Autore Topic: Sono davvero preoccupato,vorrei delle delucidazioni  (Letto 5520 volte)

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Offline Volpe argentata

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Re: Sono davvero preoccupato,vorrei delle delucidazioni
« Risposta #15 il: Gennaio 31, 2010, 12:44:36 pm »
E se un uomo con casa di proprietà intestata ai suoi genitori (che vi abitano..) convive (senza figli) nella casa di proprietà della sua compagna cosa rischia in caso di rottura del rapporto? Almeno in questo caso può stare tranquillo?

Offline COSMOS1

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Re: Sono davvero preoccupato,vorrei delle delucidazioni
« Risposta #16 il: Gennaio 31, 2010, 13:12:18 pm »
 :D

se un uomo è NULLATENENTE non rischia NULLA  :D

ricordati che il principio affermato più volte dalla nostra giurisprudenza è che la donna ha il diritto di mantenere il tenore di vita che aveva durante il matrimonio/convivenza

è un diritto acquisito, un po' come l'usucapione!
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Online Cassiodoro

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Re: Sono davvero preoccupato,vorrei delle delucidazioni
« Risposta #17 il: Gennaio 31, 2010, 15:52:32 pm »
Salve a tutti,
sono davvero preoccupato riguardo ad una cosa che mi ha detto un amico e cioè che anche non sposandosi,ma solo convivendo e avendo figli (ma anche senza),dopo qualche anno per lo stato si risulterebbe come se si fosse sposati,quindi,in caso di separazione,la mia casa (intestata a me o magari anche a mia mamma che vive assieme a me) andrebbe comunque alla mia ex moglie,con tanto di pagamento di alimenti alla ex moglie (per il pagamento ai figli sono d'accordo,ma alla ex moglie mi rode!).E' vero tutto ciò? A questo punto nemmeno la convivenza sarebbe un modo per vivere l'amore senza la spada di Damocle che pende sulla mia testa! Sarebbe in pratica come un matrimonio! Quindi? A che servirebbe la convivenza se è un matrimonio a tutti gli effetti? Vorrei delucidazioni,grazie! :blink:

La situazione legislativa attuale in caso di convivenza CON o SENZA figli non prevede alimenti o assegni di mantenimento per l'ex convivente, in quanto l' Art. 156 "Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi" recita:
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.

In caso di convivenza con figli, entra in discussione la casa famigliare

    La legge 54/2006 ha aggiornato l'Art. 155-quater. – (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza). Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori."
Art. 4.
(Disposizioni finali)
    1....
    2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonchè ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

Per cui, la casa da "coniugale", come era prima della riforma, e' passata ad essere "famigliare" integrando anche le convivenze.

La riforma dell'affidamento condiviso poteva rappresentare - se fosse stata ben sfruttata, e contrastando i tentativi di giudici ed avvocati di far passare un'interpretazione distorta e opposta ai principi che essa enunciava - finalmente la possibilità di scardinare il meccanismo dell'espropiro legalizzato nei confronti dei genitori propietari della casa familiare, specialmente i padri, a vantaggio dei genitori affidatari, quasi sempre madri.

Diversamente dalla vecchia normativa che indicava esplicitamente che la casa fosse assegnata preferibilmente al genitore affidatario, la nuova legge sull'affidamento condiviso pone sullo stesso piano i due genitori dal punto di vista dell'idoneità all'affidamento, e quindi nessuno dei due può in partenza essere preferito nell'assegnazione perchè più idoneo.

Il criterio principale per l'assegnazione della casa è "l'interesse dei figli", che può essere interpretato principalmente come il loro diritto a vivere nella casa familiare. Poichè non esiste un genitore maggiormente idoneo all'affidamento, e quindi a vivere con i figli, essendo sempre valide le norme del diritto privato che prevedono che l'uso di un bene spetta al proprietario del bene stesso, la logica conseguenza è che i figli vivano nella casa familiare con il genitore proprietario della casa stessa. A meno di particolari condizioni che impediscano questa soluzione - ad esempio che il genitore proprietario abiti stabilmente lontano dalla residenza abituale dei figli, e quindi dalla casa familiare - crediamo quindi che la casa familiare vada assegnata di regola al genitore proprietario della casa stessa, in quanto non vi è oggettivamente alcun contrasto con l'interesse dei figli.


