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Provo a farti un esempio: voi parlate spesso delle campagne di criminalizzazione contro gli stranieri.
Ecco, qui c'è un gruppo di stranieri che sta provando a dire: non è vero che noi siamo più violenti, ci sono ragioni, tradizioni, modi di pensare e di vivere diversi (derivanti da fattori culturali e naturali, qui ognuno ha la sua idea) per cui ci sono fraintendimenti su quello che è il "bene" e il "male" secondo la vostra cultura e quello che è il "bene" e il "male" secondo la nostra.
Nel far questo usa diverse strategie, una è quella di evidenziare gli atti di violenza fatti da noi occidentali, per esempio, una è quella di dire che anche noi abbiamo delle responsabilità perchè se costringi un'intero gruppo umano al muro criminalizzandolo continuamente e non dandogli vie d'uscita, qualcuno dà di testa.
Per questo in uno dei primi post dicevo che è un dialogo fra sordi, o meglio fra gente che ha lenti diverse per vedere il mondo.
Si. Lo capisco. Ma più che dialogo tra sordi io allora lo definirei un dialogo tra diverse sensibilità che hanno difficoltà a riconoscersi a vicenda. Le parole chiave sono "riconoscimento reciproco". Riconoscimento dell'altro/a, dove l'altro/a è diverso da te per quanto io sia più propensa ad abbattere le differenze.
Ora ho capito anche quello che voleva dire Guit. Egualitarismo ma parametri diversi rispetto alla percezione di violenza. Una sorta di violenza vissuta in base al genere. E' questo che voleva dire, giusto?
Provo a dirla in modo semplice. Quando si parla di uno stupro è tale sia che tu sia italiano, straniero, di qualunque cultura o religione. Se per la tua cultura lo stupro è un fatto perfettamente legittimo io ho il dovere di capire chi quella cultura l'ha originata e perchè e se scopro che l'ha originata qualcuno a cui faceva comodo ignorare i desideri delle vittime di stupro non posso dirmi colonizzatrice di una cultura altra perché quella cultura non la puoi fondare basandoti sulla discriminazione di un genere e sulla prevaricazione a prescindere da esso.
Che tu mi dica che c'è una percezione diversa di ciò che si vive e che quello che per una donna è violenza per un uomo, secondo il vostro parere, può essere cultura/natura, mi lascia basita (se ho capito bene, ma probabilmente no) perché giusto io ti dico che un uomo non è "naturalmente" violento e che non c'è cultura che tenga che possa giustificare una violenza. Non sto dicendo che la mia idea del "bene" è l'unica possibile e riconosco il "bene" secondo l'altro, lo vedo e lo accetto ed è dal confronto reciproco, senza pregiudizi, che io ricavo le mie corresponsabilità e ricavo regole di convivenza civile tra soggetti. Tra persone.
Accade lo stesso tra persone di uno stesso genere. Le relazioni si misurano anche in base ai rapporti di potere che vengono rinegoziati ogni volta che si esprimono nuove esigenze. Rinegoziati possibilmente senza fare guerre. Fino a raggiungere un patto e poi un altro ancora.
Ma in tutto ciò il punto, come dicevo, non è neppure questo perché fintanto che tu mi regali questa tua opinione in questo modo io capisco e l'effetto che ne deriva è di una possibile contaminazione ma se tu metti in circolo solo le conclusioni, ovvero slogan che generalizzano o una terminologia che semplicemente stigmatizza generalizzando e determinando ulteriori stereotipi, al pari di ciò che può essere detto da altre, anche da noi, a che serve?
se l'idea è comunicare al mondo che c'è un'altra verità di cui tenere conto, perché usare un linguaggio pubblico che determina un muro contro muro e che non predispone a nessun confronto?
