Autore Topic: Aborto del mondo civile  (Letto 7664 volte)

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Aborto del mondo civile
« il: Gennaio 01, 2010, 21:47:30 pm »
Potete trovare il seguente testo pubbliaco a puntate sul mio blog: http://giubizza.blogspot.com


Viviamo in un paese in cui le droghe sono vietate (con un ingente dispendio di uomini e mezzi a scopi repressivi) perché fanno male alla salute di chi le assume nel pieno delle sue facoltà mentali, la pillola abortiva che ammazza un altro essere umano è legale.
Viviamo in un paese in cui un pluriomicida non può essere condannato a morte perché non è prevista la pena di morte ma un bambino innocente può essere eliminato con la "sentenza" della madre.

Le norme giuridiche attribuiscono soggettività giuridica, e quindi titolarità di diritti generici quali i diritti umani e la facoltà di contrarre diritti particolari, a categorie di soggetti quali “cittadini” o “persone”. La base fondamentale della soggettività di diritto è la cosiddetta “persona fisica”. È persona fisica ogni essere umano… nato vivo.
L’essere umano è un essere appartenente a una specie zoologicamente ben definita come Homo Sapiens Sapiens appartenente al genere Homo e facente capo all’ordine dei primati.

Una specie è un insieme di individui che è geneticamente compatibile, quindi che hanno la potenzialità di avere gli stessi discendenti. Il patrimonio genetico, quindi, attraverso l’incrocio genetico con cui “comunicano” gli individui nel corso delle generazioni, rappresenta un patrimonio biologico comune a una specie e la specie a sua volta si fonda sulla “messa in comune” del patrimonio genetico.

I criteri che furono usati per classificare le varie specie animali risalgono ai tempi di Linneo, prima delle più recenti scoperte in campo biologico e soprattutto genetico. Si fondano per lo più su criteri somatici e sull’evidenza di alcuni caratteri particolari e non su una base strettamente genetica. È quindi molto probabile che molte forme di vita che si ritenevano facente capo a più specie, all’esame del patrimonio genetico si possano rivelare appartenenti a una medesima specie e viceversa. Ma la nostra specie invece è ben distinta dalle altre anche per via del fatto che rappresenta ormai l’unica specie del genere Homo a cui fa capo e sappiamo che tutti coloro che vengono definiti “esseri umani” appartengono alla medesima specie. Quindi la specie in senso genetico – che sembrerebbe la classificazione più basilare delle forme di vita – corrisponde, a quella “somatica” – ossia classificata più in “superficie”, sulla base di mere apparenze.

La persona è l'essere umano e noi siamo esseri umani da quando esistiamo. La nostra esistenza è un dato oggettivo, ma c’è da "stabilire" quando inizia. Non è irragionevole ritenere che  inizi dal momento in cui ci sono le basi fondamentali del nostro essere, e qual è la base più fondamentale e profonda del nostro essere se non il nostro patrimonio genetico? Direi quindi che noi esistiamo, e quindi siamo esseri umani e quindi persone, da quando si forma il nostro patrimonio genetico, ossia dal momento del concepimento, dal momento in cui lo spermatozoo feconda l'ovula e forma uno zigote col patrimonio genetico che è la base del nostro esistere. E la legge che deve tutelare e garantire i diritti degli esseri umani dovrebbe tutelarci e garantire i nostri diritti da quando siamo concepiti e già esistiamo.

Il feto o l'embrione umano è quindi una persona, un essere umano.
Tutte le chiacchiere che ho finora letto e ascoltato non valgono a dimostrare l'inumanità dell'embrione... umano (concetto già di per sé illogico).

Lo zigote umano ha un patrimonio genetico umano completo, un NUOVO patrimonio genetico. Quindi sostanzialmente è già un nuovo essere umano.
Qualcuno potrebbe dire che il criterio che ho spiegato per determinare in maniera abbastanza precisa il momento della nostra esistenza e della nostra umanità sia a sua volta arbitrario.

Vorrei far notare che è comunque meno arbitrario del considerare essere umano il nato vivo. E' assurdo asserire che il bambino appena uscito dal ventre materno sia qualcosa di diverso da quello che fino a qualche giorno prima era dentro la pancia della madre.
Altri elementi poi, tipo onde cerebrali, forma umana e via dicendo, questi si che sono arbitrari. Si tratta di tutte cose che sono dovute al fatto che siamo esseri umani, cioè sono caratteristiche derivate dal nostro essere. Non sono le onde cerebrali o il fatto che abbiamo due mani a farci umani, ma è bensì il fatto che siamo umani che comporta il fatto che abbiamo onde cerebrali e due mani.
Questo non vale per il patrimonio genetico: è assurdo asserire che il fatto che siamo umani faccia in modo che abbiamo un patrimonio genetico umano. Al contrario: è il fatto che abbiamo un certo codice genetico che ci fa quel che siamo, che ci fa esseri umani.

Ora si potrebbe dire che il fatto che abbiamo un certo DNA che ci fa umani deriva dal fatto che questo deriva da DNA di altri due esseri umani. Ovvio, però il momento costitutivo del nuovo DNA è nella fecondazione dell'ovulo da parte dello spermatozoo, prima questo DNA non esisteva. Esistevano solo due metà di DNA appartenenti a organismi adulti, i genitori.

Anche la storia del "progetto di vita" è assurda, un pavido tentativo di mantenersi sul "moderato". L'embrione è una vita, non un progetto di vita, una vita con DNA umano completo, una vita umana.

