E quando queste grandezze continue (astratte e infinite?) collassano vengono definite "osservabili" (giusto?) in quanto si manifestano in un mondo finito e oggettivo. Mentre prima si potrebbe dire che queste grandezze sono solo potenzialità ("facultas preformandi" per dirla alla Jung) che non si possono misurare.
Come approssimazione coincide.
In quantistica un "osservabile" è una proprietà misurabile della particella. La misura (quanto) si conosce che potrà essere una in un intervallo di valori noti, ognuno con una sua probabilità di presentarsi, ma non si conosce, fino all'atto della misura stessa, con quale di questi valori si presenterà.
Prendiamo un monitor di computer, diviso in pixel: una figura che nella realtà è continua (pseudo-continua) apparirà nel complesso come tale, a una certa distanza, ma avvicinandoci "sgrana" nei singoli pixel che la compongono.
Un'onda acustica in un mp3 è riprodotta in modo discreto, l'onda pseudo-continua della realtà è divisa numericamente in tanti scalini e ricomposta per interpolazione in un'onda pseudo-continua, che viene riprodotta dagli altoparlanti. Quella digitale è una riproduzione discreta di una realtà discreta, solo a una risoluzione più bassa ma comunque accettabile per un complesso di applicazioni.
Nell'esperimento di Mandel, quando il laser emette la quantità di luce di un fotone, quello che si imprime sullo schermo è un punticino. Inviando tanti fotoni pian piano essi colpiscono certe zone con una frequenza maggiore, ricostruendo la forma d'interferenza di onda, che è propria però, di ogni singolo fotone.
Le aree a maggiore intensità, le più dense, corrispondono agli stati quantici dell'osservabile "posizione" dove è più probabile che il fotone compaia, e ricompongono diciamo così "a pixel" una figura d'interferenza continua e ideale che accade "prima" che la materia sia visibile, nella sua condizione di onda, cioè nel fotone stesso che sarà infine un puntino, una particella, determinando il disegno complessivo finale.
Esistono quindi dei comportamenti propri della materia, che però si palesano a noi in una determinata forma discreta, in una specie di monitor ad altissima risoluzione, che è la nostra rappresentazione della materia stessa, quella da noi percepita.
Ora, se la forma d'onda la guardi come se fosse il significato di una parola e la sua rappresentazione discreta come il significante, il contenitore dell'informazione, la parola stessa, cioè il veicolo del significato che si fa esso stesso significato pragmatico, la deduzione è sconcertante.
Diventa cioè verosimile che qualcosa ci stia comunicando dei significati, alla cui definizione pragmatica siamo noi stessi chiamati a partecipare.