Autore Topic: Perché bisogna ripristinare l'istituto del capofamiglia  (Letto 1401 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline Vicus

  • Moderatore Globale
  • Pietra miliare della QM
  • ******
  • Post: 21259
  • Sesso: Maschio
Perché bisogna ripristinare l'istituto del capofamiglia
« il: Maggio 24, 2020, 23:45:11 pm »
A seguito di regolari "processi" cui vengo sottoposto da utenti filofemministi e troll assortiti (ultimo in ordine di tempo, tale Happy Priapo) ritengo opportuno spiegare una volta per tutte perché è necessario ripristinare la figura dell'uomo capofamiglia.

Il primo e forse più importante motivo è: non è sempre possibile prendere decisioni di comune accordo. Il femminismo, che come tutte le utopie si basa postulati astratti che non tengono conto della natura umana, in questo caso la "parità", ha prodotto una riforma che abolendo per motivi ideologici il collaudato e intelligente istituto romanistico del capofamiglia, ha consegnato le decisioni familiari nelle mani dello Stato e dei giudici.
Come ha ben detto il giornalista Tiberio Timperi, la cui odissea di separato è ben nota, "oggi in famiglia comandano giudici, psichiatri e assistenti sociali".
I costi umani ed economici per la collettività sono enormi. Come documenta Timperi, per prendere una qualsiasi decisione in famiglia (persino in quale scuola mandare i figli) devi avere 700 Euro per ingrassare l'avvocato, adire il giudice (quasi sempre donna e femminista) e sperare che ti dia ragione. Il tutto in nome di una illusione ideologica, cui solo chi non ha avuto relazioni reali di lungo periodo può aderire.

A questo punto i troll diversamente neurodotati incalzano: ma perché una povera donna deve farsi "comandare" dall'uomo solo perché ha la vagina? Come la mettiamo con le "legioni" di uomini irresponsabili, brutti e cattivi che comandano donne intelligenti, mature e con l'immancabile "marcia in più"?
Una prima ragione è che la donna, anche per ragioni biologiche ha un ruolo tendenzialmente preponderante in casa, spesso è anche mantenuta o guadagna meno, quindi è necessario compensare per ristabilire l'equilibrio.
Ma il motivo più importante è che l'attudine al governo è una caratteristica essenzialmente virile. L'uomo tra l'altro, ha maggiori capacità logiche ed è generalmente più lucido ed obiettivo in situazioni cruciali.
Diversi studi dimostrano che le donne, che tendono ad essere più emotive ed impulsive, apprezzano gli uomini che sanno prendere decisioni e li considerano un sostegno nella loro vita, come la roccia con l'acqua. Quindi altro che oppressione, sono le donne ad apprezzare più o meno esplicitamente gli uomini con doti di governo.
Se poi un uomo si dimostra davvero gravemente irresponsabile e/o abusante come lo dipingono le femministe, si può sempre adire il giudice ma non prima. Di solito però, gli uomini che mettono su famiglia non sono degli incoscienti come vuole l'ideologia femminista, semmai sono le donne a far loro perdere interesse nella conduzione familiare ostacolandoli e sminuendoli in ogni modo.

Infine, la figura del capofamiglia non ha nulla a che vedere con la riduzione in schiavitù della donna come pretende la narrativa femminista: nella maggior parte dei casi e per ovvi ed evidenti motivi (non si può convivere serenamente e in modo collaborativo con una persona angariandola e tiranneggiandola), le decisioni vengono prese di comune accordo, spesso cercando un compromesso.
L'istituto del capofamiglia serve in realtà ad evitare il ricorso al giudice e a strutture parssitarie femministe ad ogni soffio di vento (situazione ben conosciuta dai separati) stabilendo un soggetto che in caso di accordo irraggiungibile ha l'ultima parola.
Quando l'uomo non è più a capo della famiglia, gli subentra lo Stato in una socializzazione dei rapporti e delle decisioni familiari che non promette nulla di buono.

Non è vero che la donna non ha voce in capitolo: è nota l'influenza delle mogli sui mariti, come pure il ruolo prevalente nella donna nella conduzione della casa e nella cura della prole.
Tutte le convenzioni sociali, come evidenzia José Ortega y Gasset, sono la cristallizzazione di comportamenti collaudati e perfezionati nei secoli, per cui: 1) si basano su un equilibrio perché la società tende all'omeostasi non al conflitto e soprattutto 2) a differenza delle utopie funzionano.
Con un po' più di umiltà, e molta meno ideologia, riscoprirli sarebbe un bel passo avanti per l'umanità.
« Ultima modifica: Maggio 31, 2020, 03:17:38 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.