La realtà è che la non umanità dell'embrione umano è solo un'apparenza.
Ma anche se volessimo dare a questo concetto astruso il beneficio del dubbio, seppure se volessimo proprio dubitare dell'umanità dell'embrione umano, allora dovrebbe valere il principio di prudenza che è stato tanto sbandierato per gli OGM: prima di introdurre una novità bisogna dimostrare che questa novità non sia dannosa per la vita umana. Ebbene se non c'è sicurezza che l'embrione umano non sia umano allora in base a questo principio si dovrebbe vietare l'aborto per il principio di prudenza: lo si dovrebbe acconsentire solo quando sarebbe dimostrato con certezza che non lede ad alcuna vita umana, anche se l'umanità di quella vita fosse solo una possibilità.

Ogni altro parametro che stabilisce diversamente è del tutto arbitrario e strumentale per fini politici e ideologici.

Se è stato consentito l'aborto è per altri motivi, non certo perché siano caduti dei "pregiudizi" sul concetto di vita umana. Anzi, i pregiudizi si sono moltiplicati.

Ma ammettere questo porrebbe le donne nei confronti delle loro responsabilità. Cosa inaudita in un'epoca che ha fatto della donna il suo nuovo Dio.
Si conta che da quando è entrata in vigore la "civile" legge 194 siano stati UCCISI circa 4 milioni e 800 mila bambini non ancora nati. CIFRE DA GENOCIDIO!

La verità è che non siamo mai usciti dal medio evo ma viviamo in un medio evo rinnovato, tecnicizzato, asettico, dove invece di bruciare la gente sui roghi la si uccide negli uteri senza che facciano rumori e rompano più di tanto.
Viviamo in un'epoca che ha sostituito il culto del Dio Padre con quello della Dea Madre, dell'Uomo fatto Dio in quello della Donna fatta Dea. All'autorità che lo stato dava alla Chiesa di stabilire i parametri secondo i quali stabilire chi doveva vivere e chi morire si è sostituita quella che lo stato dà alle donne di stabilire chi è un essere umano e chi non lo è. Milioni di bambini ficcati nell'utero col contributo incosciente delle loro madri vengono dichiarati da queste non umani e fatti fuori perché romperebbero loro le uova nel paniere.

Questa è la "moderna", "civile" e "laica" società in cui viviamo oggi.

I filosofi e i teologi  medievali intuirono che il momento del concepimento rappresenta un momento importante per la "fondazione" di un nuovo essere umano e spiegarono questa intuizioni con l'uso di concetti errati come quello dall'anima insufflata da Dio. Questo perché non conoscevano la genetica. la genetica ha riscoperto la fondatezza delle loro intuizioni, seppure su un piano diverso: la natura umana non proviene dall'esterno, da una dimensione divina come ritenevano un tempo, ma dall'interno, dalla stesso struttura auto perpetuante della vita.
Una società che si fondi su basi culturali realmente scientifiche dovrebbe paradossalmente ritornare sui passi dei filosofi e dei teologi medievali e assimilare l'aborto all'omicidio o, se vogliamo, all'infanticidio, un infanticidio prenatale.

Ma l'apparenza della non umanità dell'embrione umano è strumentale all'idolatria femminista.

L’idolatria femminista che ha sostituito il Corpo di Cristo col Corpo della Donna, è strumentale a una rozza e disastrosa politica demografica fondata sulla repressione (si, repressione e non "controllo"!) delle nascite. Questo perché la crescita della popolazione comporta l’alterazione di equilibri di sistema, solleva l’esigenza di un passaggio di sistema col superamento del sistema socio-economico vigente e la corrispondente necessaria rottura degli equilibri di potere vigenti.

L’attuale politica demografico-femminista distruttrice di vita ha quindi uno scopo pedissequamente conservatore dietro l’apparenza di un falso progressismo laicista.

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #1 il: Gennaio 01, 2010, 22:17:36 pm »
Anzi no, l'ho riaccorpato in un unico testo: http://giubizza.blogspot.com/2010/01/aborto-del-mondo-civile.html

Wyk72

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #2 il: Gennaio 02, 2010, 01:18:14 am »
Bel testo, fa riflettere. Non sono completamente d'accordo su alcuni punti, ma su un concetto centrale convergo totalmente:

Citazione
Il feto o l'embrione umano è quindi una persona, un essere umano.
Tutte le chiacchiere che ho finora letto e ascoltato non valgono a dimostrare l'inumanità dell'embrione... umano (concetto già di per sé illogico).

Indi abortire non è come schiacciare una zanzara, come si vuole darla a bere.

Citazione
Ogni altro parametro che stabilisce diversamente è del tutto arbitrario e strumentale per fini politici e ideologici.

Esattamente. Ed essendo ogni altro parametro "arbitrario", basta "corrompere l'arbitro" ed il gioco è fatto. In fondo è tutto un po' figlio di una certa cultura vetero-femminista e/o pragmatica fino alle midolla, io credo.

E' il motivo per cui mi  sono allontanato dalle idee di Albanesi (www.albanesi.it) , che è un gran difensore dell'aborto, per motivi suoi, credo, perché razionalmente fa un po' acqua come "difesa".

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #3 il: Gennaio 02, 2010, 12:20:09 pm »
Altra cosina carina: http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/L_OMS_fa_il_punto_sull_aborto/1314945


Tutte le concezioni di "umano" che non tengono conto della matrice biologica si fondano su presupposti stupidamente spiritualisti.

