Il femminismo è una delle attuali strategia di potere dell'odierno capitalismo. Come ho già detto altre volte la fase che sta attraversando caratterizzata da saturazione dei mercati, calo della richiesta di manodopera, progressiva e inarrestabile automatizzazione della produzione, comporta l'esigenza di:
1. ridurre il più possibile i costi del lavoro;
2. aumentare il più possibile i consumi;
3. ridurre il più possibile la natalità.
Questi tre fini sono tra di loro contraddittori e quindi richiedono una soluzione di compromesso che possa massimizzarli il più possibile senza che si escludano a vicenda, pena il disastro.
Il femminismo è la strategia che fa in modo che si prendano questi tre piccioni con una fig... ehm, volevo dire con una fava.
L'etosfera, il "potere morale" e via cantando, sono epifenomeni, costruzioni mentali che chi vuol farsele è liberissimo di farle, ma le radici dei nostri problemi sono molto più profonde e concrete. Affondano in quel terreno quotidiano che ad alcuni potrà sembrare grezzo e banale ma che è uno dei principali modi con cui viviamo il mondo reale: l'economia.
Inoltre il femminismo non è neanche una strategia prioritaria, rientra semplicemente in quel vasto complesso di operazioni mediatico-politico-culturale che sono all'insegna di quello che io definisco "razzismo inverso". Il polically correct è l'espressione linguistica ed etica di tutto questo.