L’assassinio di una giovanissima donna pugliese, colpita al collo dove l’aria quando entra porta la vita al corpo, quando ne esce racconta la vita con le parole o il canto o il grido. Questo il senso di quanto avvenuto a Putignano. Nel paese che traghetta al mondo col candore un po’ ingrigito dei suoi abiti, il simbolo arcaico e maschilista della verginità delle spose consegnate da un maschio – il patriarca – a un altro maschio – lo sposo -, si è consumato l’ennesimo atto di guerra e di terrore contro le donne di Puglia. Non un gesto folle, come il cretinismo della stampa e della politica vi vogliono raccontare, ma un omicidio che si inserisce nella cornice culturale che fa della nostra regione un fortilizio del maschilismo nazionale.
La dominazione maschile, come tutti dovremmo ormai aver capito, si perpetua nell’accettazione più o meno volontaria di una cultura del dominio, dell’arroganza, dello squilibrio e del possesso incondizionato dei corpi delle donne. Le battute facili e oltraggiose con le quali si liquidano per sbruffonate certi comportamenti da bar tipici della provincia pugliese, sono la giustificazione di un sistema simbolico di dominazione che nessuno è ancora riuscito a invertire. La polarità maschio-femmina si esplica soprattutto in una differente capacità di agire: il maschio tende a volere prima di intendere, o a volere per intendere. La donna vuole intendere, prima di volere. Il maschio produce il consumo, il primato dell’avere sull’essere, e dunque estende anche ai corpi questa pulsione possessiva ed edonistica. Non mi stupisce che un diciottenne abbia interiorizzato a tal punto i dispositivi della minaccia, del ricatto, del possesso, da arrivare a uccidere la donna che diceva di amare: mai l’amore va confuso con le pulsioni di morte intrinseche al possesso. Mi stupisce invece che ancora non ci sia, in una regione che si auto-definisce all’avanguardia sul piano morale, un qualcosa che interrompa questo flusso di sangue verso il mare dell’oblio.
La violenza maschile domestica in Puglia è tra le più elevate d’Italia, lo stalking altrettanto, per non parlare degli stupri e di quell’abuso quotidiano e a pagamento di corpi che stermina moralmente migliaia di donne decimandone a centinaia con la malattia e gli stenti. Questo è il maschio pugliese, non altro. Non è il maschio migliore, del resto la cosiddetta Puglia Migliore è una mera costruzione retorica, uno slogan dietro il quale si nasconde la Puglia Peggiore, quella più numerosa, fetida e feroce: la barbarie di un territorio che si vanta del proprio passato bracciantile omettendo di raccontare gli stupri delle braccianti ad opera dei caporali, certo, ma anche di non pochi colleghi; la meschinità di una regione dove i rapporti di forza in politica e sul lavoro sono maschilizzati a tal punto da trasformarsi ripetutamente in richieste ‘normali’ di prestazioni sessuali; la sporcizia di un luogo dove il culto del maschio trova campo libero e capacità di affermarsi, per esempio, nella cartellonistica pubblicitaria, nello sfottò, nelle battute un po’ basse alla Checcozzalone, come più basse erano quelle di Lino Banfi. Una regione dove non si capisce a cosa serva avere delle consigliere di pari opportunità, se poi poche sono le voci che si elevano oltre lo strombazzare delle retoriche. Ingentilire i modi della politica, o fingere di farlo, non ha evidentemente ribaltato una dominazione che di gentile e di pacifico non ha nulla. È connaturata al maschilismo più recente una violenza da esercito in ritirata, che trova perfino nella Chiesa un valido alleato.
Allora, non c’è rivoluzione gentile che possa distruggere anche solo simbolicamente il patrimonio di terrore e sanguinario ricatto della dominazione maschile in Puglia. Si scenda in piazza proclamando la propria contrarietà a questo sistema di cose. Si dichiari lutto cittadino a Putignano. Si denuncino le violenze e i violenti. Si chieda l’inasprimento acuto delle pene contro stalker, stupratori, assassini. Ma soprattutto, la si smetta di piagnucolare quando dentro monta la rabbia contro una dominazione che non ha senso più di esistere.
Leonardo Palmisano
Ho appena finito di leggere l' articolo e sono rimasto basito per i toni e le argomentazioni usati da questo sociologo, soprattutto non voglio credere che la regione Puglia corrisponda alla descrizione di questo signore. L' articolo l' ho letto per puro caso da GO Bari.it ma non riesco a copiare il collegamento, si riferisce all' omicidio di Antonella Riotino.
Perchè descrivere con tanta cattiveria gli uomini di questi luoghi ? Perchè si possono pubblicare queste cose, quali sono i reali raffronti ? Siamo alla diffamazione di un' intera regione.