E poi da quel che so una persona può perdere una mano, può perdere un occhio, può perdere la parola e anche la ragione, ma non ho mai sentito nessuno che perdesse il proprio... DNA.
E anche concepire un essere umano senza un patrimonio genetico umano mi sembrerebbe piuttosto difficile.

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #4 il: Gennaio 02, 2010, 12:28:30 pm »
Bel testo, fa riflettere. Non sono completamente d'accordo su alcuni punti, ma su un concetto centrale convergo totalmente:

Indi abortire non è come schiacciare una zanzara, come si vuole darla a bere.

Esattamente. Ed essendo ogni altro parametro "arbitrario", basta "corrompere l'arbitro" ed il gioco è fatto. In fondo è tutto un po' figlio di una certa cultura vetero-femminista e/o pragmatica fino alle midolla, io credo.

E' il motivo per cui mi  sono allontanato dalle idee di Albanesi (www.albanesi.it) , che è un gran difensore dell'aborto, per motivi suoi, credo, perché razionalmente fa un po' acqua come "difesa".


Si, è proprio così.

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #5 il: Gennaio 02, 2010, 15:40:41 pm »
Tra l'altro il non considerare esseri umani certe categorie umane (come i neri, i gay, gli embrioni...) è un atto di RAZZISMO! L'ABORTISMO è UN'IDEOLOGIA RAZZISTA!

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #6 il: Gennaio 02, 2010, 21:32:59 pm »

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #9 il: Gennaio 12, 2010, 18:21:36 pm »
Se gli apologeti dell'aborto riflettessero un po’ su ciò che dicono con la mente libera dalle paure, dai pregiudizi, e da quel gretto pragmatismo giustificativo che in genere li caratterizza, forse si renderebbero conto di come si autocontraddicono in continuazione, come la stessa ideologia abortista che appoggiano. Prima accusano l’antiabortismo tout court di essere “spiritualista”, poi denunicano una presunta “sotto-cultura cattolica” (giustamente l'antiabortismo deve essere "per forza" cattolico...) di fare uso di principi materialistici. Affermano che non esistono basi oggettive per stabilire quando si ha a che fare con un essere umano e che l’attribuzione dell’umanità a un essere sarebbe solo una questione di pragmatismo spicciolo (leggi: paraculismo) della serie “si danno (sic!) i diritti a chi ne ha bisogno (oppure, detto più esplicitamente, a chi c’è interesse a “darli”)”, magari sulla base di un’ambigua “attività cerebrale” (diamo i diritti umani pure ai cani visto che anche loro hanno una “attività cerebrale”?), seppure non risulta che ci sia un momento preciso in cui si forma un sistema nervoso, essendo questo un processo graduale. Però poi dicono che quanto dicono gli antiabortisti laici sarebbe “oggettivamente” sbagliato e spesso ciatano testi che vorrebbero dimostrare “oggettivamente” che l’embrione non sarebbe una persona.

Gli (il)logici contorcimenti che bisogna fare per negare il fatto che l’aborto altro non è che un omicidio legalizzato per scopi politici, economici, storici e ideologici sarebbero piuttosto grotteschi se non avessero per oggetto una cosa abbastanza seria qual è la vita umana.

Non è certo usando la logica a proprio piacimento e tacciando come “dogmi” le conseguenze di un ragionamento che ci si rivela “antidogmatici”. Tutt’altro, un dogma non è la conseguenza di un ragionamento logico fondato sull’osservazione della realtà e di elementi scientifici certi, ma consiste nel fissare come dato indiscutibile un elemento arbitrario di un ragionamento, un po’ come fanno alcuni tirando in ballo la “attività cerebrale”. Perché questa dovrebbe essere tanto importante per considerare umano un organismo?

Anche l’invenzione di categorie inesistenti col mero scopo di sminuire l’importanza dell’embrione umano e falsarne la natura, tipo “grumo di cellule”, “progetto di vita” e via dicendo, non è che sia indice di un utilizzo sano della razionalità. Non esiste nessun “grumo di cellule” e nessun fantomatico “progetto di vita”, esiste l’organismo umano che adesso è zigote, poi morula, poi embrione, poi feto, poi neonato, poi bambino o bambina, poi ragazzo o ragazza, poi uomo o donna, fino a diventare, se è più o meno fortunato, vecchio e morire. Sono tutte fasi di sviluppo che attraversa l’essere umano dal concepimento alla morte.

L’attività cerebrale al massimo può essere un buon indice del passaggio dalla vita alla morte clinicamente accertata, che consiste in una sorta di punto di non ritorno, uno stadio di processo degenerativo delle attività vitali in cui una persona non è più recuperabile e può essere considerata morta – seppure la morte in realtà è un processo molto più graduale di quanto normalmente siamo portati a credere. Ma non è l’attività cerebrale che fa in modo che un organismo possa essere considerato umano. Possono altresì essere stabiliti dei parametri per disciplinare la pratica dell’eutanasia, ma questo è un altro discorso. Qui si parla di organismi sani e in formazione non di malati terminali magari adulti e consenzienti.

Né tantomeno l’affermazione che sarebbe l’Uomo a stabilire arbitrariamente cosa è umano e cosa non lo è, cosa sarebbe “meritevole” di avere diritti e cosa no, è indice di laicismo e ragionevolezza. Si tratta solo di un pragmatismo di bassissimo livello. I principi etici e di diritto non si stabiliscono secondo i comodo di turno e il loro fermo rispetto non costituisce affatto un dogma.

Attribuire poi l’antiabortismo laico per forza al cattolicesimo per vie traverse è segno di ristrettezza mentale.

