per una di quelle strane coincidenze della storia, o della cronaca, negli stessi giorni su FAS stanno discutendo non dello stesso argomento, ma quasi: che cosa differenzia la violenza maschile da quella femminile? Qui
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/11/16/violenza-di-genere-bio-uomo-e-bio-donna/#more-21786 e qui
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/11/16/violenza-di-genere-facendo-spazio-tra-le-semplificazioni/#more-21789si Non si tratta di santificare e nemmeno di togliere la scomunica alle nostre nemiche, ma di riconoscere una inquietudine. Il che non significa che tutte le aderenti a FAS siano inquiete, nè che questa inquietudine porterà da qualche parte. Purtroppo coloro che hanno un atteggiamento più critico sono più propense ad affrontare un travaglio ad esito non necessariamente fausto ma potenzialmente in grado di far loro mettere in discussione l'appartenenza al campo femminista. Le altre, la maggioranza, non ne sentono minimamente la necessità e le aspettano al varco.
Ad ogni modo è interessante seguire il ragionamento: che significato ha la violenza femminile?
Ipotesi classica: è conseguenza della cultura patriarcale interiorizzata dalle stesse donne. Le femministe di SNOQ e i maschizerbini non hanno alcuna difficoltà ad accettare una simile ipotesi, che anzi dimostrano con l'osservazione che comunque la violenza femminile produce meno danni/vittime di quella maschile.
Su FAS si sono rese conto che l'ipotesi fa acqua, anzitutto perchè priva la donna della dignità di essere responsabile delle proprie scelte al pari dell'uomo. Se l'uomo è responsabile delle proprie azioni direttamente e indirettamente di quelle delle donne, cosa resta alla libertà femminile?
Vendola di fatto si trova incastrato tra il riconoscimento di un valore specifico femminile e la rivendicazione dell'interscambiabilità dei sessi. Ma se una coppia omosessuale ha gli stessi diritti di una coppia etero perchè l'identità sessuale è una costruzione sociale che l'individuo può liberamente scegliere di superare e rinnegare, allora mi spiegate per quale ragione invece le donne di quella costruzione sociale sono schiave?
Ancora: ma come è possibile che una donna di venti, trenta, quaranta anni sia debitrice alla cultura patriarcale della violenza di cui è portatrice, cioè all'ambiente familiare nel quale è cresciuta e nel quale ha introiettato i dettami di quella cultura oppressiva, e un bambino non possa in alcun modo risentirne al punto che ipotizzare una sua diminuita libertà (PAS) è vietato?
Da tutto questo emerge chiaramente una assoluta inconsistenza dell'antropologia femminista.
Anzitutto è inconsistente stare a disquisire sulle differenze tra maschi e femmine prima ancora di aver dato un fondamento a questo o quella. Cioè, prima di dire se una donna è più o meno violenta di un uomo, spiegatemi cos'è la violenza, cos'è il male in sè, in rapporto ad ogni essere umano in quanto essere umano prima che come uomo o donna. Non c'è dubbio che nel momento in cui io cerco di comprendere l'esistenza umana, comprendo una esistenza maschile e viceversa Eretica la penserà femminile. Ma il mio sforzo ha un senso se cerco di pensare la mia sostanza a prescindere dal mio genere, in sè. Che cosa sia essere maschio o femmina non è un "in sè". Io in quanto "io qui adesso" non mi penso anzitutto come essere sessuato. Che lo sia è vero, ma non è la prima cosa che mi balza all'occhio. Se io penso al bene e al male, non ci penso anzitutto in relazione al maschile, ma in sè. Il bene è bene perchè è bene, non perchè io sono maschio.
Le femministe sono ridicole quando affermano che il male è il patriarcato. Anche ammesso che ci sia un sistema sociale così diabolico da rappresentare il male in assoluto, da violentare le coscienze e asservire le proprie vittime incaricandole del loro stesso supplizio, anche ammesso, si dovrà spiegare come questo sistema si è prodotto nella storia.
