Autore Topic: Mio marito è gay e mi molla, chi mi risarcisce una vita dedicata a lui?  (Letto 793 volte)

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Offline TheDarkSider

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Ennesimo articolo-barzelletta pubblicato sul nazi-blog la 27a ora, questa volta a firma di una avvocatessa divorzista:

Citazione
Francesca ha 46 anni, due figli di 16 e 12 anni, una laurea in legge e un marito manager che ha seguito a Londra per un importante trasferimento di lavoro, in nome dell’amore, dei figli, dell’alto tenore di vita che il suo stipendio di uomo della finanza ha sempre garantito.

Finchè non si è presentato il problema, e che problema.

Francesca, che si trova a vivere all’estero, lontana da parenti e amici, là dove il suo titolo di avvocato conseguito in Italia non vale nulla, ha scoperto che suo marito è gay, che da tempo conduce una doppia vita, che è finalmente pronto a fare coming out , che ha intenzione di lasciarla.

I bonus però, come è noto, nel mondo della finanza, e non solo, sono terminati, la crisi dimezza i redditi e la prospettiva di separazione di Francesca prevede un assegno di mantenimento decisamente più esiguo rispetto al tenore di vita goduto negli ultimi anni. Si dovrà quindi trasferire con i bambini in una casa più piccola sempre a Londra rivedendo le sue abitudini, le frequentazioni che il marito manager le garantiva o, in alternativa, potrebbe fare rientro in Italia, ripartendo dallo scalino precedente al suo espatrio, fuori da ogni logica professionale, e non dimentichiamolo non poco sofferente per un progetto di vita naufragato in modo traumatico.

Questa è una storia come tante, non totalmente vera per ovvie ragioni di tutela della privacy, ma incredibilmente frequente di questi tempi.

Come non comprendere le ragioni di Francesca che ha sostenuto l’immagine pubblica di un marito che aveva bisogno anche di una famiglia esemplare per fare carriera, che ha gestito lo sradicamento dei figli, che ha rinunciato alla sua carriera e alle sue opportunità professionali in nome di un progetto comune.

Ecco quindi richieste di assegni mensili esorbitanti, domande di risarcimento del danno perché purtroppo è vero, chi potrà mai ripagare del vuoto di un’opportunità di lavoro che non potrà mai più presentarsi; come potranno essere risarciti quegli anni investiti a tessere le sue pubbliche relazioni, la sua identità professionale, tutto per una inconfessabile bugia di fondo, per un non detto neppure con se stessi.


Comprendo le Signore che in questi, e in analoghi casi di marito fedifrago che ti lascia per la ventenne, ingaggiano battaglie feroci per vedere tutelati i propri diritti poiché é indubitabile che se il marito in questione ha fatto carriera è anche per merito di chi si è occupato di casa e figli negli anni in cui lui vedeva lievitare il suo stipendio.

Se negli ultimi anni si sono impennate le richieste di risarcimento del danno nell’ambito delle relazioni famigliari credo sia il segno di una nuova presa di coscienza, specie femminile, come a dire non ci sto a liquidare tutto come un semplice fallimento dell’unione coniugale. In casi come questo molte donne ritengono che non si tratti solo di un amore che è finito perché è la vita che va così, ma sono convinte che si stato fatto loro del male, consapevolmente o per troppa leggerezza, e che questo dolore abbia un prezzo.


Il percorso in ogni caso è complesso: il danno deve essere evidente e documentato, attraverso certificati medici o prove che dimostrino che c’è stata un’effettiva modifica peggiorativa delle attività realizzatrici della nostra persona. C’è dunque un cambiamento nella nostra vita che dipende dall’evento dannoso ed in assenza del quale non si sarebbe verificato. Svariati sono stati i risarcimenti per infedeltà o per mobbing familiare: il tradimento era stato così plateale da risultare umiliante per chi l’aveva subito. Oppure l’ex marito aveva talmente trascurato, insultato e fatto violenza psicologica alla moglie da annientarne la personalità. In ogni caso i risarcimenti non sono certo stati milionari.

Però, nonostante le responsabilità vadano assunte e i torti, per quanto possibile, risarciti, esiste una complicità. Perché quando ci si annulla per l’altro o ci si affida completamente a lui, si rischia un gioco al massacro. Se è vero che in nome dell’amore si fanno rinunce e che ci si sostiene reciprocamente per il bene comune, non si può non mettere in conto il rischio di un bilancio amaro quando si rinuncia consapevolmente ad un proprio lavoro, al proprio paese, omettendo probabilmente di confessare a se stesse già scomode realtà note (è possibile che non ci si accorga mai dell’omosessualità del partner?).