E' utile inoltre far notare che la nuova legge non indichi nessuna specifica priorita nell'assegnazione della casa familiare al genitore affidatario neanche in caso di affidamento esclusivo. Pertanto nemmeno in questo caso sarebbe da escludere che la casa sia assegnata al genitore non affidatario proprietario della casa, se, ad esempio, quest'ultimo non avesse altra possibilità di alloggio mentre l'affidatario avesse a disposizione altre soluzioni abitative. Infatti è nell'interesse dei figli avere la possibilità di essere ospitati in alloggi idonei sia dal genitore affidatario che da quello non affidatario, e non si può escludere che per ottenere questo la casa non sia assegnata al genitore affidatario come è avvenuto sistematicamente finora.

Infine, la legge prevede che "dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà"; pertanto al genitore proprietario della casa escluso dal godimento della stessa deve essere adeguatamente risarcito secondo il costo di locazione dell'immobile di mercato

I primi tre anni e mezzo di applicazione hanno già fornito precise e inequivocabili indicazioni circa le resistenze culturali che gli operatori del diritto, e la magistratura in primis, mostrano ancora oggi nei confronti della normativa citata.
Una vasta area della magistratura, infatti, abituata a considerare l’affidamento mono-genitoriale come la forma da privilegiare, fatica ancora oggi ad applicare una normativa che ha ribaltato la « scala di priorità giudiziaria » della separazione, indirizzandola verso modalità di affido che privilegiano il principio della bigenitorialità. Tale principio, nell’intenzione del legislatore, è quello più adatto a
contenere i danni che i minori subiscono dalla separazione dei loro genitori.

Rimane l'effidamento ed il contributo al mantenimento dei figli.

Il legislatore, al primo comma dell’articolo 155 del codice civile, ha sostituito al termine « mantenimento », presente come diritto-dovere di entrambi i genitori nell’articolo 30 della Costituzione, quello di « cura », visibilmente più ampio, e al quarto comma ha lasciato all’assegno una funzione solo integrativa o perequativa, laddove recita: « Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità (...) ». L’enunciato della norma è chiaro: il mantenimento indiretto, mediante assegno, è un sistema residuale cui si ricorre solo quando esiste una considerevole sproporzione tra i redditi  dei coniugi, tenuto conto delle risorse disponibili.
In molti tribunali, poi, i giudici permettono ancora l’omologazione di affidamenti esclusivi concordati tra le parti senza che vi siano indicate le ragioni di pregiudizio a carico del genitore da escludere.
Si tratta di un’evidente violazione del diritto indisponibile del minore a un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori di cui al primo comma dell’articolo 155 del codice civile.
Ma la forma più evidente di mancata applicazione della legge n. 54 del 2006 s’intravede con chiarezza in quei provvedimenti in cui l’affidamento condiviso viene nominalmente concesso, salvo stabilire l’elezione di un genitore « domiciliatario prevalente » o « collocatario » (prassi di esclusiva origine giurisprudenziale) che, di fatto, svuota la nuova normativa di ogni effetto, ristabilendo, da un’altra direzione, lo strumento dell’affidamento esclusivo anche là dove non sussistono motivi di pregiudizio per il minore. In siffatti provvedimenti il modello dell’affidamento esclusivo è riprodotto nei fatti, come nella quantificazione dei tempi di « visita » o nella « facoltà », anziché nell’obbligo dei contatti tra il padre e i figli. Tutto ciò è l’esatto contrario di quanto il legislatore si è proposto nel 2006, e cioè la sostituzione del modello monogenitoriale con quello bigenitoriale.
« Ultima modifica: Gennaio 31, 2010, 16:02:41 pm da Cassiodoro »
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline Tullio

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Re: Sono davvero preoccupato,vorrei delle delucidazioni
« Risposta #18 il: Gennaio 31, 2010, 15:57:11 pm »
:D

se un uomo è NULLATENENTE non rischia NULLA  :D

ricordati che il principio affermato più volte dalla nostra giurisprudenza è che la donna ha il diritto di mantenere il tenore di vita che aveva durante il matrimonio/convivenza

è un diritto acquisito, un po' come l'usucapione!

con la differenza che lusocapione ci vogliono ventanni.
l'altro, definibile usocappione, funziona che appena ti prendono al laccio sei fregato.

omissis