L’ideologia abortista oggi prevalente si arrampica sugli specchi e fa parecchie deroghe ai più elementari principi logico-scientifici pur di autogiustificarsi. Anche perché solo chi ha il prosciutto sugli occhi può non notare il fatto che finora ci sono stati molti più interessi a rendere l’aborto legale che non illegale.

I diritti umani non si danno a chi “ne ha bisogno”, ossia a chi fa comodo darli, ma si riconoscono a tutti gli esseri umani. E l’Uomo ha il dovere verso se stesso di stabilire su basi certe e incontrovertibili chi sono gli esseri umani. Dovere che non c’entra niente con la metafisica ma che costituisce la base dei più elementari principi che dovrebbero regolare una società veramente civile.

La società umana è un’organizzazione che fa uso dell’intelligenza per garantire la sopravvivenza e il benessere della specie e non un consorzio metafisico fondato su presupposti astratti e con finalità astratte come ritengono alcuni sedicenti razionalisti.

Il razzismo abortista agisce come tutte le ideologie che hanno fatto e fanno da sostegno etico-morale alle politiche fondate sullo sterminio e sul genocidio. Essa attua una separazione tra gli esseri umani sulla base di parametri che non costituiscono nessuna reale base oggettiva di distinzione ma che sono del tutto arbitrari e di comodo. Crea così una gerarchia tra gli esseri umani con apposite etichettature sulla base di tali parametri attribuendo così ai diversi livelli gerarchici diversi “gradi di umanità” e quindi diversi ordini di priorità di diritti. Riconosce così maggiore priorità di diritti alla categoria di esseri umani “superiore” e minore a quella “inferiore” subordinando anzi i diritti di questi ultimi alla volontà dei primi.

È un razzismo così radicato che i morti e gli uccisi prima di nascere non entrano neanche nelle statistiche ufficiali dei decessi.

Secondo alcune correnti di questa ideologia l’embrione umano attraverserebbe una sorta di “zona grigia”, un periodo in cui l’embrione non è “pienamente sviluppato” (e ci mancherebbe!) che va dal concepimento fino a un momento mal precisato (e forse imprecisabile) in cui può essere considerato un essere umano a tutti gli effetti perché… “pienamente sviluppato”.

Ebbene questa “zona grigia” è un’invenzione, una finzione volta a giustificare l’infanticidio prenatale. In realtà non c’è nessun momento provvisorio in cui l’embrione non può essere considerato umano. Il momento della fecondazione dell’ovulo è un momento di singolarità in cui due cellule provenienti da due individui più o meno adulti, i genitori, e con un genoma che, seppure incompleto, è riconducibile completamente a questi due organismi, si fondono a formare una cellula con genoma umano completo e non riconducibile a nessun altro individuo che non sia lo zigote stesso. Ci sono qui tutti gli elementi ontologici perché lo zigote possa essere considerato un essere umano allo stato unicellulare, stato che ovviamente tutti abbiamo attraversato.

Tra l’altro cosa vuol dire che l’embrione non è “abbastanza sviluppato” per poter essere considerato un essere umano? Assolutamente niente. Un neonato è abbastanza sviluppato per potere essere considerato un essere umano? E un ragazzo di vent’anni? Un uomo di novant’anni? Un feto di poche settimane prima di nascere? Certamente si, risponderebbero i cultori della discriminazione verso l’embrione. Ma non si rendono conto di quanto le differenze che intercorrono tra quegli stadi di sviluppo in cui un organismo “può” essere considerato persona e quelli in cui “non può” essere considerato tale sono illusorie, arbitrarie, dovute a dei pregiudizi e non a parametri oggettivi. A dei pregiudizi e a un senso di familiarità: è ovvio che tendiamo a considerare umano ciò che presenta, seppur vagamente, le forme e l’aspetto di un uomo. Questo è dovuto alla nostra esperienza quotidiana ma non ha nulla a che fare con una conoscenza approfondita della struttura basilare della vita umana. Si tratta di un giudizio istintivo, superficiale, empirico e che non tiene conto di un esame approfondito della realtà della vita.

Io non voglio contraddire i principi logico-scientifici, né intendo introdurre elementi che sono estranei alla scienza, ma è la stessa scienza odierna che contraddice le scuse ideologiche degli abortisti.

La scienza dice che gli esseri umani fanno capo alla specie Homo sapiens sapiens e che quindi sono riconducibili a una specie animale zoologicamente ben definita.

La scienza dice che una specie vivente è costituita da un insieme di individui geneticamente compatibili tra loro e che quindi possono avere discendenti fertili comuni. Questo stabilisce che c'è una base genetica alla natura di una specie e quindi la natura umana ha una base genetica.

La scienza dice che al momento del concepimento si forma lo zigote che ha un patrimonio genetico completo. E da qui se ne evince che lo zigote possiede già le basi di una nuova individualità appartenente alla specie umana, ergo lo zigote è già un essere umano.

Quindi l’assioma logico – e non ideologico - Dna umano --> essere umano --> diritti umani, non è un “dogma”, è un fatto che scaturirebbe se la società si fondasse realmente su presupposti logico-scientifici e non ideologici. Ovviamente parlo di una società genuinamente democratica che riconosce e garantisce i diritti umani e non che li “concede” a suo arbitrio a chi ritiene ne abbia “bisogno”, o meglio a chi le fa comodo.


Ribadisco i due principi di logica e di etica. Logica: il Dna umano comporta che si ha a che fare con un essere umano; etica: l’essere umano è sempre titolare di diritti umani, tra cui, in primis, il diritto alla vita.


