Autore Topic: il paradosso dei sessi  (Letto 1404 volte)

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Offline jorek

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il paradosso dei sessi
« il: Agosto 30, 2010, 19:31:27 pm »
Le differenze tra uomini e donne

Scheda libro
Il paradosso dei sessi. Uomini, donne e il vero scarto tra i generi
Susan Pinker Einaudi, Torino, 2009
pp. 402
Euro 17,00Ordina a Kataweb Libri
Perché le ragazze vanno meglio a scuola, ma nel lavoro non riescono a eccellere? Soltanto dieci anni fa nessuno si sarebbe posto questa domanda: il maschio brillava a scuola e nella vita, e ciò infiammava il dibattito sulle discriminazioni di genere. Oggi molti ostacoli sono stati rimossi, ma il percorso è stato lungo.
E ci troviamo di fronte a un panorama di questo tipo: «Negli Stati Uniti, i ragazzi inseriti in classi "differenziali" sono tre volte più delle ragazze, i bocciati sono il doppio delle bocciate e l'abbandono scolastico al maschile è tre volte superiore a quello femminile», scrive Susan Pinker, psicologa e giornalista, nel suo libro edito da Einaudi. Se si dovesse prevedere il futuro sulla base dei risultati scolastici il mondo potrebbe diventare dominato dall'altra metà del cielo. Eppure non sarà così. Non appena gli uomini si spostano dai banchi di scuola al mondo del lavoro, la musica cambia.
Il libro, puntuale e approfondito, analizza questi aspetti con la consapevolezza che le statistiche, pur essendo importanti, non raccontano la realtà. Come, per esempio, il dato secondo cui il quoziente intellettivo degli uomini è significativamente più variabile di quello delle donne. In pratica, ci sono più maschi nelle categorie «superintelligenti» e «supertonti», mentre le femmine si collocano quasi tutte nella fetta intermedia. Pinker sintetizza il concetto: «Non esiste un Mozart femmina perché non esiste un Jack lo Squartatore femmina», mutuando il pensiero di Camille Paglia, antropologa e sociologa statunitense.
L'autrice puntualizza poi che le discriminazioni di genere non sono certo acqua passata. Persistono, magari sotto forme diverse rispetto a cinquant'anni fa, ma non per questo sono meno dolorose. Eppure, da femminista «atipica», come lei stessa si dipinge, Pinker mette in evidenza che nonostante decenni di rivendicazioni e risultati raggiunti le donne restano ancora in gran parte escluse dal mondo dei manager. E azzarda un'ipotesi: è possibile che il genere femminile opponga una sorta di resistenza passiva nei confronti dei vertici di aziende, amministrazioni pubbliche, università. Al contrario, gli uomini non si fanno mai scappare l'occasione. Una differenza, questa, che potrebbe avere sì motivazioni culturali e sociali, sedimentate nei secoli, ma anche origini biologiche.
«Per molto tempo il genere femminile è stato considerato una variante di quello maschile, ma oggi sappiamo che non è così», scrive la psicologa. La narrazione delle società ha spesso adottato il maschio come modello di riferimento. E il femminile come una «sua» variante. Lo stesso desiderio di analizzare il comportamento femminile in funzione di quello maschile è figlio di questo pensiero dominante. L'assunto di Pinker, invece, è che i due mondi sono separati e diversi: le donne manifestano doti che i maschi non si sognano nemmeno. Hanno un ampio spettro di interessi, uno spiccato senso dell'empatia, esprimono più spesso dei maschi attenzioni verso gli altri e verso le loro esigenze. Tutte cose che non si imparano strada facendo, come sosteneva Simone de Beauvoir («donne non si nasce, si diventa»), ma sono il risultato dell'interazione tra ambiente, geni e ormoni.
Mentre si trovano nella pancia materna, i maschi sono esposti ad alti livelli di testosterone, che sviluppa in loro maggiore competitività, personalità dominante, propensione agli atteggiamenti audaci e vendicativi. Al contrario, le donne ricevono dosi massicce di ossitocina già a livello fetale, che facilita in la comprensione delle emozioni altrui e la tendenza ad aiutare il prossimo. Non a caso l'ossitocina è più nota come ormone delle coccole. Come a dire: conoscere e riconoscere le differenze tra i sessi non è un passo indietro, ma due in avanti.



di Massimo Barberi