Cara Lafra, se nei Centri Antiviolenza le storie che senti sembrano fotocopie, perchè anzichè ipotizzare un sistema così perfettamente malvagio, non dai per scontato il potere dei luoghi comuni e dei preconcetti sociali? Il bombardamento dei mass media ritieni che proprio non incida sulla narrazione della violenza che le donne subiscono? Ascoltare ogni singola storia apparentemente uguale a tante altre e rendersi conto che Mario quando ha tirato quel piatto sulla testa della moglie Rosa era in una condizione e fase e disposizione totalmente diversa da Giacomo che ha tirato un piatto del tutto simile alla moglie Lorenza. Non c'è un genere caratterizzato dal lancio piatti a cui Mario e Giacomo appartengono e che spiega quel comportamento. Gli uomini non sono tenuti al lancio piatti per la loro appartenenza di genere, e anche quando lanciano piatti, il significato di quella azione non dipende dal loro genere ma da tutta intera la loro storia, nella quale il ruolo degli ormoni è importante ma non è tutto.
E' chiaro che nel momento in cui fai una "patto di genere", cara Lafra, certi fatti sei tenuta a leggerli in un certo modo. Ma è già onesto e dignitosamente auto-critico ammettere l'esistenza di un vizio nel giudizio.
Questo "patto di genere" al momento è ciò che differenzia il mascolinismo dal femminismo. Nessuno di noi dell'arcipelago QM è in grado, onestamente, di pensare ad un patto di genere tra maschi. Nessuno di noi è in grado di rallegrarsi della sofferenza femminile (fosse anche delle femmine femministe) di auspicare che le donne vengano buttate fuori casa, o incarcerate, o castrate. Nessuno di noi auspica alcun femminicidio (non tirateci fuori i soliti casi psicopatologici, che confermano la regola appunto in quanto eccezioni).
E' vero: qualche volta alcuni di noi usano termini pesanti nei confronti delle femministe. Ma è sotto gli occhi di tutti che questo forum, in rappresenanza di tutto l'arcipelago qm, non ha mai fomentato l'odio o la paura neppure delle femministe. Se c'è stata e c'è una discreta rabbia, è per la violenza che patiamo, per le posizioni di potere, per le rendite di "genere". Ovvio che se ti tagliano lo stipendio e la pensione per darle a una donna in quanto donna, una certa rabbia è spontanea. Ovvio che se con le tasse che faticosamente paghi sovvenzionano Centri Donna dallo scopo confuso, ambiguo e dai risultati scarsi e incerti (200.000 euro al Centro Donne di Venezia!) ti incazzi. Ma da qui ad ipotizzare da parte nostra un odio di genere di strada ce n'è molta.
Quando però si pone la possibilità di un patto di genere, e quindi che le azioni di chi appartiene ad un genere vengano interpretate in un certo modo solo per via del genere, dobbiamo chiederci perchè. Chi e cosa spinge un essere umano a volersi identificare con qualcosa che lo trascenda come individuo?
Mi scusasse Lafra, ma qui si gioca un passaggio importante.
Se c'è un patto di genere, l'analisi non è obiettiva ma di parte. Se non c'è un patto di genere, forse non c'è più neppure il femminismo. Sbaglio?
Il patto di genere, il male in sè e per sè e il male storico: sono fatti che chiedono spiegazioni. Un po' superficiale incolpare di tutto il sistema, il patriarcato. Il sistema è ciò che i nostri padri e le nostre madri ci hanno lasciato, credendo di farci del bene ci hanno lasciato una eredità come si fa un regalo al figlio amato. Che questo sistema sia la somma di ogni male è stupefacente. Anche perchè il sistema è il male e il male è il sistema. E' un gatto che si morde la coda.
O definite il patriarcato, o definite il male, ma da qualche parte di deve part-ire.
A questo punto io mi domando: la Chiesa ha da secoli una risposta a queste domande. Le femministe hanno preso questa risposta e ci si sono pulite il culo, quasi non meritasse altro. Perchè? Perchè vanno girando come trottole attorno ad un problema in cerca di qualunque improbabile soluzione, quando ce l'avevano e ce l'hanno tra le mani da sempre?