Però, guarda caso, lo zigote non è considerato un essere umano e si tirano in ballo tutti contorcimenti mentali pur di confermare l'assurdo concetto di non umanità dell'embrione umano.

Onde cerebrali (il forno a microonde è un essere umano?), una fantomatica "senzienza" dal sapore new age, un'ambigua "attività cerebrale", un concetto altrettanto ambiguo di "organismo sviluppato". Tutto questo si che ha del dogmatico oltre a un sapore altrettanto metafisico del concetto di anima immortale.

E perché invece non riconosciamo l’umanità di un organismo sulla base del pollice opponibile? Oppure riconosciamo come esseri umani solo coloro che camminano su due piedi e con statura eretta. Quindi tutti i bambini che non sanno ancora camminare e che gattonano non sono esseri umani.

Un principio veramente razionale, logico e scientifico vorrebbe che il nostro essere si basi sul cuore della vita, cioè il Dna e che tutta l’etica e la normativa giuridica si adegui a questo principio. Ogni altro parametro diverso dal principio genetico si fonda solo su pregiudizi.

Si badi bene però che io ho detto il nostro essere non il nostro modo di essere, ossia il modo con cui veniamo su, che dipende anche da svariate variabili ambientali e di eventi con cui ha interagito un organismo vivente, soprattutto complesso quale è l’essere umano.

Anche il tanto divinizzato sistema nervoso – che altro non è che un mezzo, una strategia, per sopravvivere “elaborata” da quel “ramo” della vita a cui noi apparteniamo nel corso della sua evoluzione – esiste grazie al Dna umano. Senza questo non ci sarebbe cervello, né intelligenza, né coscienza, né tutto ciò che spesso è spacciato, con un che di metafisico – in salsa “laica” o religiosa – come una specie di fine ultimo dell’esistenza e non come un mezzo di questa, un modo di essere che ci caratterizza, qual è realmente.

La vita è un fatto di sostanza non di forma. La vita può prendere diverse forme ma la sua sostanza basilare resta comunque un sistema complesso che si autoperpetua con appositi meccanismi evolutivi. La base di questo sistema è il Dna. La comunione del Dna tra un insieme di individui attraverso la compatibilità genetica definisce una specie. La specie umana, l’Homo sapiens sapiens è la nostra specie con la sua comunione genetica di base. L’essere umano è una forma di vita particolare con le sue peculiarità, tra cui l’intelligenza. Ma queste peculiarità sono strategie che la nostra specie ha sviluppato nel corso della sua storia evolutiva per rispondere alle esigenze che via via le si ponevano e per proseguire nella sua continuità. Sono un mezzo non un fine. E tanto meno il fine ultimo che di per sé è un’incoerenza logica. Meno “spiritualista” di così… forse la si può definire una visione “biologista” della vita ma non certo spiritualista.

Ma anche la stessa vita quotidiana ci dice quanto il Dna sia centrale per la nostra esistenza. Se così non fosse non esisterebbe il diritto ereditario. Il fatto che una persona, mio figlio, abbia una parte del mio Dna – detto popolarmente il mio “sangue”, ma il concetto è quello – perché mai dovrebbe essere tanto importante?

Per inciso: gli scimpanzé avranno pure un patrimonio genetico simile al nostro ma non sono figli di esseri umani né gli esseri umani sono figli di scimpanzé. E qui sta il punto, non è la struttura del patrimonio genetico il nodo centrale ma il fatto che sia umano, derivi da esseri umani e dia luogo a un organismo umano.

Ma immagino che per gli abortisti neanche questo sia importante. L’importante è che si possa abortire più o meno liberamente. L’importante è piegarsi supini al principio religioso della sacralità del corpo femminile che richiede la messa in secondo piano di altri tipi di diritti. E ogni scusa che giustifichi questa “libertà” e che si pieghi a questa sacralità particolare è buona. Il fine giustifica i mezzi.

Tutte le pseudoargomentazioni a favore dell’aborto dimostrano quanto questo sia penetrato - o meglio sia stato inculcato quasi con uno stile da lavaggio del cervello orwelliano – nella coscienza della gente come qualcosa di "assolutamente necessario" e ogni contorcimento (il)logico, ogni deroga di principio, ogni pregiudizio è buono pur di legittimarlo e giustificarlo.

Basti pensare a quella tra le più ingenue che pretende di identificare e confondere il corpo del bambino con quello della madre.

E con queste giustificazioni che ci si vuol mettere l'animo in pace in presenza di una forma di omicidio legalizzata, con un continuo sterminio clinico e silenzioso in atto, fingendo di vivere in paesi "civili" in cui donne "perbene" – magari “povere vittime”, come del resto oggi sono spesso impropriamente considerate le donne – sarebbero “costrette” (sic!) a dare regolare mandato a medici altrettanto "perbene" – che magari farebbero anche un “servizio sociale” aiutando le “povere vittime” – per uccidere decine di milioni di bambini l'anno non ancora nati. Il tutto con l'appoggio della legge e di una morale ipocrita e illogica.

L’aborto si fonda sugli stessi principi su cui si fonda ogni altro tipo di sterminio e di genocidio solo che, riguardando persone che non hanno l’aspetto umano che ci è familiare, ci illudiamo che non sono persone e quindi di vivere in una società “democratica” che avrebbe messo al bando nefandezze varie.

