolezza dell'impatto della tecnologia. Quasi 2500 anni fa il saggio cinese Chuang-tzu raccontava la seguente storia:
“mentre stava viaggiando attraverso le regioni del fiume Han, Tzu-gung vide un vecchio che stava lavorando nel suo orto. L’uomo scendeva nel pozzo, prendeva con le sue braccia un vaso pieno d’acqua e poi lo versava nel canaletto. A fronte di una fatica notevolissima, il vecchio otteneva risultati molto miseri.
Allora Tzu-gung disse: “esiste un modo che vi permetterebbe di irrigare un centinaio di canaletti in un giorno solo, mettendovi in una condizione di ottenere molto con poco sforzo. Questo marchingegno si chiama pompa da pozzo.”
Con la faccia rabbuiata per la rabbia il vecchio ortolano disse: “ho sentito dire da molti saggi che chiunque usi delle macchine fa tutto il suo lavoro come una macchina. E colui che fa il suo lavoro come una macchina finisce con l’avere un cuore uguale a una macchina e colui che ha un cuore come una macchina perde la sua semplicità. Colui che ha perso la sua semplicità acquisisce dei sentimenti poco chiari. L’aver sentimenti poco chiari non si accorda con il senso dell’onestà. Non è che io non conosca questi aggeggi, il fatto è che mi vergogno ad usarli”.

2. Un altro approccio fuorviante è quello moralistico: "Qualsiasi tecnologia non è in sé né buona né cattiva, dipende dall'uso che se ne fa". Si può comprendere la fallacia di questo ragionamento applicandolo per esempio alla bomba atomica, che non sarebbe "né buona né cattiva, dipende dall'uso che se ne farebbe".

3. Ogni tecnologia ha un forte impatto sulla società e crea dipendenza (si pensi ad es. agli "indispensabili" cellulari, alla televisione ecc.). Per esempio, l'automobile soffoca le città e crea immense periferie (in America ma anche nel Nord Italia) che sorgono intorno alle autostrade. La stampa crea la società di massa (informazione standardizzata) e guerre nazionaliste (senza i giornali sarebbe impossibile anche solo sognare una guerra tra potenze molto diverse culturalmente e geograficamente lontane). Le telecomunicazioni creano un uomo "disincarnato" (il corpo è in un luogo ma la sua voce o il suo pensiero arrivano ovunque) e un mondo tribale di "terrori panici" in cui ogni cosa è connessa ad un altra (la cultura tribale non conosce la frammentazione e la specializzazione di quella alfabetica), la sparizione della privacy (non esiste nelle culture orali). La fotografia può distorcere la verità e l'obiettività dell'informazione.
Il computer non serve a fare calcoli o a velocizzare il marketing, ma alla programmazione di ambienti umani (v. dopo). Pone fine all'era della macchina, perché non è meccanico ma "organico" nel suo funzionamento.

Conclusione: Ogni tecnologia è un servizio che produce disservizi collaterali, che andrebbero valutati con attenzione prima di diffonderla indiscriminatamente come si fa oggi. Molti genitori (per esempio in Islanda) dicono che il meglio che possono trasmettere ai loro figli è una vita a misura d'uomo, a contatto con la natura e con un uso limitato di tecnologie (cellulare, ecc.) per lo più superflue.
Le tecnologie non vanno bandite (cosa peraltro impossibile) ma il loro uso va regolato su base quantitativa (Un tipico errore è pensare che i "contenuti" rendano una tecnologia "buona" o "cattiva". Dall'intervista di M. McLuhan a Playboy:
Si potrà utilizzare il computer per dirigere una rete di termostati globali allo scopo di creare un modello di vita che sviluppi la coscienza in un senso più umano. E' già tecnologicamente possibile usare il computer in modo benefico per programmare intere società.
Non è difficile mettere i computer nella possibilità di poter intraprendere una programmazione accuratamente orchestrata della vita sensoriale di intere popolazioni. Mi rendo conto che tutto questo ha un sapore di fantascienza, ma se lei conoscesse la cibernetica, comprenderebbe che ciò si potrebbe fare oggi stesso. Il computer potrebbe programmare i media in modo da determinare i messaggi che un popolo dovrebbe ascoltare in funzione dell'insieme dei suoi bisogni. Si creerebbe così un'esperienza totale dei media assorbita e modellata da tutti i sensi. Si potrebbe programmare cinque ore in meno di TV in Italia per promuovere la lettura dei giornali durante le elezioni, oppure programmare venticinque ore di TV in più in Venezuela per raffreddare la temperatura tribale aumentata dalla radio il mese precedente. Assicurando così l'interazione orchestrata di tutti i media, si potrebbero programmare intere culture al fine di migliorare il clima emozionale, allo stesso modo in cui stiamo imparando a mantenere l'equilibrio fra le economie concorrenziali del mondo.
Forse è un po astratta ma, ohibò, la sintesi di 10 anni di letture sul tema è passata completamente inosservata :cry:
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Il progresso tecnologico ha ucciso la felicità e la riflessione?
« Risposta #13 il: Ottobre 08, 2017, 15:52:55 pm »
Forse è un po astratta ma, ohibò, la sintesi di 10 anni di letture sul tema è passata completamente inosservata :cry:

Non è passata inosservata, Vicus.  :cool:

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« Risposta #14 il: Ottobre 08, 2017, 16:09:39 pm »
E il film di De Seta? :rolleyes:
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.