lo scrittore Ledda nega l'esistenza di un matriarcato in Sardegna
"Macchè matriarcato? E' un'invenzione letteraria"
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Gavino Ledda
"Il matriarcato in Sardegna non esiste: è una pura invenzione letteraria". E' una voce fuori dal coro quella di Gavino Ledda, scrittore sardo che con il suo libro Padre Padrone, poi diventato un film premiato a Cannes, ha parlato al mondo intero della realtà più profonda della sua isola.
All'indomani della polemica suscitata dalla sentenza "etnica" pronunciata dal giudice di Hannover, l'ex pastore sardo, laureatosi in lettere per "sfuggire" alle logiche della sudditanza dal padre, descrive la società sarda come un patriarcato tout court.
Diversamente da quanto sostengono altri suoi conterranei, e cioè che la società sarda ha sempre visto il predominio della donna sull'uomo, Ledda è categorico: "Falso, a comandare, da noi, è sempre stato l'uomo".
D'altronde, Ledda, in Padre Padrone sua madre è descritta come una donna passiva...
"Certamente, anche se è doveroso fare una precisazione: a casa la donna poteva esprimere la propria opinione, fuori casa la supremazia assoluta era dell'uomo".
Che poteva persino mancarle di rispetto, usare violenza?
"Questo no, assolutamente. Il rispetto è sempre esistito, anche in una società patriarcale come la nostra. Si poteva "ordinare" alla propria moglie di svolgere determinati lavori, certo. Ma questa è un'altra cosa rispetto alla violenza".
Ledda, lei dà quindi ragione all'ex presidente Cossiga quando dice che la donna, se maritata, deve "sottomettersi all'uomo"?
"Cossiga dà una lettura giusta della società sarda: chi si dice offeso dalla sentenza del giudice tedesco e adduce la motivazione del "rispetto nei confronti della donna che in Sardegna affonda le sue radici nel matriarcato" sta dicendo delle falsità. Il matriarcato da noi non è mai esistito: è una pura invenzione dell'intellighentia sarda.
A che mi risulta, visto che mi sono ampiamente documentato, quel tipo di società, dove la donna comanda, esiste solo in Polinesia".
Questo non vuol dire che si può giustificare uno stupro?
"Assolutamente. La violenza va condannata in tutte le sue forme, sia se viene usata su un uomo, che su una donna. E' l'essere umano in sé che merita rispetto. Il giudice deve attenersi alle leggi e non mi risulta che ne esista qualcuna che prevede delle attenuanti per motivazioni etniche".
Ma almeno si è sentito offeso come sardo?
"E' stata un'offesa contro l'umanità. Poteva concedere sì delle attenuanti, non certo motivandole con la particolare etnia. Mi sarei offeso anche se la stessa sentenza fosse stata applicata ad un senegalese".
Si è parlato di sentenza razzista, su questo è d'accordo?
"Trovo che le parole utilizzate dal giudice per motivare lo sconto di pena siano davvero fuori da ogni logica: la legge deve essere uguale per tutti. C'è del rigurgito fascista in quella sentenza."
Il presidente Cossiga ha detto di "ispirarsi" al codice barbaricino. Anche lei ha un suo codice particolare di riferimento?
"Il codice di cui lui parla è un codice basato sulla giustizia personale, in cui è la parte lesa che decide come reagire ad un'offesa. Non c'erano giudici, né leggi. Sicuramente Cossiga ha usato la sua solita ironia..."
Un altro che ha sempre difeso la Sardegna a spada tratta è il presidente della Regione, Renato Soru. Lui, indirettamente, ha dato dell'imbecille al giudice tedesco. Si può parlare di ignoranza, o forse è ancora forte il pregiudizio sui sardi?
"Il Governatore ha ragione e anzi ne approfitto per fargli i miei migliori auguri per il 14 (Soru è anche candidato per le primare n.d.r.). Visto che stiamo parlando di Sardegna e di rispetto per la nostra isola mi auguro che lui possa continuare a governarla. Diversamente, la Sardegna tornerebbe ad essere una provincia romana".
Fonte:
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