E chi si permette di far notare questa realtà è subito linciato con l’accusa di essere “reazionario”, “oscurantista”, “fanatico”, “visionario” e via dicendo. Mentre giustificare l’aborto è cosa che rende “liberal”, “progressisti”, “ragionevoli”, “laici” e via di questo passo, così che parecchi, per debolezza e per paura, seppure hanno dei dubbi, si guardano bene dal controbattere le assurdità con cui siamo sommersi.

La soluzione pratica per rimettere a posto le cose sarebbe l’utilizzo e la diffusione dei mezzi di contraccezione efficaci ma non invasivi – e oggi si è già a buon punto – ma al contempo assimilare l’aborto all’omicidio aggravato, in quanto omicidio di minore, riconoscendo la fattispecie di reato definibile come infanticidio prenatale. Solo questo farebbe in modo che l’aborto non venga usato come volgare, incosciente e spietata alternativa alla contraccezione.

Inutile e stupido è basare i ragionamenti su quelle che altro non sono che delle eccezioni, quali sono i casi di gravidanza dopo rapporto non consensuale, malformazioni e malattie fetali e rischi sulla salute materna. Una legge è rivolta alla norma non alle eccezione. Può anche contemplare i casi eccezionali e disciplinarli, ma non può certo fondarsi su questi.

Inutile e stupido è utilizzare l’assurda scusa che l’aborto sarebbe un modo per evitare vite sventurate a poveri disgraziati. Se così fosse allora si dovrebbero sterminare anche intere popolazioni di esseri umani già nati, il discrimine che si vuole attuare tra nati e non nati si fonda sui pregiudizi che ho sopra tentato di spiegare.

Inutile e stupido è l’avviso che il divieto di abortire comporterebbe la pratica clandestina di questo delitto. Con questo ragionamento si dovrebbero legalizzare tutti i crimini e i delitti per renderli più “controllabili” e magari per evitare che la “povera” madre assassina vada incontro a inconvenienti sanitari di vario tipo. Magari il furto dovrebbe essere legalizzato per evitare ch i ladri possano infortunarsi fuggendo dopo aver compiuto un “colpo” e via dicendo.

Mi sembra opportuno che un delitto sia vietato e inoltre gli interventi clandestini erano tipici di un’epoca in cui non c’erano metodi efficaci di contraccezione. Oggi il divieto d’aborto comporterebbe più che altro un maggiore ricorso alla contraccezione e al sesso responsabile.

Inutile e stupido è il voler dare anche agli uomini, in particolare ai coniugi, la facoltà di veto sull’aborto. Questo si tradurrebbe solo in una distribuzione del carico di responsabilità riguardante la decisione di sopprimere una vita umana. E nell’ideologia femminista in cui oggi sguazziamo questo comporterebbe solo una colpevolizzazione degli uomini maggiore di quanto oggi non venga esercitata dalla morale prevalente.

Esula invece dalla questione del diritto alla vita quella riguardante la libertà del riconoscimento dei figli da parte dei genitori, oggi molto sbilanciata a favore delle donne le quali, libere di scegliere se abortire o no oltre che di non riconoscere il figlio e di darlo in adozione, vanno spesso a piangere soldi dai padri dei loro figli in caso scelgono di risparmiare la vita del bambino e di tenerlo, o che spesso utilizzano come arma di ricatto.

Caso strano: la piena libertà è data solo a una parte, alla madre, mentre il padre deve sottostare alle libere scelte di costei.

In ogni caso anche il diritto al libero riconoscimento da parte paterna può essere contemplato dalla legge, ma questa è una cosa indipendente dalla questione della legalità o illegalità dell’infanticidio prenatale.

Provvedimenti congeniali potrebbero essere invece quelli riguardanti aiuti da dare ai genitori bisognosi, una disciplina delle adozioni e degli affidi di minori più elastica. Per esempio dare ai genitori bisognosi la possibilità di delegare dei soggetti, quali istituti o famiglie volontarie, per una condivisione degli oneri di allevamento. Dare la possibilità di dare in adozione il minore senza perdere contatti con questo, magari con un’eventuale clausola che permetta a uno o entrambi i genitori di poter riprendere il minore con sé una volta eliminate le difficoltà che impedivano l’espletamento completo dei doveri parentali.

E magari altri tipi di provvedimenti potrebbero essere presi in considerazione per andare incontro alle esigenze di minori e genitori.

Solo così si potrà avere una politica demografica civile e la coscienza a posto senza contorcimenti mentali e deroghe grossolane e ipocrite ai più basilari principi della logica, dell’etica e della morale umana.

La libertà di scelta la si esercita prima di concepire un figlio prendendo gli opportuni accorgimenti oggi abbastanza diffusi o al massimo ricorrendo a pratiche di affido e adozione, ma non certo ammazzandolo. Non ci sono giustificazione per questo.

Oggi ci sono i mezzi, i tempi sono maturi perché l’aborto possa diventare qualcosa di inutile, assurdo, antiquato ed essere così relegato nella pattumiera tra le barbarie che hanno caratterizzato la storia umana. Manca solo la volontà perché i pregiudizi abortisti diffusi da anni sono ancora prevalenti e fin troppo radicati. Ma per fortuna ci sono anche i segni di una presa di coscienza. Per esempio sempre più medici e persone appartenenti a personale paramedico si dichiarano obiettori di coscienza rifiutandosi di effettuare interventi di aborto. Ma un segno molto importante è il fatto che sempre più persone non religiose, che siano atei, agnostici o più vagamente non credenti o laici, prendono posizioni contro l’aborto, mettendo così fine a quella sorta di monopolio sulle posizioni antiabortiste detenuto per lo più dalla chiesa cattolica per motivazioni teologico-religiose e all’ormai superato dualismo antiabortismo-cattolicesimo che utilizzava di massima argomentazioni di ordine metafisico, ben poco scientifiche e di dubbia credibilità.

L’allargamento del fronte antiabortista verso fasce di popolazione non credente sta comportando un ampliamento di vedute, una presa di coscienza più radicata e l’ausilio di argomentazioni concrete e di carattere scientifico che prendono in considerazione la base reale stessa della vita umana.

Sarebbe ingenuo illudersi che questi segni siano premonitori di un cambiamento a breve termine, tutt’altro. Il razzismo abortista continuerà a spadroneggiare per parecchio tempo. L’aborto continuerà a uccidere per molto tempo avvenire con pratiche distruttive sempre più “raffinate” e “avanzate”, come la pillola abortiva che molto verosimilmente comporterà un calo del ricorso a istituzioni e personale specializzato.

Ma chi ha preso coscienza dell’inumanità dell’aborto (e non dell’embrione che è invece pienamente umano) non deve arrendersi e continuare, perseverare a gettare i semi della difesa della vita umana, diffondendo il più possibile quanto ha da dire per smentire le false tesi filo-abortiste, utilizzando i principi della logica e della scienza, dimostrando la falsità, l’incoerenza e la vacuità dei discorsi e della moralità ipocrita e superficiale favorevole all’infanticidio prenatale e rompendo con le tradizioni metafisiche che hanno finora caratterizzato le posizioni antiabortiste tradizionali. Questi semi saranno raccolti un prossimo domani, quando i tempi saranno maturi perché l’abortismo possa essere considerato per quello che è: un’ideologia razzista e sterminista non diversa da tutte la altre del suo stampo.

Se questo mio discorso può sembrare “demagogico” o caratterizzato da qualsiasi tipo di difetti che gli si vorrà apporre pur di negargli dignità, denigrarlo e smentirlo non è un problema di mio interesse. Nello scrivere quanto ho da dire su questo o altri argomenti ho agito e agisco secondo mia piena coscienza e senza nulla di cui rimproverarmi.

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #10 il: Gennaio 13, 2010, 12:40:39 pm »
Tra tragedia e humor

http://holywar.org/italia/aborto/reality.htm


Dialogo tra un abortista e un antiabortista

ABORTISTA: Prima di nascere non siamo esseri umani ma un agglomerato di cellule, quindi abortire non è un omicidio.

ANTIABORTISTA: Perché invece non facciamo valere il principio che ognuno perla per sé? Diciamo meglio che prima di nascere TU non eri un essere umano ma un agglomerato di cellule e quindi se tua madre avesse abortito non avrebbe commesso un omicidio.

ABORTISTA: Beh si, questo vale anche per me.

ANTIABORTISTA: No no, io direi che vale SOLO per te. Anzi ti dirò di più: perché limitare temporalmente il concetto a solo prima di nascere? Per quel che mi riguarda puoi benissimo essere tuttora un semplice agglomerato di materiale organico. E se qualcuno ti spara non commette omicidio.

ABORTISTA: Ma allora questo vale anche per te.

ANTIABORTISTA: E perché devi imporre le tue verità anche a me? Io mi ritengo un essere umano fin da quando sono stato concepito e se mia madre avesse abortito avrebbe commesso un omicidio.

ABORTSTA: E questo non varrebbe per me?

ANTIABORTISTA: Sei tu che hai sostenuto di essere un pezzo di materiale organico, e un pezzo di materiale organico in meno non danneggerebbe certo il mondo

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #11 il: Gennaio 13, 2010, 13:00:49 pm »
hy bizzarro
vedi un po' cosa scrivono queste dementi (ultimamente sono sempre meno tollerante, devo dire. Una volta prima di arrivare ad offendere o a dare del demente/acefalo/frigida a qualcuno ci mettevo del tempo, oggi a forza di rileggere le solite banalità ripetute senza riflessione, ci arrivo subito, senza por tempo in mezzo  :( )

http://www.cronachelaiche.it/2010/01/spagna-il-vescovo-concede-licenza-di-stupro/


NB in neretto le bestialità più assurde

Citazione

Spagna: il vescovo concede licenza di stupro
di Alessandra Maiorino [12 gen 2010]

arcivescovo granada“Poche immagini nella storia sono più tristi di quella che hanno offerto i nostri parlamentari plaudendo a ciò che, in fin,e si è trasformato in un diritto: uccidere dei bambini nel ventre della madre. E questo lo chiamano progresso? Si promulga una legge che pone migliaia di professionisti – medici e infermieri –  in una situazione molto simile a quella che si trovarono ad affrontare i medici o i soldati sotto il regime di Hitler o di Stalin, o in qualche altra dittatura del XX secolo, quando davvero si stabilì la legalità di altri crimini meno ripugnanti dell’aborto. Perché è da codardi uccidere il debole. […] Uccidere un bambino indifeso, e che lo faccia proprio sua madre! Questo dà agli uomini la licenza assoluta, senza limite, di abusare del corpo della donna, perché la tragedia la sopporta lei, e la sopporta come se fosse un diritto: il diritto di vivere tutta la vita oppressa da un crimine che rimarrà sempre nella sua coscienza e per il quale né i medici, né gli psichiatri, né tutta la scienza conoscono il rimedio.”