Posso apparire cinica ma ritengo che concentrare tutta la propria capacità di investimento in un unico bene, il matrimonio, sia una scommessa troppo rischiosa e rinunciare alla propria capacità di lavoro significa consegnarsi nelle mani, seppur amorevoli, di un’altra persona.

Il problema, però, non è solo la debolezza di noi donne di fronte ad un radicato maschilismo, per cui tra le mie e le sue aspettative di realizzazione e carriera vincono le sue perché guadagna di più e perché è normale che sia così. Il fatto è che forse alcune donne sono ancora troppo legate a un’idea di coppia tradizionale e faticano a conservare la lucidità mentale necessaria alla gestione di quello che è anche un contratto, come lo è il matrimonio.

Per poi sentirsi dire, anche in una situazione inequivocabilmente mortificante come quella di Francesca, che è aberrante in Italia avere una legislazione che permette alla moglie che non lavora per decisione comune dei coniugi, di aver diritto a continuare a non lavorare anche dopo la separazione.

Questa sarà l’opinione di tutti gli uomini e di gran parte delle donne che lavorano: che siamo uno degli ultimi paesi al mondo in cui esiste il vitalizio in favore delle donne senza prevedere un tempo entro il quale la moglie è tenuta a riorganizzarsi la vita.

Perché allora non ammettere anche in Italia i patti prematrimoniali? Patti che non sono consentiti in Italia prevalentemente per una questione culturale poiché si pensa in questo modo che il matrimonio verrebbe “sporcato” da un accordo economico e, in particolare, da un accordo relativo alla disciplina della fine dell’unione. Si pensa inoltre che se si riconoscesse la validità dei patti prematrimoniali, la parte più debole potrebbe essere costretta ad accettare un accordo iniquo in un momento molto delicato come quello che precede il matrimonio. Ritengo invece, che se i patti prematrimoniali fossero consentiti anche in Italia si eviterebbero lunghe e dispendiose cause, non si incorrerebbe in drammatiche sorprese, si avrebbe il coraggio da subito di affrontare con naturalezza argomenti pratici che in realtà riguardano le scelte quotidiane di una famiglia.

Con una sincera assunzione preventiva di rischi e responsabilità anche i sentimenti potrebbero essere vissuti con maggior naturalezza.

Ora, sui patti matrimoniali l'avvocatessa dice anche delle cose giuste, per il noto principio che anche un orologio rotto segna l'ora giusta due volte al giorno.

Ma il caso che presenta e soprattutto le cose che dice per difendere la donna coinvolta sono i soliti deliri nazifemministi.
Oddio, la signora si dovrà trasferire in una casa più piccola e non potrà più frequentare l'alta società! Ma che scandalo, ora tutto questo dolore deve avere un prezzo!!  :doh: :doh:

Vale la pena di pubblicare due commenti che riassumono tutto il delirio di queste posizioni:


Cioè questa donna si è fatta mantenere dal marito, ha fatto la bella vita senza dover lavorare (e non perchè la casalinga in sè non sia un lavoro, al contrario, ma perchè essendo la moglie di un uomo facoltoso ci scommetto che aveva almeno due tate e tre colf) lo ha seguito a Londra (non nelle miniere di sale) probabilmente ha sempre saputo della sua omosessualità e se ne è fregata (io non ci credo che sia una cosa che possa sfuggire) e cosa succede adesso? mantenimento a vita e pure risarcimento milionario? bé sì viviamo proprio in una società maschilista, non c’è che dire…


un sonoro LOL @ chi ancora si sposa nel 2012

l'ultimo direi riassume tutto quello che c'è da sapere su matrimonio e divorzio :lol:
"Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti."
Una donna marocchina

Online Massimo

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Re: Mio marito è gay e mi molla, chi mi risarcisce una vita dedicata a lui?
« Risposta #1 il: Luglio 01, 2012, 22:49:00 pm »
Tutto questo succede perchè i maschi sono inerti di fronte all'offensiva culturale femminista. Ora
stanno scontando questo silenzio e questa passività. Altrimenti le donne non si permetterebbero
di fare ragionamenti del genere e porre sul tappeto rivendicazioni del genere senza vergognarsene
Poc'altro, anzi null'altro da aggiungere.

Offline ilmarmocchio

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Re: Mio marito è gay e mi molla, chi mi risarcisce una vita dedicata a lui?
« Risposta #2 il: Luglio 01, 2012, 23:54:08 pm »
una casa più piccola ?
orrore.
peggio : femminicidio :ohmy: