Aprile 250 d.C.
L’imperatore Messio Quinto Decio
emana un provvedimento di legge unico nella storia: Decio, sicuro dell’appoggio della popolazione pagana (in un momento di gravissima crisi dell’erario statale) emana un censimento religioso con validità generale esteso a tutte le province dell’impero. Di seguito il modus operandi:
l’imperatore di Roma impone ai sudditi di presentarsi davanti a una commissione di magistrati per fare professione di fede ‘pagana’. Al suddito viene richiesto di libare, assaggiare e sacrificare agli Dei del tradizionalismo imperiale.
In cambio, al suddito viene consegnato un libellum da lui stesso sottoscritto: un certificato di buona condotta religiosa, una dichiarazione di ortodossia. Molti furono i casi di apostasia tra i cristiani (come riportano Ippolito, Origene, Tertulliano), le Chiese subirono una vera e propria scissione tra i membri più rigoristi, membri più spaventati e membri che non ritenevano contrario alla propria coscienza un atto materiale svuotato di significato spirituale (“non è impuro ciò che entra dalla bocca ma ciò che esce dal cuore”). La Chiesa ricostituita sarà erede anche di questa frattura intestina.
Come andò a finire?
La follia collettiva toccò il parossismo, il vicino di casa denunciava quello della porta accanto e la pressione fu maggiore in alcune province e meno in altre.
Più la violenza a danno delle comunità cristiane si esacerbava, più esse si rafforzavano e incontravano nuovi proseliti. La carneficina terminò di punto in bianco dieci anni dopo con l’editto di Gallieno, e riprese a singhiozzi legislativi, inaspettatamente, con Diocleziano, sempre nei momenti di maggior difficoltà per il fisco, fino a scomparire del tutto col ben noto Costantino I (il quale attuò una dirompente riforma finanziaria che avrebbe reso l’erario statale più indipendente da agenzie terze).
Gli storici faticano ancora a spiegarsi certe correlazioni e soprattutto
la ragione di normative così liberticide nell’impero più tollerante verso la pluralità religiosa. Io sono del parere che a pensar male si faccia sempre bene, ma, a parte questo, mi domando se saremo altrettanto fortunati da cavarcela con un buon Presidente della Repubblica che abrogherà l’abominio in corso.
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