Con queste parole l’arcivescovo di Granada, Javier Martínez, ha sconcertato i cittadini spagnoli nel corso dell’omelia tenuta in occasione della Natività il 20 dicembre scorso. La tempesta, in realtà, furoreggiava da tempo, da quando, cioè, il governo Zapatero aveva promesso di metter mano ad una nuova legge sull’aborto. La norma ancora vigente, entrata in vigore nel 1985, depenalizzava l’interruzione di gravidanza – che era ed è, tuttora, reato – in tre soli casi: nel caso di grave rischio per la salute fisica o psichica della madre, nel caso di accertate gravi malformazioni del feto e nel caso la gravidanza fosse frutto di un violenza. Di fatto, tale legge aveva finito per favorire gli istituti privati, dove, a pagamento, gli ostacoli per praticare un aborto sembrano essere più facilmente superabili.

Tra gli strepiti del clero spagnolo, il 17 dicembre 2009, il governo Zapatero ha mantenuto la parola. La Camera dei deputati ha approvato, con 184 voti favorevoli, 154 contrari e un astenuto, la nuova norma che permette la libera interruzione di gravidanza fino alla 14ma settimana, dove per «libera» si intende che la decisione di portare avanti la gravidanza o meno è interamente soggiacente all’autodeterminazione della donna.

Autodeterminazione della donna. Evidentemente questa, da un punto di vista religioso, è una definizione ossimorica, se non del tutto blasfema ed ha provocato la reazione scomposta dell’arcivescovo. Qualche suo collega è intervenuto per stemperare i toni? Tutt’altro. Il 4 gennaio 2010 la Conferenza episcopale spagnola ha rincarato la dose ufficializzando la propria posizione al riguardo: nessun vescovo dovrà dare la comunione, nella propria diocesi «a chi, pubblicamente, abbia dato il proprio appoggio o il proprio voto a una legge che non protegga in forma adeguata il diritto alla vita di coloro che stanno per nascere». È sia, ciò è loro facoltà.

Queste, d’altra parte, sono le povere armi rimaste nelle mani del clero nella ex-cattolicissima Spagna di Zapatero, dove i suoi ministri non si lasciano sfuggire l’occasione di chiarire cosa competa ai preti e cosa ai politici. Quando il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, presidente della Conferenza episcopale, definì l’aborto un «crimine», prontamente il ministro per le Pari Opportunità, Bibiana Aido, precisò che «alla Chiesa compete dire semmai che l’aborto è peccato, non che è un delitto. E al governo spetta elaborare leggi che riguardano tutti i cittadini, nel rispetto di tutte le posizioni». Come italiana, non posso nascondere una certa invidia.

Ma torniamo alle parole dell’arcivescovo di Granada e lasciamo che l’orrore ci penetri nel profondo. Egli non si limita allo spropositato paragone di quello che avvenne sotto Hitler e Stalin (genocidi, deportazioni e stermini di massa con motivazioni razziali e politiche) con quanto questa legge, a parer suo, permetterà che avvenga nella contemporanea e democratica Spagna; egli afferma che quei crimini, cioè quelli ideologici, sistematici e praticati in massa su milioni di individui, siano meno ripugnanti di un’interruzione di gravidanza voluta da una donna che, evidentemente, non può o non vuole, per motivi suoi e insindacabili, portare avanti una gestazione nel suo proprio corpo.

Di più, egli sostiene che la donna che abortisce «dà al maschio l’assoluta licenza di abusare del suo corpo», perché la tragedia la sopporta lei. Cosa esattamente intenda il vescovo con questa motivazione è francamente lontano dal comprensibile e, per altro, davvero poco rilevante. Di rilevante, nella sua orazione, c’è ben altro. E non si obietti che un passo estrapolato dal suo contesto è facilmente soggetto a fraintendimenti: l’omelia è leggibile per intero sul sito della diocesi di Granada. Chiunque può verificarne personalmente il contenuto.

Le tinte fosche da Millenarismo post litteram con cui si apre sembrano tratte di peso dall’età medievale: nella mente di questo prelato nulla è cambiato, da allora. Perché la verità è che le religioni non cambiano. Sono le società attorno ad esse che cambiano, si evolvono e progrediscono sulla via della civiltà; e ciò non avviene certo grazie alle religioni: semmai, non ostante esse. Immaginate cosa accadrebbe se le parole dei sacerdoti avessero ancora forza di legge.

Immaginate cosa accadrebbe se dei religiosi potessero informare delle loro convinzioni le norme della convivenza civile. Lo stupro, ad esempio, potrebbe essere depenalizzato. Assurde fantasie? Purtroppo no. È ciò che accade oggi in Paesi non molto lontano da qui, almeno in termini geografici. In Afghanistan, dove la pretesa, claudicante «democrazia» deve scendere continuamente a patti con la religione nelle sue più diverse forme e tradizioni, il presidente Karzai, ha firmato una legge che modifica il diritto di famiglia sciita e, di fatto, legalizza lo stupro della moglie da parte del marito.

Come non vedere le somiglianze? La donna non è persona, è corpo, e questo corpo appartiene al marito, o alla società, o a dio. A tutti, fuorché a essa stessa.
È la società civile che impone alle religioni di progredire sulla strada del rispetto e del riconoscimento reciproco, non il contrario.
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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #12 il: Gennaio 13, 2010, 13:05:41 pm »
Solite chiacchiere insomma.

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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #13 il: Gennaio 13, 2010, 13:20:04 pm »
Solite chiacchiere insomma.

si solite chiacchiere, ma io le sopporto sempre meno  :mad:
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Re: Aborto del mondo civile
« Risposta #14 il: Gennaio 13, 2010, 13:20:47 pm »
Anche io. A furia di sentirle mi è venuta una specie di allergia.