Io so che è così perché gli approcci che ci sono stati tra me e altre persone che la pensavano come voi, qui, non sono stati sempre edificanti, anzi. lo sapete. le prime parole dalle quali sono stata investita erano insulti. non motivati, argomentati, solo insulti. e in generale la sensazione è stata che io o altre venivamo vissute come nemiche da abbattere e basta. con noi, semplicemente, non ci si parlava. non si comunicava. e se mi dici se è arrivato prima l'uovo o la gallina non lo so. io so solo che noi abbiamo incominciato a parlare di quello che pensavamo giusto, anche di violenza sulle donne, certo, e siamo state investite da un ciclone incomprensibile che abbiamo dovuto decostruire e decodificare perché nessuno ce l'ha spiegato.
I fenomeni sociali non sono semplici da leggere ma se non avessimo, e poi parlo di me, se io non avessi avuto l'interesse a capire cosa c'era dietro un semplice insulto, cosa poteva motivare qualcuno a scegliere me e ad insultarmi, che tipo di responsabilità sociale mi veniva addebitata, non sarei neppure qui.
Quello che voglio dire è: comunicare per slogan, in modo talvolta incomprensibile, serve? nel nostro caso direi di no e io/noi non siamo persone stupide e personalmente non sono neppure chiusa ad altre verità, anzi. da ciò ricavo che c'è un difetto di comunicazione. se la racconti in modo comprensibile allora si capisce e fai pure prima ma se lasci la comunicazione al tono pieno di rancore diventa essa stessa sintomo di un pregiudizio che non viene superato.
lo so che non sei tu e non sono neppure gli altri ma ti chiedo di analizzare la comunicazione, mia, tua, vostra, nostra, come vuoi, e di prenderne distanza per un attimo stabilendo contenuti, obiettivi, livello di percezione sociale e via così.
quando fai comunicazione non puoi dire che la malignità o l'ignoranza sta in chi ti guarda, in chi ti legge, ma ti assumi la responsabilità del tuo modo di comunicare e cerchi, dove possibile, di raggiungere il massimo numero di persone. sei tu che hai interesse a comunicare un'idea e a promuoverla e dunque a te spetta l'analisi dei risultati e bisogna porsi anche il perché quella modalità determina resistenze e opposizioni. no?
Voi (tu.. insomma va bè ci siamo capiti non voglio generalizzare) vedete uno spot in cui si vede un uomo demente che non sa accendere una lavatrice senza la moglie e ci vedete una denigrazione del femminile per costringere le donne ad occuparsi dei panni, noi ci vediamo una denigrazione del maschile visto come inetto, incapace di vivere senza le donne che pazientemente "riparano in silenzio i danni degli uomini" come dice Elisabeth Badinter (che tra l'altro, non dovrebbe dispiacerti, visto che è assolutamente per la parità e invita le donne ad essere mamme più "cattive" nel senso di meno chiocce ovviamente )
qui la traduzione completa di parte del suo libro con appunti anche su come è stato affrontato negli ultimi anni il tema della violenza sessuale. Ora se pensi che il mascolinismo demonizzi le donne a me pare che lo dovresti pensare anche della Badinter, perchè dice le stesse cose su questi temi. E invece io ho l'impressione che abbia fatto un po' come stai facendo tu, a un certo punto si è fermata e si è chiesta: lo stiamo facendo nel modo giusto?
il libro della badinter lo avevo comprato a suo tempo e letto e mi era pure piaciuto. sedimentato, analizzato, come per tutte le cose che vanno per fasi nella vita e lo sto rileggendo e mi piace molto. te ne dirò di più appena lo ri-finisco.
ma quando io (la critica alla pubblicità di cui parli non l'ho scritta io) critico una pubblicità mi pongo sempre il problema di come viene rappresentato anche l'uomo. su alcune cose non ci facevo caso, in questo aveva ragione Alberto e la lista di video che mi ha suggerito è davvero deprimente ma la denigrazione al maschile vista come inetto, che nons a neppure farsi una lavatrice, è palese. per me. la renderò più evidente, si.
scusa la lunghezza. m'è partita la tastiera.